Il “Comandante” D’Annunzio dai lunghi digiuni al trionfo del gelato

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cubaitaAttraversiamo l’ampio giardino che porta al Cortile degli Schiavoni. Notiamo che su un architrave è inciso il motto “Rosam cape spinam cave” (Cogli la rosa temi la spina). Siamo all’interno del Vittoriale a Gardone Riviera dove ci attende “Suor Albina” che ci guida dopo avere attraversato i “6 massi sacri” che ancora riecheggiano i “suoni” della battaglia. In fondo al giardino, avvolto da un camicione bianco ad attenderci c’è il “Priore” di casa. (A. Fi.)

Fiasconaro: Vate, grazie per avermi ospitato. La disturbo?

D’Annunzio: “Non mi disturba la sua presenza, ma andiamo al sodo. Di cosa vogliamo parlare? Suor Intingola mi ha accennato che parleremo di cucina, di gastronomia. Allor dunque, sono pronto a varcar la soglia dei sapori”.

Fiasconaro: Preferisce la cucina tradizionale o quella più raffinata? Sul suo conto se ne dicono tante…

D’Annunzio: “La metterò subito a suo agio. Ho detto ad Albina di portarle un pezzo di croccante di mandorle che mia madre mi preparava spesso e che adesso, la cuoca di casa, ne è custode universale. Dunque, dicevamo se preferisco la cucina tradizionale a quella più raffinata. Le rispondo schiettamente: io mi nutro dei sapori della mia terra, non sono un gran mangione. Non frequento spesso le trattorie, ma le preferisco ai ristoranti. Non per tircheria, ma voglio apprezzare la bontà delle pietanze che in questi luoghi vengono preparati con tanta familiarità”.

Fiasconaro: Ho saputo che lei è un cultore della bistecca. Riminiscenze del suo soggiorno fiorentino?

D’Annunzio: “Quando abitavo in via Lorenzo il Magnifico ho frequentato spesso la trattoria di Gaetano Picciolo, quindi ho mangiato spesso la bistecca. Le racconto un aneddoto. Una volta trasferitomi a Gardone inviai un telegramma al figlio del Picciolo. Ricordo ancor le parole, come se fosse ieri. Il tuo inaspettato messaggio risveglia i miei più dolci ricordi fiorentini. Stop. Ti mando quel che vuoi ma tu mandami per telegrafo la bistecca di tre quarti che mangiammo allora insieme col non dimenticabile Jarro. Stop. Abbraccio il babbo. Gli scrissi. Quindi sulla mia tavola non deve mancare mai la bistecca”.

Fiasconaro: Lei è un gran divoratore di uova. Ricostituente dopo i suoi convivi intimi?

D’Annunzio: “Queste male lingue… Santa Cuciniera dovrebbe rispettare le consegne. Così come ho fatto prima le rispondo con una mia missiva inviata qualche tempo fa ad Antonietta Treves e capirà parecchio sulle uova. Le scrissi che non bevo vino dall’infanzia ma mangio da tre a quattro uova, nelle 24 o nelle 30 ore. Circa 100 grammi di carne, un mio accordo mistico di cacio pecorino e di mascarpon, mondia di arancie e una tazza di caffè forte. Ed ho aggiunto pure… ma per qual ragione l’acidità mi tormenta tuttavia?”.

Fiasconaro: Si farebbe due ova al tegamino?

D’Annunzio: “Sa quante volte me le sono preparate da solo per non affaticare la buona Albina? Quante volte ho preparato con 4-5 uova una prelibatissima frittata?

Fiasconaro: Risponde al vero che in un angolo del Vittoriale c’è un pollaio?

D’Annunzio: “Si è vero. Ho più di 200 galline. Ogni giorno mi scodellano tante di quelle uova…”

Fiasconaro: Vate, insomma lei ha descritto un suo tipico menu. Ma non c’è dell’altro?

D’Annunzio: “Mi piace gustare il cacio tondo sentire il puzzo di cacio stantio e il salamino pepato. Lo sa? Sono ghiottonerie della Maiella e la signora Luisa Baccara ne è anche una estimatrice…”.

Fiasconaro: E’ vero che lei si adira parecchio se, giunta l’ora del pranzo, non è ancora pronta la tavola?

D’Annunzio: “Lei cosa farebbe?”

Fiasconaro: Ho saputo dei suoi biglietti che va lasciando qua e là per il Vittoriale, una sorta di ordinazione per le sue cene?

D’Annunzio: “Albina ha la lingua lunga… E’ vero di questi biglietti ne ho scritti davvero tanti, forse più di un centinaio. Sono davvero originali…”.

Fiasconaro: Di questi quale ricorda spesso?

D’Annunzio: “Uno me lo ricordo bene l’ho scrissi nel ’32. In quel biglietto invitato l’Albina a preparare un piatto freddo col polpettone magistrale perchè avrei avuto a cena e poi sopra un lino azzurro una donna bianca, la Mariona…”.

Fiasconaro: C’è connubio tra letteratura e cucina, con quella abruzzese per esempio?

