Il Bavaglino è uno dei pochi ristoranti stellati del palermitano e non soltanto che, malgrado il blasone, mostra immediatamente una caratteristica non comune tra i ristoranti di rango elevato: parlo della accessibilità in termini di costi.
Se è vero che per un’ottima cucina siamo spesso disposti a spendere cifre folli, è altrettanto vero che un senso di “lusso” e di autoindulgenza fanno bene anche alla tasche meno floride. In tal senso Il Bavaglino offre delle proposte degustazione che partono da costi davvero irrisori mantenendo ovviamente di livello alto la qualità del prodotto proposto. La location è un’antica casa in quel di Terrasini, rivisitata e debitamente adeguata alle esigenze di una cucina.
Tuttavia di certo è piccolino, decisamente non di grande capienza. Per questa ragione il dehors risulta particolarmente gradevole, ovviamente nei mesi climaticamente favorevoli. Noi eravamo in due, ma eravamo una specie di “turisti per caso”, nel senso che – pur avendo in agenda una visita a questo locale – quella visita, quella sera, non era prevista. L’incresciosa defaillance di un altro locale ha pigiato sul mio acceleratore e mi sono detta ” perchè no? Niente agenda: proviamo ad andare adesso”. Detto e fatto. Ovviamente però, senza alcuna prenotazione ed in un orario proibitivo di un sabato sera estivo, i posti nel dehors non erano disponibili.
Prima nota per me di grande apprezzamento è stata l’averci comunque fatti accomodare nella saletta interna che, abbastanza chiaramente, non era allestita a ricevere ma che è stata messa in moto immediatamente. Poco dopo, tuttavia e malgrado un climatizzatore acceso, il caldo è diventato l’argomento di conversazione del mio tavolo. Tra ventagli e sbuffi ho avanzato la tremenda richiesta di essere spostati fuori non appena si fosse liberato un tavolo: il che è avvenuto una manciata di minuti dopo, allorquando con grande solerzia siamo stati trasferiti all’esterno.
E così è iniziata la nostra cena: dopo l’entrèe dello chef, uno sfincione scomposto, io ho optato per la proposta dal costo decisamente contenuto proprio perchè ne ero rimasta colpita ed oltremodo incuriosita: la proposta si chiama “ L’idea”, ed è variabile, per cui potrebbero non capitarvi le scelte dello chef che sono capitate a me quella sera, e che ho ampiamente apprezzato. Scelte che però, in ogni caso, troverete in carta, anche se a costi decisamente diversi.
Quella tra le mie portate quella che più ritengo di evidenziare è un cubotto di tonno scottato su crema di ceci con cipolla rossa e riduzione di Nero d’ Avola. Davvero molto buono, benchè io non annoveri il tonno tra i miei ingredienti preferiti. In questo caso particolarmente gradevole al palato il blend inconsueto tipicamente di terra di ceci e cipolla con il prodotto ittico che però, nella tradizione siciliana, è spesso abbinato alla cipolla, che sia o meno in agrodolce. Il risultato è stato di buon bilanciamento, sia per la gamma organolettica che per le consistenze. Il prodotto principale, il tonno, di ottima qualità definisce già un piatto ben riuscito.
Pur non essendo, appunto, in cima alle mie preferenze, sceglierei di nuovo quel piatto. Gradevole, ma che non mi ha entusiasmata moltissimo, la zuppetta Maremonti: un mix di pasta in zuppetta di pesce. L’avrei probabilmente apprezzata maggiormente in altra stagione; e d’altra parte per ragioni analoghe faccio a meno di un piatto cult della cucina siciliana che è la pasta con i tenerumi. Io in estate non mangio zuppe e minestre.
Ho concluso quindi con il dessert: Le tre consistenze del pistacchio, gustato dopo avere apprezzato dei deliziosi pre dessert tra cui delle gelatine agli agrumi che, volendo, hanno avuto la funzione di un sorbetto. Il mio dolce, decisamente dolce, un must per chi ami il pistacchio.
Ho voluto poi eccedere per rinfrescare il palato ed ho ordinato un altro dessert che avevo visto passare diretto ad altri tavoli ed il cui profumo di gelsomino mi aveva fortemente incuriosita. Una granita di anguria su polvere di cacao, il tutto al profumo di gelsomino. Troppo profumo, troppo gelsomino: alla fine una gratificazione per le narici ma non per il palato. Questa essenza non solo copriva il pur delicato sapore dell’anguria, ma conferiva al dessert un sapore quasi artificiale, non piacevole. Di certo un dessert che, per il mio palato, non ordinerei una seconda volta ma che – ad altri tavoli – ha ricevuto opinioni discordanti. Segno evidente del ben noto fatto che non tutto è per i gusti di tutti.
