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Torta al caffè

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La nostra lettrice, Roberta Sturiale, ci invia la ricetta di una sofficissima ed invitante torta adatta a tutti i momenti della giornata, dalla colazione al caffè della sera. Di seguito gli ingredienti, le dosi ed il procedimento per realizzarla. Vista però la presenza di caffè non è particolarmente indicata per i più piccoli.

Due fratelli portati in processione: Santi, medici , guaritori e ballerini

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La festa dei Santi Cosma e Damiano, immutata nel tempo, allegra come tutte le processioni che tra sacro e profano narrano tradizioni, si svolge l’ultima domenica di Settembre in una deliziosa borgata marinata di Palermo. A Sferracavallo i fratelli, medici e guaritori, ondeggiano danzando sulle teste dei presenti, tra pioggia, sprazzi d’ilarità, bimbi protesi a baciare statue e fazzoletti utilizzati per tergere lacrime di tempo (Ti.Ni.)

Decorare con gli intagli e non solo: il mondo del VisualFood

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visualL’estetica del cibo, la bellezza delle forme, il decoro nella presentazione dei piatti, sono aspetti che in cucina hanno sempre catturato l’attenzione di Rita Loccisano, VisualFoodist di A Mouse On The Table. Attraverso il suo racconto scopriremo in che modo il cibo può diventare forma d’arte senza perdere il suo scopo principale: nutrire, ed in questo caso nutrire divertendo (Ti.Ni.)

A Mouse On The Table è il primo blog sul VisualFood, ma cosa si intende con tale termine?
VisualFood è un neologismo che ho creato io a fine febbraio 2010, quando ho aperto il blog “A Mouse On The Table”. Cercavo un termine che riassumesse tutto quello di cui mi occupo, raggruppando in un’unica categoria guarnizioni e decorazioni per piatti, centrotavola commestibili, piatti divertenti per bambini, food design e tutto quello che è bello da vedere e buono da mangiare. Il VisualFood infatti non è solo decorazione, è cibo a tutti gli effetti. Pur usandone le tecniche, il VisualFood non è intaglio vegetale, non è plating e non è fruit carving… è tutto questo e molto di più.  Oggetto di trasformazione del VisualFood non sono solo frutta e verdura, ma anche pane, pasta, salumi, formaggi e tutto ciò che è commestibile.

Come si diventa VisualFoodist? Che consigli daresti a chi decide di avvicinarsi a questo mondo?
L’estetica del cibo, la bellezza delle forme, il decoro nella presentazione dei piatti, sono aspetti che in cucina hanno sempre catturato la mia attenzione. Mi hanno sempre stupito la creatività e il senso artistico di certe composizioni; la mia prima passione è stato l’intaglio vegetale, il classico intaglio Thai. Mi sono formata da autodidatta seguendo le indicazioni di voluminosi e costosi manuali di intaglio, ma trovavo un grosso limite a questa arte: lo spreco di cibo. Gran parte delle composizioni sono progettate e realizzate come puro decoro, si utilizzano verdure crude che non possono essere mangiate così come sono, oppure tantissimi stecchini o colle non alimentari per unire i pezzi, ciò rende tali lavori non commestibili. Il cibo è una cosa seria, sprecarlo in questo modo, quando al mondo c’è gente che vive di stenti, lo considero un delitto. Il VisualFoodist è colui che apprezza questa forma d’arte, la replica e ne applica i principi; diventarlo è molto semplice, basta seguire i tutorial gratuiti sul mio sito o frequentare uno dei miei tanti corsi sparsi in tutta Italia. Il VisualFood Designer è invece colui che progetta VisualFood, quindi disegna e riproduce composizioni di cibo; presto ci sarà una scuola per diventare designer, consulenti e insegnanti di VisualFood. Ci stiamo lavorando.

