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Bonarda-McDonald’s: un abbinamento illogico e da bocciare

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Le due serate di gala al McDonald’s di Stradella e di Pavia dedicate all’abbinamento dei due vini oltrepadani Bonarda e Moscato con il panino e il dolce del menù di Gualtiero Marchesi, stanno facendo discutere tutti, come emerge da Facebook, perché vengono giudicate un’assurdità dannosa

all’immagine e al posizionamento dei due vini sul mercato (M.P.A.)

STRADELLA. La definizione più gentile è stato: “una baggianata” come
detto su Vinoway da un piccolo produttore dell’Oltrepò su Facebook;
parliamo delle due serate di gala ad invito che il Consorzio Tutela Vini
Oltrepò Pavese (foto) ha organizzato presso le due sedi di McDonald’s a
Stradella e Pavia. L’iniziativa è stata definita dal Consorzio per bocca del suo addetto stampa, “un esperimento” per provare con qualcosa di innovativo, l’abbinamento dei vini oltrepadani per antonomasia, Bonarda e Moscato, con le creazioni di Gualtiero Marchesi (foto sotto) per la nota catena di fast food. E così il 26 ottobre a Stradella, il Bonarda è stato abbinato al panino Vivace, ed il 27 ottobre a Pavia il dolce Minuetto è stato abbinato al Moscato.

Una decisione, a quanto pare, presa senza aver consultato i soci del Consorzio e che invece, secondo il parere del vicepresidente del Consorzio stesso, Fabiano Giorgi, rappresenta un abbinamento tra grandi: «Marchesi è il volto della cucina italiana, McDonald’s uno dei marchi più noti, il nostro Bonarda è il vino più venduto in Lombardia». Sarà anche tra grandi, ma in effetti è stato un esperimento abortito dall’inizio se consideriamo il ritorno ironico che ha prodotto non solo in tanti cittadini oltrepadani ma soprattutto fra i produttori alcuni dei quali sono intervenuti pubblicamente esprimendo il proprio dissenso verso una iniziativa giudicata assurda. Da allora è stato detto di tutto, con commenti che spesso hanno esulato dallo stretto contesto dell’iniziativa per spaziare, come era prevedibile, nel campo della comunicazione e del marketing.

Daniele Calvi, piccolo produttore oltre padano, mette subito in chiaro il problema: «accostare la nostra povera Doc a McDonald’s, tempio del cibo industriale, della perdita di tradizioni e valori culturali sul piano alimentare, è quantomeno controproducente». A Damiano Raffaele viene da pensare «che il presidente del Consorzio sia un po’

autolesionista oppure dovrebbe leggere un po’ di quello che si scrive in giro per il web (…). Era proprio necessario ed economicamente strategico per i produttori dell’Oltrepò intraprendere questa strada?».

Già, è proprio questo il punto: un’iniziativa del genere è un abbinamento non solo azzardato per i vini dell’Oltrepò che mirano ad un rilancio d’immagine e alla riconquista di un mercato sempre troppo altalenante e affidato al caso, e non alla “scientifica pianificazione di comunicazione e di marketing”, ma addirittura deleterio, controproducente. E diciamolo pure, totalmente inutile.

Se lo scopo era quello di far parlare “comunque” di Bonarda e Moscato oltre che del territorio, questo obiettivo è stato indubbiamente raggiunto almeno nel contesto locale, vista invece l’irrilevante risonanza ottenuta all’esterno; ma poiché sarebbe giustamente impensabile che questo fosse il reale scopo dell’iniziativa, che probabilmente aspirava a cercare uno sbocco nuovo per far conoscere il vino ad un pubblico diverso, come avrebbe fatto capire il Consorzio nel difendere la propria scelta, l’errore di comunicazione è addirittura peggiore perché il coro di critiche levato non lascia dubbi: bocciatura piena.

