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Vino italiano: nuovo tour di promozione all’estero

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vino italiano_1Il 2017 è stato l’anno del record storico assoluto per le esportazioni di vino italiano che sono aumentate del 7% raggiungendo i 6 miliardi di euro.

Rispetto all’anno precedente le vendite all’estero hanno avuto un incremento in valore del 6% negli Usa, del 3% in Germania al secondo posto e dell’8% nel Regno Unito che nonostante i negoziati sulla Brexit resta tra i primi mercati. La Russia registra la migliore performance con un +47% viene e la Cina un + 25%.
A spingere la crescita del vino italiano sono soprattutto gli spumanti che hanno fatto registrare un aumento delle vendite all’estero del 15% in valore nel 2017 con il record storico dell’esportazioni all’estero vicino a 1,2 miliardi.

Il vino italiano è cresciuto scommettendo sulla sua identità e lavorando moltissimo sulla qualità che ha permesso di conquistare primati nel mondo. Obbiettivo del 2018 sarà quindi consolidare quote di mercato mantenendo la capacità di promuovere e tutelare le distintività che è stata la chiave del successo nel settore del vino.

Per potenziare e consolidare le relazioni di business all’estero, Iron3 (iron3.it), azienda specializzata in internazionalizzazione ed organizzazione di eventi B2B e B2C, da alcuni anni organizza il tour “International Wine Traders”, eventi B2B che si svolgono sia in Italia che all’estero .

vino.italiaIl format degli incontri all’estero, prevede, oltre al walk around tasting, momenti di formazione sia per le cantine aderenti che per gli operatori locali direttamente nei loro mercati di competenza; per gli operatori seminari e master class dedicati a vini e vitigni italiani, che hanno l’obiettivo di valorizzazione le specificità territoriali; per le aziende seminari formativi per conoscere meglio il mercato locale.
Durante le tappe italiane per gli operatori vengono organizzati educational tour che permettono di approfondire la conoscenza dei territori vinicoli e dei loro prodotti.

Negli ultimi cinque anni il tour di “International Wine Traders” ha contato oltre cinquanta tappe, che hanno permesso alle aziende di aprire e consolidare nuovi mercati in tutto il mondo: Europa, Cina, Giappone, Stati Uniti, Canada e Sud Est Asiatico. Migliaia gli incontri che sono stati organizzati e che hanno coinvolto buyers ed aziende produttrici, tutti gestiti sulla base delle reali esigenze dei partecipanti.

vino_italianoIl tour di quest’anno vede in programma otto tappe (alle quali se ne potranno aggiungere altre) che permetteranno alle aziende vinicole di venire in contatto con operatori esteri di diversi mercati.

I Paesi con i quali interagire, sia come location per le tappe che come provenienza dei buyers per gli incoming, sono scelti in base alla concreta possibilità di offrire alle aziende italiane nuove opportunità di business.

Le prime due tappe del tour si svolgeranno in Italia, a marzo in Veneto e ad Aprile in Emilia Romagna, e pretendo una serie di incontri B2B programmati sulla scorta del reale interesse sia delle aziende che dei buyers. Un’agenda programmata di incontri garantisce infatti l’efficacia dell’azione di presentazione e promozione dei vini, ottimizzando i tempi della trattativa commerciale, permettendo alle aziende un notevole risparmio sia di tempo che di denaro.

Il tour si sposterà poi all’estero: a Maggio in Germania con il Workshop Walk Around B2B di Francoforte; a seguire, a Giugno, la Cina.

A luglio il tour fa tappa in Toscana, per la due giorni di Workshop B2B con agende programmate e ad ottobre Ottobre nuovamente in Veneto.
Le ultime due tappe si svolgeranno ancora all’estero con due Workshop Walk Around B2B: ad Ottobre in Germania e a novembre in Svizzera.

Per ogni tappa saranno una cinquantina le realtà vitivinicole italiane che potranno presentare la propria produzione incontrandosi con distributori, buyer, stampa, opinion leader e importatori.

