L’Union Europèenne des Gourmets
Il loro sodalizio nasce per diffondere la cultura del buon cibo. Questo è il loro giutramento: “O voi Gourmet dell’Unione Europea, conoscitori e assaggiatori di vini, amanti della buona tavola,giurate sulla pianta sacra a bacco che giammai la oltraggerete e che difenderete sempre i vini, i liquori, i distillati e i piatti ad essi abbinati. Giurate inoltre di essere rispettosi di tutti coloro che lavorano in favore dei vini e con coloro che hanno a cuore la cultura del buon bere e del buon mangiare”.(A.Zi.)
Antonio Rallo è il nuovo presidente di Assovini Sicilia
Antonio Rallo, titolare della Donnafugata, si avvicenda nella carica di Presidente di Assovini Sicilia. I nuovi vicepresidenti sono Mariangela Cambria (Cottanera) e Francesco Ferreri (Valle dell’Acate). Neo consiglieri Stefano Caruso (Caruso & Minini), Laurent Bernard de la Gatinais (Rapitalà), Alessio Planeta (Planeta) ed Alberto Tasca (Tasca d’Almerita) La nostra intervista al neo eletto presidente ( Ni.Pa.)
L’opera dei Pupi e il Kebab: Palermo e un pezzo d’arabo gustare
Il kebab generalmente si serve accompagnato da una simil focaccia, per aspetto, gusto e consistenza: il pane bianco arabo. Ma non è la sola cosa che si mantiene viva: oltre la cultura gastronomica impregnata di spezie e misture saporite, Palermo conserva nell’aspetto e nell’architettura arabo-normanna di molti edifici le sue vicissitudini. Vivere l’Opera dei Pupi e cibarsi di quella “carne arrostita” regala attimi da gustare senza troppo pensare all’etichetta. (Ti.Ni.)
Lasciata la via del mare, via Crispi, e risalita la corrente su via Cavour, sarà facile liberarsi del mezzo in comodo parcheggio nei pressi di piazza Colonna e volgendo il passo nell’attraversare via Roma, ecco uno dei vicoli più angusti e coloriti della città: via Bara all’olivella. Oltrepassata piazza Olivella, la via continua mostrando a turisti interessati piccole botteghe dimenticate dal tempo e un teatro incastonato tra le pietre di palazzi stanchi. Si tratta del teatro della famiglia Cuticchio che, a partire da Mimmo, nell’omonima fondazione nata nel 1977 “Figli d’arte Cuticchio”, svetta a baluardo di un’opera, una forma d’arte popolare che tra marionette, fili, pupari e sipari portano in scena storie note e leggende tramandate. Quello stesso racconto orale dei cantastorie cinquecenteschi viene traslato, già a aprtire dall’ottocento, in teatro e animato grazie alla comparsa delle marionette o pupi.
Il 18 Maggio 2001 l’opera dei pupi viene riconosciuta dall’UNESCO “patrimonio immateriale dell’umanità” e di tale patrimonio non si può che essere fieri e avidi avventori perché il quel piccolo teatro, generazioni a tramandare stirpi intere di marionette, l’allegria, le risa e lo stupore accompagneranno in un viaggio tridimensionale, emozionale, da menzionare e serbare in quel cantuccio della memoria così vicino al cuore. E non solo i piccini, adulti (connazionali e stranieri), sapranno cogliere la scintilla di sagace umorismo che le battute collaudate con il tempo, la pratica, l’amore per questo mestiere, vengono regalate attraverso voci diverse e da diversi attori. Le marionette mutano, i costumi pure come le scene, mentre i pupari no e sono solo le loro voci che interpretando le emozioni si modellano alla circostanza.
Creare marionette a partire da un ceppo di legno informe, cucire i costumi, suonare l’organetto, dipingere le scene e attirare gli avventori. Tutte pratiche curate e cullate da intere generazioni con la speranza di tramandare un mestiere che si inizia in tenera età e che non conosce frontiere. La famiglia Cuticchio è spasso in tournè, uomini e pupi in un unico vagone carico di sentimento e passione.