Sia chiaro, nessuno ha bocciato i vini o persino i panini! Tutti però si sono detti contrari, con buona pace dei pochi sostenitori dell’iniziativa consortile, ad una commistione di realtà diverse, di espressioni di due diverse fette della società. Che c’azzecca, verrebbe da dire, il vino con i panini? Qui, è stato detto da qualcuno, si beve birra e coca cola, aranciata o gazzosa, mica vino! E in effetti, ce la vedete voi una persona che al drive, abbassando il finestrino, ritira il contenitore della bibita colmo di vino, con il coperchio e la cannuccia per berlo??

Perché non dimentichiamoci che questo è il campo di azione di un fast food, il mordi e fuggi, quindi un mangiare che non è frutto di un “pensiero” o di una scelta ragionata, ma che mira al consumo veloce, al “meno caro” per far sì che possa venire anche il ragazzino che riceve pochi euro di mancia dalla nonna per un panino con gli amici, come mostra una recente pubblicità, non certo un luogo per una scelta ponderata di un vino che si attagli al piatto e ne esalti le caratteristiche essendone a sua volta esaltato. E poi che dire delle feste per bambini che la catena tanto pubblicizza? Vediamo di far bere Moscato con le torte o Bonarda con i panini anche i piccoli festanti? O magari ai genitori

che li accompagnano?

Palese dunque, l’assurdità dell’accostamento fra due realtà che nulla hanno a che spartire, in un tentativo maldestro di imprimere forse un finto giovanilismo ad un brand percepito da alcuni un po’ “vecchio” per i gusti dei giovani, non sapendo pescare altro dal cilindro del marketing che formule che fanno il verso ad altre proposte realizzate altrove, come ad esempio a Birrart, ma con un taglio e una finalità completamente diversa, e in quel caso persino interessante e provocatoria. Qui, invece, la provocazione è arrivata tutta in faccia ai produttori molti dei quali, pure soci di quel Consorzio che così facendo ha dimostrato chiaramente da un lato di non tenere in alcun conto il loro parere e di scegliere pensando che il solo fare business – ma quale poi? – fosse sufficiente per prendere decisioni non condivise, e dall’altro di non avere capacità di comprendere le reali urgenze del territorio e del

marchio dei vini qui prodotti. E in effetti di marchio si tratta, perché stiamo parlando di vini Doc e Docg, di prodotti sottoposti a controlli e verificabili da fascetta ministeriale. Dunque, la promozione non è perdita di contatto con la realtà territoriale e lanciarsi senza rete in un circo, e senza considerazione per il ritorno d’immagine; al contrario, pianificazione significa gettare profonde e solide basi di contatti in anni di lavoro, e di coinvolgimento di tutte le forze presenti sul territorio, a partire da quelle che costituiscono l’essenza stessa, ovvero i produttori.

Ma torniamo alla contaminazione Bonarda-Moscato con i panini fast food.

Non sono mancati nemmeno i commenti degli enologi; uno di loro, Marco Bertelegni, che opera in un’azienda che da anni è attenta ad una promozione seria di un prodotto ormai assestato ai massimi livelli e pluripremiato, non risparmia critiche e sarcasmo all’iniziativa: «Non sono d’accordo vedere la Bonarda, già ammazzata da una serie di iniziative fallimentari, ad essere servita al McDonald a costi irrisori insieme a dei panini artificiali. Non è questo il modo giusto per far crescere l’immagine di un vino e di un territorio viticolo». E poi: «Mi sento più vicino al viticoltore che vuole vedere la sua bonarda alla trattoria o all’osteria, grezza più o meno che sia, ma con ancora la rudezza e la tradizione che caratterizza la nostra stupenda zona».

Ed un altro giovane sommelier, Luca Bergamin, aggiunge: «I nostri gioielli mettiamoli vicino ad un salume Dop o valorizziamoli sia con grandi cucine che con cucine territoriali (…) e cardine inscindibile per un consorzio è la promozione ma la stessa va fatta non solo in Oltrepò o a Pavia ma altrove, ovunque nel mondo». Simona Armillei richiama alcuni post del giornalista enogastronomo Franco Ziliani (foto a lato) che su millebolleblog.it si chiedeva se l’Oltrepò fosse presente nei ristoranti pluristellati. E aggiunge: «Il consorzio promuove il suo vino al Mc??? Fra poco e a questi livelli – pagamento uve e Mc -, il Consorzio dovrà coltivarsi da solo i vigneti dell’Oltrepò a causa delle elevate spese che i vignaioli devono affrontare».