Pastry Queen 2018 a Sigep. Chi sarà la regina della pasticceria mondiale?

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Rimini sigep 2016Chi sarà la regina mondiale delle pasticciere? La risposta a SIGEP, il salone mondiale del dolciario artigianale che, organizzato da Italian Exhibition Group, da sabato 20 a mercoledì 24 gennaio attende 160.000 buyers da 180 paesi.

C’è grande attesa per la quarta edizione di The Pastry Queen, il Campionato Mondiale di Pasticceria Femminile (22 e 23 gennaio) che metterà a confronto 12 tra le migliori pasticcere di tutto il mondo.

Silvia Boldetti Pastry Queen 2016 - 2A contendersi il titolo di Pastry Queen quest’anno arriveranno da Brasile (Thais Freitas de Lima), Colombia (Astrid Morales Neira), Croazia (Silvia Cah), Filippine (Janelle Joy C. Toh), Francia (Anabelle Lucantonio), Giappone (Hiroko Morita), India (Eureka Araujo), Marocco (Khadija Moudakir), Messico (Sandra Ornelas), Russia (Arisara Chongphanitkul), Thailandia (Arisara Chongphanitkul) e USA (Laura Lachowecki).

Campionessa in carica è Silvia Federica Boldetti, che si aggiudicò il titolo nel 2016 (il campionato è biennale). Da regolamento, la nazione che ha espresso la vincitrice non partecipa all’edizione seguente.

iginio massariLe giovani concorrenti dovranno passare al vaglio della Giuria composta dai 12 allenatori. Ideatore di The Pastry Queen e Presidente di Giuria è il Maestro Roberto Rinaldini, Presidente d’onore il Maestro Iginio Massari.

Il tema del concorso di quest’anno è l’Astrologia e dovrà essere declinato attraverso l’elaborato artistico in zucchero e pastigliaggio, cercando armonia anche con i prodotti richiesti, ovvero: tarte moderna monoporzione, dessert al bicchiere gelato al caffè, dessert al piatto monoporzione al cioccolato, mignon a forma di anello gioiello.

“Il grande valore della competizione – testimonia Silvia Boldetti, Presidente di Giuria e Campionessa in carica – risiede nel percorso di preparazione che culmina nella performance di quei giorni. Durante l’anno di ricordo che mi preparai con scrupolo, mi misi alla prova, imparando tanto. Fu proprio questo lungo cammino a offrirmi la solida base per poter affrontare al meglio il Campionato. Un secondo, fondamentale valore è proprio il focus sulle donne, perché le aiuta a convincere prima di tutto sé stesse che sono in grado di fare grandi cose. Con The Pastry Queen ho imparato a far emergere in me quel potenziale che era rimasto ancora inespresso: grande concentrazione, determinazione e fermezza, investendo tante energie. Il vero ingrediente è la preparazione, insieme alla determinazione e al controllo dell’emotività”.

roberto-rinaldiniThe Pastry Queen – dichiara il Maestro Roberto Rinaldiniè l’unico concorso al mondo che dà visibilità e opportunità alle donne, esaltandone la professionalità. Per questo le concorrenti sono passate da 10 a 12 e già da anni in Francia e India si tengono le selezioni nazionali, che quest’anno si estendono anche alle Filippine. Nel mondo, il 55% degli studenti di scuole professionali di pasticceria è rappresentato da donne, purtroppo però solo il 35% riesce ad entrare in un laboratorio in modo permanente. Per questo diventare Pastry Queen è il sogno di tutte quelle ragazze che, iniziando dalle scuole di settore, comprendono che essere eccellenti pasticcere è la base per il successo”.

Polpo gratinato al profumo d’arancia

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polpo gratinatoLa ricetta polpo gratinato al profumo d’arancia di Sicilia è un modo originale di preparare questo pesce molto presente nella cucina siciliana. La particolarità di questa ricetta sta nel contrasto che si viene a creare tra la parte esterna del polipo che diventa croccante e l’interno morbido.

