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Giuseppe Garibaldi a tavola: ghiottone di vitello arrosto, cavoli salati e fave fresche

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arrosto-di-vitelloIl 17 marzo è trascorso da qualche settimana e, come si sa, è stato festeggiato in tutta Italia per celebrare il 150° anniversario dell’Unità. Noi, di “Scelte di Gusto” abbiamo voluto andare oltre e, per differenziarci da altri abbiamo deciso di incontrare, attraverso le cosiddette “interviste impossibili” il protagonista assoluto di questa Unità d’Italia, il generale Giuseppe Garibaldi, durante una pausa della sua missione in Sicilia (A.Fi.)

 

Lo abbiamo avvicinato, con discrezione, grazie all’intervento del suo fido Nino Bixio all’ombra del Ponte Ammiraglio, dopo avere sbaragliato le truppe dei Borboni, intento a gustarsi uno dei suoi soliti “mezzi” toscani.

Fiasconaro: Generale, stanco?

Garibaldi: “Stanco mai, soddisfatto abbastanza. Abbiamo avuto ragione dei Borboni, grazie alle mie “camicie rosse” e ai valorosi palermitani. Ma ancora l’Italia non è fatta. Ci vuole ancora del tempo e si spargerà altro sangue”.

Fiasconaro: Generale, non stiamo qui a parlare di battaglie o di Cavour o Vittorio Emanuele, parliamo invece di cucina, gastronomia. Cosa mangia di solito?

Garibaldi: “Fiasconaro, sulla mia tavola o in campo di battaglia, non deve mai mancare un bel pezzo di vitello arrosto accompagnato da una buona cucchiaiata di cavoli salati. E’ il mio piatto preferito”.

Fiasconaro: E’ vero che lei è astemio? Non ha mai bevuto vino o liquori?

Garibaldi: “Chi le ha detto questo? Vero. Sono astemio. Quanto vale un bel bicchiere d’acqua fresca di fonte…”.

Fiasconaro: Generale, torniamo allora a parlare di cibo. Abbiamo saputo attraverso uno dei nostri informatori che lei, appena sbarcato a Marsala ad una contadina del luogo ha chiesto pane e formaggio?

Garibaldi: “Anche questo è vero. Vado ghiotto per il pane ed il formaggio pecorino. Peccato che quando sono sbarcato in Sicilia, le fave fresche erano già finite, altrimenti avrei accompagnato al pane e al pecorino un buon pugno di fave. Bisogna che lei provi queste prelibatezze. Hanno un sapore unico…”.

Fiasconaro: Generale è vero che lei preferisce anche il minestrone?

Garibaldi: “Buono… Si, sono un amante di minestrone che accompagno sempre con carne arrosto e da un bel piatto di legumi. Mi piacciono i fagioli ma anche una zuppa di ceci, non è male. Insomma, faremo l’Italia unita e spero anche in cucina, ma non sarà facile…”

Fiasconaro: Ed il pesce non lo mangia?

Garibaldi: “Certo che lo mangio. A parte quello stagionato, mi piace molto lo stoccafisso alla genovese accompagnato, come al solito, da un buon piatto di fave fresche”.

Fiasconaro: Generale, ma sua figlia Celia parla anche di altre sue ghiottonerie come il merluzzo impastato con la farina e poi fritto. Insomma, la nostra “pastella” di oggi.

Garibaldi: “Mia figlia Clelia, non sta mai zitta, appunta tutto su quel suo diario. E’ vero mi piace anche il merluzzo farinato e fritto, ma anche i fichi secchi e voi a Palermo siete dei gran maestri per questa leccornia.

Fiasconaro: Generale, e i dolci? Preferisce i dessert alla frutta, magari…

Garibaldi: “Fiasconaro, lei vuole sapere troppo. Mi è simpatico con quella sua barbetta color cenere. Allora le confido una cosa: mi piace molto un piatto composto da cedro e pompelmo tagliato a fettine sottilissime ed imbevuti di rosolio accompagnato da un biscotto e da una bella colata di cioccolato fondente. Deve provare è una bomba…”

Lasciamo il generale Garibaldi con il suo stato maggiore, sta per prendere una decisione importante… Occupare Palermo e fare l’Italia, unita.