In quale opera pensi di esserti spesa di più, e qual è quella in cui non ti sei mai cimentata?
Ti confesso che ci sono alcune composizioni che, riguardandole a distanza di tempo, mi fanno sussultare come se le vedessi per la prima volta o come se le avesse fatte qualcun altro. Sono ad esempio i vasetti finger food di carota, la rosa di prosciutto o il centrotavola invernale con igloo e pinguini, per citarne qualcuno. L’opera che mi ha richiesto più impegno è un albero di pasta realizzato per lo stand DeCecco al Pasta Trend 2011. Ho lavorato 10 giorni per realizzare un albero secolare di pasta secca, utilizzandone diversi formati. Il VisualFood di solito è meno impegnativo e più rilassante, cerco di progettare composizioni riproducibili da chiunque, per questo evito di usare ingredienti introvabili o intagli che richiedano una particolare manualità, perché concepisco il VisualFood come un’arte democratica: tutti devono poterla applicare.
Rispetto invece alle opere in cui non mi sono ancora cimentata, ho tanti progetti in cantiere e campi nuovi da esplorare, scoprirete presto le novità!

Insegnare VisualFood è un po’ come…?
Insegnare VisualFood è un po’ come immergersi nella creatività. Io do lo spunto, i partecipanti ci mettono il loro entusiasmo e le loro conoscenze e così nascono idee sempre nuove. Non c’è un corso uguale all’altro e spesso sono io a imparare! Per me insegnare quello che so è una tendenza naturale, mi viene spontaneo. Provo una soddisfazione immensa nel vedere riuscire gli altri e la loro gioia mi rende felice. Non mi stanco di spiegare fino a quando non vedo che l’allievo ha capito la tecnica. E finora nessuno è mai rimasto deluso.

Qual è il target degli scritti ai tuoi corsi?
Il VisualFood è un’arte senza età e trova applicazione nelle feste per bambini come nei buffet più raffinati, di conseguenza il mio pubblico è molto esteso. Tengo corsi per professionisti della ristorazione, soprattutto attraverso enti di formazione professionale quali Iscom Formazione, in cui gli iscritti sono sia uomini che donne, spesso molto giovani. Nei corsi per appassionati ho quasi solo donne, ma non è raro trovare uomini che amano cucinare e curare la presentazione dei piatti. Infine il pubblico dei piccoli, con laboratori che vedono protagonisti bambini dai 4 ai 12 anni e corsi rivolti alle mamme che vogliono imparare a presentare ai loro bimbi frutta e verdura dall’aspetto divertente e invitante. Mi capita di insegnare ad insegnanti che poi usano le mie tecniche nei loro laboratori con i bambini. Uno dei corsi che sto mettendo a punto è tutto dedicato alla festa di compleanno VisualFood: insegneremo alle mamme come creare centrotavola speciali, ma allo stesso tempo commestibili e piatti particolari pensati apposta per divertire e contemporaneamente nutrire i più piccoli.

Gli strumenti del mestiere: quanto contano, e quali sono i principali?
Avere dei buoni coltelli è la chiave della riuscita di ogni intaglio. Di attrezzi ce ne sono tanti e quelli che io ritengo insostituibili sono gli spelucchini (dritto e curvo), il coltello Thai e alcuni scavini. Poi ci sono degli attrezzi simpatici, seppure non indispensabili, come il temperacarote, che permettono di creare in un solo gesto delle deliziose guarnizioni e di questi, chi ama la decorazione, non riesce a farne a meno essendo la bellezza è un ingrediente fondamentale!

Nessuna gelosia per i segreti del mestiere, che condividi sul blog con video esplicativi?
Al contrario! Il mio desiderio è che questa diventi una tendenza diffusa in tutto il mondo. I video che pubblico sul mio blog sono solo una parte di tutto quello che faccio. Le creazioni più ricche e complesse (ma non complicate!) le riservo ai corsi o alle consulenze. I tutorial gratuiti vogliono essere uno stimolo ad avvicinarsi al VisualFood e testare di persona quanto sia semplice creare composizioni da mangiare con gli occhi. Anche il fatto che il nome VisualFood stia entrando nel linguaggio comune con una grafia diversa da quella che ho registrato, vale a dire “visual food”, staccato invece che attaccato, tutto sommato non mi disturba, perché rimanda comunque  a me e al mio “movimento”.

