Uno, nessuno, centomila
Sembra un po’ la storia del nostro giornale…Uno, nel senso che è nato da solo mentre a giorni – e dopo soli cinque mesi – avrà ben tre “satelliti”: un supplemento dedicato esclusivamente ai vini e all’affascinante universo enologico, a cura di giornalisti di settore, e due versioni in lingua straniera, inglese e spagnola con le traduzioni- rispettivamente – di Giorgia Cavera e Giulia Quarti. Nessuno, perché vi confesso che all’inizio in qualche occasione ho avuto voglia di non andare avanti e di lasciar perdere tutto. La tolleranza agli intoppi,si sa, decresce proporzionalmente al crescere dell’età anagrafica. Sono felice di aver tenuto duro. Centomila: questi siete voi oggi, nostri visitatori unici. Siete cresciuti, vi siete raddoppiati e poi triplicati. Siete tornati, moltissimi di voi, e continuate a tornare. Avete espresso plauso e dissenso, avete scelto cosa vi piace e cosa vi piace meno. Ci avete tenuto compagnia facendoci sentire la vostra presenza ed il vostro sostegno. So già che mentre scrivo il fatidico numero sarà già superato e ben presto, e con il vostro supporto, raddoppieremo ancora.
Douja D’Or 2011: in alto i calici nel Monferrato
Ad Asti, presso il Palazzo dell’Enofila, si svolgerà dal 9 al 18 di sttembre il Douja D’Or. Nel corso della manifestazione oltre 500 vini selezionati di tutta Italia saranno disponibili per la degustazione e la vendita. Ma non solo: questa edizione è ricca di novità sia per gli amici di Bacco che per i buongustai. Al “mercatino” infatti sarà possibile acquistare miele, conserve e formaggi. Ce n’è davvero per tutti i gusti.
La 45a edizione del salone nazionale di vini selezionati “Douja d’Or”porta ad Asti, capitale del Monferrato nonché provincia piemontese con la maggiore superficie vitata del Piemonte, oltre 500 vini Doc e Docg delle 21 regioni italiane. Dal 9 al 18 settembre, a Palazzo dell’Enofila, antico enopolio riconvertito in centro fieristico, si potrà degustare e acquistare il meglio dell’enologia selezionato dal 39° concorso nazionale organizzato dall’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Asti e patrocinato dal ministero delle Politiche Agricole. Coprotagonisti dell’evento, i vini Docg ambasciatori del Monferrato: la Barbera d’Asti, l’Asti Spumante e il Moscato d’Asti. I visitatori potranno inoltre apprezzare ogni sera i piatti d’autore dei grandi chef astigiani e scoprire inediti abbinamenti tra vini e prodotti tipici della ineguagliabile tradizione culinaria tricolore. Spettacoli, attrazioni musicali ed eventi culturali completano il programma del Salone. Da non perdere, la 38a edizione del Festival delle Sagre, evento unico nel panorama italiano. Domenica 11 settembre oltre 3000 figuranti – con i loro abiti d’epoca, i trattori e gli attrezzi degli antichi mestieri – daranno vita ad una rappresentazione corale della società contadina tra Otto e Novecento. A seguire, il più grande ristorante all’aperto d’Italia con oltre 80 specialità preparate in diretta da 45 pro loco astigiane e due pro loco “fuori porta”: Aglientu (Olbia- Tempio) e Montanaro (Torino).Novità assoluta di questa edizione della Douja d’Or è l’”aperitivo con l’arte” a Palazzo Mazzetti, in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti.
Da sabato 10 a domenica 18 ogni giorno (dalle 17.30 alle 20, costo 2 euro) visita guidata alla preziosa collezione di Palazzo Mazzetti e degustazione guidata dei migliori vini astigiani.
