Dal Trentino Alto Adige, lo Strudel: dolce tipico,la ricetta e un pizzico di storia
Un dolce che di stucchevole non possiede nulla, per quella sfoglia così sottile – tirata al punto da renderla quasi trasparente – che non annovera zucchero tra gli ingredienti. Un dolce rustico, gustoso, sano. Se è vero che una mela al giorno toglie il medico di torno, lo strudel di mele ne conta parecchie nel suo ripieno amabile, gustoso e vario: pinoli, cannella, uva sultanina e pangrattato per assorbire i succhi della frutta (Ti.Ni.)
Una prelibatezza nordica, lo strudel, che racchiude in sé il gusto antico di un paese lontano quale la Turchia. Ebbene sì, accomunato ad un dolce ancora preparato nelle cucine turche, la baklavia, le origini del nostro strudel si identificano decisamente più a sud del Sudtirol. Probabilmente la connessione, nell’assonanza di gusto, tra il dolce turco (baklavia) ed il dolce tirolese (strudel) si ebbe intorno al XVI secolo con l’invasione dei balcani ad opera dei Turchi, invasione durata fin quasi alle soglie della Prima Guerra Mondiale in cui l’Ungheria e tutta l’Europa centrale risentì di tale tirannia. Si sa bene però che ogni invasione porta con se anche abitudini e costumi locali, nonché il gusto di certe preparazioni.
La ricetta tipica del baklavia è oggi ancora tramandata in Turchia, eppure mille variazioni di questo dolce si conoscono ed è riadattato nelle cucine albanesi, bulgare, serbe, ma anche greche, bosniache, persiane. Motivo in più per non perdere la lunga tradizione che vede la preparazione dello strudel come un rito: si prepara la sfoglia, la si tira – sperando sia elastica e malleabile come deve – fino a farla diventare una sfoglia sottile, tale da poterci leggere in trasparenza una lettera d’amore; si farcisce, si arrotola lo strudel e solo in alcuni casi si intaglia. Dopo cottura al forno il dolce profumerà dei frutti della terra l’abitazione tutta e il palato del fortunato.
Le valli trentine, ricche di mele tanto da essere tra i principali produttori di questo frutto, hanno dunque adottato, modificato e fatto loro un dolce che con l’aggiunta di un ingrediente così diffuso (la mela appunto) ha permesso allo strudel di essere innalzato a dolce tipico che diviene di così facile reperibilità da rappresentare l’ottimo compagno di ogni gustosa pausa: a colazione, con una tazzina di caffè oppure a merenda, davanti una fumante tazza di tè.
E per realizzarlo in casa, in qualunque parte d’Italia essa sia ubicata? Proviamo a scoprirne i segreti! Acquisteremo mele succose e mature e avremo l’accortezza di mettere in ammollo nel rum l’uva sultanina. Non mancheranno i pinoli ne una buona dose di cannella; poi sarà la volta della pasta ed oggi si può risolvere velocemente (comprando una sfoglia pronta), si può risolvere con un gusto ricco (e sarà la pastafrolla) oppure nel modo più classico con una sfoglia fatta solo da pochissimi ingredienti: farina, acqua tiepida e olio, mentre è facoltativo l’uovo, e questo è il caso che ci prefiggiamo di testare.
Nella borsa della spesa:
250 g di Farina Manitoba (in alternativa andrà bene la farina 00)
1 Uovo
1 pizzico di Sale
2 cucchiai di Olio di semi (serve per elasticizzare l’impasto)
100 g (circa) di Acqua calda
Per il ripieno:
6 Mele gialle (ideali le renette, ottime le pink lady) – circa 1.2 kg
50 g di Pinoli
50 g di Uva sultanina
3 cucchiai di Rum
150 g di Zucchero semolato
80 g di Pangrattato
50 g di Burro
1 Limone, il succo
2 cucchiaini di Cannella
Vi racconto il “come fare”:
Su una spianatoia, o un piano (ad esempio in marmo) di lavoro ben pulito, disponete la farina setacciata a fontana. Praticate un buco al centro del cumulo di farina, aggiungete il pizzico di sale e rompetevi dentro l’uovo. Con i rebbi di una forchetta iniziate a sbattere l’uovo, lentamente, incorporando la farina poco alla volta e versando nell’impasto, a filo, l’olio di semi. Amalgamate questi primi ingredienti, sempre utilizzando la forchetta e solo quando l’impasto sarà meno umido iniziate a lavorarlo, energicamente, con le mani e con i polsi. Incorporate, poco per volta l’acqua tiepida, dipenderà dalla grandezza dell’uovo la necessità di utilizzare tutta o meno l’acqua. L’impasto dovrà risultare asciutto e compatto. Lavoratelo a lungo, sbattendolo e rivoltandolo continuamente, fino a sentirlo morbido ed elastico, date ora all’impasto la forma di una palla e ungetela ancora con un filo d’olio di semi; quindi disponete la pasta dentro una bacinella e coprite con un canovaccio. Lasciate riposare in ambiente caldo, lontano da possibili spifferi, per almeno mezz’ora. Intanto potete preparare il ripieno.
