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A gennaio appuntamento gourmet a Villa Boscogrande, a Palermo

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boscogrande1“La caponata di melanzane è spesso passione, scoperta, conoscenza di un tripudio di sapori mescolati a sole e caldo mare, brezza che matura ortaggio e fiore, intrisi in quella voglia d’estate, in speranza di conservare per l’inverno a divenire”
Questo era l’ incipit di Tiziana Nicoletti, food blogger, in un articolo comparso sul giornale on line sceltedigusto.it alcuni anni or sono .
Da tempo immemore epitomio di Palermo quanto le sarde a beccafico, le panelle, la pasta con le sarde. Una cucina povera, ma ricca di quell’intensità così ben descritta da Nicoletti, in un contrasto di gusti sorprendenti, tra dolcezza e asperità, tra salinità e note acidule. Un percorso organolettico completo che risveglia ed eccita le papille. Una passione che non conosce remissione, e che ha ispirato nel corso di diversi decenni tantissimi chef che si sono cimentati in personalissime elaborazioni. Giri immensi per ritornare, in qualche misura, alle vere origini della caponata, o perlomeno alle origini più accreditate .Il termine caponata sembra trarre origine dal suo essere riconducibile al Capone, nome siciliano per definire il pesce Lampuga. Il capone fritto in agrodolce è una ricetta tradizionale siciliana che richiama la caponata per il sugo agrodolce che fa da contorno ora al pesce, ora alle melanzane fritte e in rivisitazioni radicali e moderne, ai carciofi. Essendo un piatto che risale al Settecento, si può facilmente immaginare come gli strati più svantaggiati della popolazione abbiano sostituito il pesce con le più economiche melanzane gettando così le basi per la moderna Caponata. Sicuramente Caponata non è nome univoco e non rappresenta un preciso piatto nella storia della gastronomia isolana o mediterranea. caponatagenericOggi la caponata che conosciamo è essenzialmente proposta in due versioni: quella più ricca e quindi più costosa da realizzare o da acquistare, con pesce Lampuga o pesce spada, o quella più economica, con verdure, melanzane o carciofi. Ma in tutti i casi, affinchè la si possa definire Caponata, deve essere condita con sugo agrodolce e con capperi, olive e sedano. I gusti si estrinsecano e si manifestano al palato in modo ancora più chiaro e più rotondo quando la Caponata è accompagnata da pane di ottima fattura, realizzato con metodi artigianali, con le farine dei grani migliori e con metodi di lievitazione naturali. E’ questo abbinamento che genera il binomio perfetto di ” pani e cumpanaggiu” , secondo la migliore tradizione siciliana.
papagalloLo chef e docente Fulvio Papagallo ha deciso però di coniugare la tradizione e l’innovazione, creando un prodotto unico a base di melanzane e pesce spada affumicato. Un prodotto strettamente legato al territorio, che si fonda su cardini ben precisi: territorio, artigianalità, materia prima.
La mia caponata con pesce spada affumicato ripropone la caponata tradizionale siciliana. Una ricetta nota a tutti alla quale ho però voluto dare un tocco di novità senza ovviamente stravolgerla. Il procedimento di cottura rimane invariato, ma gli ingredienti sono leggermente differenti. Nella mia versione, che ho studiato e provato per anni, infatti ho aggiunto la carota per dare un tocco di colore ed un sapore un pò più delicato. In aggiunta alla classica caponata ho messo il pesce spada affumicato così da renderla anche un piatto di mare unico. Il tutto preparato con metodi tradizionali e manuali, il che fa si che la mia caponata rimanga un prodotto prettamente artigianale. caponata gourmetNaturale quanto più possibile, il prodotto subisce il processo di sterilizzazione come metodo di conservazione: di conseguenza non è stata necessaria l’ aggiunta di conservanti perchè- come nei metodi più antichi e genuini – sono esclusivamente lo zucchero e l’aceto a fungere da conservanti naturali. Ecco perchè, pur non trattandosi di un prodotto fresco, la conservazione del mio prodotto non prevede scadenze lunghe”.
Ed il prossimo 25 gennaio sarà l’occasione per gustare un prodotto gastronomico d’eccellenza in anteprima. Chef Papagallo infatti, con la collaborazione del giornale on line di enogastronomia sceltedigusto.it e con Villa Boscogrande, offrirà in degustazione il proprio prodotto nel corso di un cocktail aperitivo aperto al pubblico a partire dalle 18.30 presso i saloni della splendida Villa Boscogrande. Durante il cocktail saranno serviti finger food delle tipica gastronomia siciliana, inclusi formaggi e conserve, ed altre specialità locali per accompagnare al meglio la caponata di Fulvio Papagallo. Per prenotare la partecipazione basterà inviare una mail all’indirizzo eventbooking@libero.it specificando il numero dei partecipanti ed il nominativo. L’evento è a titolo gratuito.