Lasciato il teatro e i teatranti di legno, non sarà facile ritornare alle proprie abitazioni. Ripercorso il tragitto inverso, mentre il buio scende ad avvolgere le cose, Piazza Olivella prima inanimata, si popola di odori, spiedi enormi di kebab, tavoli pronti e camerieri intenti a scrivere comande. E per non discostarsi dalla semplicità di uno spettacolo da rivedere, senza mai stancarsi, il cibo che si proietta al culminar della serata è d’arabo gustare. Un semplice antipasto, in un brik tunisino da intingere in scodelline di salsa più che piccante, seguito da un piatto unico: il kebab è accompagnato da verdure e pane tostato, condito con salsa yogurt e rimandi ad un gusto piccante ed estremamente speziato. Un girarrosto in verticale dove la carne stratificata si tosta, viene rasata, disposta poi sul supporto (piatto o panino) che regalerà al commensale un momento di rinnovata soddisfazione. Gusto ed economicità sono fattori fondamentali che hanno permesso a questo piatto di affermarsi in Italia, in Europa e in tutto il mondo con diverse varianti e diversi nomi, per seguire stili e tendenze dei diversi popoli, ma con la stessa sostanza a renderlo degno di una buona cena frugale mentre ci si appresta a continuare la passeggiata per le via della città.
Tiziana Nicoletti
Essenza di cannella, per raccontare la Sicilia nel piatto
Sicilia, terra ricca di contrasti, di storia, di sapori da narrare per avvicinare il visitatore al cuore. E chi si lascerà andare? Troverà calore, non solo di sole, ospitalità, non solo a parole, genuina voglia di conservare immutate tradizioni. Una terra fatta di spigoli e morbide vallate, che si ama o si odia.“Dare spazio alla cucina della mia terra significa mettere in evidenza il mio DNA, come per dire sono siciliana e me ne vanto”, queste le parole di Alessandra nel raccontarci la sua Essenza di Cannella (Ti.Ni.)
Un morso alla Grande mela
Dici New York, e sai già di lasciare lasagne e arancine per hot dog e patatine. Metaforicamente, il certo per l’incerto. Ti fai un giro, e sei costretto a ricrederti, ci sono italians ovunque, una capillare invasione che da Manhattan scende per Brooklyn per risalire il Queens e via così per Staten Island. E così ti accorgi ben presto che il signor Ronald McDonald deve convivere con i pizzaioli di Villabate, con i ristoranti emiliani e con i pasticceri italoamericani (V.Le.)
Il marchio “Ospitalità Italiana” se lo aggiudicano 34 tra alberghi e ristoranti del Palermitano
Il marchio “Ospitalità Italiana” per il 2011 che la Camera di Commercio di Palermo promuove in collaborazione con l’Isnart (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche) e le associazioni di categoria di albergatori e ristoratori, è stato assegnato quest’anno a 34 strutture palermitane: 16 alberghi tra 3 a 5 stelle di lusso -12 nel capoluogo e 4 in provincia – e 18 ristoranti e ristoranti-pizzerie-11 in provincia e 7 a Palermo.
Il riconoscimento, così come è stato sottolineato dalla Camera di Commercio di Palermo, costituisce un “importante elemento distintivo a garanzia del servizio offerto e viene assegnato solo in presenza di precisi requisiti aderenti”
“Si tratta di un riconoscimento che la Camera propone nell’ambito delle azioni di promozione del settore turistico – dice Roberto Helg, Presidente della Camera di Commercio di Palermo – perché la qualità deve essere un tratto distintivo, soprattutto se, come avviene per questo marchio dell’ospitalità italiana, gli operatori scelgono volontariamente di adeguarsi ad un preciso disciplinare”.
Ma come si ottiene il “marchio”? Gli operatori che decidono di partecipare all’assegnazione del riconoscimento, scelgono di adeguarsi ad un preciso disciplinare (con relativo punteggio), sottoponendosi alle valutazioni di un gruppo di esperti facenti parte di un organismo terzo e indipendente e consentendo altresì la verifica di tutti quegli aspetti ritenuti significativi per un’offerta di qualità: facilità di accesso, parcheggio, professionalità e cordialità del personale, pulizia e funzionalità delle camere, genuinità dei prodotti, trasparenza dei menù, sensibilità ambientale. Le aziende certificate dal “Marchio di Qualità” ricevono ulteriore visibilità nell’annuale Guida dell’Ospitalità Italiana, e ricordiamo che in tutto il mondo, oltre l’Italia, sono già oltre 1500 le strutture che hanno ricevuto questo riconoscimento che è sempre più un vero marchio di qualità.
