Il kebab generalmente si serve accompagnato da una simil focaccia, per aspetto, gusto e consistenza: il pane bianco arabo. Ma non è la sola cosa che si mantiene viva: oltre la cultura gastronomica impregnata di spezie e misture saporite, Palermo conserva nell’aspetto e nell’architettura arabo-normanna di molti edifici le sue vicissitudini. Vivere l’Opera dei Pupi e cibarsi di quella “carne arrostita” regala attimi da gustare senza troppo pensare all’etichetta. (Ti.Ni.)
Lasciata la via del mare, via Crispi, e risalita la corrente su via Cavour, sarà facile liberarsi del mezzo in comodo parcheggio nei pressi di piazza Colonna e volgendo il passo nell’attraversare via Roma, ecco uno dei vicoli più angusti e coloriti della città: via Bara all’olivella. Oltrepassata piazza Olivella, la via continua mostrando a turisti interessati piccole botteghe dimenticate dal tempo e un teatro incastonato tra le pietre di palazzi stanchi. Si tratta del teatro della famiglia Cuticchio che, a partire da Mimmo, nell’omonima fondazione nata nel 1977 “Figli d’arte Cuticchio”, svetta a baluardo di un’opera, una forma d’arte popolare che tra marionette, fili, pupari e sipari portano in scena storie note e leggende tramandate. Quello stesso racconto orale dei cantastorie cinquecenteschi viene traslato, già a aprtire dall’ottocento, in teatro e animato grazie alla comparsa delle marionette o pupi.
Il 18 Maggio 2001 l’opera dei pupi viene riconosciuta dall’UNESCO “patrimonio immateriale dell’umanità” e di tale patrimonio non si può che essere fieri e avidi avventori perché il quel piccolo teatro, generazioni a tramandare stirpi intere di marionette, l’allegria, le risa e lo stupore accompagneranno in un viaggio tridimensionale, emozionale, da menzionare e serbare in quel cantuccio della memoria così vicino al cuore. E non solo i piccini, adulti (connazionali e stranieri), sapranno cogliere la scintilla di sagace umorismo che le battute collaudate con il tempo, la pratica, l’amore per questo mestiere, vengono regalate attraverso voci diverse e da diversi attori. Le marionette mutano, i costumi pure come le scene, mentre i pupari no e sono solo le loro voci che interpretando le emozioni si modellano alla circostanza.
Creare marionette a partire da un ceppo di legno informe, cucire i costumi, suonare l’organetto, dipingere le scene e attirare gli avventori. Tutte pratiche curate e cullate da intere generazioni con la speranza di tramandare un mestiere che si inizia in tenera età e che non conosce frontiere. La famiglia Cuticchio è spasso in tournè, uomini e pupi in un unico vagone carico di sentimento e passione.
Lasciato il teatro e i teatranti di legno, non sarà facile ritornare alle proprie abitazioni. Ripercorso il tragitto inverso, mentre il buio scende ad avvolgere le cose, Piazza Olivella prima inanimata, si popola di odori, spiedi enormi di kebab, tavoli pronti e camerieri intenti a scrivere comande. E per non discostarsi dalla semplicità di uno spettacolo da rivedere, senza mai stancarsi, il cibo che si proietta al culminar della serata è d’arabo gustare. Un semplice antipasto, in un brik tunisino da intingere in scodelline di salsa più che piccante, seguito da un piatto unico: il kebab è accompagnato da verdure e pane tostato, condito con salsa yogurt e rimandi ad un gusto piccante ed estremamente speziato. Un girarrosto in verticale dove la carne stratificata si tosta, viene rasata, disposta poi sul supporto (piatto o panino) che regalerà al commensale un momento di rinnovata soddisfazione. Gusto ed economicità sono fattori fondamentali che hanno permesso a questo piatto di affermarsi in Italia, in Europa e in tutto il mondo con diverse varianti e diversi nomi, per seguire stili e tendenze dei diversi popoli, ma con la stessa sostanza a renderlo degno di una buona cena frugale mentre ci si appresta a continuare la passeggiata per le via della città.
Tiziana Nicoletti