Antonio Fiasconaro

Due ore a Madrid

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“Me encantan las gambas a la plancha…”, lei cinguettava come una rondine mentre ritirava il suo piatto. Io, distante, non sapevo davvero perché mi trovavo lì. Lì dove? “Mercado de San Miguel” era il suo nome. E c’ero arrivato per caso, inseguendo un sogno ( Gi.Co.)

Crostata, biscotti di mandorle, dolci al cioccolato, peperoni e mandarini: un’arte tutta da mangiare.

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Quando ho visto le opere di Lorenzo Lo Vermi ho pensato due cose. La prima è stata che avrei voluto avere un’enorme cucina per riempirla dei suoi quadri. La seconda, che se mai avessi avuto una tale cucina, non avrei mai più potuto rimanere a dieta un solo giorno (A.Ve.)

Lorenzo Lo Vermi è un cinquantenne canicattinese di nascita ma piemontese di residenza che, solo relativamente di recente, ha scoperto questo suo singolare talento: non già la pittura, che già di per sé sarebbe un gran bel talento, quanto piuttosto la pittura….gastronomica.

L’incredibile realismo delle sue opere lascia perplessi: se di “Nature Morte” il mondo e le tele sono pieni, non altrettanto si può certamente dire di crostate, dolcetti al cioccolato, biscotti alla mandorla e tagliatelle. Ed è con questi elementi che Lo Vermi lascia sulla tela non soltanto una forma d’arte decisamente peculiare, ma un senso di stupore stringente in chi si trovi ad osservare le sue opere.

Intanto viene voglia di toccarle: poi di mangiarle. Ovviamente, parlando di opere d’arte, nessuno dei due istinti è consentito assecondare. Dalla sua tavolozza e dai suoi pennelli vien fuori di tutto. Dall’aperitivo, al pranzo, al brunch, allo snack, al dolce passando per frutta e verdura, pesci  e primi piatti. Sembra quasi una stravaganza, dinnanzi a cotanto ben di Dio da mangiare, scoprire tra le sue opere anche dei fiori. Bellissimi anche quelli ed anch’essi straordinariamente “vivi”.

Scopertosi talentuoso pittore alla fine degli anni ’90, Lo Vermi da allora non si è più fermato e, dopo aver  conseguito la maturità artistica nel 2003, si è dedicato a tempo pieno alla sua arte: da allora il suo curriculum si è arricchito in modo esponenziale ed è oggi infarcito di mostre, di personali e partecipazioni a collettive, ed anche a manifestazioni a tema gastronomico e culinario. Il trionfo del gusto e del palato per definizione. Al di la dell’assoluta originalità tematica dell’arte di Lo Vermi, risulta particolarmente gradevole la cromia dei dipinti: tinte forti, solari, evocative non soltanto della ricchezza e della specificità  di ciò che dipinge, ma anche dei colori di certa terra, di certa origine, di certa formazione che nasce in terra di Sicilia ed a Canicattì ma che è destinata ad esportare ovunque.

Di Lo Vermi sentiremo sicuramente parlare molto e molto più di quanto già non si faccia. Sentiremo parlare molto di questo “giovane” pittore siciliano e della sua arte decisamente incr…edibile.

Alessandra Verzera

La “Vucciria”, Guttuso e il Professore

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vucciriaLa natura morta, come elemento decorativo associato a figura umana, è presente in tutta la nostra storia pittorica. Basti pensare ai mosaici pompeiani, che già in epoca ellenistica narravano natura morta. (Ti.Ni.)


Ma l’affermazione di questo genere pittorico si osserva più diffusamente dalla seconda metà del ‘500 ed attraverso esponenti di spicco come Brueghel, i pittori olandesi i fiamminghi e il nostro grande, orgoglio patriottico nel citarlo, Michelangelo Merisi da Caravaggio che non solo associa la natura morta alla rappresentazione figurativa come complemento di scene principali e quasi teatrali – Ragazzo con canestro di frutta, Cena in Emmaus e Bacco sono solo alcuni esempi delle opere a cui si fa riferimento – ma questa diviene il soggetto e con il Canestro di frutta dà l’accordo, quel la, per far partire l’armonia nel delineare quasi una moderna fotografia.