Sedici gli alberghi da tre a cinque stelle lusso che si fregeranno del “marchio”. Di questi 12 si trovano a Palermo (Addaura Hotel Residence Congressi; Baglio Conca d’Oro; Centrale Palace Hotel; Grand Hotel Wagner; Hotel Gallery House; Hotel Plaza Opera; Hotel Posta; Hotel Principe di Villafranca; Hotel San Paolo Palace; Hotel Villa Esperia; Massimo Plaza Hotel; Villa Igiea Hilton), 4 in provincia (Kafara Hotel di Santa Flavia; Ypsigro Palace Hotel di Castelbuono; Le Madonie Golf Resort di Collesano e Residence Stella Marina di Ustica)
Diciotto, invece, i ristoranti tradizionali e i ristoranti-pizzeria, di cui 7 in città (Gigi Mangia; Il Ghiottone Raffinato; Osteria dei Vespri; Parisi7Bar; Ristorante Ambasciatori e Ristorante Regine) ed 11 in provincia (A Rua Fera, Antico Baglio, La Corte del Conte e Nangalarruni a Castelbuono; A Castellana di Caccamo; Al Porticciolo di Cefalù; Kafara di Santa Flavia; La Botte 1962 di Monreale; La Rotonda di Casteldaccia; Osteria Vinvito di Castellana Sicula e Torre Alta di Capaci).
Tra le aziende premiate quest’anno, il ristorante pizzeria “La Rotonda” di Casteldaccia, che è anche finalista alla sesta edizione del Premio Ospitalità Italiana nazionale, pertanto, come comunicato da Isnart, risulta tra le 30 strutture migliori d’Italia per la sua categoria. “Un ulteriore motivo di orgoglio – ha aggiunto Helg – dato che tutto ciò che ruota attorno al settore turistico costituisce un elemento fondamentale della nostra economia, che la Camera di Commercio sente il dovere di valorizzare perché le potenzialità di un settore che potrebbe e dovrebbe essere trainante, vengano espresse adeguatamente”.
Antonio Fiasconaro
Irresistibile e unica : la pasta “Norma”
Una specialità catanese,omaggio alla più bella opera del celebre compositore Vincenzo Bellini: la Norma. E’ un primo piatto tipico della mia città,che,ormai,si prepara tutto l’anno,ma che,in verità,per la stagionalità degli ingredienti,nasce come pietanza estiva,quando il sole siciliano matura i pomodori e le melanzane “di seta”. La norma è un piatto semplice da preparare, l’importante è scegliere prodotti di ottima qualità (Foto: Claudio Frasca)
Fabio Campoli superstar: nostra intervista al popolare Chef
Ama definirsi uno chef fuori dagli schemi; la sua cucina è fatta di piccole e grandi rivoluzioni quotidiane che si traducono in emozioni e incontri di gusto nell’ambito dei suoi piatti. Stiamo parlando di Fabio Campoli, uno dei professionisti più apprezzati nel panorama della cucina italiana, la cui fama si è consolidata anche grazie alla presenza sul piccolo schermo che lo ha fatto conoscere al grande pubblico. Ecco cosa ci ha raccontato del suo modo di interpretare la cucina (Ro.Da)
Il grande pubblico lo conosce molto bene per averlo visto e seguito spesso su Rai Uno e su Alice Tv, ma anche per averlo ascoltato su Radio Rai. Un pubblico più di nicchia lo conosce per aver letto i suoi libri. Oggi il grande Chef di Frascati si racconta a Scelte di Gusto.
Come definiresti la tua cucina?
Direi “semplicemente differente”. Dove le parole “semplice” e “differente” danno il senso di ciò che sono e cerco di fare quando realizzo un piatto. Negli anni ho studiato e sperimentato e pur sapendo di essere sempre in continua crescita, penso di aver raggiunto oggi un mio stile personale, che si comprende a pieno più che con le definizioni verbali con l’assaggio.
Quali sono stati gli chef che nel corso degli anni ti hanno ispirato?
Durante i miei studi ne ho conosciuto tanti e tutti importanti se relazionati alle diverse tappe di formazione, grazie a cui ho imparato come vivere la cucina e in cucina. Fra tutti amo sempre ricordare Angelo Cesco.
Quando crei una ricetta, quanto credi sia importante l’innovazione?
Se innovare significa saper esprimere la propria contemporaneità allora ne confermo l’importanza, senza però mai dimenticare la tradizione di un piatto o un alimento, che sta secondo me alla base e ne definisce la sua essenza. Non amo invece la sperimentazione estrema, quella che porta a snaturare l’identità culinaria.
Da anni il grande pubblico ti conosce come chef di grandi trasmissioni televisive. Hai all’attivo tre libri, hai dato vita al Circolo dei Buongustai. Ci parli di questo circolo, di cosa rappresenta e del tipo di iniziative che conduci nel suo ambito?