Ingredienti per 4 persone:

N 2 polpi da 500 g ciascuno
300 g pane grattugiato
1 spicchio d’aglio tritato
prezzemolo tritato q.b.
3 dl olio extravergine d’oliva
sale e pepe q.b.
un pizzico di peperoncino
N 1 arancia non trattata
50 g parmigiano reggiano
N 1 foglia di alloro
N 1 limone
Procedimento:
Per preparare la ricetta del polpo gratinato al profumo d’arancia di Sicilia, bisogna per prima cosa mettere il polpo a cuocere in acqua bollente con la foglia di alloro ed il limone diviso in due parti. Quindi farlo cuocere per circa 20 minuti. Per controllare la cottura, infilzare una forchetta tra il collo ed i tentacoli.

Fare raffreddare il polpo e nel mentre preparare la panura. In una ciotola versare il pane grattato, il prezzemolo e l’aglio tritati finemente, il parmigiano reggiano, la buccia dell’arancia tritata finemente, un pizzico di peperoncino ed infine aggiustiamo di sale (—–)

Potete continuare la lettura della ricetta qui :

https://fulvioelesuericette.it/antipasti/ricetta-polpo-gratinato-al-profumo-darancia/

 

Fulvio Papagallo

Gli involtini di pesce spada alla siciliana

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involtini-di-pesce-spada-900x444Gli involtini di pesce spada alla siciliana, sono un secondo molto veloce e soprattutto molto gustoso, al suo interno racchiude tutti i sapori e profumi della Sicilia che vengono esaltati dalla cottura alla brace. I pinoli e l’uvetta sultanina (passolina) conferiscono al piatto un gusto tostato ma nel contempo dolce, sono entrambi usati in moltissime preparazioni dell’isola, insieme al pesce spada che è presente anch’esso nei piatti più rinomati della cucina Siciliana.

 

 

Ingredienti per 4 persone:

1 kg pesce spada
3 Sarde salate
2 cucchiai di passoline (uvetta sultanina)
2 cucchiai di pinoli
250 grammi di pangrattato
80 grammi di caciocavallo semi stagionato
Olio extravergine d’oliva q.b.
Una cipolla per la confezione degli involtini
3 spicchi d’aglio
Un bel ciuffo di prezzemolo
Foglie di alloro q.b.
Sale e pepe q.b.
Procedimento:

Per preparare gli involtini di pesce spada alla siciliana, iniziamo tagliando il pesce spada a fettine sottili (circa 40 grammi a fettina) con l’affettatrice, prenderne circa 300 grammi e tritarlo con un coltello.

Soffriggere l’aglio tritato finemente, aggiungere le sarde e far sciogliere, mettere il pesce spada ed insaporire il tutto. Successivamente, aggiungere il prezzemolo ed infine unire circa 150 grammi di pane grattugiato, il formaggio grattugiato, le passoline e pinoli. Aggiustare di sale e pepe e fare insaporire per pochi minuti.

Potete continuare la lettura della ricetta qui:

https://fulvioelesuericette.it/secondi-piatti/involtini-di-pesce-spada-alla-siciliana/

Fulvio Papagallo

“U baruneddu” Fontana: lo chef immaginativo ed eclettico che non frigge niente e odia il prezzemolo.

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fontanaTrovarsi a tu per tu con Beppe Fontana è un’esperienza particolare. Divertito, vulcanico, Fontana fuma il sigaro, ride forte e non sta fermo un attimo. Lui è in continua fase creativa. E parla tanto, e lo fa nel “suo” dialetto ben più che volentieri. E un’intervista diventa un momento di vero buonumore, tra una risata ed un’altra

Fontana, lei è sicuramente un eclettico…

Ma si ci sta… studiavo architettura, una materia alla laurea, ma lavoravo già e anche con successo.  E così sono diventato organizzatore di serate al  Kursaal Kalesa Club. Sono entrato a far parte della squadra di Match Music, il primo canale satellitare italiano, sede a Verona, come area manager per la Sicilia, 091 a piazza Magione, ristorante, FNT Sound Factory bar, aperitivi e ristorante…

filippo_la_mantiaInsomma, un po’ di giri..