Camminando in quell’unico vicolo che resta a baluardo di un mercato rionale storico, storicamente aggrappato al centro di una città come Palermo, osservando ciò che la Vucciria conserva nel mostrare un briciolo di ricercata decadenza, ci si sente immersi in una natura morta cinquecentesca e sembra di vivere i profumi, assorbire i colori e sentire le voci di quanti popolano immoti un quadro di Joachim Beuckelaer (Mercato in piazza del 1566, Capodimonte – Olio su tela della collezione Farnese).

Eppure la Vucciria si sviluppa ancora, parzialmente immutata, lungo la discesa in via dei Maccheronai e molti i turisti che si fermano a fotografare tocchi di carne e pollame, frutta e verdura, legumi sfusi, pesce e frutti di mare, pani ca meusa, latte e vino, contrasti, olive verdi e nere, miscugli eterogenei di alimenti per alimentare un mercato variegato, storico, popolare. Uniti, i commercianti, nell’accogliere gli scatti a immortalare il folklore, nel sorridere a denti radi, nell’essere orgogliosi e ostinati fautori di un ritorno al passato che avanza in un futuro traballante di incertezze. Far vucciria, in siciliano, è come dire far confusione, fracasso, dar voce e mille voci insieme, cantilenanti nenie di un mercato che urla per non perdere il suo nome abbanniato (urlato), venduto e di padre in figlio rinnovato.

Ma il nome vero deriva da bucceria, una storpiatura tutta sicula del termine francese boucherie ovvero macelleria, e tante ve ne sono ancora in funzione, a mondare pelli di armenti nel macellare quarti di bue per nutrire la popolazione di stranieri sorridenti a far fila per assaporare il suono di coltello che batte ceppo: il tutto è estremamente tradizionale, boccaccesco e forse un po’ dantesco a richiamare gironi di vie e di botteghe. Le stesse botteghe ritratte a tratti in quell’opera che prende il nome dal mercato. La Vucciria, 1974, olio su tela di Renato Guttuso. Un quadro che senza veli mostra uno spaccato di vita cittadina, i colori a tinte forti di un mercato dove le carni vengono macellate, i pesci venduti, le verdure abbanniate (urlate), dove la gente si mescola e si stenta a distinguere esercente e avventore, come fossero pennellate date con precisione in quella natura morta che mostra vita di quartiere.

La Vucciria oggi è questo, più che un mercato dove fare la spesa è un tuffo nella storia di quanti hanno percorso quella strada, di coloro che con il loro mestiere sono sbarcati a Palermo ed a partire dal XII secolo hanno contribuito a dare il nome alle vie che si snocciolano alla spalle della Cala: via dei Tintori, Materassai, Chiavettieri, Coltellieri, Mezzani, Maccheronai, via Argenteria e così via, in un contesto culturale non indifferente per la presenza di molte Piazze monumentali, Chiese in ogni vicolo, e la maestosità di San Domenico con il suo carico di barocco da ostentare. E poi lui, attivo da 58 anni, lieto di accogliere i turisti, pronto a vendere il suo pani ca meusa o solo a raccontarlo, il Professore.

Così viene definito Giuseppe Basile, un signore, un venditore di quel tipico panino che già dalle prime ore del giorno scalda sugna e milza, polmone, esofago, trachea, queste le frattaglie che si usano per farcire u pani ca meusa. Lui si definisce il più antico della nuova generazione e dal dopoguerra,  da quando era poco più che un bambino, popola il mercato della Vucciria e guadagna con la sua arte ovvero quel mestiere tramandato dal bisnonno. Racconta di come il tempo cambia tutto, di come dalle ceste in spalla e la tannura (un fornello riscaldato a carbone) la sua famiglia sia arrivata ad avere il banchetto, di come i figli abbiano rinunciato a perseguire il mestiere in nome di quella crisi globale. Eppure il tuffo nel mercato lascia la piena sensazione che tutto cambia e nulla muta in questi angoli di mondo nascosti pure al tempo.

Tiziana Nicoletti

Scialo, Wine Bar – Palermo.

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Era un pomeriggio di quelli in cui proprio non ti va di rimanere a casa quando, insieme alla collega Zito, per puro caso mi sono imbattuta nello “Scialo”, in Via Marchese Ugo a Palermo (A.Ve.)