Dunque da qui al “fuori dal Consorzio” il passo è sempre più breve. Damiano Raffaele sostiene che «in Oltrepò quando capita che si parla del Consorzio con certi produttori, non esprimono solo dei normalissimi disappunti (come è giusto che sia) ma un vero e proprio odio, espresso con rabbia e, con termini molto duri. (…) Mi viene da pensare a due cose: o i produttori dell’Oltrepò hanno dei seri problemi psichici, oppure effettivamente c’è qualcosa che non va nel loro Consorzio».

Cresce dunque il numero dei produttori scontenti verso il Consorzio e in disaccordo con le sue decisioni; e anche questo emerge dalle dichiarazioni sul social network: non lo sentono più come proprio rappresentante. Non è cosa da poco, infatti, che in diversi commenti su blog di giornalisti e blogger del settore sia emersa come una volontà “carsica” di abbandonare un Consorzio percepito come non più testimone della realtà di questo terroir per ritrovarsi in gruppi associativi più contestualizzati e promettenti per zona e produttori. Un esempio di quali prospettive potrebbero esserci, può essere tratto dall’Associazione della Valle del Riesling, un’idea che ha unito

marketing e tradizione di produzione enologica per la diffusione di un brand considerato difficile dal mercato fino ad una quindicina di anni fa, il Riesling, un vino che a sentire i buyers, nonostante le sue caratteristiche, allora non vendeva. Ora non è più così.

«Il punto è proprio che non abbiamo fiducia nell’istituzione consorzio perché non fa i nostri interessi e non abbiamo nessun potere in termini decisionali per cambiare questa situazione» scrive un altro piccolo produttore. E ancora Bertelegni commenta: «Ormai sono sempre più convinto che tante aziende serie con l’obiettivo della qualità, non possono appartenere ad un Consorzio che promuove la Bonarda al McDonald e che sostiene un disciplinare antiquato fatto per chi produce e commercializza vini da cisterna. La Bonarda è il prodotto simbolo dell’Oltrepò, ancora prima di Pinot e Riesling, e vedo sbagliato che un Consorzio promuova questa iniziativa suicida. Anni passati si promuoveva la Bonarda col caciucco, era partita l’iniziativa Bonarda Style… oggi si va al Mc… ma nessun risultato positivo. Piuttosto che ci vadano Giorgi o la cantina sociale al Mc, ma da singoli produttori e non in rappresentanza di un Oltrepò degno di vantare una cucina tradizionale da far invidia a qualsiasi altro territorio».

Dunque un Consorzio garante appare sempre più un sogno, o addirittura una utopia, come sostiene l’enologo Bertelegni concludendo amaramente che «facendo così non valgono nemmeno più niente le varie Doc e Docg (sempre più reclamizzate ed esaltate con tanto di fascette e bollini da chi vende ad 1!). Oggi le aziende devono contare sulle proprie forze, diffondendo un loro marchio che rappresenti garanzia e qualità». Ed una simile considerazione poco si attaglia ad una iniziativa che secondo l’addetto stampa del Consorzio, dovremmo tutti considerare divertente e sdrammatizzante.

Certo è che se in alternativa al Mc, il massimo che si pensa di fare per promuovere il territorio, come ha detto in un passaggio il Consorzio attraverso il suo addetto stampa, è organizzare «un ciclo di serate Bonarda in locali tradizionali del nostro Oltrepò Pavese, ora diamo la stoccata con la ristorazione tradizionale (specie in via d’estinzione e da tutelare)», significa vendere per nuove, cose in realtà già fatte, e da altri. La Strada dei Vini e dei Sapori, infatti, aveva realizzato iniziative come “Agnolotto e Bonarda” che ora il Consorzio sembra voler far passare come proprie quasi avesse scoperto chissà che novità!