Il Circolo dei Buongustai è una realtà per me importante che sta prendendo forma con il tempo e attraverso cui diffondiamo il messaggio di una “vita intorno alle buone cose”. Con il Circolo realizziamo eventi culturali e istituzionali in Italia e nel mondo, tra i più recenti cito la festa per i 150 anni della Marina Militare, la prima edizione del Roma-Pic, evento dedicato al peperoncino, il Meeting della Ristorazione Collettiva. A tutto ciò si aggiunge poi la formazione attraverso la nostra scuola e i tanti progetti che realizziamo, con enti e aziende, per diffondere una sana e corretta alimentazione e promuovere la grande cucina italiana.
( Note di Gusto, l’ultima pubblicazione di Campoli )
Se dovessi spiegare qual è oggi la figura dello chef nell’era del web, delle trasmissioni televisive, ecc cosa diresti?
Bella domanda….azzarderei col dire che il web ha cambiato il modo di essere chef, soprattutto fuori dalla cucina, disegnando un mestiere nuovo, che ti impone di essere sempre aggiornato. Essendo anche io uno chef televisivo la cosa che più mi sta a cuore è saper comunicare e trasmettere i giusti messaggi e consigli, a chi ci ascolta o ci legge, su ciò che mangiamo e su come prepararlo al meglio.
In campo gastronomico in questi ultimi anni si sta assistendo a una sorta di rivoluzione della quale protagonista assoluto è il web, il mondo della comunicazione, i social network, in primis Facebook , il popolo dei foodblogger che imperversa. Come giudichi questo fenomeno e come credi possa influenzare in futuro la cucina?
E’ vero si parla di cibo e di cucina ovunque, oggi c’è spazio per tutti, foodblogger e critici gastronomici. L’importante è che diano un’informazione di qualità, controllata e verificata. Il rischio che si corre, che è il rischio diffuso del web, è proprio la mancanza di attendibilità. Mi piace parlare e leggere di cucina, soprattutto di una cucina sana, attenta, fatta con coscienza e che utilizza i migliori prodotti, di cui il nostro paese è ricco. Se si rispettano queste semplici regole allora si fa cultura del food anche attraverso il web, altrimenti si crea solo una moda..e come si sa le mode passano. E poi c’è da sottolineare che gli “utenti” riflettono ciò che leggono in quello che comprano e mangiano e sono sicuramente molto più attenti alla qualità.
Roberta D’Ancona
Ivan Scinardo, giornalista “prestato” al cinema divoratore di pizza
Quest’oggi alla nostra tavola abbiamo l’onore di ospitare Ivan Scinardo, giornalista siciliano, di Enna, “prestato” al mondo dello spettacolo e del cinema in particolare. Infatti, è direttore della sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia la cui “casa” è ai padiglioni dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo. Sede istituita il 14 maggio 2008, con l’apertura sempre a Palermo del Dipartimento di Cinema Documentario e Docu-Fiction con orientamento storico-artistico.
Ivan Scinardo è altresì dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche, laurea conseguita con il massimo dei voti all’Università di Catania. E’ segretario provinciale dell’Associazione Siciliana della Stampa di Enna, e componente della giunta regionale dello stesso organismo sindacale. Per molti anni ha lavorato nella “Holding Oasi” di Troina, con la qualifica di capo ufficio stampa della Fondazione Oasi Città Aperta. Libero docente di comunicazione, uffici stampa, giornalismo elettronico, è da sempre impegnato nella comunicazione e nello sviluppo di nuove tecniche multimediali di Ufficio stampa.
Ha curato l’ufficio stampa e le relazioni esterne del S.I.B. Sindacato Italiano balneari di Catania, degli enti di formazione professionale Anfe di Catania e dell’Iraps regionale. E’ iscritto alla Federazione internazionale dei giornalisti free lance. Ha più volte collaborato con la Rai e con diverse emittenti televisive e radiofoniche. E’ specializzato negli uffici stampa e nelle relazioni pubbliche. E’ stato vice direttore dell’agenzia di stampa parlamentare “Camera e Senato”; ha curato l’ufficio stampa dei 50 anni della Ferrari in Sicilia, dell’Associazione degli industriali di Enna.
Vanta una lunga esperienza giornalistica presso emittenti televisive regionali e locali nelle quali si è formato sul campo. Per quasi 7 anni è stato corrispondente del Giornale di Sicilia occupandosi della cronaca provinciale e in particolare di nera e giudiziaria. E’ stato corrispondente, per la provincia di Enna, dell’emittente regionaleTelecolor-Video3. Cura da diversi anni la comunicazione dell’Associazione “Sicilia Mondo”, la più importante rete di associazioni di siciliani all’estero.