Le tagliatelle ai sapori di montagna: la ricetta

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boscaiola-900x444La ricetta delle tagliatelle ai sapori di montagna. Un primo piatto molto semplice da preparare, con dei sapori decisi e dei colori che richiamo quelli del bosco. Ovviamente l’ingrediente principale, sono i funghi porcini rigorosamente freschi, la tipologia più pregiata e richiesta.

Ingredienti per 4 persone:

400 gr tagliatelle fresche all’uovo
200 gr pomodorini ciliegino
10 gr doppio concentrato di pomodoro
200 gr funghi porcini freschi
10 gr prezzemolo tritato finemente
1/2 cipolla bianca tritata finemente
sale e peperoncino q.b.
1 dl olio extravergine d’oliva
1/2 bicchiere di brandy

Procedimento:

Per preparare la ricetta delle tagliatelle ai sapori di montagna, iniziare a pulire e lavare la mezza cipolla. In un tagliere tritarla finemente e metterla in una padella con l’olio extravergine d’oliva. A parte lavare bene i funghi porcini fresci, facendo molta attenzione ad eliminare totalmente i residui di terra, tagliarli prima a metà per il senso della lunghezza e successivamente a fette.

Potete proseguire la lettura della ricetta qui:

https://fulvioelesuericette.it/primi-piatti/tagliatelle-ai-sapori-di-montagna/

Fulvio Papagallo

La famiglia D : I pesticidi dentro di noi. Come evitare di essere contaminati.

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famiglia d.bioCosa succederebbe se una famiglia qualunque decidesse un giorno di cambiare abitudini alimentari e scegliere esclusivamente prodotti provenienti da agricoltura e produzione biologica? Una scelta senz’altro limitante e d’impatto, ma soprattutto consapevole. Tuttavia, il vero interrogativo da porsi riguarda il perché quella famiglia, composta da due adulti e due bambini, ha preferito andare in fondo a questa decisione.

Per ragioni di dieta? Economiche? O per questioni di salute?
Ebbene, quella famiglia esiste davvero. Si tratta della famiglia D. Marta, Giorgio e i due figli Stella e Giacomo, rispettivamente di 9 e 7 anni, sono le facce della campagna “I pesticidi dentro di noi” in seno al più ampio progetto “Cambia la terra”, promosso da FederBio, Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica. Dopo l’adesione alla campagna di divulgazione, la famiglia D. si è sottoposta volutamente alle analisi delle urine, riportando in tutti i componenti, soprattutto nei più piccoli, elevati tassi di pesticidi tra i più comunemente usati nell’agricoltura industriale in Europa, tra cui l’ormai noto glifosato.

grafici_post-dieta-sDa qui, una forte presa di coscienza, soprattutto da parte dei genitori, e la conseguente scelta di impegnarsi nell’assunzione di cibi esclusivamente biologici per i successivi quindici giorni. Ecco che, trascorso questo lasso di tempo, i valori dei pesticidi all’interno dell’organismo sono sensibilmente calati, nel caso del glifosato addirittura spariti, dimostrando la connessione causa-effetto tra alimentazione e contaminazione da sostanze chimiche.