Un “movimento”, il VisualFood, che si presenta sulla soglia del futuro con quali progetti?
I progetti sono tanti. A breve termine c’è l’apertura di un nuovo sito dove troveranno posto una community e un e-commerce. Poi sto lavorando a una prima pubblicazione sul VisualFood a cui faranno seguito diverse monografie. Ma il progetto più ambizioso è sicuramente la scuola per insegnanti di VisualFood. I corsi, le dimostrazioni, le consulenze cominciano a essere troppe perché io possa gestirle da sola. Ho bisogno di una rete di collaboratrici in tutta Italia e, perché no, anche all’estero, che lavori seguendo i principi e la filosofia del VisualFood.

A Mouse On The Table rappresenta il tuo lavoro o la tua passione?
Un po’ tutt’e due le cose. Il blog ha senza dubbio segnato una svolta nella mia vita. Non mi aspettavo di ottenere in poco più di un anno tanto successo e tanti riconoscimenti. Mi sento molto fortunata perché il blog e il VisualFood sono il mio lavoro, ma sono anche la mia passione. Penso sia il sogno un po’ di tutti, trasformare le proprie passioni in lavoro,  ed è quello che io sto cercando di far accadere lavorando tutto il giorno, tutti i giorni, con costanza e passione. Imparando quello che non conosco, studiando quello che non so e investendo tempo e denaro. I risultati dicono che sono sulla strada giusta e questo mi spinge a continuare.

Cosa ami di questo mestiere e cosa ti ha regalato nel tempo?
Amo il poter mettere in pratica quasi tutte le mie passioni. A trentacinque anni non sapevo ancora cosa avrei fatto da grande. Ho sempre avuto grande manualità, creatività, passione per le lingue straniere e per l’informatica, ma non ero riuscita a trovare un lavoro che mi permettesse di mettere in campo tutte le mie conoscenze. A un certo punto della mia vita mi ero detta che era ora di finirla di giocare con gli hobby creativi, perché non avrei mai guadagnato abbastanza da pagare l’affitto, e che era meglio trovarsi un lavoro “serio”. Poi è arrivato il blog, una vetrina sul mondo che mi ha permesso di mostrare quello che so fare esponendo il mio punto di vista: intaglio sì, ma etico. E così tra i tutorial di intagli classici ho cominciato a inserire dei VisualFood di mia invenzione, spiegando la filosofia che c’era dietro a quella scelta e al pubblico è piaciuto. Gli stessi lettori mi hanno chiesto di organizzare dei corsi, è stata un’evoluzione naturale in un lavoro che mi spinge a dare il massimo, il 100% delle mie energie. Corsi che mi hanno permesso di visitare posti nuovi e conoscere tante bellissime persone; rapporti che arricchiscono la mia esistenza e mi fanno sentire viva, confermandomi che l’Italia non è solo quella dei delinquenti, dei politici e delle veline che si vedono in tv, ma è fatta di gente comune che come me ha i suoi problemi e le sue fatiche da affrontare, ma non per questo rinuncia a sorridere al prossimo e alla vita. Molti di questi rapporti diventano amicizie che proseguono anche dopo il corso e devo ringraziare loro, come anche i miei cari e gli amici che mi sostengono. Senza il loro appoggio forse non avrei tutta questa forza. Ho il conto corrente in rosso, ma chissà perché, mi sento ricchissima!

Per maggiori informazioni su A Mouse On The Table consulta il sito: http://www.amouseonthetable.com/

Tiziana Nicoletti

Barbara Facchetti, una figlia d’arte. Non solo calcio ma anche la buona cucina. “Ho rivalutato la Sicilia”

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facchettiDopo la pausa estiva, ci ritroviamo insieme con l’appuntamento settimanale “Aggiungi un posto a tavola”. Quest’oggi nostra ospite è una bella ed affascinante donna. Non è una fotomodella bensì una “figlia d’arte”. Alla nostra tavola abbiamo il piacere di avere Barbara Facchetti, primogenita del compianto Giacinto, storico capitano  dell’Inter e della Nazionale Italiana e poi anche ex presidente della società nerazzurra.