Ancora u’nn’amu finutu…Villa Giuditta, la storica Villa Giuditta,  in via San Lorenzo. Poi partenze varie come con Nino Graziano a NY , al San Domenico e all’Istituto della Cultura Italiana a Stoccolma,. Sono stato anche Chef del Raya a Panarea e ho fatto varie collaborazioni ed anche un po’ di stronzate.

Niente soffritti ( nè fritti) : in questo lei ricorda Filippo La Mantia. Come le pare questa similitudine?

Ognuno la sua, certo siamo “nati per soffriggere”:  ai posteri l’ardua sentenza!

E invece, questa storia del “baruneddu” da dove arriva?

Ho abitato per più di 10 anni in via Tavola Tonda quartiere centro storico è vicino la Vucciria. Li facevo la spesa per casa e per il ristorante e mi dicevano tutti che avevo l’andamento di un nobile. E poi con il sigaro sempre in bocca com’a  mmia…

 

broccolifontanaDi solito la domanda rituale è ” cosa avrebbe voluto fare se non avesse fatto il cuoco?”  Ma nel suo caso la formula più corretta è ” cosa stava facendo quando le è capitato di fare il cuoco?”

L’architetto, o perlomeno ci stavo tentando. E forse mi sarebbe anche riuscito bene.

fontana2Creatività o tradizione?

Creatività della tradizione, leggerezza nei piatti, colori, profumi e sapori netti e forti. Ogni piatto è progettato come esattamente si fa in architettura.

Mi dica una cosa, all’orecchio: cosa ne pensa dell’introduzione degli insetti nelle nostre diete e nei menù? Lei non frigge niente: come pensa di servire grilli e cavallette? In brodo?

Una merda del genere non la cucinerò mai.

Lei odia una cosa che io amo, e cioè il prezzemolo: come mai?

Preferisco il basilico,  più aromatico e che si avvicina di più ai miei piatti.

Lei è uomo volitivo, tenace, determinato: quale è stato il “no” più difficile che ha detto?

Più di uno, rinunciando a prendere in corsa un treno bellissimo per motivi familiari.

E il “si”?

Sposarmi : non era proprio il caso..

bucatino fontanaDue piatti ai quali non rinuncerebbe mai?

Due piatti della tradizione siciliana da me rivisitati : maccheroncinu chi sardi e bucatinu chi vruocculi.

 

Alessandra Verzera

I ristoranti, le feste: e quelle prenotazioni disdette. La soluzione? Esiste.

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tavolo big slideNon è di certo un problema di poco conto quello che da qualche giorno sta interessando alcuni ristoratori ma che perdura da anni. La polemica sta divampando in rete e parla di un fenomeno purtroppo assai diffuso: ovvero, chi prenota tavoli nei ristoranti – specie durante le festività – e poi li disdice, il più delle volte solo poche ore prima rispetto all’orario della prenotazione stessa. Naturalmente sono diverse le ragioni per cui si verifica una cosa del genere: invidia professionale, talvolta, cattiva educazione da parte dei clienti il più delle volte. Semplice superficialità, distrazione: appunto, motivi ce ne sono tanti. Uno su tutti però favorisce un simile andazzo, e cioè la mancanza di sanzione nei confronti di chi prenota e poi ” da buca”.

riservatoEsistono su internet diversi siti di prenotazione on line, per lo più di voli aerei ed hotel: la modalità è abbastanza semplice da seguire e, specie per le prenotazioni alberghiere, viene richiesta una carta di credito a garanzia della prenotazione. Il che il più delle volte non comporta l’immediato addebito del soggiorno ma, in taluni casi, prevede l’addebito della penale in caso di cancellazione in una misura percentuale variabile, oppure – in caso di no show – un addebito totale dell’interno costo del soggiorno che il cliente non ha avuto cura di disdire ma neanche di godere. Questa sanzione, peraltro giustissima, limita moltissimo l’abuso di prenotazione da parte di chi – in malafede – sa che non fruirà del servizio che si accinge a prenotare o di chi prenota deliberatamente per boicottare la concorrenza.