Ma andiamo più nel particolare. L’informazione è senz’altro il fulcro e il cuore dell’iniziativa, con il preciso intento di far prendere coscienza alla gente su tematiche tanto vicine alla loro salute. A tale scopo è stato ideato il sito https://www.cambialaterra.it/ipesticididentrodinoi/
in cui è possibile reperire tutte le notizie sull’argomento, anche quelle di prima mano scritte di pugno da mamma Marta sul suo blog, vedere i video di questa esperienza tutta familiare, iscriversi alla newsletter per ricevere direttamente nella propria email tutto quanto c’è da sapere sul progetto e sulla realtà bio e, ovviamente, seguire l’evoluzione dell’iniziativa sui social network.

pesticidi ciboCambia la terra – riporta il sito – è una campagna di informazione e di sensibilizzazione che viene promossa – apertamente – da chi non fa uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi sui campi, da chi produce e vende prodotti puliti e vede un altro futuro per il Paese. L’obiettivo è dare a tutti i cittadini uno strumento in più per capire quello che mangiano e come funziona il sistema dell’agricoltura industriale. Il nostro primo obiettivo, insomma, è quello di scuotere le convinzioni e le abitudini mutuate da tanti anni di consumo passivo. Perché crediamo profondamente che nessuno di noi sia prima di tutto un consumatore: ci vediamo come cittadini, con i diritti e le fatiche che questo comporta, anche nel fare le scelte sull’alimentazione e sugli stili di vita, una di quelle che ha il maggior impatto sul nostro presente e sul nostro futuro”.

Una missione consapevole, quella di Cambia la terra, che ha fatto del documentario a puntate della famiglia D. uno spunto di riflessione e una cassa di risonanza, in un momento in cui divampa il dibattito nell’opinione pubblica sulla scelta della Commissione europea di rinnovare per altri cinque anni l’autorizzazione al commercio degli erbicidi contenenti glifosato.

Serena d’ Arienzo

Italia al primo posto in Europa per prodotti a marchio di qualità. Sul podio Emilia Romagna, Veneto e Lombardia con marchi Dop e Igp

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italia leader cerificazione qualitàL’Italia è leader in Europa per numero di prodotti con certificazione di qualità. Una notizia che un po’ ci si aspetta ma che, nonostante tutto, strappa quel sorriso di gioia e compiacimento, come quando sotto l’albero sai cosa si nasconde nel pacco più grosso, ma quando lo scarti l’incanto e l’emozione ti sorprendono comunque.

In questo caso, a sorprendere davvero sono i numeri. Sarebbero ben 294 i prodotti italiani riconosciuti dall’Ue certificati con i marchi di “Denominazione di origine protetta” (DOP), “Indicazione geografica protetta” (IGP) e “Specialità tradizionale garantita” (STG), con un tasso di crescita pari al +382% negli ultimi vent’anni.
A seguire timidamstg-logoente la scia italiana sono i cugini d’Oltralpe con 245 prodotti, la Spagna e il Portogallo rispettivamente a quota 195 e 138, e infine la Grecia con 105 eccellenze certificate.

A rendere ufficiali questi dati è l’analisi condotta dagli Uffici Studi Confagricoltura Veneto e CGIA, Associazione Artigiani Piccole Imprese di Mestre, dopo un attento monitoraggio sulle preferenze dei consumatori e sui trend di crescita delle eccellenze nostrane in seno all’Unione Europea.
Infatti, secondo quanto emerso dall’indagine, l’Italia non sarebbe soltanto la prima per numero di prodotti a marchio di qualità registrati, ma questi rappresenterebbero anche il 21% del totale europeo. Cifre da capogiro, insomma, con un giro di affari di svariati miliardi di euro.

LogoDOPMa quali sono le categorie di prodotti con certificazioni di qualità?

Comparto agricolo e caseario al primo gradino del podio
In Italia, oltre il 70% del totale dei prodotti a marchio di qualità sono rappresentati dall’ortofrutta, dai cereali, dai formaggi e dall’olio.
Scendendo nel particolare, la regione con maggior numero di eccellenze certificate è senz’altro l’Emilia Romagna che sbalza di gran lunga anche le altre regioni giunte sul podio, con ben 43 prodotti di cui 18 DOP e 25 IGP. Al secondo posto il Veneto con 36 prodotti (18 DOP e 18 IGP) e al terzo la Lombardia con 20 prodotti DOP e 14 IGP per un totale di 34. Seguono la Toscana con 31 eccellenze, la Sicilia, prima regione del Sud a far capolino in vetta alla classifica con 30 prodotti a marchio di qualità, seguita dal Lazio a quota 27.

