Riso siciliano, il passato oggi rivive

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Pensando alle risaie viene subito in mente la Romagna, il territorio pavese, il lavoro delle mondine che hanno ispirato canti popolari e film storici. E ovviamente il risotto. Pochi però sanno che il risotto alla milanese, detto anche riso allo zafferano, in realtà fu creato in Sicilia, terra in cui grazie agli Arabi era presente lo zafferano, poi esportato dagli Aragonesi in Lombardia. Ma come arrivò questo riso sull’Isola? (Gi.Av.)

 

Ci racconta il Principe di Biscari, Roberto Paternò Castello (nella foto), appartenente ad una nobile famiglia catanese, che in Sicilia orientale possedeva molti feudi, che «il riso fu portato in Sicilia dagli Arabi prima del 100, anche se realmente fu coltivato verso il 1400. Poiché il grano era già in grande crisi si decise di impiantare un nuova cultura, il riso appunto, che portò tanta ricchezza. Purtroppo non ci sono documentazioni, ma il riso fu introdotto in Sicilia e commercializzato dal Principe Ignazio fra il 600 e il 700. Il famoso Ponte Biscari, detto “ponte-acquedotto Biscari o d’Aragona – continua il Principe Roberto Paterno Castello – fu costruito apposta per tale coltura. Il Principe Ignazio, infatti, uomo di grande intuito e con la fama di architetto per le sue molteplici opere, aveva ben compreso l’importanza del chicco». Oggi quell’acquedotto lo si può scorgere vicino alla statale 575, da cui si notano le alte arcate. È perfettamente funzionante, tant’è che viene utilizzato per l’irrigazione dei terreni del Principe Roberto Paternò, che come i suoi avi è uomo di apertura mentale ed imprenditoriale. Infatti ha impiantato colture biologiche di arance, il miele, l’olio extravergine ed il vino. Ci dice il Principe Roberto che «le origini sono importanti, cosi come valorizzare il territorio e, grazie all’irrigazione del fiume Dirillo, esisteva nel passato una varietà autoctona di riso da un sapore particolare e con una conservazione più lunga; sino al 700 – continua il Principe – i chicchi di riso venivano estratti dalle spighe da manodopera umana, che dopo aver battuto il raccolto e creato il cosi detto risone, questi veniva fatto essiccare nei cortili delle abitazioni; successivamente, il riso raccolto ed essiccato, veniva trasportato al porto di Catania ed esportato. Poco dopo l’Unità d’Italia, però a causa della malaria, vennero proibite le risaie vicino ai centri abitati e le successive bonifiche del ventennio fascista fecero scomparire definitivamente la coltura del riso in Sicilia».

Oggi grazie all’iniziativa dell’imprenditore Angelo Manna (nella foto), titolare dell’azienda Agrirape di Leonforte, il riso è stato nuovamente impiantato in Sicilia, precisamente vicino Enna, territorio che potrebbe sembrare secco e brullo, ma che grazie all’ingegno di Manna, che ha utilizzato il metodo di coltivazione semiasciutto (terreno sempre umido, ma non inondato) si è riusciti a riportare nuovamente la produzione del riso nell’Isola. Anche Manna come Roberto Paternò Castello, crede che la storia non debba essere dimenticata. Questa coltivazione, infatti, non vuole essere solo iniziativa agricola di successo, ma vi è anche l’obiettivo di restituire alla Sicilia la sua memoria storica, che grazie alle testimonianze di anziani e documenti antichi può e deve divenire bene comune, soprattutto delle nuove generazioni, che possono scoprire quanto fruttuosa sia l’Isola assieme alle sue molteplici sfaccettature. Tanta volontà e voglia di rischio sono state premiate: sono stati raccolti i primi sette quintali, che già alcuni tra aziende e chef vorranno provare nei loro arancini, in tutto e per tutto composti da ingredienti interamente siciliani, così come le mani che li prepareranno.

Giuliana Avila

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