Ivan Scinardo e il rapporto con la cucina
“Il rapporto con la cucina, con la gastronomia è quasi morboso. Nel senso che mi piace mangiare tanto, gustare le varie pietanze anche con le contaminazioni strane”.
Insomma, lei è come si dice in questi casi, una “buona forchetta”.
“Si, assolutamente si. Buona forchetta, grande pancetta…”
Quali sono i piatti che le piacciono di più, che metterebbe sempre al primo posto nella sua tavola?
“In particolare mi piace la pasta alla carbonara e la metto al primo posto, in assoluto. E’ classico delle tavole italiane, ma è il piatto che preferisco più di altri. Al secondo posto metterei dei rigatoni con melanzane e non ricotta, ma parmigiano”.
E per quanto riguarda la cucina siciliana?
“In assoluto quella che adoro è il bollito, quello che gusto con particolare piacere a Palermo. Ci sono locali nel capoluogo dell’Isola che lo sanno preparare davvero bene. Questo lo metterei in assoluto al primo posto della classifica della cucina siciliana”.
Lei è di Enna, non possiamo non ricordare anche la cucina di Castrogiovanni…
“Per quanto riguarda la cucina di casa mia, cioè di Enna, mi piacciono un po’ tutti i piatti che vengono preparati con il formaggio piacentino. In assoluto i risotto con questo tipico formaggio dop, che piace ecco perchè si chiama piacentino”.
A proposito di formaggio a parte il piacentino quali sono gli altri che preferisce mangiare?
“Dopo il piacentino, mi piace gustare e non deve mai mancare in tavola, una buona fetta di primosale. In assoluto. Poi mi piace anche la tuma, ma non gradisco il caciocavallo”.
Ivan Scinardo davanti ai fornelli. E’ in grado di cucinare? O rimane digiuno?
“Vorrei svelarle un segreto. Qualche tempo fa ho acquistao un “robot”. Non essendo in grado di preparare da solo qualche tipo di pietanza, quindi mi affido alla macchina. E sono oggi in grado di preparare delle deliziose e straordinarie torte”.
Ha acquistato il “robot” perchè fa tutto senza il suo appoggio, oppure è una sorta di tutor?
“No, l’ho acquistato perchè lo utilizzo tanto. Ormai ho acquisito nel tempo una discreta manualità”.
Ha parlato di torte. Quali sono quelle prepara con le sue mani e con l’aiuto del “robot”? E poi le mangia pure?
“La torta in assoluto che mangerei a chilate è la “mimosa” con una montagna di crema pasticciera, di ananas e panna. E’ questa in assoluto la torta che preferisco e mangio ben volentieri. Ma adoro anche la sacher”.
Mentre dei dolci siciliani, quali preferisce?
“Io su tutto preferisco il salato al dolce. Non vado pazzissimo per i dolci. Certo se sono in tavola li mangio, ma preferisco tutti i piatti della categoria del salato. Per esempio sono un divoratore di pizza, in tutte le sue varianti e sembrerà strano divoro tonnellate di patatine fritte, si vede anche dalla pancia che porto.
Insomma, lei è un “bambinone”. L’immagino con una confezione di patatine in mano intento a sgranocchiarle?
“No, questo no. Mi piace, invece, prepararle in casa. Tagliarle a fettine, friggerle con il nostro olio e divorarle. Non adopero mai patate surgelate”.
Come si coniuga il cinema al mangiare? Si “sposano” bene cinematografia e cucina?
“Intanto, le preannuncio che ho in mente di realizzare al Centro di cinematografia, una rassegna di cinema e cibo. Quando penso al rapporto cinema-cucina, in assoluto mi viene in mente il film interpretato da Alberto Sordi davanti ad un piattone di spaghetti al pomodoro. E poi sottolineare che, nelle rassegne che stiamo allestendo, abbiamo sempre alternato il cinema ad un buffet con dei mignon, per cui abbiamo visto che lo spettatore e la gente comune gradisce molto prima il buffet e poi il film, mentre il classivo è vedere prima il film e poi fare un cocktail con un buffet rinforzato, sempre all’interno della nostra scuola del cinema.
Cosa getterebbe dall’alto di una torre: un cannolo oppure una torta mimosa?
“La risposta è semplice ed immediata. Non ho dubbi: salverei la mimosa”.
Antonio Fiasconaro