Nina Siciliana: virtuosa, colta e singolare amante della cucina povera

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nina_siciliana_homeGiacomo da Lentini, ma anche Dante da Majano, la considerano da sempre la “poetessa”. Bellissima, virtuosa, colta e singolare. Nina Siciliana è una donzella ammirata e stimata da tanti rimatori della Scuola Poetica Siciliana. Secondo lo stesso Stupor Mundi è senza dubbio la prima poetessa della lingua volgare. L’appuntamento, grazie a Giacomino Pugliese, è nei pressi della Cuba. Fa sapere di non gradire il ritardo. E noi puntuali siamo stati.

 

Fiasconaro. Monna Nina, buongiorno. Il suo Dante le ha parlato di Scelte di Gusto? Quindi posso avere l’onore d’intervistarla?

Monna Nina. “Si Dante mi ha già informata. Sono ben lieta di ascoltarla. Certo io ho più dimistichezza con i versi e le rime e di cucina “mastico” poco. Tuttavia ci proviamo”.

Fiasconaro. Prima di parlare di cucina, vorrei che lei si presentasse ai nostri lettori. Si sa poco della sua vita. Troppo alone di mistero. Sia sincera. Lei dov’è nata?

Monna Nina. “Voi giornalisti siete troppo curiosi. Noi poeti ci teniamo alla riservatezza. Però qualcosa posso dirla. Qualcuno ha sparso la voce che io sia nata a Ragusa, un altro si è inventato che io sia venuta al mondo a Messina, e c’è chi ha detto che abbia origini palermitane. A lei voglio fare una confidenza: io sono nata ovunque voi vogliate. Quindi…”.

Fiasconaro. Ne so quanto prima. Ma lei dolce donzella vuol prendersi gioco di me?

Monna Nina. “Non voglio prendermi gioco né lei nè di nessun altro. Vorrei che tutti un giorno possano ricordarsi di me attraverso le rime, le poesie. Io vivo per i versi”.

Fiasconaro. Allora parliamo di cucina. Cosa mangia di solito? Preferisce la carne o il pesce?

Monna Nina. “Non sono di buona forchetta. Trascorro le mie giornate scrivendo versi, quindi tralascio la cucina. Ci pensa mia madre a prepararmi qualcosa da mettere tra i denti. Mi piacciono le verdure, i formaggi, soprattutto il pecorino. Non disdegno nemmeno la ricotta. La carne mangio quando posso quella selvatica. Conigli, lepri, cinghiale. Il pesce? Qualche volta qualcuno mi fa avere anguille che mangio sempre alla brace. Sono una delizia”.

Fiasconaro. Bene, una cucina povera. Fatta di piatti essenziali…

Monna Nina. “Che vuole… Io mangio quando pare. Come le ho detto prima, le mie ore del giorno vengono scandite dalle rime, dai versi. Il cibo per me non è importante. Si mangia per sopravvivere…”.

Fiasconaro. Mangia dolci? Cosa preferisce?

Monna Nina. “Dolci? Ma no… Qualche volta mangio qualche crema fatta con i petali di rosa e la cannella…”.

Fiasconaro. Quando abbiamo incontrato lo Stupor Mundi ci ha confidato che va ghiotto per la qubbayt. Lei la mangia?

Monna Nina. “Non sono molto ghiotta di dolci. Certo il torrone saraceno è davvero speciale. Ha ragione l’imperatore Federico. Gli arabi lo preparano con essenze particolari che esaltano il palato. Chi non ha mai mangiato la qubbayt…”.

Fiasconaro. Ci tolga una curiosità: fra lei e Dante da Majano c’è del tenero? Complicità? Lo sa che cucina e sesso si completano?

Monna Nina. “Lei è davvero curioso. Si faccia gli affari suoi. Lei è antipatico. Vorrebbe che le dicessi che fra me e Dante c’è qualcosa di serio. Vero? Lo scopra attraverso questo sonetto che mia ha scritto qualche tempo fa: La lode e ‘l pregio e ‘l senno e la valenza ch’aggio sovente audito nominare, gentil mia donna, di vostra plagenza m’han fatto coralmente ennamorare, e miso tutto in vostra conoscenza di guisa tal, che già considerare non degno mai che far vostra voglienza: sì m’ha distretto Amor di voi amare. Di tanto prego vostra segnoria: in loco di mercede e di pietanza piacciavi sol ch’eo vostro servo sia; poi mi terraggio, dolze donna mia, fermo d’aver compita la speranza di ciò che lo meo core ama e disia“.

Fiasconaro. Dunque, non ci sono dubbi è una sorta di dichiarazione d’amore. E lei cosa ha risposto?

 

Monna Nina. “Insomma, lei vuole sapere troppo. Non c’è stata alcuna relazione carnale, voleva sapere questo? Io ho risposto in questi termini: Qual sete voi, si cara proferenza, che fatre a me senza voi mostrare? Molto m’agenzeria vostra parvenza, perchè meo cor podesse dichiarare. Vostro mandato aggrada a mia intenza; in gioja mi conteria d’udir nomare lo vostro nome, che fa proferenza d’essere sottoposto a me innorare. Lo core meo pensare non savria nessuna cosa, che sturbasse amanza, così affermo, e voglio ognor che sia, d’udendovi parlar è voglia mia: se vostra penna ha bona consonanza col vostro core, on’ha tra lor resia?“.

Fiasconaro. Abbiamo pure saputo che lei non va d’accordo con Gaia, la figlia di Gherardo da Camino?

Monna Nina. “L’avevo detto a Giacomino Pugliese che questo incontro con lei non mi piaceva. Non dovevamo parlare di cucina?

Fiasconaro. Chiedo venia. E’ colpa mia. Mi sono lasciato andare. Ma è pur vero che mentre Gaia è menzionata dal Sommo Dante, lei è una illustre sconosciuta…

Monna Nina. “Lei è una vera facciatosta… ma allo stesso tempo mi è simpatico perchè non è facile parlare oggi con i cronisti. Di Gaia non me ne importa nulla. Sono convinta che poi i posteri un giorno potranno verificare”.

Fiasconaro. Prima di lasciarci, vuol dedicare qualcosa di suo ai lettori di Scelte di Gusto?

Monna Nina. “Non posso regalare una ricetta culinaria. D’altronde come le ho detto il cibo per me non ha importanza. Però qualcosa di fondamentale per l’animo posso donarlo. Leggete pure e conservate gelosamente:Tapina me che amava uno sparviero, amaval tanto ch’io me ne moria; a lo richiamo ben m’era maniero, ed unque troppo pascer nol dovia. Or è montato e salito sì altero, assai più altero che far non solia; ed è assiso dentro a un verziero, e un’altra donna l’averà in balìa. Isparvier mio, ch’io t’avea nodrito; sonaglio d’oro ti facea portare, perchè nell’uccellar fossi più ardito. Or sei salito siccome lo mare, ed hai rotto li geti e sei fuggito, quando eri fermo nel tuo uccellare“.

Antonio Fiasconaro

 

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