Il Cioccolato di Modica: la Sicilia sulla bocca del mondo

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«Altro richiamo, per restare alla gola, è quello del cioccolato di Modica e quello di Alicante (e non so se di altri paesi spagnoli): un cioccolato fondente di due tipi – alla vaniglia, alla cannella – da mangiare in tocchi o da sciogliere in tazza: di inarrivabile sapore, sicché a chi lo gusta sembra di essere arrivato all’archetipo, all’assoluto, e che il cioccolato altrove prodotto – sia pure il più celebrato – ne sia l’adulterazione, la corruzione… » ( Gi.Ca.)

Bizzarrie d’oltremanica e ambiente: dopo le auto ibride, quelle commestibili

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Automobili “commestibili” : alcune loro componenti sono infatti derivate da scarti industriali alimentari. Patate, noci, carote e cioccolata. Ma le vedremo mai veramente sui circuiti? (A.Ve.)

Dai dolci delle monache al cioccolato “Cibo degli Dei”: tutte le bontà modicesi oggi al convegno nazionale “La Dolce Contea”. Domani invece dolcissimi massaggi.

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L’arte dolciaria delle monache di casa prospettata e approfondita al convegno nazionale “La Dolce Contea – Pasticceria e Cioccolato di Modica dai Grimaldi ad oggi”, nei bellissimi saloni del palazzo della Fondazione Grimaldi, con l’organizzazione della delegazione modicana dell’Accademia Italiana della Cucina (A.Ve.)

Giovani siciliani alla corte del “re” salmone. Da Termini Imerese e Taormina al “Fish Market” di Bergen.

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giovani 1Chi l’avrebbe mai immaginato di trovare giovani studenti alla corte del “re” salmone in una delle piazze più pittoresche della Norvegia?

( Francesco, originario di Termini Imerese. Foto: A. Fiasconaro)

Nasce il Maas in periferia di Catania: il più grande mercato agroalimentare del meridione.

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maasIl mercato ortofrutticolo, il mercato ittico e florovivaistico, oltre a piattaforme di distribuzione e celle frigo in uno spazio di 110 ettari di superficie.

Ha preso oggi il via il Maas (Mercati Agro-Alimentari Sicilia) il più grande mercato agroalimentare del meridione d’Italia e dell’intera area del Mediterraneo. Un polo di interscambio commerciale realizzato alla periferia di Catania che si avvia ad ospitare, nelle moderne gallerie commerciali realizzate, i mercati: ortofrutticolo (84 box modulari), ittico (20 box) e florovivaistico, oltre a piattaforme di distribuzione e celle frigo. Attualmente sono circa cento i contratti stipulati con gli operatori dei settori ittico ed ortofrutticolo. Le contrattazioni di quest’ultimo comparto partiranno dopo il completamento delle operazioni di trasferimento degli operatori, il cui termine ultimo e’ stato prorogato al 30 aprile. “Inauguriamo oggi un hub ritenuto strategico dalla Regione Siciliana – ha affermato il presidente Raffaele Lombardo – ed alla cui realizzazione l’amministrazione ha dato un forte impulso con l’integrazione dei finanziamenti necessari per il completamento dei lavori”. Per il Governatore inoltre, “l’apertura del Maas rafforza le strategie avviate per la commercializzazione dei prodotti isolani ed agevolerà l’accesso ai mercati nazionali ed europei: si tratta di un volano per l’economia legata alla produzione e alla commercializzazione dell’agroalimentare”.

 

Il Mass è secondo l’assessore alle Risorse Agricole ed Alimentari, Elio D’Antrassi ” un progetto ambizioso e generoso che, da un lato, consente di ospitare i mercati all’ingrosso in strutture moderne e dall’altro da il via ad un struttura sovranazionale che sicuramente inciderà nella standardizzazione dell’offerta delle produzioni siciliane per il mercato italiano e Mediterraneo. Un polo che svolgerà – ha detto D’Antrassi- un ruolo sinergico rispetto alle misure messe in campo dall’assessorato per la specializzazione e il compattamento delle filiere”. Per il presidente del cda del Maas, Mario Brancato si tratta di un vero e proprio snodo fondamentale per l’espansione del commercio agroalimentare siciliano”. All’inaugurazione anche una delegazione della regione rumena di Prahova, composta dai vertici della camera di commercio e del parco industriale, che ha avviato contatti per lo sviluppo di intese commerciali con il Maas.

Arianna Zito