Trasferite l’uva sultanina in un bicchiere capiente e copritela con il rum, lasciando rinvenire l’uvetta per almeno dieci minuti nel liquore. Mondate e affettate le mele, a fettine sottili, trasferendole in una ciotola e versandovi sopra il succo del limone, questo eviterà di far annerire la frutta, girate con cura e aggiungete lo zucchero. Trasferite il burro a tocchetti in una padella antiaderente, sul fuoco a fiamma moderata per farlo sciogliere. Versate il pangrattato in padella e tostatelo con il burro. Terminate il ripieno aggiungendo alle mele sia i pinoli che l’uva sultanina scolata dal rum.
Adesso bisognerà procedere con la parte complicata della preparazione, la tiratura della sfoglia: distendete sul piano di lavoro una tovaglia, infarinate la superficie della tovaglia e recuperate la pallina di impasto. Iniziate a stendere l’impasto sulla tovaglia infarinata aiutandovi solo con le mani e meglio con i dorsi. Se necessario, onde evitare di rompere la sfoglia, ungete di olio sia le mani che la pasta. Dovrà risultare sottilissima, quasi trasparente, alla fine di questa operazione. Sull’impasto così ben disteso (che di regola andrà ritagliato dai bordi rimasti più spessi nell’operazione di tiratura) adesso iniziate a trasferire la farcitura. Cominciate con il pangrattato tostato, che ha in compito di assorbire l’umidità in eccesso, poi con il ripieno e infine spolverizzate con la cannella in polvere. Aiutandovi con i lembi della tovaglia, iniziate ad arrotolare la sfoglia su se stessa. Trasferite lo strudel sulla placca da forno imburrata, o foderata di carta da forno, e cuocete in forno già caldo a 180°C per 50 minuti circa (fino a perfetta doratura dell’involucro esterno). Prima di servire, ottimo da tiepido, potete completare con una spolverata di zucchero a velo.
Tiziana Nicoletti
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Capricci di mare – Sferracavallo (Pa)
Non resisto e lo scriverò subito. E’ qui che, per me, si mangia la pasta con i ricci più buona che si possa trovare a Palermo. Ecco detto questo, posso iniziare a scrivere il resto. Eh sì, dopo che sono tornata per la quarta volta in questo locale, è un’affermazione che posso fare senza tema di smentita.
Perché -come si dice a Palermo- una volta si può “insirtari”, ovvero indovinare la giusta alchimia per la composizione di una pietanza. Ma se dopo la prima, la seconda, la terza, anche la quarta volta ti ritrovi a mangiare un piatto di pasta “sublime”, beh…sicuramente non ti trovi di fronte un cuoco fortunato bensì un bravo cuoco. Fortunati, invece, siamo stati noi che siamo arrivati nel locale poco prima che dalla Chiesa della borgata marinara di Sferracavallo uscisse la “vara dei Santi Medici”. Sussultando -non poco- ad ogni colpo di “alborata” abbiamo ordinato i nostri antipasti.
Naturalmente, non abbiamo rinunciato a quello che -prendendo il nome dal locale- si chiama “Capricci di mare”: un ricco vassoio composto da una selezione di golosità di mare che varia, di volta in volta, assecondando stagionalità e pescato del giorno. In questo abbiamo trovato: crostini ai ricci, ostriche, fasolari, gambero rosso marinato, frittura di seppioline , “vuccuni” (lumache di mare), insalata di mare , salmone, tonno e pescespada affumicati. Tutto il cibo che compone il piatto era molto buono e i frutti di mare erano (anche questa volta!) freschissimi. Mi piace sottolinearlo, poiché non mi è capitato di rado -a Sferracavallo- imbattermi in frutti di mare che erano sì freschi…ma sol perché adagiati su un letto di ghiaccio. Uno dei commensali ordinerà un ottimo sautè di vongole, cozze, fasolari e cannolicchi. Mentre un altro si accontenterà – si fa per dire- di un semplice piatto di ricci (pieni e dolcissimi) ed uno di ostriche.
Tutti poi, invogliati (confesso!) dalle mie sperticate parole d’elogio, ordineranno con me la succitata pasta con i ricci. Il giudizio, anche per loro, è più che positivo. Un mix di gusto e sapore che non ha nulla da invidiare all’alta cucina. Ricchissima di uova di riccio, l’unica nota negativa -questa volta- è stata la cottura , non proprio “al dente”, della pasta. Ma, nel menu del locale trovano spazio tante altre varietà di primi a base di pesce. Un esempio per tutti :nei tavolo accanto al nostro abbiamo visto arrivare delle invitanti fettuccine all’astice. Non sono mai riuscita a mangiare i secondi piatti. Ma la colpa è solo delle porzioni “over size” dei piatti proposti. A questo proposito, per la prima volta dopo tanti anni, ho visto uno dei miei commensali alzare bandiera bianca dopo l’antipasto e il primo piatto. La lista dei vini è prevalentemente legata a quelli siciliani. Il prezzo si aggira sui 30,00 euro a persona.
Arianna Zito
Capricci di Mare – Spaghetteria e frutti di mare – Via scalo di Sferracavallo 4/A tel. 091-6910658