riservato2Questa misura però non è attuabile per le prenotazioni di tavoli al ristorante, e la ragione è abbastanza evidente: un tavolo al ristorante non ha un costo fisso  – come ad esempio una notte in camera d’hotel o un pacchetto vacanza –  poichè esso varia in base a ciò che il cliente avrebbe ordinato se si fosse seduto a quel tavolo. Per questa ragione non sarebbe possibile determinare l’entità della penale in caso di disdetta tardiva o di no show. Non si potrebbe infatti penalizzare allo stesso modo chi non si presenta al tavolo di una pizzeria e chi diserta un tavolo stellato. Questa è anche la ragione per cui il cliente in malafede non si scompone più di tanto quando al telefono gli viene chiesto il numero di carta di credito: perchè, a meno che non si tratti di pasti a prezzo fisso ( come cenoni di fine anno, o pranzo festivi, o pranzi domenicali in agriturismo) sa di non essere sanzionabile.

riservato2-480x240Ma allora quale potrebbe essere la soluzione? Chiedere la garanzia a copertura della prenotazione almeno per i grandi pranzi e cene festivi? Perchè no: dopotutto il danno patito dall’esercente è doppio. Infatti il gestore affronta la spesa per la materia prima e perde di vendere il tavolo ad altri. In questo caso  se –  poniamo il caso –  è stato prenotato un tavolo per sei persone in occasione di un cenone di San Silvestro ad un prezzo già stabilito di 80.00 euro a persona, allora in caso di no show dovrebbe essere legittimo addebitare sulla carta abbinata alla prenotazione i 480.00 euro dovuti per quel tavolo e per quella circostanza. Oppure semplicemente richiedere una caparra confirmatoria attraverso sito specializzati come ad esempio The Fork e My table, fissando un minimo pro capite in base alla categoria del ristorante. E’ bene però ricordare che questo genere di siti trattiene per sè una percentuale sulle prenotazioni.

Di fatto però questi metodi sono adottati da pochissime realtà, e normalmente da locali blasonati: e quindi capita che tavoli prenotati, e dunque anche allestiti ed addobbati anche in maniera molto elegante specie in occasione di grandi eventi, rimangano vuoti.  La realtà ci consegna un dato sconcertante, e cioè che moltissimi locali registrano percentuali di no show pari a circa il 30% del volume complessivo delle prenotazioni: va da sè il danno economico, anche in caso di adeguamento di personale, è molto elevato. La perdita per l’esercente non è solo materiale: alcuni di loro, infatti, più che la perdita economica, lamentano la frustrazione, la delusione per la mancanza di rispetto verso il lavoro del ristoratore, verso il lavoro del personale di sala. Ma anche l’amarezza verso il concorrente sleale che ha il locale giusto di fronte. Non sono casi eccezionali nè tantomeno rari.

fontanaDice Beppe Fontana, chef : ” Bisognerebbe prevedere una percentuale in menù da far pagare al cliente in caso di annullamento di prenotazione o di no show a titolo di penale. Tuttavia possono sempre sorgere problemi di autorizzazioni con i circuiti delle varie carte di credito, oppure ancora il cliente “furbo” può fornire i dati di una carta scaduta o di una prepagata senza disponibilità di fondi. Insomma, la cosa non è semplice e non si è mai del tutto al sicuro. La vera soluzione sarebbe usare tre cose tutto sommato facili da reperire: educazione, rispetto, buonsenso.”

Alessandra Verzera

Credits : Foto di Beppe Fontana di Francesco Ferla

Scampoli di feste e una ricetta natalizia: i Cardi fritti

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cardi-fritti (1)I cardi (carduna in siciliano) fritti, sono uno dei piatti tipici della tradizione natalizia siciliana. La forma ricorda il sedano ma appartiene alla famiglia dei carciofi, anche il gusto ricorda appunto i carciofi con quella nota un po amarognola. A differenza del carciofo, dei cardi si consuma il gambo lungo dai 60 ai 150 cm. Si possono cucinare in vario modo: gratinati, bolliti e fritti. La versione tradizionale prevede la frittura che può essere fatta in due modi: in pastella o panati. La versione che preferisco di più è quella panata perché risulta più fragrante.