Barbara Facchetti, 43 anni compiuti lo scorso 30 agosto, come dicevamo è la figlia primogenita di Giacinto Facchetti. Ha altri tre fratelli: Vera, Gianfelice e Luca. Lavora a Zurigo, alla Fifa la Federazione internazionale del calcio mondiale, pubblic relation presso l’ ufficio “protocol officers”. Si occupa di tutti gli eventi: dai tornei, alle cene di gala.  Ha lavorato anche nel campo della moda ma non come indossatrice. Parla correttamente cinque lingue. Anche lei, però ha anche un passato da atleta: infatti data l’altezza, supera di parecchio il metro e ottantacinque, ha giocato a pallavolo nel Cassano e nel Crema, a ridosso della serie A.

L’abbiamo incontrata di recente in Sicilia, a Castelbuono in provincia di Palermo, dove ha ritirato un premio alla memoria di suo padre. Nel grazioso centro delle Madonie, Barbara Facchetti ha trascorso quattro lunghi giorni fitti di appuntamenti, e soprattutto ha potuto apprezzare il calore del popolo siciliano. In particolare è rimasta affascinata dalla cucina. “Ho rivalutato la cucina di Sicilia – ha dichiarato candidamente – ho mangiato così tanto e così bene che mi sono ricreduta, io che apprezzo, su tutte, la gastronomia pugliese e campana”.

Quali sono i piatti che ti piacciono più di tutti e soprattutto da preparare?

“Su tutti mi piace prepare i primi ed i dolci. In realtà amo tantissimo le paste. Fondamentalmente la pasta in tutte le maniere. Mi piacciono molto i piatti regionali: cacio e pepe, spaghetti con i ricci, la carbonara. E poi quando io organizzo le cene tra amici io preferisco partire dal dolce e poi a seguire le altre pietanze da preparata. In base al dolce faccio poi il resto”.

Ed i tuoi dolci preferiti?

“Tutti i dolci. Non c’è una classifica. Mi piace preparare tutti i tipi di dolce. Dalla dolce semplice a quella più complicata e variegata. Preparo addirittura i biscotti fatti in casa ed i cioccolatini. Ho l’imbarazzo della scelta. Avendo fatto i corsi di cucina mi sono specializzata, e bene…”.

Tuo papà Giacinto era un cultore della cucina, oppure essendo stato un calciatore, di conseguenza doveva seguire una dieta specifica?

“Mio papà era un golosone. Gli piaceva mangiare bene. Facevamo a gara tra me e lui per il cibo. Chi ne mangiava di più. Era un mangione, soprattutto di crostate di marmellate”.

Sicuramente quando era in attività ne ha mangiate così tante…

“Vero. Hai ragione. Per papà le crostate di marmellate era una delle sue passioni”.

Tu che viaggi per il lavoro in lungo ed in largo l’Italia, volendo fare una classifica qual è la cucina che preferisci più di altre?

“Le cucine regionali mie preferite sono quella pugliese e la campana. Però c’è anche da dire dato che io ho frequentato molto e soprattutto in quest’ultimo periodo la Sicilia, ho mangiato tanti piatti tipici della tua regione che non conoscevo e quindi ho rivalutato la gastronomia siciliana. Pensa che a Castelbuono, quando ho ritirato il premio intitolato a mio padre ed ho presenziato come madrina al Giro Podistico Internazionale, ho partecipato ad una vera e propria processione di piatti tipici. La Sicilia è ricchissima di gusti, sapori e colori. Mi piace mangiare siciliano, devo ammetterlo. Avete pesce e carne davvero eccezionali, per non parlare della varietà di verdure che ho mangiato in quel mio breve soggiorno a Castelbuono”.

Tutti sostengono che la cucina siciliana sia una delle più “pesanti” d’Italia. Secondo te è vero, oppure è un luogo comune?

“Secondo me non è vero. Penso che la più pesante delle cucine regionali, sia quella emiliana, la romagnola, dove viene utilizzata tanta panna e burro. Io sono invece per il buon olio di oliva extravergine.