D’Annunzio: “Eccome se c’è. E’ un matrimonio di sapori e rime, di parole e soffritti. Di capoversi e capitune. Ma c’è anche la porchetta ed i deliziosi legumi conditi con l’olio di casa mia. Ma ci sono pure le ciacchette, i fiadoni, le pizzelle, il pesce in umido e il croccante di mandorle e perchè no anche il parrozzo parrozzano”.

Fiasconaro: E i suoi interminabili digiuni?

D’Annunzio: “Le rispondo a rima. Sta puverelle de Carmele ha venute careche de dolge ‘n che lu nome e senza nome! Tu hai da sapè che i’ facce lu diggune de quarant’ore, tutte l’anne…”.

Fiasconaro: E’ vero che odia il caffelatte?

D’Annunzio: “Lo disprezzo…puah!”.

Fiasconaro: Si dice che lei è astemio. E’ vero?

D’Annunzio: “Non proprio, qualche goccetto me lo faccio ben volentieri, anche se non sono un vero cultore del nettare. Come si suol dire in questi casi apprezzo moderatamente il vino”.

Fiasconaro: Llei è anche famoso per avere celebrato l’acqua. E’ vero?

D’Annunzio: “Io mi nutro d’acqua. E ne canto anche le numerose qualità e la purezza. Ricordo come se fosse ieri un giorno ero a pranzo con Giosuè Carducci ed io bevvi litri d’acqua, mentre il mio illustre collega unicamente vino rosso”.

Fiasconaro: E’ bravo ai fornelli?

D’Annunzio: “Come detto prima qualche uovo a tegamino, una frittata… Non cuoco ma organizzatore di pranzi e cene sì, soprattutto in presenza di belle donne”.

Fiasconaro: E la mentuccia di San Silvestro?

D’Annunzio: “Delizioso da accompagnare alle pizzelle o ad un parrozzetto…”

Fiasconaro: Se non ricordo male lei ha pure scritto qualcosa sul parrozzetto.

D’Annunzio: “Non ricorda male. O Ddie, quanne m’attacche a lu parrozze, ogni matine, pe’ lu cannarozze, passa la sise de l’Abbruzze me'”.

Fiasconaro: Le sue prime cene con Eleonora Duse…

D’Annunzio: “Tante. Ho perso il conto. Ricordo che per conquistarla organizzai una cena a lume di candele facendo apparecchiare la tavola riccamente con un centrotavola di rose profumatissime, champagne rosè e quella sera cenammo con risotto alle rose. La Duse donna dal carattere forte e determinato, ma parecchio capricciosa…”

Fiasconaro: Si dice che lei abbia avuto toccate e fughe con Palermo. Avventure di un certo spessore, malgrado il suo fido Tom Antongini se ne guarda bene di parlarne…

D’Annunzio: “Vogliamo continuare a parlare di cibo? Posso soltanto aggiungere alla domanda che lei mi ha fatto che di Palermo e delle palermitane porto con me un bel ricordo ma anche tanto rancore. Basta andiamo avanti se vuole. Parliamo di gastronomia, d’altronde lei è qui per questo…”.

Fiasconaro: Cosa ricorda di Palermo dal punto di vista culinario?

D’Annunzio: E’ una cucina forte. Speziata. Della vostra terra mi piace il gelato, i sorbetti alla frutta e soprattutto quello al limone. Una delizia. Io sono un maniaco di gelato. Un giorno ne ho addirittura mangiato dieci tutti di seguito…”.

Fiasconaro: Ed i dolci? Ne è goloso?

D’Annunzio: “Come dicevo prima mi delizio di parrozzo, ma non disdegno il Senza Nome una sorta di dolce al cioccolato, una delizia sopraffina. Sulla mia tavola non devono mancare cioccolato e cioccolatini, mandorle tostate e i marrons glacès. Sulla mia scrivania c’è anche un calice d’argento ricolmo di cioccolatini. Quindi…”

Fiasconaro: E la frutta?

D’Annunzio: “Sublime. L’adoro. Mi piacciono le mele che mangio sia crude che cotte”.

Fiasconaro: Maestro, ma c’è qualche cibo di cui è ghiotto?

D’Annunzio: “Le carni, i cannelloni, i bolliti, le patate fritte e la cotoletta come me la prepara Suor Albina. A proposito di patate fritte, le preferisco croccanti e non unte e bisunte…”.

Fiasconaro: Ed altre leccornie?

D’Annunzio: “Adoro i fichi secchi, ma anche quelli freschi. Mi piacciono pure i fichi bolliti. Sono deliziosi, dovrebbe provarli”.

Fiasconaro: Ho saputo che ama mangiare anche gli asparagi…

D’Annunzio: “Sono un dono fatto alla Natura ad un uomo goloso…”

Fiasconaro: Lei è pure considerato anche l’antesignano del pubblicitario. Ne ha coniato nel tempo frasi ad effetto…

D’Annunzio: “Mi diverto. L’inglese sandwich l’ho ribattezzato tramezzino, così come il cognac, l’ho chiamato arzente”.

Fiasconaro: Vate, Tom Antongini sostiene che lei è un mangiatore vorace…

D’Annunzio: “No comment… Padre Semeria, invece, un giorno mi disse che sono meridionalmente sobrio”.

 

Antonio Fiasconaro

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