Ingredienti:

1 kg Cardi
500 g pan grattato
N 4 uova
sale q.b.
2 lt olio di semi di girasole
N 1 limone

Procedimento:

Per preparare i nostri cardi fritti, iniziamo lavando i cardi e tagliandoli con una lunghezza di 5-6 cm. Mettere sul fuoco una pentola con dell’acqua, sale e il limone (per sbianchire i cardi), tagliato a metà. Appena l’acqua raggiunge il bollore, versare i cardi e mettere un coperchio, far cuocere fin quando infilzando una forchetta non risulteranno morbidi.

Potete continuare la lettura della ricetta qui:

https://fulvioelesuericette.it/fritture/cardi-fritti-ricetta-tradizionale-natalizia-siciliana/

Fulvio Papagallo

Il 2018 sarà l’anno del cibo italiano. I ministri Martina e Franceschini scommettono sul Made in Italy

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madeinitalyE se il 2018 fosse l’anno del cibo italiano? A dichiararlo mesi fa erano stati i massimi esponenti delle istituzioni italiane coinvolte nella promozione del Made in Italy, ovvero Maurizio Martina, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, e Dario Franceschini, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Infatti, quando si parla di Made in Italy o di italianità, entrano in gioco numerose immagini evocative e suggestioni sensoriali, tutte emanazioni di un unico concetto che ci viene riconosciuto a livello internazionale: la Bellezza.
La promozione del Made in Italy
made-in-italy-2018Che sia il patrimonio artistico e paesaggistico o quello eno-gastronomico, il Belpaese, appunto, è rinomato in tutto il mondo per il suo legame naturale e culturale con la bellezza. Tanto da costituire un’eredità da salvaguardare e promuovere in tutto il mondo, vera e propria missione istituzionale da parte del Governo. Una storia, quella italiana, che glorifica i sensi e che vale la pena raccontare.
Emblematica, in tal senso, l’esperienza di Expo 2015, in cui l’Italia ha raccontato la sua storia e il mondo stava ad ascoltare. Una manifestazione da cui gli italiani stessi hanno appreso qualcosa, soprattutto nel modo di raccontare la propria identità, punto di partenza per nuove avvincenti storie future.
Di questo ne sono consapevoli i vertici di Governo, che da quella memorabile esperienza hanno mosso molti passi avanti, preannunciando il 2018 come un anno che riguarderà da vicino il nostro Paese.
2018, anno del Made in Italy
madeinitaly2“Dedicare il 2018 al cibo italiano – ha affermato lo scorso giugno il Ministro Maurizio Martinaè una scelta tutt’altro che banale. Significa porre ancora una volta l’accento su parole chiave come qualità, eccellenza e sicurezza che rendono unici i nostri prodotti. Significa valorizzare il lavoro di migliaia di agricoltori, allevatori pescatori, artigiani e produttori alimentari. Il mondo ha fame d’Italia. Ce lo dimostrano i dati dell’export in continua crescita, che ha superato i 38 miliardi di euro, e i risultati positivi della prima edizione della ‘Settimana della cucina italiana nel mondo’, promossa in collaborazione con il Ministero degli Esteri e le Ambasciate di più di cento Paesi che hanno risposto con entusiasmo all’iniziativa. Perché, quando raccontiamo il cibo, raccontiamo anche la storia di chi lo ha realizzato, del territorio dal quale provengono le materie prime. Anche in questo consiste il saper fare italiano. La nostra forza, il nostro orgoglio”.

madeinitaly1Sulla stessa scia il ministro Dario Franceschini, che vede nella compenetrazione tra arte, territorio e cibo la vera chiave del successo nella promozione del Made in Italy: “Sarà un modo per valorizzare e mettere a sistema le tante e straordinarie eccellenze italiane e fare un grande investimento per l’immagine del nostro Paese nel mondo. L’Italia deve promuoversi all’estero in maniera integrata e intelligente: valorizzare e promuovere l’intreccio tra cibo arte e paesaggio è sicuramente uno strumento molto utile per questo obiettivo”.
D’altronde, ormai da diversi anni, sta prendendo piede tale impostazione, la cui massima manifestazione è data proprio dal turismo eno-gastronomico, allo stesso tempo strumento economico e di promozione culturale.