E allora avanti con l’ora dei dilettanti allo sbaraglio… e proprio questo marketing dilettantistico emerge sempre più da iniziative come il Mc al Bonarda e al Moscato, dove invece di potenziare il brand “vino” appoggiandosi a marchi non invasivi per non offuscare la visibilità del vino, si fa esattamente il contrario rendendo succubi del fast food, due vini che sono invece emblema storico della terra oltrepadana e vitivinicola. Iniziative che non si appoggiano ad una filosofia come quella che sorreggeva progetti quali Bonarda Style o Bonarda e Caciucco a Viareggio rivolti a riposizionare un vino leggero ed effervescente come il Bonarda creando un brand autonomo. Proprio questo dilettantismo potrebbe favorire l’uscita definitiva di aziende dal Consorzio.

Miriam Paola Agili

Bottega e Dispensa dei Vini e dei Sapori Mantovani

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agiliSi chiameranno “Bottega dei Vini e dei Sapori Mantovani” e “Dispensa dei Vini e dei Sapori Mantovani“, nomi semplici per individuare ciò che con definizione tecnica sono denominati “Punti informativi di diffusione e promozione dei prodotti di qualità”. Si tratta di progetti realizzati nell’ambito della Misura 313 “Incentivazione delle attività turistiche” e inclusa nel Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013.

La “Bottega dei Vini e dei Sapori Mantovani” e la “Dispensa dei Vini e dei Sapori Mantovani” sono denominazioni certamente più accattivanti delle definizioni tecniche appena ricordate, e che riportano alla mente ricordi di aromi provenienti dalle generose dispense della nonna e di antiche botteghe dal caldo profumo di pane appena sfornato in giorni nebbiosi e umidi. Ma quale scopo hanno la Bottega e la Dispensa? Promuovere e valorizzare le risorse e i patrimoni territoriali agricoli, naturalistici, agroalimentari ed enogastronomici del Mantovano.

agili2La “Bottega” sarà aperta sarà aperta a San Benedetto Po, mentre la “Dispensa” sarà attiva a Castiglione delle Stiviere. Le due strutture opereranno accanto e congiuntamente con gli Iat della Provincia di Mantova già presenti sul territorio. D’altronde l’individuazione dei due punti informativi “Bottega dei Vini e Sapori mantovani” nello Iat di San Benedetto Po e “Dispensa dei Vini e Sapori Mantovani” nello Iat di Castiglione delle Stiviere è stata determinata dalla posizione strategica e funzionale alla loro posizione geografica ed importanza assunta nel tempo sul piano turistico, per le colline moreniche per quanto riguarda il primo, e per l’intero Oltrepò Mantovano per quanto riguarda il secondo.Realizzato dalla Strada dei Vini e dei Sapori Mantovani in collaborazione con vari Enti territoriali, fra cui Camera di Commercio di Mantova, Comune di San Benedetto Po e Comune di Castiglione, il Progetto della Bottega e della Dispensa sarà organizzata con la formula dell’esposizione permanente, accolta in appositi locali, di vini e prodotti agroalimentari tipici dei rispettivi due territori. Conosciamo quindi più da vicino questa realtà che è la Strada dei Vini e dei Sapori Mantovani.agili3 La Strada dei Vini e dei Sapori MantovaniAttualmente sono 64 i soci che hanno aderito alla Strada dei vini e sapori Mantovani e comprendono 15 produttori vitivinicoli, 7 produttori specializzati in produzioni tipiche, 1 Consorzio per la tutela e promozione dei prodotti, 6 associazione e istituzioni, 2 Pro Loco, 1 enoteca, botteghe del vino e dei prodotti tipici, 10 esercenti l’attività di ristorazione, 2 albergatori ed esercenti attività extra alberghiera; 4 esercenti l’attività dell’agriturismo, 1 impresa turistica, 12 Comuni, la Provincia di Mantova, la Camera di Commercio e 1 agenzia viaggi.Un’adesione che ha comportato la volontà da parte delle aziende vitivinicole di adeguare le strutture originarie per ampliare la gamma dei servizi offerti; infatti oltre allo spazio della lavorazione dell’uva e dei processi di vinificazione, sono presenti spazi attrezzati e accoglienti per le degustazioni guidate anche per gruppi di oltre 70 persone e per l’acquisto dei propri prodotti. Tutte dispongono di uno spazio vendita e uno spazio degustazione destinati anche a gruppi.