Il mio ospite invece ha scelto à la carte. Partendo da un Sashimi Siciliano di gambero rosso, wasabi e cedro, risultato davvero molto piacevole in larga misura per l’ottima qualità del gambero.
A seguire, spaghetti ai ricci di mare. Ottimi, ben “legati” e con una consistenza “nappante” che io – ed in verità anche molti altri – adoro. Per chiudere lo stesso dessert che avevo scelto io, ossia le tre consistenze del pistacchio. Malgrado la solerzia dimostrata in alcuni momenti, il servizio del locale è suscettibile di notevoli migliorie: alcune ragazze molto giovani penso fossero alla loro prima esperienza, quantomeno in locali in cui la clientela si aspetta un servizio perfetto, e ciò era evidente. Dimenticanze, ritardi e soprattutto assenza di sorrisi in un’epoca in cui abbiamo dovuto – obtorto collo – imparare a sorridere con gli occhi.
In conclusione Il Bavaglino è un locale da provare, con una cucina che rivisita la tradizione locale e che impiega materia prima di buona qualità. E’ sicuramente adatto a cene di coppia ma non a gruppi numerosi, nè tantomeno ai bambini, anche per via degli spazi ridotti. Ideale per una cena o colazione di lavoro, offre atmosfere suggestive e costi contenuti. La mia cena per due è costata poco più di 100 euro, che comprendevano anche un calice di vino. Il servizio, come detto, è da migliorare sensibilmente.
Alessandra Verzera
Scheda:
Patron e Chef : Giuseppe Costa
Coperti: 25 (in) – 40 (out)
Range: Alto ( Ristorante stellato)
Categoria: Ristorante di cucina creativa regionale
Ranking (*)
Location: 4
Cibo: 4
Carta Vini: –
Presentazione: 4
Servizio: 2
Mise en place: 4
Atmosfera: 4
Allestimenti: 4
(*) Legenda :
1 = pessimo 2 = scadente 3 = sufficiente 4 = ottimo 5 = eccellente.


Normalmente si trova nella sua morfologia più o meno naturale, ossia in panetti, e può essere servita a fette, condita con olio evo, o trifolata sulla pasta in forma, appunto, di scaglie sottili. Più classica è quella di Muggine che si distingue da quella di Tonno, per la stragrande maggioranza Pinna Gialla, sia per colore che per sapore: quella di muggine ha infatti un sapore più delicato ed un colore che tende al giallo ambra, mentre quella di tonno è più forte, più sapida nel gusto, con un afrore molto intenso e colore che varia dal rosa carico al mattone. E’ anche un prodotto generalmente costoso, anche se ha un’ottima resa ed un tempo di conservazione relativamente lungo. In modo particolare è di alta gamma la bottarga di tonno rosso, il Pinna Blu, essendo quest’ultimo anche inserito nella lista delle specie in via di estinzione e del quale, pertanto, si sconsiglia il consumo al fine di scoraggiare la pesca intensiva.
Nelle cucina domestiche, sia per praticità che per abbattimento dei costi e degli sprechi, si è diffuso l’uso della bottarga grattugiata preconfezionata. Il costo è davvero accessibile ma assicuratevi di preferire le confezioni in vasetto di vetro più che in buste di plastica. Io ho assaggiato e scelto per voi la bottarga grattugiata da Pina Gialla di Mare Puro, un’azienda del trapanese ( precisamente di Custonaci) che mi ha dato un’ottima resa. 
L’antagonista che ho provato è della Callipo, azienda in provincia di Vibo Valentia: sempre in vasetto di vetro, ma del peso di 40 grammi praticamente allo stesso prezzo della Mare Puro. La Callipo ha un sapore leggermente più “morbido” ed è facilmente reperibile in quasi tutti i supermercati. La mia preferenza va comunque alla Mare Puro ma, in alternativa, la Callipo è una degnissima sostituta, da provare anche su crostini di pane e mousse di ricotta con la bottarga spolverata sopra e finita con una grattugiata di zeste di limone o lime: un bocconcino da Re!
Ho assaggiato per voi diversi croissant surgelati: su tutti, due mi hanno molto convinta. Una versione “dolce”, de Le Tre Marie ( nel 70% di casi è anche quello che trovate poi al bar) ed una versione “neutra”, più simile al croissant francese, di Margel.
In entrambi i casi i modi ed i tempi di cottura sono praticamente uguali: forno a 170/180 gradi, statico o ventilato poco importa, per una ventina mi minuti senza mai aprire lo sportello del forno. Non necessitano di essere spennellati nè con il latte nè con l’uovo perchè a fine cottura si presentano ben dorati e con un’ottima lucentezza : il che accorcia i tempi di preparazione e non vi fa sporcare nulla.