Secondo gli ultimi rilevamenti Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, in collaborazione con la Fondazione Qualivita, gli Uffici Studi Confagricoltura Veneto e CGIA, si è potuto osservare che il valore dei prodotti agroalimentari italiani è pari a circa 6,3 miliardi di euro, con un valore al consumo che tocca i 13,3 miliardi.
Dati che negli ultimi vent’anni, grazie alle certificazioni di qualità, hanno sicuramente conosciuto un eccezionale trend di crescita e indirizzato le scelte di molti consumatori, fattore che sembra tutt’altro destinato a diminuire.

Serena d’ Arienzo

Editoriale. E’ morto Gualtiero Marchesi: l’uomo che restituì le sue stelle

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gualtiero_marchesi_alma-1Gualtiero Marchesi non c’è più. Non c’è più fisicamente da ieri, vinto da un male di cui ben poco si è saputo. Il grande padre della cucina italiana moderna infatti era anche un personaggio molto riservato. Il suo non esserci più fisicamente suscita dispiacere, cordoglio, sofferenza. Coglie impreparati in mezzo a panettoni e grandi pranzi. Scrivere di Gualtiero Marchesi oggi ha un valore puramente commemorativo, dato che il mondo intero conosce ogni dettaglio della carriera professionale di questo uomo che – prima ancora che un grandissimo cuoco- era un grandissimo signore in senso ampio. marchesi1E del resto cosa può dire il cespuglio della montagna? Già, perchè Marchesi, milanese classe 1930, era unico, e la sua vetta rimane solo sua. Un uomo tutto d’un pezzo che iniziò la sua formazione a 14 anni in tempi certamente duri ma, soprattutto, in tempi ben distanti dal clamore che invece nell’ultimo ventennio ha accompagnato le vite private e le carriere di tanti cuochi, assurti al rango di vip e travolti da un potere mediatico che sarebbe stato difficile immaginare di tale portata. Lui invece dalle telecamere si tenne sempre ben a distanza, ed anzi qualcmarchesi che mangia paninohe tempo fa aveva “rimproverato” ad alcuni suoi ex allievi ( tra cui Carlo Cracco, nda) questa continua sovraesposizione invitandoli a tornare in cucina e ai fornelli invece che negli studi televisivi. Il Guru della cucina italiana moderna non fu mai toccato da alcuno scandalo, nè fu mai avversato da colleghi e discepoli: solo una volta la sua fama subì una felatura, e cioè quando firmò una serie di panini di alta qualità per una nota azienda che propone fast food. Probabilmente l’unico scivolone di un uomo che seppe tenersi  lontano anche dalla pubblicità e che non fu mai testimonial di niente e di nessuno. Personalmente ho avuto modo di interagire con Gualtiero Marchesi in occasione di un evento, organizzato in ogni dettaglio ma poi mai più realizzato per le solite farraginosità burocratiche locali, che vedeva coinvolta la scuola di alta specializzazione Alma, di cui Marchesi era patron. In quell’occasione lui, per il tramite del suo efficiente staff, si mise a completa disposizione: ma non posso, nè voglio, in questa sede entrare nei dettagli di quegli accordi che sono finiti in un cassetto e che magari riprenderò in mano, intitolando alla memoria di questo immenso personaggio proprio quel famoso evento.

