L’unica speranza di ridare un po’ di fiato ai consumi alimentari arriva dalle prossime vacanze di Natale. Secondo le prime previsioni della Cia, Confederazione Italiana Agricoltori, non ci saranno crolli a tavola, anzi. Ben 9 italiani su 10 non taglieranno il budget alimentare per il cenone della vigilia e per il pranzo del 25 dicembre e di Santo Stefano, preferendo risparmiare su regali e viaggi piuttosto che rinunciare alle tradizioni enogastronomiche. (A. Fi.)
Nonostante le tredicesime più leggere e i rincari al dettaglio di alcuni prodotti, le famiglie italiane non rinunceranno alle tradizioni e il carrello alimentare delle festività si riempirà di cibo e bende, per lo più di qualità, per circa 3,2 miliardi di euro. L’analisi è della Cia, secondo la quale il budget dedicato all’enogastronomia delle feste registrerà appena l’1 per cento in meno del 2010. “D’altra parte – ricorda la Cia – la convivialità a tavola è assolutamente radicata nella cultura del Belpaese. E trascorrere i giorni di Natale a casa con la famiglia o gli amici è una tradizione consolidata per 9 italiani su 10”.
Soltanto il 19% degli italiani, infatti, spenderà meno per cibo e bevande, mentre ben l’81% lascerà praticamente inalterato il budget per il cenone della vigilia e per i pranzi di Natale e Santo Stefano. Più in dettaglio, ogni famiglia sborserà in media 140 euro per imbandire le tavole del 24, 25 e 26 dicembre. Con una spesa complessiva stimata in 3,2 miliardi di euro, solo l’1% in meno del 2010. Si restringe invece il portafoglio per i doni natalizi che, sempre secondo l’organizzazione degli agricoltori, subiranno una flessione del 3,5% rispetto all’anno scorso, mentre quelle per i viaggi diminuiranno fino al 7%.
E’ più di un anno che la domanda domestica degli italiani resta ferma. “Gli italiani – si legge in una nota della Cia – scelgono di risparmiare dove possibile, anche sulla tavola, complice la perdita di potere d’acquisto e la ripresa dell’inflazione. Infatti, il 34 per cento delle famiglie del Belpaese (7,4 milioni) dichiara di optare ormai per prodotti “low-cost” o di qualità inferiore, mentre il 30 per cento (6,6 milioni) ammette di rivolgersi quasi esclusivamente ai discount, ricercando tout-court sconti e promozioni commerciali.
Una scelta che viene confermata anche dai dati dell’Istat sulle tipologie di esercizio commerciale. Le vendite di prodotti alimentari vanno bene solo nella Grande Distribuzione (più 2,1 per cento) e soprattutto negli hard-discount (più 2,9 per cento), mentre crollano completamente gli acquisti nelle botteghe di quartiere e nei negozi di piccole superfici (meno 1,9 per cento).
ECCO COME SARA’ RIPARTITA LA SPESA ALIMENTARE DELLE FESTE DI NATALE
Carni e salumi (18,5%); pesce (11,8%); pasta e pane (14,2%); formaggi e uova (13,1%); ortaggi, conserve, frutta fresca e secca (15,3%); vini, spumanti e altre bevande (14,7%); pandori, panettoni, torroni e dolci in generale (12,4%).
Antonio Fiasconaro