La De Paolis che scendeva dalla barca con cui aveva raggiunto San Domino gli sembrò Venere che esce dall’ostrica. Rimase incantato, ma nonostante ciò non perse né la parola né l’ardire di manifestare il suo compiacimento rivolgendo un complimento alla donna. Il suo vestitino color topazio metteva in risalto il suo fisico che pareva scolpito. Saru la ammirò in tutto il suo splendore: i grossi seni che lui adorava tanto raccolti in un reggiseno di pizzo dello stesso colore che si intravedeva dietro la schiena, i fianchi stretti e asciutti cinti dalle due righine che reggevano il perizoma, le gambe lunghe e affusolate che finivano la loro corsa contro un tacco 12, i capelli biondi raccolti all’indietro. Completava il tutto il mascara, un po’ di crema colorante sul viso e un filo di rossetto rosso vermiglio. Non amava baciare le donne col rossetto ma pensò che quella sera lo avrebbe fatto senza crearsi alcun problema.
«Adesso non cominciare che mi metti in imbarazzo» tagliò corto lei per nulla dispiaciuta di avere fatto colpo sull’accompagnatore.
«Sei già concentrata sulla battaglia?» le chiese mentre si avviavano verso il locale che non distava molto dal molo.
«Su che?» chiese sorpresa lei.
«Ho chiesto allo chef di armare il suo obice culinario».
«Hai fatto bene perché ho una fame che mangerei un bue».
«Siamo gente che non si spaventa».
«Vorrei anche vedere».
Rosario Saru Santacroce non usava andare a cena solo con gli investigatori. Spesso al tavolo insieme a lui c’erano anche gli inquirenti, proprio come in questo caso che vedono il cronista salentino al ristorante in compagnia della pm Carla De Paolis, titolare dell’inchiesta sul femminicidio che si era consumato nella calda atmosfera delle Perle dell’Adriatico così come si può leggere nel giallo Tremiti di paura. L’incontro tra i due non era stato foriero di buoni auspici, ma poi il tempo aveva appianato le incomprensioni tra il cronista e il magistrato. Quest’ultima aveva un segreto che portava con sé ed era proprio per questo che in principio non aveva preso in simpatia il giornalista.
Giunti al locale Saru fece le presentazioni senza però dire chi fosse la donna che era con lui e subito dopo il ristoratore accompagnò i due ospiti verso un tavolo in fondo alla sala, lontano da occhi indiscreti. Per qualche minuto il volto di Marcello divenne pensieroso perché non riusciva a capire chi era la donna che accompagnava il giornalista. Era sicuro di averla vista da qualche parte, ma non riusciva a ricordare dove e chi fosse.
«Cosa ci porti?» gli chiese Saru.
«Suggerisco un bel piatto di ciceri e tria».
«Per me va benissimo. Touché».
«Non so cosa siano ma mi fido».
«Non te ne pentirai» le promise il cronista.
«Vado sull’abbondante?».
«La nostra ospite è di quelle persone che danno soddisfazione».
«Benissimo» disse dirigendosi verso la cucina e chiedendo alla moglie di aiutarlo a ricordare chi era la signora al tavola con Saru che la donna riconobbe subito.
«È una porzione enorme» esclamò sorpresa la De Paolis che si aspettava un piatto e non una pirofila.
«Marcello ama vedere i suoi amici binchiati e ntunnati»1.
«Bin… che?».
«Molto sazi e soddisfatti».
«Mmm… che delizia! Direi che ha delle armi più che consone allo scopo» osservò lei dopo aver assaporato il primo cucchiaio e fatto svanire i dubbi sulle quantità.
«Sono contento che le piacciano» disse Marcello allontanandosi subito dopo aver constatato che all’illustre ospite fosse di gradimento quanto le aveva servito.
«Cos’è questa delizia?».
«Ceci con tagliolini preparati a mano» le spiegò Saru.
«Sono eccezionali».
«Di più».
«Ecco un ottimo rosso della casa per accompagnare il tutto» disse Marcello versando il vino nei bicchieri.
«Cosa vi porto dopo?».
«Hai i pezzetti col peperone?».
«Non mancano mai».
«Per me vanno bene».
«Cosa sono?» si informò lei molto incuriosita.
«Carne di cavallo al sugo molto piccante da accompagnare con pane casereccio da inzuppare nel sugo» le spiegò Saru.
«Una porzione pure per me» disse sicura la donna.
«Altrimenti c’è del pesce fresco» propose l’oste.
«Grazie Marcello, ma sono per i pezzetti» lo rassicurò Saru.
«Adesso capisco perché ti manca il respiro quando esci da qui» osservò la De Paolis.
«E siamo solo all’inizio».
«È una minaccia?».
«Con tutto quello che ci porta Marcello è certamente un tentato omicidio» aggiunse lui ridendo.
«Non avevo mai mangiato una cosa del genere».
«Strano che tuo marito non ti abbia mai fatto assaggiare un piatto tipico della tradizione salentina» si meravigliò lui.
«Sarà stato forse perché sua madre era tedesca» abbozzò lei.
«Ho capito, ma se abiti nel Salento imparerai a preparare le cose buone del posto» osservò prima di far cadere il discorso perché non gli sembrava il caso di insistere e non aveva intenzione di parlare del passato della donna.
«Ecco qui i pezzetti».