Giochiamo: in cima al Duomo di Milano ci sono due piatti: un risotto alla milanese e le orecchie con le cime di rapa. Cosa getteresti giù?

“Salverei le orecchie, quelle buone e tipiche della Puglia”.

Devi essere sincera: sul tetto del “Pirellone” c’è una fetta di panettone e un cannolo siciliano. Quali getti via?

“Non mi fare questa domanda. Io sono golosa di dolci. Sai una cosa? Getto giù il panettun e mi tengo i cannoli con la crema di ricotta, rigorosamente siciliani, palermitani”.

Tu che giri anche l’Europa ed il mondo. Ci sono cucine internazionali che ti piacciono?

“Secondo me la cucina spagnola si avvicina a quella nostra e mi piace fino ad un certo punto, perchè poi è un po’ monotona e meno varia della nostra. Ho gustato l’olio d’oliva ed i pomodori spagnoli e non sono niente male. La cucina spagnola ha i sapori simili alla nostra e quindi l’apprezzo molto. Essendo una buogustaia a me piace mangiare alcuni piatti tipici e poi mi piace poi riprovare a farli e addirittura a variare alcuni passaggi. Invece la cucina a livello mondiale che preferisco è senza dubbio quella argentina che poi è molto simile alla nostra, i sapori e gli odori sono molto simili alla cucina italiana”.

Secondo te il calcio o qualche altra disciplina sportiva e la buona cucina si possono sposare? Ci può essere una sorta di sinergia?

“Si secondo me ci può stare una sinergia. Lavorando per la Fifa ogni evento che viene organizzato c’è un banchetto con i piatti tipici. In questo caso lo sport incontra la cucina ed è un evento piacevole e di condivisione. E’ bellissimo perchè in alcune occasioni ci sono banchetti con i piatti tipici di Paesi diversi e che si incontrano con il calcio”.

Tu sei stata di recente a Castelbuono per ritirare un premio alla memoria di tuo padre, ricordi quale piatto della gastronomia ti è piacuto e naturalmente gustato più di tutti?

“Mi fai questa domanda e già con la memoria mi fai tornare a quei giorni, dove ho mangiato un pesce freschissimo, della carne gustosissima, di piatti così numerosi e diversi l’uno dall’altro che non mi ricordo. Ho mangiato tantissimo, fin dal mattino quando mi svegliavo e mangiavo granite con panna e la brioches…”.

Qual è il tuo rapporto con la Sicilia?

“E’ un rapporto bello, intenso. E’ nato tanti anni fa e poi con il tempo è cresciuto, si è intensificato grazie a tante persone, a tanti amici che ho conosciuto nel tempo e quindi ci torno sempre volentieri. L’ho conosciuta e la sto conoscendo sempre meglio, con le persone dei luoghi che mi fanno conoscere la loro cultura, i posti più incantevoli”.

La tua Inter, prima dell’avvento in panchina di Claudio Ranieri non è andata bene, anzi è stata un disastro. Quale potrebbe essere un piatto per poterla risollevare in classifica?

“Un tiramisù”.

Ed un pensiero al Palermo del “vulcanico” presidente Maurizio Zamparini?

“Devo dirti che per il Palermo ho avuto sempre simpatia. Mi piacciono i colori sociali. In particolare ho legato con alcuni amici che erano legati alla squadra palermitana, soprattutto in occasione delle stagioni in cui era allenatore Francesco Guidolin. Sono amica della moglie degli allenatori dei portieri ed ho visto spesso partite del Palermo e soggiornavo a Mondello. Ho quindi ricordi bellissimi”.


Tiramisù per l’Inter e al Palermo?

“Al Palermo del nuovo allenatore darei una bella coppa di frutta, di macedonia. Dolce e gustosa tutta da…Mangiare. Gli zuccheri sono importanti per poter raggiungere traguardi importanti”.