Io ho provato le versioni senza ripieno. Il croissant Le Tre Marie ha già di suo una leggera granella di zucchero semolato in superficie, ragione per cui in cottura assume un aspetto più dorato dovuto alla caramellizzazione appunto dello zucchero. Il risultato è molto piacevole. Il prodotto è fragrante, friabile e produce tante briciole: il che è ovviamente tipico della pasta sfoglia.
Ha una buona alveolatura e risulta leggero al palato. Consumato caldo è al meglio, ma anche dopo qualche ora mantiene una notevole fragranza. Non è adatto, ovviamente, a ripieni salati, ma se volete esagerare potete accompagnarlo con della confettura o del miele. Il costo per una busta da 6 pezzi di dimensioni regolari è di circa € 2.40, il che equivale a 40 centesimi al pezzo. E’ un tipico prodotto da colazione, non versatile.
Il croissant Margel invece si presta a vari usi, non necessariamente quindi alla prima colazione o non solo. Come detto, ha un sapore neutro essenzialmente tendente al sapido; il che è tipico dei croissant francesi che, proprio per questa ragione, risultano gradevolissimi anche quando accompagnati a formaggi e salumi. Una catena francese, La Croissanterie, propone cornetti con ogni tipo di ripieno salato.
Naturalmente il mio preferito era quello con funghi, formaggio e besciamella: il tutto ripassato in forno e gratinato velocemente. Dico “era” perchè l’azienda, negli anni, ha ampliato l’offerta arricchendola di una serie di altri prodotti, perdendo però la sua connotazione originaria che la rendeva unica così come io amo ricordarla. Con il croissant Margel potrete cimentarvi nella preparazione dei cornetti ripieni e salati caldi. Naturalmente dovrete prima cuocere i pezzi da vuoti, lasciarli raffreddare e tagliarli con molta attenzione perchè non si sfaldino. Poi potrete proseguire con i ripieni a piacere, sia da ripassare in forno che da consumare freddi ( come nel caso del crudo, del salame o persino della mortadella).
I Margel hanno un’alveolatura meno invitante rispetto al concorrente in esame, ma sono decisamente più versatili e costano leggermente di più rispetto a Le Tre Marie: una confezione da 4 pezzi costa infatti € 2.00, ossia 50 centesimi a pezzo. L’unico difetto dei croissant è che finiscono sempre troppo presto, mentre il loro pregio più evidente è l’incredibile profumo che spandono in tutta casa: la nota perfetta per iniziare la giornata con un mood positivo.




Il Mercato nasce proprio da quell’esperienza pluriennale e dalla volontà di offrire uno spazio che possa unire con maggiore frequenza, in più momenti nel corso dell’anno, produttori e consumatori attenti alla sostenibilità e alla qualità.
Nel corso della manifestazione sono in programma – compatibilmente con le norme di sicurezza per Covid-19 – laboratori del gusto, visite guidate, attività per bambini, show cooking, presentazioni di libri, mostre e seminari.
Ricordiamo che la struttura a terrazzamenti dell’Astego, che i visitatori possono percorrere senza difficoltà, rappresentano, per una parte, i diversi habitat dell’ambiente prealpino, e in particolare del Monte Grappa, dalla vetta fino alle pianure sottostanti. La “Mostra micologica” prevede dunque l’esposizione di una grande varietà di funghi, commestibili e non, inseriti nelle diverse tipologie di bosco presenti su queste montagne, e qui ben rappresentate nei terrazzamenti.
I funghi esposti possono così essere apprezzati nel loro ambiente naturale, dall’abieteto fino al bosco planiziale, passando per i diversi habitat intermedi. Inoltre, l’aspetto divulgativo della Mostra si coniuga magistralmente con il fascino dei colori e dei profumi di questa stagione. I visitatori potranno ammirare almeno una cinquantina di specie fungine tipiche dell’ambiente montano: dai porcini ai vari tipi di lactarius e alle amanite, dalle russole alle mazze di tamburo fino ai più comuni chiodini.
Il Giardino Astego, per i più piccoli e non solo, propone poi le interessanti attrazioni costituite dal labirinto vegetale e dai percorsi sensoriali per sviluppare gli altri “sensi” quali il tatto, l’olfatto e l’equilibrio, rendendo la visita ancora più piacevole anche ai non “esperti” e adatta alle famiglie.


Stime alla mano, nel 2020 in Italia, erano stati programmati 219.405 matrimoni di cui 210.258 italiani e 9.147 stranieri, con un fatturato diretto complessivo di 10 miliardi, che si dovevano dividere tra 7,3 miliardi circa per i matrimoni italiani e 2,7 miliardi per i matrimoni stranieri. A tal proposito, non servono ragionamenti matematici, per rendersi conto del livello di allarme da parte di chi, dopo la quarantena per il Coronavirus, stava provando a rialzarsi, ma che non dispone degli strumenti necessari per affrontare un’ulteriore crisi economica, determinata dall’osservazione delle nuove regole dettate dal Governo.