Serena d’ Arienzo

Wine enthusiast, sul podio anche un vino italiano. Nella top 100 della rivista enologica americana ben 14 vini nostrani

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wine enthusiastAnche quest’anno la top 100 della rivista di settore “Wine enthusiast” ha premiato a pieno le aspettative. Stilata dopo la degustazione di ben 23.000 vini, sarebbero 14 le etichette italiane che vi fanno parte.

I 14 vini italiani nella Top 100 di Wine Enthusiast
• 2° posto, Produttori del Barbaresco 2011 Rabajà Riserva (Barbaresco);
• 7° posto, Abbazia di Novacella 2015 Praepositus Kerner (Alto Adige);
• 12° posto, Colombera & Garella 2013 Pizzaguerra (Lessona);
• 22° posto, Il Colle 2011 Brunello di Montalcino;
• 25° posto, Tre Monti 2015 Vitalba in Anfora Albana (Romagna);
• 30° posto, San Felice 2013 Il Grigio Gran Selezione (Chianti Classico);
• 37° posto, Gini 2015 La Froscà (Soave Classico);
• 43° posto, Paltrinieri 2016 Radice (Lambrusco di Sorbara);
• 48° posto, Le Fraghe 2015 Brol Grande (Bardolino);
• 54° posto, Renato Ratti 2013 Marcenasco (Barolo);
• 60° posto, Tornatore 2016 Bianco (Etna);
• 71° posto, Braida di Giacomo Bologna 2014 Monte Bruna (Barbera d’Asti);
• 86° posto, Andreola 2016 Dirupo Brut (Valdobbiadene Prosecco Superiore);
• 100° posto, Curto 2012 Fontanelle Nero d’Avola (Eloro).

wine-enthusiastPer la prima volta in dieci anni, quest’anno il primo posto è stato conquistato da un vino bianco, di origine russa, ovvero lo Chardonnay Gary Farrell 2015 della Russian River Valley, seguito dall’italiano Rabajà 2011 Riserva piemontese dei Produttori del Barbaresco e dall’argentino Alta Vista 2013 Single Vineyard Temis Malbec (Mendoza).
La lista dei 100 nomi ha l’obiettivo di essere per gli intenditori una sorta di vademecum che li indirizzi nella scelta di eccellenti bottiglie provenienti da America, Europa e tra qualità che spaziano dal rosso, al bianco, al rosé e alle imperdibili bollicine, con prezzi che si aggirano in media a 35 dollari a bottiglia.
Un bouquet di note e sapori che racchiude l’intera Italia, dal Piemonte, alla Toscana, all’Emilia Romagna passando per la Puglia e la Sicilia.

TastingSicilyUK_wine_enthusiastWine Enthusiast: una Sicilia da non perdere
A gennaio 2017 la rivista americana ha decantato le qualità territoriali della Sicilia, ponendola  – unica regione italiana –  nella top ten delle mete mondiali da non perdere nel 2017 per gli appassionati di vino. A farlo è stata la giornalista enologica statunitense Kerin O’keefe, la quale ha riconosciuto alla realtà siciliana tutta una serie di meriti, oltre che storico-culturali, anche legati alle incredibili risorse ambientali che l’Isola offre. Infatti, secondo O’keefe, bisogna partire proprio dal territorio se si vuole cogliere il prestigio dei vitigni siciliani dall’ascendente internazionale, con rossi dal carattere deciso e aromatici bianchi dal profumo inconfondibile.
Una classifica di località da non perdere per gli amanti del vino e che chiama all’appello il vecchio e il nuovo continente, coinvolgendo la Provenza in Francia, le Isole Canarie in Spagna, Marlborough in Nuova Zelanda, la zona di Rheingau in Germania, Londra, le alture di Cafayate in Argentina, la Tracia e le zone di Calistoga e l’Hood River negli Stati Uniti.