Abitualmente si trova in cantina almeno un addetto in grado di parlare inglese e tedesco e tra i servizi, rientrano visite guidate alla cantina e ai vigneti. Alcune dispongono di spazi per accoglienza camper. Gli agriturismi, oltre ad avere disponibilità di camere, offrono servizi collaterali quali la produzione e vendita di prodotti tipici, la ristorazione o le cure benessere a base di prodotti derivati da uve
e vini. agili4Tra i produttori, oltre alle degustazioni, è possibile programmare visite guidate ai processi di produzione.A gestire la Bottega e la Dispensa dei Vini e dei Sapori Mantovani ci saranno persone qualificate, saranno due per ogni punto informativo e verranno individuate in base alla conoscenza di almeno una lingua straniera e ad esperienze già acquisite nel settore della promozione turistica del territorio agrario. Così presso la Bottega e la Dispensa dei Vini e dei Sapori Mantovani, sarà possibile avere l’opportunità di degustare vini e prodotti ma saranno anche accolte e proposte al turista quelle iniziative a carattere promozionale per la valorizzazione dell’enogastronomia mantovana.

I due punti informativi ospiteranno anche apparati e strumenti multimediali: in ogni struttura sarà installato un pannello touchscreen collegato a un apposito software che fornirà indicazioni su prodotti, aziende, percorsi e pacchetti turistici, caratteristiche e particolarità del territorio, ospitalità e ristorazione. Il programma sarà disponibile anche online e sarà georeferenziato, consentendo l’acquisizione di informazioni e la programmazione di percorsi anche da navigatore satellitare.In vista dell’inaugurazione prevista entro la fine di quest’anno, nei due punti informativi sono già stati definiti gli orari di apertura corrispondenti a quelli di apertura degli uffici Iat (i lunedì festivi, 3 ore dal martedì al venerdì, 6 ore il sabato e la domenica nei periodi di bassa stagione, 5 ore dal martedì al venerdì e 7 ore il sabato nei mesi di alta affluenza, ossia da marzo ad ottobre).

Insomma due strumenti importanti per la promozione del turismo nel mantovano dove la situazione sta definendosi sempre più accogliente e bene organizzata per offrire ospitalità al turista nel migliore dei modi: sono infatti più di 500 i ristoranti attivi nella terra di Virgilio e molti di loro hanno ricevuto anche importanti riconoscimenti nazionale per l’alta qualità della cucina proposta. L’offerta provinciale comprende 105 alberghi che permettono un’accoglienza pari a circa 3.200 posti letto e quasi 200 agriturismi. Il tutto produce un giro d’affari pari a 111 milioni di euro, di cui circa 82 milioni dal turismo italiano e oltre 29 da quello internazionale. Dell’ammontare complessivo solo 61,6 milioni (il 55%)

sono quelli destinati direttamente alle imprese turistiche, mentre il resto è destinato alle attività ricreative, culturali e di intrattenimento.Dati questi che confermano come il comparto turistico sia un volano importante di crescita per tutta l’economia del territorio e quindi un’occasione di crescita e di produttività anche per gli altri settori economici locali.