“Un fallimento è per sempre – dichiara Barbara Mirabella – e non c’è più tempo per le parole: l’intera filiera ha bisogno di aiuti concreti per prevenire l’ecatombe definitiva del comparto del matrimonio e degli eventi. Durante il lock-down ho messo tutta la mia esperienza anche a servizio di questo settore strategico, del quale conosco le grandi capacità e le imponenti ricadute sul territorio, oggi azzerate dalle decisioni affrettate e incoerenti del Governo. Il movimento Italian Wedding Industry, è attivo da marzo per cercare di ottenere un tavolo di confronto, ma, in questi lunghi mesi, ogni nostra richiesta ed istanze ufficiali sono state ignorate. Ad oggi, non abbiamo alcuna intenzione di fermarci: è stata formalizzata una richiesta di incontro con il Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, che, unico tra i governatori regionali, ha mostrato lungimiranza e pragmatismo, erogando, qualche settimana fa, il “Bonus matrimonio”, con il virtuoso obiettivo di incentivare gli innamorati a organizzare i festeggiamenti del loro giorno del “sì”. Non possiamo lasciare che Roma infligga il colpo letale alla wedding e event industry, senza un tavolo di concertazione, né paracadute per le imprese. È all’insegna del fondamentale valore dell’equità tra i diversi settori produttivi, che l’intera filiera chiede di ricevere lo stesso trattamento di chi, ad esempio, viaggia in aereo: se è consentito che due persone sconosciute siedano vicine a bordo di un aeromobile, siamo convinti che i professionisti del settore possano garantire condizioni igienico-sanitarie necessarie per organizzare dei matrimoni a cui partecipano più di 30 persone, numero ad oggi consentito”.
Celle frigorifere stracolme di cibi per i matrimoni di questo weekend, migliaia di fiori freschi, acquistati per diventare splendidi addobbi, ma adesso destinati ad appassire nel silenzio; centinaia di camerieri, ingaggiati per indossare la divisa di sala, rimasti senza un futuro; musicisti con strumenti e spartiti già definitivi, che non potranno suonare; abiti da sposa, esposti con trepidazione in casa, privati della possibilità di splendere davanti agli occhi delle persone amate; migliaia di euro spesi che il Governo ha polverizzato, riducendo, senza prevedere un tempo minimo di preavviso, a 35 invitati la capienza nei matrimoni. Sono ore molto critiche quelle che stiamo vivendo e che, IWI, auspica portino ad una resa dei conti, con delle manovre brusche, verso la salvezza.
Atelier, società di catering, location per eventi, organizzatori d’eventi, agenzie di viaggi, musicisti, parrucchieri e ancora fiorai…non sono solo alcune delle aziende raccolte in asettici elenchi, ma persone, imprenditori in carne ed ossa che, con le loro corde vocali, ormai quasi definitivamente logorate, continuano a urlare stremate, un’ultima volta “Non lasciateci soli”, prima di sprofondare nella povertà per sempre.










“Too Good To Go”, il progetto di origini danesi del 2015, che da mesi contribuisce alla lotta contro lo spreco alimentare, si è diffuso anche nel territorio abruzzese .
Un’iniziativa sicuramente costruttiva e importante non solo per la salvaguardia del cibo, ma anche dell’ambiente. Continua infatti Bertolini: “Questo progetto permette al cliente anche di scoprire posti nuovi nella propria zona e al proprietario del locale di avere una visibilità in più. È un grande movimento – conclude – e penso sia bellissimo sentirsi parte di una rete europea e presto anche atlantica, con la scommessa negli Stati Uniti” .
La volontà di raggiungere una riduzione dei rifiuti nasce in prima istanza proprio negli Stati Uniti: grazie alla collaborazione di due grandi associazioni, l’ IBM (International Business Machines Corporation) e l’AngelHack, sono stati avviati dei lavori perla creazione di una strategia finalizzata proprio alla drastica riduzione degli spechi, attraverso il sostegno delle grandi catene alimentari .

Nei giorni scorsi, le piante/portainnesto sono state innestate attraverso due tipologie di innesto: innesto a T e innesto a pezza. Il primo è un innesto a gemma eseguito incidendo la corteccia del portinnesto con due tagli, uno verticale e uno orizzontale per formare una T e, sollevandone i lembi, inserendo, al disotto di questi, la gemma detta “scudo”, prelevata da una pianta-madre mediante taglio tangenziale. 