Ma c’è di più: Nella nuova sede all’Enofila, il mercatino di Asti fa goal e diventa giornaliero: dal 9 al 18 settembre, negli stessi orari della Douja, infatti i visitatori potranno assaggiare ed acquistare le specialità agroalimentari proposte, a turno, da 35 artigiani: miele, conserve, formaggi, salumi, marmellate, dolci, pasta fresca, ed altro ancora. Nel cortile dell’Enofila verrà allestita un’area lettura con la presenza del Bibliobus della Biblioteca Astense e con esposizione e vendita di libri dedicati ai temi del vino, della gastronomia e del territorio.
Sempre nel cortile sarà attrezzata un’area gioco per i bimbi.
Un ricco programma di convegni (temi predominanti: l’agroalimentare e le sue ricadute economiche, storia e cultura del vino e della grappa, l’educazione al bere corretto, Expo 2015) completano il programma del Salone.
Da segnalare mercoledì 15 il doppio appuntamento con la Douja del Conte: recital di proverbi dedicati al vino e alla cucina e la presentazione in anteprima del restauro del Manifesto dell’Esposizione vinicola del 1898 dalla collezione di palazzo Alfieri (in collaborazione con la Fondazione Alfieri).
Ed inoltre, sempre nell’ambito della prestigiosa manifestazione e per l’undicesimo anno consecutivo viene riproposta l’apprezzatissima rassegna del Piatto d’Autore organizzata in collaborazione con l’Associazione Albergatori e Ristoratori (padiglione 4 – 19.30/21/22.30 per 160 coperti a turno).
In cucina, i grandi chef astigiani dei ristoranti La Braja (Montemagno), Del Casot (Castell’Alfero), La Grotta (Asti), Ametista (Moncalvo), La Fioraia (Castello d’Annone), Il Bagatto (Grazzano Badoglio), San Marco (Canelli), Hasta Hotel (Asti). New entry: l’Antico Casale (Asti) e La Raviola Galante (Scurzolengo). Completano la sezione gastronomica le associazioni di categoria con le specialità a chilometro zero: ogni sera due piatti diversi, tra antipasto, primo, secondo e dolce. Tra le novità il gemellaggio Piemonte-Campania che metterà a confronto le specialità astigiane con quelle della provincia di Benevento. Dalle 18,30 a mezzanotte nel cortile dell’Enofila, si cena con l’accompagnamento di musica dal vivo, concerti e due serate di tango argentino a cura delle scuole astigiane.
Da non perdere le serate d’assaggio organizzate dall’Onav (21,30 – padiglione 3) dove vini e prodotti tipici delle regioni italiane si incontrano in abbinamenti particolarmente interessanti ed inediti; protagonisti dell’appuntamento, tra gli altri, i migliori vini e formaggi della Sicilia e della Sardegna.
Ogni pomeriggio (17,30 – padiglione 3) viaggio tra le Doc e le specialità del Piemonte offerto, a turno, dalle Camere di Commercio di Alessandria, Cuneo, Biella e Vercelli, Novara, Torino, Verbano Cusio Ossola.
Per chi si trovasse in Piemonte in questi giorni il Douja D’Or è un evento assolutamente raccomandato che val proprio la pena di vivere.
Il Cartoccio siciliano con ricotta: una spirale di dolcezza
Il cartoccio, come indica lo stesso nome , è un biondo involucro di pasta soffice arrotolato e ripieno di crema di ricotta vellutata e spolverizzato di zucchero granulato, praticamente la risposta morbida alla croccante friabilità del più noto cannolo siciliano. La forma curvilinea e avvolgente non è casuale, come ormai è chiaro non lo sia in nessuno dei dolci di origini antiche, al contrario la sua rotondità rievoca l’accogliente ventre materno e il ripieno è un chiaro riferimento alla nascita e alla vita.