Serena d’ Arienzo

Quando gli chef sono i nuovi eroi.La parabola di una figura affascinante che non smette mai di stupire

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chef-rubio-giulio-di-mauro-stereorama-1024x1021È lo chef l’eroe contemporaneo a cui tutti vorrebbero somigliare. Disciplinato, arguto, creativo e spigliato, lo chef lo trovi sul teleschermo a qualsiasi ora del giorno e della notte, pronto a soddisfare i gusti di insaziabili spettatori nei format più disparati, ma tutti seguitissimi ed avvincenti.

Lo chef è telegenico

Che ai fornelli ci siano cuochi professionisti o improvvisati, o che gli chef siano spietati maestri e giudici a cui rispondere a colpi di “Sì chef!” e “No chef!”, poco importa. Tutti attirano la nostra attenzione, dai format in cui i cuochi sono show men nati, ricchi di talento e verve, a quelli in cui lo chef ti risolve tutti i problemi, passando per i tatuatissimi cucinieri on the road, e arrivando infine al tocco di mani femminili che, con semplicità, deliziano la curiosità di casalinghe ed appassionate.

Chef ovunque, insomma. In un Paese che non ha mai nascosto l’amore per la cucina, portando alta nel mondo la testimonianza di una varietà di eccellenze che spaziano dal mare alla montagna e che hanno posto l’Italia e la dieta mediterranea nell’Olimpo dell’arte e della sapienza eno-gastronomica mondiale.
Una dimensione, quella della cucina italiana, strettamente legata alla tradizione del territorio, intimamente connessa alla sfera affettiva della famiglia e del ricordo, con un insieme di saperi e sapori da tramandare di generazione in generazione. Un patrimonio di tutti, insomma, ma che nel tempo ha ceduto il passo a un modo di fare cucina patinato e sotto i riflettori, quasi inaccessibile e di elezione.

lenticchie julienneratatouilleDa “Ratatouille” a “Le lenticchie alla julienne”

Ad avere intercettato questa parabola, non senza la nota comica e ironica che lo contraddistingue, è stato Antonio Albanese con il suo ultimo romanzo “Lenticchie alla julienne”. Anticipato dall’interpretazione simpaticissima del sommelier che si esauriva in gestualità dalle alte aspettative ma dal banale contenuto, il personaggio letterario di Alain Tonné, “forse il più grande” come recita il titolo stesso, alle prese con i suoi magnifici “show cooking”, vuole proprio puntare il dito su una cucina dagli effetti speciali e al limite del circense. Quasi un monito per ricordarci di non dimenticare il cibo.

masterchefTuttavia, nonostante la narrazione della tradizione è qualcosa che impegna ed appassiona ogni giorno moltissimi professionisti del settore, la macchina fantasmagorica dell’intrattenimento continua. Ci sarà un motivo se la Disney Pixar, per antonomasia uno dei più grandi nomi dello spettacolo, ha sfornato nel 2007 “Ratatouille”, le avventure di un cuoco roditore ambientate a Parigi.
E tra vittoria e perdita di stelle Michelin e irruzioni dei Nas, la cucina continua a essere un luogo da vivere fisicamente e una dimensione vicina a tutti noi, che ci coinvolge tutti, unendo persone attorno alla stessa tavola o agli stessi argomenti, che avvicina e che riscalda, ma anche strumento di una ricerca sperimentale ed artistica di cui in pochi possono cogliere il significato. Ecco perché affascina, incuriosisce, emoziona e diverte.
E continuerà ancora a farlo sotto nuove forme che non vediamo l’ora di scoprire.

Serena d’ Arienzo