marchesi Le prime tre stelle italiane in un contesto in cui non esistevano i critici, se non gli ispettori della Rossa, nè le testate giornalistiche specializzate, nè i canali televisivi dedicati: tre stelle Michelin in un’epoca in cui se volevi conoscere davvero Gualtiero Marchesi dovevi andarlo a trovare nel suo ristorante e gustare i suoi piatti. E proprio il suo ristorante era infatti  il luogo in cui era possibile trovarlo quasi sempre.Trovarlo nel suo locale non era quel gran colpo di fortuna; era la regola. Marchesi era un cuoco: viveva la sua cucina, e la sua cucina era il suo habitat. Era anche uomo senza peli sulla lingua: l’unico, ad oggi,  che decise di restituire le sue stelle, contestando apertamente i metodi ed i parametri di valutazione di Michelin. marchesiIl mondo intero è rimasto colpito dalla notizia della dipartita del maestro Marchesi e la Francia in modo particolare ha dato ampio spazio alla notizia in tutti i suoi telegiornali. Migliaia le note sui social da parte di cuochi che lo hanno conosciuto, o che si sono formati alla sua scuola, o che hanno semplicemente avuto l’opportunità di farsi ritrarre insieme al maestro indiscusso della grande cucina italiana, o che hanno guadagnato una dedica su uno dei suoi libri. RisoeOroRicordare i suoi piatti, che hanno fatto e che continueranno a fare storia in tutte le cucine d’Italia e non solo, è solo un mero esercizio ripetitivo: tra tutti, il risotto allo zafferano e oro, ampiamente copiato, replicato, riproposto ed ammannito in ogni possibile circostanza ed in ogni possibile matrimonio per almeno un quarto di secolo, è senz’altro quello che chiunque sia stato ad almeno un matrimonio negli ultimi 25 anni riconoscerà sicuramente, magari scoprendo solo oggi che non era dello chef Tal dè Tali di Tal’altra location, no: quello era un piatto del grande Gualtiero Marchesi. Ecco, nulla ho da dire – io cespuglio – rispetto alla montagna Marchesi: l’unica annotazione di carattere personale riguarda proprio quell’evento che non ci fu, ed al quale lui avrebbe presenziato ben volentieri.  marchesiGualtiero Marchesi non c’è più fisicamente, ma continuerà ad esistere nell’esempio e nell’insegnamento, così come nel modello umano fatto di grande educazione ed umiltà. Continuerà ad esistere perchè la storia già scritta esisterà per sempre.

 

Alessandra Verzera

Il ciambellone soffice della nonna: la colazione che sa di buono

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ciambellone1

Il ciambellone soffice della nonna è una delle ricette tradizionali più ricercate, le varianti sono moltissime ma quello che conta è il risultato finale. Un ciambellone deve avere tre caratteristiche fondamentali: deve essere molto soffice, alto e profumato. La preparazione sicuramente è semplice, ma attenzione, bisogna elaborare tutti i passaggi con la massima cura e senza commettere errori altrimenti possiamo compromettere il risultato finale. Volete preparare un ciambellone soffice per le vostre colazioni in casa? Ecco a voi la mia ricetta per preparare il ciambellone della nonna, soffice, gustoso e profumato.

Ingredienti per un ciambellone di 28 cm di diametro:

400 g farina 00
150 ml latte intero
4 uova
1 bustina lievito vanigliato per dolci
40 g di burro
1 bustina di vanillina
Buccia di limone e arancia grattugiata
Granella di zucchero

Potete continuare la lettura della ricetta qui:

https://fulvioelesuericette.it/dolci/ciambellone-soffice-della-nonna/

Fulvio Papagallo

Da Zia Titì, colori e sapori di Sicilia

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titifingerUna serata fredda e umida che si colora e si accende all’improvviso dei colori più smaglianti della Sicilia enogastronomica, in un ambiente caldo ed accogliente che si trova nel centro di Carini ( Pa).  Questo accade spesso in diversi locali cittadini ma, quando un locale si trova in un luogo poco battuto dalla solita movida, allora la sensazione di andarlo a scovare e di sentirsi accolti come a casa di vecchi amici è ancora più piacevole. titifinger1E ieri sera un ricco e delizioso aperitivo è stato anche un’occasione per conoscere e degustare i vini della Cantina Marino: una gamma bene assortita offerta in accompagnamento a vari piatti della tradizione enogastronomica palermitana, ma con un occhio anche oltre i confini dell’isola. Organizzata da Cum Grano Salis e con la collaborazione di Vini Marino, la serata ha visto la partecipazione di svariati ospiti per lo più provenienti da Palermo ad ammirare un buffet colmo non soltanto di cibo, ma di colori che sono quelli di un’identità enogastronomica forte, decisa e di carattere. Un po’ come la titolare di Zia Titì, tutto sommato.

titifinger3Sono molto contenta ” – dice Tiziana Allegri alla fine della serata – ” la gente non era tantissima, ma bisogna anche capire il periodo: queste sono le sere delle giocate a carte tra amici e parenti, dei panettoni e dei buccellati. E la gente esce poco, a differenza dei ragazzi, anche a causa di un dicembre particolarmente freddo e piovoso. Malgrado ciò sono molto contenta. Soprattutto perchè gli ospiti hanno apprezzato e gradito tutto ( e lo hanno anche finito, nda). E questa per me è la soddisfazione più grande dato che praticamente da sola mi impegno con ogni mia forza per realizzare serate piacevoli contraddistinte dal cibo di qualità, ancorchè fortemente radicato alla tradizione“.