D’altra parte non è difficile avallare la suddetta ipotesi se si pensa alla meravigliosa sensazione che si prova nell’addentare un succulento cartoccio il cui gusto rappresenta per gli estimatori “un inno alla vita”. Va anche detto, inoltre, che rispetto alle sorelle “ingannatrici” iris dal ripieno a sorpresa, di cui abbiamo già apprezzato la ricetta in precedenza, il cartoccio è un dolce “schietto e sincero” poiché si mostra da subito per quello che è avendo in “bella vista” il cremoso ripieno di ricotta, dolce promessa che mantiene.
Pur se meno conosciuto dei dolci che richiamano la Sicilia per antonomasia (cannoli, cassata, sfince ) non c’è palermitano degno di questo nome che una volta lontano dalla sua terra non rimpianga questo riuscitissimo matrimonio di ingredienti di consistenza diversa perfettamente legati in un “tenero abbraccio” di sapori. Ecco perché , che voi siate nostalgici o “neofiti” del cartoccio, palermitani e non, laddove vi sentiste in “astinenza da cartoccio” potreste provare a preparali usando la ricetta di troverete di seguito .
CARTOCCI SICILIANI
Ingredienti per sei persone
500 grammi farina 0 (ancora maglio farina di Manitoba)
50 grammi di margarina (anche se la ricetta originale prevede la sugna)
25 grammi lievito di birra
1 uovo
2,5 dl di latte (per l’impasto)
50 grammi di zucchero (per l’impasto)
Una bustina di vaniglina (meglio la bacca di vaniglia)
Cannelli di alluminio
Olio di semi per friggere q.b.
Zucchero semolato per la guarnizione finale
Impastate in una ciotola la farina , la margarina morbida e un pizzico di vanillina. In seguito aggiungete il lievito ridotto in piccoli pezzi, lo zucchero e, poco alla volta, il latte intiepidito. Una volta amalgamati bene tutti gli ingredienti aggiungere un pizzico di sale ed incorporare fino ad ottenere un impasto compatto. A questo punto aggiungere l’uovo battuto e sbattere energicamente il composto sul ripiano per attivare il lievito al suo interno. Rimettere l’impasto nella ciotola con un cucchiaio d’acqua e continuare ad impastare vigorosamente fino ad ottenere una consistenza cosiddetta “ a nastro”. Fate lievitare il composto, unto d’olio, per circa due ore in un luogo tiepido. Quando la pasta sarà ben lievitata, con le mani unte , dividetela in pezzi della grandezza di una piccola mela. Formate dei bastoncini e avvolgeteli intorno cannelli d’alluminio imburrati e infarinati. Lasciateli lievitare su un piano unto d’olio ancora per un’ora. A questo punto potete immergere delicatamente i cartocci lievitati insieme al “cannello” d’acciaio in olio bollente e, una volta dorati, farli raffreddare su carta assorbente in modo da eliminare l’unto in eccesso. Preparare la crema di ricotta, dopo averla passata tre volte al setaccio , unendovi lo zucchero a piacere , in base al tipo di dolcezza che volete ottenere. Estrarre la canna e riempirli con la crema di ricotta. Prima di servire, passateli nello zucchero semolato. In ogni caso, sia che decidiate di acquistarli, che di farli in casa, l’importante è non rinunciare mai al gusto che, prima ancora del sapore del dolce in sé e per sé, il ripetersi delle “dolci ritualità” attribuisce ad ogni singola pietanza che assaggiamo.
M.Z.
Pesche in Spiaggia, sabato 10 e domenica 11 settembre si chiude in Sicilia
Gran successo per l’iniziativa “Pesche in Spiaggia” organizzata dal ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che ha preso il via lo scorso il 13 e 14 agosto con le spiagge dell’Emilia Romagna e del Veneto. Domani e domenica si chiude con tre appuntamenti sulle spiagge di Catania, Taormina e Palermo. Com’è noto, nei lidi interessati dall’iniziativa sono state distribuite gratuitamente pesche nettarine di Leonforte con il marchio Igp. (A.Fi.)