Antonio Fiasconaro

 

 

 

 

 

 

 

 

Ristorante Arabesque, Terrasini ( Pa)

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Al ristorante Arabesque sono legata da ricordi molto belli che si dipanano in un arco di tempo di tre anni.Li ho cenato con tutte le persone a me più care ed insieme ai miei familiari abbiamo anche festeggiato in questo posto il quindicesimo compleanno di mia figlia, lo scorso 8 di agosto .

Il locale mi è sentimentalmente caro, tanto che – pur conoscendolo e frequentandolo da tempo – non avevo ancora pensato di recensirlo proprio perchè lo “sento” come qualcosa che appartiene a me e ai miei ricordi. Lo scorso fine settimana però mi trovavo a pranzo a Terrasini con il nostro editore il quale – a sorpresa – mi ha chiesto quando avessi recensito quel posto.
“Mai”, è stata la mia risposta.
Ed ecco quindi che un ristorante meritevole di menzione finisce nel dimenticatoio: a questo oggi intendo rimediare.
L’atmosfera è quella di Terrasini, e dunque a mio parere molto bella.
Il ristorante Arabesque è anche una pizzeria, ma non soltanto. Al piano superiore rispetto al locale è stato creato un B&B di alto livello, e dunque nel pieno centro del paese a pochi passi dalla piazza centrale e dal Duomo.
Il locale è a conduzione familiare, ed il personale – estremamente attivo ed abituato a ritmi frenetici – è sempre stato particolarmente gentile, veloce e disponibile.
Il decoro del posto è a metà tra la bella trattoria e la pizzeria: non vi è pretesa alcuna di sembrare un ristorante di lusso. Ma quello che io adoro è il dehors: ed infatti, tranne che in pieno inverno, ho sempre pranzato o cenato all’aperto dato che – per fortuna – la stradina in cui insiste il locale è esclusivamente pedonale.
La scorsa domenica la giornata era meravigliosa, calda ma ventilata. Una coda estiva da afferrare al volo.
Ed eccoci arrivare a Terrasini, ormai spogliata dal turismo di massa, e godibile per lo più dai residenti o da chi arriva dai comuni immediatamente limitrofi. Una volta tanto non c’è da fare la coda nè da prenotare. Ci accomodiamo all’esterno ed iniziamo con un calice di prosecco.

Poi gli antipasti, di mare. Sautè di vongole, piatto misto di gamberi, frutti di mare e salmone, fritturina di “cappuccetti” e poi – buttate li come bonus – deliziose panelline calde.

Mi piace molto quando ad un salmone norvegese corrisponde in effetti un salmone norvegese, o a quello irlandese uno effettivamente irlandese, come pure un vero scozzese ad uno scozzese. Il che non è mai troppo scontato dato che alcuni ristoratori ritengono – a torto – che la differenza non sia facilmente distinguibile. Invece lo è. Intanto per la consistenza del salmone stesso dato che quello irlandese ad esempio è più grasso e le sue carmi sono più morbide. E poi dal sentore: infatti ogni salmone a seconda della sua provenienza, sarà affumicato impiegando legnami diversi, dopo la comune impregnatura con il rum che accomuna tutti i salmoni di lavorazione europea, e dunque con legno di faggio, di quercia, di betulla e via di seguito. Questi legnami diversi tra loro conferiranno all’affumicatura un retrogusto ovviamente diverso.

Questo per dire che il salmone irlandese che mangio li è effettivamente irlandese, anche se non è il “buff” che ero solita assaporare nelle Carveries dublinesi.

I “cappuccetti” fritti sono come sempre deliziosi e si sciolgono in bocca. La frittura è leggera e l’infarinatura lieve impedisce il formarsi di improbabili croste e grumi. Una nota la meritano anche i limoni: verdi e molto succosi dal sapore inimitabile.
Io scelgo un piatto semplice, basic: spaghetti al gambero rosso con pomodorino di Pachino.

Un piatto di facile realizzazione anche casalinga, se vogliamo. Ma ho capito, negli anni e con l’esperienza, che la capacità della cucina di un ristorante si riconosce apprezzando proprio i piatti più semplici che non consentono trucchi, trucchetti e vari camouflages. Il mio piatto era delizioso nella sua estrema essenzialità.