Miriam Paola Agili

Fossalass Bier Fest, la piccola Oktoberfest piemontese

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birraSi è aperta ieri a Santhià, in provincia di Vercelli, la terza edizione: fino a domenica una “tre giorni” di musica, prodotti enogastronomici piemontesi, specialità tedesche e naturalmente fiumi di birra bionda, rossa e scura.Non sarà l’Oktoberfest di Monaco di Baviera, ma anche il Piemonte ha la sua piccola festa della birra. È la Fossalass Bier Fest, la cui terza edizione è in corso di svolgimento proprio questo weekend a Santhià, in provincia di Vercelli, all’interno di una tensostruttura coperta in piazza Zappelloni, nell’area del mercato.

birra3L’organizzazione, firmata dallo storico gruppo locale Fossalassa, da anni attivo nelle organizzazioni di eventi nella cittadina, strizza l’occhio proprio alla grande manifestazione bavarese, accompagnando alla birra bionda, rossa e scura anche i piatti della tradizione tedesca: polli allo spiedo, wurstel, salamelle, pancetta alla piastra, purè, patate fritte e gli immancabili crauti. Ma non bisogna dimenticare che, dopotutto, ci troviamo sempre in Piemonte. Così, nell’area della festa, troveranno spazio anche stand che venderanno prodotti tipici della zona, anche enogastronomici: ovviamente in primo piano il riso prodotto proprio nella zona, ma senza dimenticare il tartufo bianco, il Maccagno Dop di Crocemosso e la Paletta di Coggiola.

birra2E poi non solo cibo, ma anche tanta musica, con la cover band vercellese dei Graffito93 e lo spettacolo di questa sera della Gibierfest Band, specializzata proprio in musica bavarese tradizionale.

Infine, i festeggiamenti coincideranno anche con l’assemblea annuale del Camper Club La Granda, con una serie di omaggi per chi giungerà alla festa in camper.

L’inaugurazione è avvenuta venerdì sera con l’apertura del primo barile di birra “a caduta”, mentre la grande chiusura si terrà domenica 13 novembre sera con il pranzo della domenica che comincerà poco dopo le 12.30.
Fabrizio Corgnati

Il nuovo volto dell’enologia sarda

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cagnulariLa Sardegna è terra di antica vocazione vitivinicola. Le origini arcaiche sono confermate dai numerosi vinaccioli ed acini integri ritrovati in alcuni nuraghi. Sicuramente la qualità e diversità dei suoli contribuiscono a diversificare le produzioni da zona a zona. L’isola ha, inoltre, un numero elevato di vitigni autoctoni e molti rischiano di scomparire dal panorama vitivinicolo ed enologico regionale. Anticamente si producevano vini di grande corpo, spesso dolci, molto richiesti nella penisola e all’estero. cannonau2Dopo il passaggio della fillossera la Sardegna, come altre regioni italiane, ha iniziato a coltivare vitigni fino ad allora sconosciuti. Anche se molti vitigni alloctoni erano presenti, in forma sperimentale, nei vivai di Alghero già dalla fine dell’800. L’interesse per il vino ha spinto i sardi ad aumentare le superfici vitate, modificando anche i sistemi produttivi. Si è passati dal tradizionale alberello a forme di allevamento espanse che, nel tempo, hanno portato ad un lento ma continuo depauperamento della qualità dei vini. Si è arrivati ad avere più di 80 mila ettari di vigneto e numerose cantine sociali. Da qualche decennio le cose sono cambiate notevolmente. La corsa allo spianto, favorita dai premi in danaro da parte degli enti regionali, ha consentito di ridurre la superficie vitata a poco più di 30 mila ettari, al contrario le aziende produttrici sono più che raddoppiate. Nonostante la chiusura di molte cantine sociali, si è passati da poco più di 60 a oltre 130 aziende, molte con dimensioni quasi da hobbysta.