Charmant ( Isola delle Femmine -Pa- ): cenare al ritmo del suono del mare
La storia di Charmant – ad Isola delle Femmine – parte da molto lontano, anche se non in senso chilometrico. Il proprietario infatti è “partito” da Sferracavallo, ad un paio di chilometri da Isola delle Femmine, qualche decennio fa con un ristorante nella borgata marinara in cui, sin da quando avevo sedici anni, cominciai a mangiare la pizza e poi, via via, i suoi piatti di pesce. Parlo del ristorante “Il Delfino“, pioniere di un altro trend che ancora resiste: il mitico menù a prezzo fisso tutto a base di pesce. La premessa è necessaria: quando ci si siede all’elegante tavola di Charmant infatti bisognerebbe ricordarsi della fama de Il Delfino, e predisporsi al meglio. Il genere è diverso come sono di versi il giorno e la notte, ma la “scuola” è quella. Noto subito la posateria: acciaio di forgia dalle linee avantgarde. Il coltello non sta sul fianco, ma è poggiato sulla lama. Trovo che sia una delizia. Apprezzo lo scintillio dell’acciaio e del cristallo dei bicchieri: essenziali, senza orpelli. La tavola, in generale, è essenziale.
Nulla di lezioso ma tutto molto elegante, come le sedie in finto rattan bianco molto chic e leggere, che pur facendo fondamentalmente parte degli arredi da esterni assolvono perfettamente ad una funzione indoor, dato che hanno linee decisamente eleganti. I commensali siedono faccia a faccia e sono stati eliminati i “capo tavola” che sempre difficoltà ed imbarazzo hanno creato al momento di destinarli ora al più anziano, ora alla signora, ora al più “importante” di qualsiasi gruppo. Ci si accomoda gli uni di fronte agli altri dato che la tavola è apparecchiata con le strisce: soluzione che adoro. I piatti sono candidi e la loro qualità appare molto migliore di quanto non sia in realtà: ipotizzo che sia porcellana tedesca ma scopro che è invece portoghese. Una scelta di gusto che non fa rimpiangere nè Eschenbach nè Villeroy & Boch con un effetto visivo molto raffinato. Mi piace molto.
Come mi piace il solerte e silenzioso andirivieni del personale di sala, rapido e attento.
In realtà di quella location mi piace tutto: persino il bagno che di solito è la buccia di banana sulla quale scivolano molti buoni propositi di molti ristoranti. E’ molto elegante e dominato sempre dal bianco e dal nero con pavimentazione damascata ton sur ton, davvero chic. Siamo in quattro e decidiamo di non appesantirci troppo: mentre il personale ci gratifica con un’alzatina colma di ostriche e di involtini di surimi e salmone – che costituisce l’accueil del locale – io scelgo un antipasto che porta il nome del ristorante.
La presentazione è gradevole , molto geometrica, lineare. Ciotoline bianche contengono quegli assaggi, di cui la caponata di pesce spada è eccellente. A seguire apprezzo il gamberone in tempura. Un po’ meno il calamaro fritto che non è abbastanza tenero per i miei gusti. Il salmone fresco marinato è freschissimo: io non mangio pesce sostanzialmente crudo, se non per “lavoro”. Quel salmone lo mangerei ancora: era decisamente buono. Il tutto era accompagnato da una fresca insalatina di avocado e gamberetti. Dato che si mangia anche con gli occhi ancor prima che con bocca e papille, direi che il tutto procede a meraviglia.
Intanto i miei commensali assaggiano i loro primi piatti : fettuccine con scampi e spaghetti con radicchio e gamberi. Sono entrambi ottimi, ricchi di gusto senza esagerazioni nè ardite elaborazioni. Frattanto arriva il mio secondo piatto: cubi di pesce spada su melanzane grigliate.