titiviniE, pur non essendo ancora una tradizione nel settore enologico, i Vini Marino hanno costituito il giusto accompagnamento alla gamma di finger food pensati da Allegri. “La cantina è giovane  – dice ancora la Allegri – ed ha solo quattro anni di attività, ma il prodotto è ottimo e di ottimo livello. Del resto, sia pure così giovane, la Vini Marino può fregiarsi di un palmares già interessante con vari riconoscimenti a livello nazionale.”

tititavoloMa Allegri non si ferma un aqttimo, e annuncia: ” Ho molte idee in testa, essendo un’iperattiva, ma sicuramente l’obiettivo principale che mi sono prefissata è quello di migliorare costantemente il mio locale, aggiustando ciò che non funziona o che potrebbe funzionare meglio; fosse anche solo un piccolo dettaglio. Ecco: massima attenzione ai dettagli e ai particolari da oggi in poi saranno il mio focus. Ho in mente anche di organizzare diversi eventi e di rielaborare i menù in vista della stagione primaverile. Insomma, sono piena di entusiasmo“.

E questo entusiasmo si percepisce senza ombra di dubbio anche dietro espressioni stanche di chi ha iniziato a lavorare dalle prime ore del mattino.  Per cui, da parte mia, l’invito è sempre lo stesso: ci vediamo da Zia Titì.

Alessandra Verzera

 

Gli Struffoli napoletani, profumo di Natale

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struffoliGli struffoli sono un dolce tipico della tradizione natalizia napoletana, sono delle piccole palline di pasta fritta addolcite dal miele e decorate con gli zuccheri colorati e canditi, un tripudio di colori e dolcezza. Questa è la mia ricetta degli struffoli napoletani.

Ingredienti:

400 g di farina 00
60 g burro
1 buccia d’arancia
1 pizzico di sale
3 uova intere
1 tuorlo d’uovo
15 g liquore all’anice
Olio di semi di arachidi (per friggere)
Per la copertura:

200 g miele
frutta candita mista (arance, cedro, ciliegie) q.b.
codette di zucchero colorate
confettini argentati per decorare
Procedimento:

Potete proseguire la lettura della ricetta qui:

https://fulvioelesuericette.it/dolci/ricetta-degli-struffoli-napoletani/

 

Fulvio Papagallo

Risotto ai limoni di Sorrento e pistacchi di Bronte

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risotto-al-pistacchio-di-bronteIl risotto è uno dei piatti che più amo cucinare, un grande classico della tradizione culinaria italiana e apprezzato in tutto il mondo. I risotti hanno una procedura di preparazione abbastanza meticolosa, è importante attenzionare la tempistica di ogni passaggio e il bilanciamento degli ingredienti per ottenere un sapore armonico. Il risotto ai limoni di Sorrento e pistacchio di Bronte nasce dall’unione di questi due preziosi ingredienti delle terre campane e siciliane. Dei veri gioielli della nostra gastronomia.

Ingredienti per 4 persone:

50 g burro
360 g riso carnaroli
50 g cipolla
50 ml olio extravergine d’oliva
100 g granella di pistacchio di Bronte
1 limone di Sorrento
sale e pepe q.b.
1/2 bicchiere di vino bianco secco
100 ml panna da cucina

Per il brodo vegetale:

1 costa di sedano
1/2 cipolla
1 carota
2 foglie di basilico
2 ciuffetti di prezzemolo
Procedimento:

 

 

Fulvio Papagallo

Con le mani in pasta: intervista a Pasquale Federico, Pizzaiolo

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federico6Federico, da dove inizia il suo percorso tra i forni e la farina?

Beh, inizia a Napoli alla tenera età di 11 anni, quando la voglia di far pizza mi spinse ad andare di sera in pizzeria da un amico di famiglia per imparare l’arte del pizzaiolo. Contemporaneamente d’estate davo una mano nel panificio di un caro amico di famiglia quindi si può dire che il pizzaiolo e il panettiere che sono in me nacquero anche un po’ grazie alla voglia dei miei genitori di volermi strappare alle strade della provincia (Poggiomarino, paesino in provincia di Napoli, nda ) e quindi come ben si sa o la palestra o il lavoro ti tengono distratto.

federico3Si è ben più che distratto, dato è diventato un professionista dell’arte bianca..

