Il nuovo volto dell’enologia sarda

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cagnulariLa Sardegna è terra di antica vocazione vitivinicola. Le origini arcaiche sono confermate dai numerosi vinaccioli ed acini integri ritrovati in alcuni nuraghi. Sicuramente la qualità e diversità dei suoli contribuiscono a diversificare le produzioni da zona a zona. L’isola ha, inoltre, un numero elevato di vitigni autoctoni e molti rischiano di scomparire dal panorama vitivinicolo ed enologico regionale. Anticamente si producevano vini di grande corpo, spesso dolci, molto richiesti nella penisola e all’estero. cannonau2Dopo il passaggio della fillossera la Sardegna, come altre regioni italiane, ha iniziato a coltivare vitigni fino ad allora sconosciuti. Anche se molti vitigni alloctoni erano presenti, in forma sperimentale, nei vivai di Alghero già dalla fine dell’800. L’interesse per il vino ha spinto i sardi ad aumentare le superfici vitate, modificando anche i sistemi produttivi. Si è passati dal tradizionale alberello a forme di allevamento espanse che, nel tempo, hanno portato ad un lento ma continuo depauperamento della qualità dei vini. Si è arrivati ad avere più di 80 mila ettari di vigneto e numerose cantine sociali. Da qualche decennio le cose sono cambiate notevolmente. La corsa allo spianto, favorita dai premi in danaro da parte degli enti regionali, ha consentito di ridurre la superficie vitata a poco più di 30 mila ettari, al contrario le aziende produttrici sono più che raddoppiate. Nonostante la chiusura di molte cantine sociali, si è passati da poco più di 60 a oltre 130 aziende, molte con dimensioni quasi da hobbysta.

cannonauI vini quantitativamente più rappresentativi sono il Cannonau, il rosso più importante ottenuto dall’omonimo vitigno autoctono, che prevede le sottodenominazioni di Jerzu, Capo Ferrato e Oliena o Nepente di Oliena, e il Vermentino, probabilmente arrivato nell’isola dalla vicina Corsica, che ha soppiantato il Nuragus, per molti anni re incontrastato tra i bianchi isolani. Il Vermentino prevede due denominazioni, Vermentino di Sardegna (doc) prodotto in tutta l’isola e Vermentino di Gallura, prodotto nell’area nord ed è l’unico vino sardo a docg. A questi si affiancano rossi come Monica, prodotto in tutta l’isola,

l Cagnulari del Sassarese, il Carignano del Sulcis,il Mandrolisai nel centro dell’isola, il Bovale di Terralba dell’oristanese ed anche il Nebbiolo di Luras in Gallura.

nuragusTra i bianchi, oltre ai già citati Vermentino e Nuragus, il Semidano di Mogoro dell’oristanese e il Torbato dell’algherese. Ma la Sardegna è anche terra di grandi vini da dessert, molti riscoperti, altri rischiano l’estinzione come la Vernaccia di Oristano, tra i vini più longevi al mondo; i sempre più rari Nasco, da uve bianche, e Girò da uve rosse. Poi le Malvasie di Bosa e quella di Cagliari; i Moscati di Tempio Pausania fine ed elegante e quello di Sorso – Sennori, grasso e pacioso; gradevole anche il Moscato di Cagliari. A questi vitigni storici e autoctoni, si sono aggiunti molti vitigni internazionali che hanno consentito di allargare la gamma, utilizzati in uvaggio o in purezza. Pertanto è facile trovare Cabernet, Chardonnay, Sauvignon anche con la denominazione di origine controllata di Alghero. Ma sono altrettanto diffusi syrah, Montepulciano, merlot, pinot nero ed altri ancora. E’ auspicabile l’ utilizzo consapevole di questi vitigni, per non rischiare di perdere la vera identità dei vini sardi e finire nel calderone dell’omologazione.

Gilberto Arru

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