Il pesce è morbido, fresco, ben cucinato. Il pesce spada è una brutta bestia: se rimane sulla fiamma più del dovuto perde la sua umidità divenendo irrimediabilmente asciutto, stopposo, e dunque immangiabile. Quei cubi erano cotti al meglio ed avevano conservato morbidezza. Però quello è, nel suo insieme, un piatto blando, senza struttura. Non soddisfa e rimane slegato nel piatto, privo di quei sapori e di quei sentori che mi aspettavo invece di trovarvi. Quello spada e quelle melanzane non si sposano: rimangono irrimediabilmente separati nel piatto perdendo significato e contenuti. Il piatto è asciutto e ben al di sotto delle aspettative. Un vero peccato.
Un gentilissimo Maitre ascolta le mie ragioni: sono certa che ne farà buon uso. Mi rifarò con il dessert: una semplice fetta di torta chantilly e fragoline davvero fresca e buona conclude il mio pasto insieme al caffè.
Tirando le somme una cena da Charmant è un’esperienza di tipo emozionale a livelli molto alti che tornerò sicuramente a ripetere anche perchè mi è rimasto il rammarico di non aver optato per un intrigante Menu Degustazione che, oltretutto, ha un costo davvero contenuto. Interessante anche la carta dei vini con etichette di nicchia di notevole prestigio. Il costo della nostra cena si è aggirato intorno ai 45 euro a persona, ma occorre ricordare che nessuno di noi quattro ha consumato un pasto completo dato che chi ha scelto il primo piatto non ha ordinato poi il secondo e viceversa.Direi che, per un pasto completo, la cifra avrebbe raggiunto grossomodo i 60 euro pro capite, inclusa un’ottima bottiglia di vino. La nostra era un ottimo campano, Greco di Tufo. Per il servizio, la location e l’ambience che offre il locale sono soldi spesi decisamente bene.
Alessandra Verzera
Scheda :
Patron: Nino Billeci
Coperti : > 250
Range : Medio Alto
Ranking (*) :
Location : 4
Cibo : 4
Carta Vini : 3
Presentazione : 3
Servizio : 4
Mise en place : 4
Atmosfera : 5
Allestimenti : 4
(*) Legenda.
Ranking :
1 = pessimo
2 = scadente
3 = sufficiente
4 = ottimo
5 = eccellente.
L’unità d’Italia a tavola: Sapere e Sapori con “Un’Italia”, le 150 migliori ricette italiane.
Un impegno gravoso e tanta cura nella scelta e nella selezione di tante ricette giunte alla redazione di Saper e Sapori per celebrare, ancora una volta, i 150 anni dell’unità d’Italia. Quale modo migliore di unificare ed unire ancora di più il Paese se non in tavola? Ed ecco che, dopo lunghi mesi di estenuante lavoro, Laura Corte – fautrice dell’iniziativa – è riuscita a portare in tavola i suoi piatti: ben 150 (A.Ve.)
I Bucatini di Tonnara
Un’altra ricetta gustosa e tipicamente siciliana, che acciuffa e mette nel piatto gli scampoli di un’estate che va via. Tra profumo di mare e sapori locali, Angela Calcaterra ci invita a pranzo con un bel piatto di bucatini da provare subito ( Foto: Claudio Frasca)
Eccellenze siciliane. Il Nocera Rosso: un vino unico dall’accento messinese.
Il Nocera è un piccolo grande vanto della provincia messinese: di quel vino rosso rubino,fresco, armonioso e vellutato, i messinesi sono gelosi ed orgogliosi. Quel vitigno fa parte del loro essere: nessun altro lo coltiva, se non i produttori di una zona ristretta nelle meravigliose campagne tra Furnari e Castanea. Con il mare ai piedi e protette dall’abbraccio fecondo dei Nebrodi,in pochi ettari nascono grandi realtà (A.Ve.)
Napol’è? Assaporare la pizza di Michele!