«Urka!» esclamò lei nel vedersi davanti praticamente due pentole piene di carne al sugo. Pensò di chiedere al ristoratore se fosse possibile ridurre le dosi, ma non ebbe il coraggio di esternare il suo pensiero per non spegnere la soddisfazione stampata sul volto di Marcello che pareva essersi dato da fare proprio per meravigliare la gradita ospite. L’impatto con il secondo non fu facile perché a causa del piccante il primo boccone le andò di traverso. Provvidenziale fu l’intervento di Saru che le passò un bicchiere di rosso gustandosi nel frattempo la scenetta della donna che cercava in tutti i modi di nascondere il volto paonazzo rigato dalle lacrime che le stavano sciogliendo il mascara.
«Ti prendi gioco di me?» disse a stento prima che un secondo attacco di tosse le togliesse la parola.
«Chiamo il 118?».
«Sì, ma per farti mettere a posto la gamba che ti spezzerò se continuerai a prendermi in giro» ribattè lei mostrando una certa confidenza che Saru non si aspettava.
Mi sono solo distratta, dammi il tempo di abituarmi e ti darò dei punti».
«Non è di tuo gradimento il piatto?».
«Cosa te lo fa credere? ».
«Delizioso. Mai mangiato qualcosa di così buono. Grazie per avermi portata qui».
«È un piacere. Almeno quando tornerai nella tua terra avrai un buon ricordo della mia».
«Ci puoi scommettere» gli rispose buttando giù un bicchiere di rosso tutto d’un fiato più per spegnere il piccante che le stava bruciando la bocca che non per la sete.
«Spero che sia tutto di vostro gradimento» disse Marcello avvicinandosi al tavolo per accertarsi che andasse tutto per il verso giusto.
«Tutto veramente ottimo» si congratulò lei.
«Grazie. Sono contento che vi piaccia. Cosa vi porto? Gradite un altro secondo o andate sul dolce?».
«Ti ringrazio ma passo perché non posso rovinarmi. Se continuo di questo passo non basterà correre neppure tre ore al giorno per mantenere il peso forma» disse Saru con gli occhi che cominciavano ad uscire dalle orbite.
«Per lei?».
«Cosa mi fa assaggiare di dolce?».
«Se vuole restare sul locale le posso portare un fruttone, un pasticciotto o una bocca di dama».
«Sono piccoli o grandi?».
«Ci sono come li vuole».
«Me li porta tutti e tre piccoli?» chiese lasciando di stucco i due interlocutori che mai avrebbero immaginato tanta voracità che il corpo esile ma ben modellato nascondeva perfettamente.
«Vado e torno».
«Che c’è?» chiese a Saru che la fissava senza aprire bocca.
«Niente, perché?».
«Mi guardi senza parlare».
«Te l’ho detto, sono incantato da te» fece in tempo a dirle prima di essere interrotto da Marcello che con la sua apprensione per fare bella figura stava diventando un po’ invadente.
«Questi sono i dolcini e questo è il limoncello che faccio con le mie mani. Occhio che è una bomba».
«Che buoni questi dolci. Sono una bontà. Preferisco di più quello con la crema. Come si chiama?».
«Pasticciotto» le spiegò Saru sorseggiando il limoncello ghiacciato.
«Me ne versi un po’?».
«Volentieri, ma occhio che è davvero forte».
«Tranquillo» si limitò a dirgli buttando giù in un solo colpo il bicchierino e chiedendone dell’altro. I due andarono avanti a limoncello ancora per molto finché lei non cominciò a dare segni di cedimento avvertendo un leggero giramento di testa e assopendosi pian piano sul tavolo in evidente stato di alterazione alcolica.
«Ti dispiace portarmi a letto?» chiese con un filo di voce.
«Vuoi uno strappo in auto?» propose Marcello.
«Forse è il caso di approfittare».
«Dove vi porto?» chiese dandosi da fare per accompagnare la De Paolis semi incosciente nella sua macchina parcheggiata sul retro del locale dove nessuno avrebbe potuto notare la scena.
«Andiamo da me al Palace perché non voglio che in caserma la vedano in questo stato» disse Saru visibilmente preoccupato dello stato in cui era la donna. L’oste si offrì di aiutarlo ad accompagnare la donna in camera, ma il cronista non volle approfittare ulteriormente della disponibilità dell’uomo.
«Ti ringrazio Marcello. Domani passo a pagare».
«Vai tranquillo, non ti mando l’usciere» gli rispose usando un’espressione tipicamente salentina per indicare l’ufficiale giudiziario.
«Menomale. Dormirò più sereno» rise lui scomparendo nella hall dell’albergo.
«Dove siamo?» chiese lei mezza addormentata mentre Saru a fatica la accompagnava in camera.
«Coraggio, un altro sforzo e sarai a letto» dove poi la abbandonò senza nemmeno spogliarla pensando che avrebbe preferito fare altro anziché la balia. Prima di dirigersi verso il bagno per lavarsi e andare a letto si fermò per qualche minuto a guardarla e rimase estasiato per quello che gli stavano facendo vedere i suoi occhi. Una ragione in più per rimpiangere il modo in cui stava per concludersi la serata che avrebbe certamente voluto più movimentata, ma con un finale diverso.
Cesario Picca
———————-
1 «Marcello ama vedere i suoi amici sazi e belli grossi».
2 Tipico dolce salentino a forma di barchetta preparato con pasta sfoglia e ripieno di crema.