cannonauI vini quantitativamente più rappresentativi sono il Cannonau, il rosso più importante ottenuto dall’omonimo vitigno autoctono, che prevede le sottodenominazioni di Jerzu, Capo Ferrato e Oliena o Nepente di Oliena, e il Vermentino, probabilmente arrivato nell’isola dalla vicina Corsica, che ha soppiantato il Nuragus, per molti anni re incontrastato tra i bianchi isolani. Il Vermentino prevede due denominazioni, Vermentino di Sardegna (doc) prodotto in tutta l’isola e Vermentino di Gallura, prodotto nell’area nord ed è l’unico vino sardo a docg. A questi si affiancano rossi come Monica, prodotto in tutta l’isola,

l Cagnulari del Sassarese, il Carignano del Sulcis,il Mandrolisai nel centro dell’isola, il Bovale di Terralba dell’oristanese ed anche il Nebbiolo di Luras in Gallura.

nuragusTra i bianchi, oltre ai già citati Vermentino e Nuragus, il Semidano di Mogoro dell’oristanese e il Torbato dell’algherese. Ma la Sardegna è anche terra di grandi vini da dessert, molti riscoperti, altri rischiano l’estinzione come la Vernaccia di Oristano, tra i vini più longevi al mondo; i sempre più rari Nasco, da uve bianche, e Girò da uve rosse. Poi le Malvasie di Bosa e quella di Cagliari; i Moscati di Tempio Pausania fine ed elegante e quello di Sorso – Sennori, grasso e pacioso; gradevole anche il Moscato di Cagliari. A questi vitigni storici e autoctoni, si sono aggiunti molti vitigni internazionali che hanno consentito di allargare la gamma, utilizzati in uvaggio o in purezza. Pertanto è facile trovare Cabernet, Chardonnay, Sauvignon anche con la denominazione di origine controllata di Alghero. Ma sono altrettanto diffusi syrah, Montepulciano, merlot, pinot nero ed altri ancora. E’ auspicabile l’ utilizzo consapevole di questi vitigni, per non rischiare di perdere la vera identità dei vini sardi e finire nel calderone dell’omologazione.

Gilberto Arru

A Milano, New York e Mosca la quinta “Giornata Mondiale delle Cucine Italiane”

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Il 17 gennaio 2012 si celebra la quinta “Giornata Mondiale delle Cucine Italiane” (IDIC – International day of Italian Cuisines) e il piatto rappresentativo quest’anno sarà l’Ossobuco in Gremolata alla milanese, cucinato a regola d’arte, secondo un’unica, autentica ricetta, che incorona l’osso buco con la “gremolada” finale ossia il trito di scorza di limone, aglio e prezzemolo al momento di servire. (P.Pi)

L’olio “taroccato” in Cina danneggia il “made in Italy”. L’allarme di Coldiretti

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Olio di oliva “taroccato” in Cina. L’allarme lo ha lanciato Coldiretti che ha sollevato parecchie perplessità sull’origine delle olive utilizzate per produrre l’olio italiano poi esportato nel grande gigante asiatico. Il rischio, se non saranno svolte indagini scrupolose, è quello di danneggiare fortemente il mercato italiano dell’olio di oliva extravergine. (A. Fi.)

Per il mondo islamico arriva anche la mozzarella di bufala certificata “halal”

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La Campania si propone al mondo islamico con la mozzarella di bufala certificata “halal” ossia prodotta rispettando i dettami della cultura musulmana. Il progetto nacque sei mesi fa sotto l’egida del “Consorzio mozzarella di bufala campana dop” immaginando di soddisfare i mercati esteri e la fetta di mercato nazionale osservante le leggi islamiche, e ora il riconoscimento è diffuso tra parecchie aziende locali. (P. Pi)

Dieta sana? A colori è meglio

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Arcobaleno, arlecchino, multicolor, caleidoscopio. Sono tutti modi di dire per mantenere a tavola una sana alimentazione. Mangiare cibi colorati è il segreto. I principi nutritivi di cui abbiamo bisogno provengono proprio dai colori più svariati. Per una volta allora lasciamo che sia il nostro occhio e non il diletto della gola a guidarci nell’imbandire tavola. Ne trarremo opportunità in fantasia, benefici e salute (M.Ma.)