Il pane, la pizza infatti non solo mi hanno distratto, ma mi hanno regalato le esperienze più belle della mia vita e quegli stimoli che a scuola mancavano. Si, perché a scuola compagni di viaggio erano i libri di panificazione già dai miei 14 anni, tant’è che quando studiavamo chimica spesso la professoressa mi diceva: “Pasquale ma siamo alla facoltà di tecnologia alimentare o siamo ad un semplice tecnico industriale?” e grazie alle competenze di chimica e biologia miscelate a test continui e studio degli impasti ho iniziato a sviluppare tecniche di impastamento totalmente alternative e farine ricercate di alta qualità.

federico1Poi una lunga parentesi all’estero e di nuovo in Italia…

Si, ad uno come me la provincia stava stretta cosi… cosi decisi di partire. Avevo soltanto 19 anni ma lo zaino in spalla e le valige pronte mi portarono in giro per l’Europa. Ricordo con particolare affetto il periodo a Macclesfield, nella contea di Manchester dove una piccolissima pizzeria divenne grazie alla pizza e ai panini che sfornavamo uno dei posti più cool di tutta Manchester. Fu una grande vittoria personale. In quel periodo per scherzo mio padre, che in realtà già da qualche anno mi avanzava la proposta, mi chiese di far domanda nell’Esercito . Per gioco lo ascoltai e dal 2014 al 2015 ho servito l’Italia come fuciliere paracadutista presso il 183 Regimento Paracadutisti Nembo della Folgore. Ma la farina chiamava, ed io risposi. Mi congedai dopo un anno e un imprenditore decise di credere in me. Partii per la Cina dove per quasi un anno e mezzo ho fatto da tecnico per il noto molino per cui distribuivano farine e per una prestigiosa scuola di formazione, una delle migliori al mondo. All’apice della mia carriera in azienda però… mi accorsi che la mia creatività era tenuta a bada, per ovvi motivi inerenti gli interessi del molino, ragion per cui decisi di lasciare l’azienda e tornare in Italia: una nuova sfida! Tornato a Napoli ho subito trovato impiego come pizzaiolo e consulente.

federico5La pizza, così tanto amata ma spesso assai indigesta: come mai mangiando alcune pizze gonfia lo stomaco e si tende a bere moltissimo durante la fase digestiva?

La risposta e semplice e se si conosce bene la chimica e la biologia usando un paio di (non) semplici parole il concetto è presto compreso. Ma visto che non tutti siamo chimici cercherò di spiegarlo in modo quanto più semplice possibile. La farina è composta per la maggiore da amidi, questi amidi vengono scomposti dal nostro apparato digerente per mezzo di alcuni enzimi che devono scomporre l’amido in varie molecole prima di poterlo assimilare sotto forma di glucosio, per questo spesso si sente quel gonfiore allo stomaco spesso attribuito ingiustamente ai lieviti e il senso di sete.

federico2Quindi sfatiamo questa leggenda metropolitana delle lievitazioni un po’ troppo veloci, una volta per tutte?

Certo. I lieviti soccombono a 40°  e la pizza, una volta cotta, raggiunge al cuore una temperatura di 85/90°,  ragion per cui i lieviti non hanno nulla a che fare con quella sensazione di gonfiore. Se invece, con una giusta gestione dell’impasto, lo si lascia riposare per un periodo che può variare in base alle specifiche della farina alcuni enzimi presenti nell’impasto scinderanno gli amidi in altre molecole fino al glucosio che verrà fagocitato dai lieviti che come prodotto di scarto daranno una molecola di anidride carbonica, quindi innocua per il nostro stomaco. Ragion per cui, se il grosso della scissione dell’amido in sottoprodotti fagocitati dai lieviti viene fatto succede nell’impasto stesso quando questo viene cotto il nostro stomaco fa un lavoro decisamente minore e quindi la pizza risulta leggera e digeribile poiché priva di quella mole di lavoro faticosa da esplicare per il nostro organismo.

federico4Chi immaginerebbe tutto ciò guardando una semplice palla di pasta.. La cottura influisce in qualche modo nella realizzazione di un buon prodotto?