“Napule è a voce de’ criature che saglie chianu chianu e tu sai ca’ nun si sulo”. Cantava Pino Daniele che di Napoli conosce profumi, umori, i colori dei vicoli che si snodano e salgono verso il promontorio sul mare che specchia il Vesuvio e l’eruzione di una spontanea vitalità (Ti.Ni.)
Napoli è approdo, porto di mare per navi che solcano mari d’umori. Napoli è sole, colore, è Pulcinella, pizza, è sfogliatella per chi passa senza osservare. Per chi la vive, per chi la anima, è un continuo mutare direzione, è una strada maestra piena di bisettrici d’autore: vie che raccontano degrado e bellezza, maldicenza e generosità, il tutto e il niente, contrasti a tinte forti.
Il partenopeo si definisce Napoletano, mai Campano, ancorato alla terra, alla città, non alla più generica regione. E non ama essere ricordato per pizza, mandolino e trallallà. Eppure la pizza è più di un semplice cibo. Farina, acqua, lievito, pummarola e mozzarella non bastano per raccontare il rito. Si sceglie la pizzeria, fallisce il locale che non è rigorosamente dotato di forno a legna. Si sceglie il gusto adattandolo al momento: più leggera, più grande, più corposa, meno o più condita, con olio d’oliva, con burro, fritta, a calzone, marinara o margherita?
La pizza nasce a Napoli e si diffonde in tutto il mondo, eppure a Napoli mantiene quel tocco di semplicità che in altre città si perde in luogo della più sfrenata invenzione. Della vera pizza bisogna assaporarne la pasta, toccarla, mangiarla prima a bocconi d’odore, poi con gli occhi, con il tatto e solo in ultimo il rito si conclude con la degustazione.
Napule è na’ camminata
int’ e viche miezo all’ate
Tra i vicoli, in mezzo alla gente, brusio di voci concitate che fanno della Signora una città quasi surreale in cui attendere due ore per mangiare la pizza di Michele (in Via cesare sersale, 1) diventa un momento di aggregazione collettiva tra sconosciuti. Si attende, si spera, si gusta già nel crescente appetito, una pizza che si fa desiderare come la sposa all’altare. Mai arrivare da Michele all’ora di punta, il pranzo sarà ritardato dalla moltitudine variopinta di gente che attende d’entrare, locali e turisti da ogni dove. “Il tempio sacro della pizza”, così è stata definita la piccola pizzeria a conduzione familiare che si erge immutata da ben oltre un secolo, dal 1870 per l’esattezza, offre solo due gusti: margherita o marinara.
Gusti che entrano nella memoria degli avventori in modo indelebile, che cancellano le precedenti esperienze, che raccontano la verità sulla pizza napoletana, ovvero la sua ricercata semplicità. Non è necessario condire oltremodo la pizza, se l’impasto è morbido e gustoso. Una margherita doppia mozzarella, con foglia di basilico donata a cottura ultimata, una bibita, un posto a sedere da condividere con altri commensali, uno scarno apparecchiare, un rapido servire, un economico finale, questi gli elementi sobri di Michele.
Ma non interesserà allo sguardo lo sfoglio arredo, non urterà la sensibilità del timido una condivisione di spazi e la scarsa intimità del desinare, non sosterà sulla via della memoria la lunga attesa, quando la pizza sarà recapitata. Al primo morso tutto apparirà chiaro come dopo un lungo sonno ristoratore, al primo incontro sarà amore: funghi, olive, prosciutto e altri arricchimenti del genere, altre variazioni sul tema, saranno dimenticati, spazzati via per innalzare la margherita e la marinara a primordiale innamoramento, a verità indiscussa su un gusto che non si può dipingere diversamente.
I prezzi sono estremamente contenuti, quella di Michele è forse tra le pizze più economiche della città, ed è sicuramente tra le pizze più conosciute al mondo.
Per saperne di più: http://damichele.net/
Tiziana Nicoletti