Polpette di pollo e funghi per stuzzicare l’appetito

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Un percorso, quello delle polpette, ricco e florido di idee che non si arresta innanzi alla fantasia. Così come già accennato né “Il polpettone di maiale, un omaggio al gusto”  molte le varianti per questo prelibato secondo. I tagli di carne concedono di orientarsi sul gusto preferito e si potrà arricchire la preparazione con verdure e panature prima di operare la scelta dell’idonea cottura, quella che permette di esaltarne il sapore: al forno, in umido e perché no, fritte come queste polpette di pollo e funghi (Ti.Ni.)

Querelle “Cannoli”: la risposta di Alessandra Spisni alla nostra redazione

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cannoli A seguito del nostro articolo sui cannoli siciliani, fortemente critico della versione presentata e realizzata da Alessandra Spisni nel corso di una puntata de “La prova del cuoco”, sull’argomento si è acceso un interessante dibattito rispetto a questo dolce tanto conosciuto quanto apprezzato. Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, la risposta della Spisni.

 

“Buongiorno a tutti,

mi dispiace di aver innescato la polemica, e sopratutto mi rincresce che qualcuno si sia sentito offeso; tutto questo non era assolutamente nelle mie intenzioni!
Sono una cultrice della tradizione e siccome anche io tengo molto alle mie origini sono stata molto attenta, ho specificato “Cannoli di Donna Calì”.

Mi è capitato di assistere alle discussioni fra Donna Calì, originaria di Leonforte e la Signora Campione, di Palermo, riguardo le diversità di cucina “tradizionale”, sulla pasta con la mollica piuttosto che sui cannoli e via discorrendo, esattamente come succede a Bologna con i tortellini, ogni famiglia ha la sua ricette anzi a volte, come è capitato a me, di due nonne bolognesissime e bravissime cuoche entrambe, una diceva dell’altra ” E’ una brava donna ma non sa fare da mangiare”

 icannolididonnacali
Quindi, così come diffondo la ricetta, dei tortellini de La Vecchia Scuola Bolognese, perchè non ho la pretesa di decidere chi sia più bolognerse , con tanto affetto ho adottato la ricetta che mia suocera mi ha insegnato, e ne parlo sempre senza presunzione!! Per cui, per favore, non si arrabbi, guardi ai lati positivi, abbiamo parlato a milioni di persone della vostra,ed anche un poco mia,terra, aprendo la strada a discussioni e, se ne aveste voglia, confronti e stimoli per eventuali disfide, e quindi a VOI l’onere e l’onore della cattedra.

Comunque, ho voluto accertarmi di come fosse effettivamente la situazione direttamente con la mia suocerona. Mio suocero a Leonforte aveva anche le mucche, come anche molti altri,e dal latte, mia suocera,ricavava il formaggio (cosa che fa ancora oggi a Bologna) e poi la ricotta, e mi conferma che non ha mai usato ricotta di pecora per i cannoli,perchè non è sufficientemente dolce,poi ritiene che solo a Palermo usiate la cioccolata,anche da fonti Catanesi e Messinesi.

Con molto affetto e simpatia per la gente siciliana e le sue tradizioni, un abbraccio tutto bolognese.”

 

Alessandra Spisni
 
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Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo la risposta di Alessandra Spisni al nostro articolo sui cannoli siciliani.
Ribadiamo però un concetto che ci sembra opportuno sottolineare, e cioè che la ricotta di mucca è accettabile, in questa preparazione, SOLO quando non si disponga della ricotta di pecora, come buona tradizione comanda. Al di la di ciò, il vero problema sta nella scorza, che nessuno in nessuna parte della Sicilia preparerebbe con il succo d’arancia, bensì con caffè e aceto o – al limite- Marsala, così come nessun siciliano metterebbe l’amaretto nella ricotta del ripieno. E ciò a prescindere dall’impiego o meno della cioccolata. La sfida? Prontissimi a raccoglierla, simpaticamente, quando vorrete.
 
La Redazione – Scelte di Gusto