Ovviamente una buona cottura è altrettanto importante! È buona norma prendere anche in considerazione farine salutari di tipo semi-integrale e integrale, grani antichi e molte altre farine salutari che stimolano l’apparato digerente e se lavorate bene apportano molti più nutrienti di una farina 00. Basti pensare alle farine tipo 1 che contengono crusca e germe, queste contengono decisamente una miriade di nutrienti che possono apportare al nostro organismo non pochi effetti benefici, cosa quasi del tutto inesistente in una farina 00 privata di crusca e germe.

federicoQual è il vero segreto per un’ottima pizza?

Non c’è segreto, ma solo conoscenza, esperienza e amore. Se si conosce la materia prima e gli strumenti di lavoro il prodotto finale sarà un’esplosione di gusto e salubrità. Qualcuno sicuramente ora starà pensando all’impasto, e si, decisamente il grosso del lavoro è fatto lì, nella fase di impastamento e gestione dell’impasto. Ma non ci dimentichiamo della cottura! Volete un esempio? Bene, supponiamo di aver lavorato egregiamente e abbiamo steso la nostra pizza, la condiamo, la mangiamo e questa… risulta comunque difficilmente digeribile. Assurdo vero? Eppure la risposta è semplice: è tutta una questione di cottura. La nostra pizza ha cotto poco, magari la fiamma del forno a legna era troppo altra ed ha consentito al cornicione di colorarsi e alla mozzarella di sciogliersi leggermente e per questo la pizza sembra cotta, ma visto che la cottura è imperfetta il risultato è pesantezza e difficoltà maggiore nella digestione, accompagnata ovviamente dall’effetto gomma durante la masticazione. Un buon fornaio sa quindi come cuocere una buona pizza anche a 450°  assicurando morbidezza del prodotto e una perfetta cottura. Quindi la figura del fornaio è importante tanto quanto quella del pizzaiolo poiché una buona auto da corsa (impasto) senza qualcuno che la sappia guidare a dovere (fornaio) ha più probabilità di finire fuori strada. Concludo quindi dicendo che la conoscenza, l’esperienza e l’amore con cui si fa il proprio lavoro sono il segreto di una buona pizza.

azzurra e pasqualeQuali sono i suoi progetti per il futuro adesso che è rientrato in patria?

Veda, il mio tarlo sin da piccolo era di essere il migliore. Sempre in competizione con tutti e con me stesso. Quando riuscii ad essere il miglior pizzaiolo di tutta Manchester dovevo fare una pizza migliore della mia, un pane più buono del mio. Fu l’esperienza nell’esercito ad insegnarmi che non c’è nessuna guerra da combattere e che spesso il nemico lo inventa qualcuno, i governi, le multinazionali, i molini, e i soldati muoiono inseguendo la vittoria. Per questo mi ripromisi che un giorno avrei fatto di tutto per tornare dietro un bancone e proporre un prodotto salutare, personalizzato e leggero, che non fosse necessariamente il migliore o il primo in classifica, ma che fosse un toccasana per i clienti. Solo dopo l’esperienza in Cina capii che dovevo togliermi di dosso il peso di quei poteri forti e restare libero di esprimermi e –  perché no –  iniziare a condividere quel mio sapere. Posso quindi dire che nel mio futuro non  vedo classifiche, gare o sciocchezze del genere : vedo un professionista rispettato per il suo progetto e l’accuratezza con cui sceglie e lavora le materie prime, e inoltre vedo una scuola, libera da molini o grandi multinazionali che insegni ad usare la materia prime per produrre prodotti di panificazione in tutte le sue sfumature che abbiano una personalità propria, dei corsi che prevedano oltre la formazione tecnico/pratica lo sviluppo della creatività e della libertà d’espressione del corsista senza vincoli a molini o cose del genere. E assolutamente e senza ombra di dubbio alcuno nel mio futuro vedo lei, la mia compagna di vita, la donna che amo, Azzurra Bove, la donna che con me ha condiviso momenti belli e brutti negli ultimi anni e con la quale sono sempre riuscito a venire a capo di ogni problema. Lei:,chef e pasticciera dalle comprovate capacità, lavora con me e insieme mescoliamo il nostro sapere al fin di poter offrire a chi sceglie di fidarsi di noi soltanto il meglio, e devo dire, con estrema soddisfazione, che ad oggi ancora non ho sentito lamentele.

Alessandra Verzera