Il gambero rosso di Mazara era abbondantissimo e i pomodorini di Pachino dolci al punto giusto. Inoltre il piatto non pativa l’abuso di spezie e peperoncini vari, consentendo di apprezzare un gambero estremamente fresco. Ottime le vongole del sautè, anch’esso condito con coscienza e senza eccessi.

L’altro primo piatto era la classica farfalletta al salmone: una preparazione ormai secondo me inflazionata e di facilissima realizzazione casalinga. Malgrado io non sia affezionata a questa ricetta per la consueta presenza troppo abbondante della panna, devo ammettere che questa era veramente buona, se non altro perchè il difficile punto di cottura della farfalletta era stato perfettamente individuato.

Poi si è passati ai dolci: sempre ragguardevole e senza sorprese la panna cotta ai frutti di bosco, ma addirittura sublime il “cannolo smontato”: una delle nouvelle vogues della pasticceria siciliana. Molto buono e dalla consistenza vellutata il Creme Caramel.
Un ottimo pranzo, allietato da un buon bianco locale e da una giornata radiosa.
Il conto per questo pranzo è ammontato a circa 35 euro a persona ma, per un pasto completo con pesci a profusione come nel caso del compleanno di mia figlia (foto sotto) ,si arriva facilmente ai 45 euro pro capite, comprese le bevande e le bollicine. 
La garanzia comunque è quella di gustare pesce fresco sempre: un piccolo lusso che val la pena di concedersi.

Alessandra Verzera

Con Agrisicily, avviati accordi commerciali con Usa e Russia

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I prodotti agroalimentari della provincia di Palermo e Trapani “fanno gola” ai mercati Americani e Russi. E’ emerso al programma di internazionalizzazione “Agrisicily”, promosso dall’assessorato regionale alle Attività Produttive e dalla Camera di Commercio di Trapani. Il progetto ha coinvolto 17 aziende specializzate oltre che nella produzione di vino, olio e conserve, anche in “pacchetti” turistici con attenzione particolare all’enogastronomia. (A. Fi.)

La ricerca: i siciliani consumano il pesce soltanto una volta a settimana

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Singolare e allo stesso tempo paradossale. La Sicilia, per chi ancora non lo sapesse, è un’isola, di conseguenza circondata dal mare che, a sua volta, custodisce nelle sue profondità un prodotto essenziale per l’alimentazione: il pesce. Malgrado questa invidiabile posizione geografica, in Sicilia ancora oggi si consumana sempre meno pesce. Sulle tavole dei siciliani finisce soltanto una volta la settimana. (A. Fi.)

 

Le melanzane ripiene

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La nostra lettrice Antonietta Palumbo ci invia la sua ricetta delle melanzane ripiene al sugo di pomodoro. All’interno, gli ingredienti, le dosi ed il procedimento per preparare un piatto della tradizione siciliana particolarmente gustoso. Ma anche di grande effetto, economico e di facile realizzazione. Ecco come prepararle ed ottenere due piatti in uno.

Bonaventura Maschio e Ais: tre borse di studio sui distillati

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Due giorni di completa full immersion nel mondo della distillazione per studiarne segreti e tecniche relative alla degustazione e al servizio. Anche per quest’anno l’imperativo di Bonaventura Maschio, storica distilleria di Gaiarine (Tv), è trovare l’eccellenza.Nel segno di quest’obiettivo il 27 e il 28 settembre prossimi nella sede dell’azienda i migliori sommelier Ais si contenderanno tre prestigiose borse di studio (per il Nord, Centro e Sud Italia) (M.Ma.)

A Savigliano (Cuneo) una sagra rende omaggio al pane

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Per anni due attori catanesi, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, con una loro gag ci hanno tormentati sul valore del pane: “U purtau u pani u papà?”. Il “principe” dei lievitati trionfa invece in una sagra a lui appositamente organizzata ed è quella che si svolgerà da oggi a domenica a Savigliano in Piemonte. Panificatori di tutta Italia e d’Europa si danno appuntamento per mettere in “vetrina” il meglio della tradizione panificatoria. (A.Fi.)