Oggi alla nostra tavola ospitiamo un collega. Un giornalista noto ai lettori italiani per le sue strepitose ed incredibili inchieste che, come tutte le inchieste giornalistiche, fanno sempre discutere. Lasciano aperte le porte al dibattito, alle critiche. Aggiungiamo quindi un posto a tavola e facciamo accomodare Carmelo Abbate,capo servizio del settore attualità del settimanale Panorama ed anche un apprezzato e talentuoso scrittore.
Nato a Castelbuono, in provincia di Palermo, una mattina del novembre 1999 decise di fuggire dalla Sicilia, dai suoi cari, dai suoi affetti e dopo avere acquistato un biglietto di sola andata, destinazione Milano, è salito su un treno a Palermo ed ha raggiunto la metropoli lombarda. Una valigia in mano e dentro tanti sogni da realizzare, il primo quello di diventare giornalista (lo diventerà il 2 febbraio 2004), malgrado i suoi primi anni li abbia trascorsi a Palermo come collaboratore del quotidiano “Giornale di Sicilia”. Ma non gli bastava. Voleva sfondare a tutti i costi. Carmelo Abbate aveva tutte le carte in regola per farlo e senza guardare nessuno c’è riuscito. Il 5 agosto prossimo compirà 40 anni. Felicemente sposato e padre di due splendide bambine di 4 e 2 anni.
Riportiamo dalla sua biografia ufficiale. “Sono arrivato a Milano con la classica valigia di cartone e ho avuto culo. Come sempre nella vita. Ho incontrato Giorgio Mulè (oggi direttore del settimanale Panorama, ndr). Negli anni mi sono specializzato nelle inchieste sul campo, in particolare riguardo a temi sociali. Ho fatto importanti reportage sul caporalato, sulle morti sul lavoro, sul fenomeno dell’immigrazione inItalia, sulla sanità. Mi sono finto marocchino e curdo per raccontare,tra vessazioni e paura, l’inferno del lavoro nero in Puglia e in Sicilia. Come lo sfruttamento degli immigrati nei grandi cantieri edili della Lombardia. Mi sono finto medico e ho spalancato le porte di reparti,pronto soccorso, sale operatorie, per documentare inquietanti episodi di malasanità negli ospedali del Sud.Nel settembre 2010 il mio reportage “Le notti brave dei preti gay”, pubblicato da Panorama, ha fatto il giro del mondo”.
Da questa sua inchiesta è nato nel 2011 il libro choc edito da Piemme “Sex and the Vatican”. E’ autore, tra l’altro di tre precedenti libri “La trappola” (2008), “L’onorata società” (2009); “Babilonia” (2011). Ed è già in moto per realizzarne ancora un’altro.
Carmelo Abbate e il rapporto con la cucina…
“La cucina è il cuore della casa. Amo stare a tavola con gli amici, bere vino rosso e tirar tardi tra una chiacchiera e un buon sigaro e una buona grappa. Quando vivevo a Palermo, periodo universitario, preparavo delle strepitose frittate, il mio piatto forte”.
“La nostalgia c’è sempre, come ti ho detto prima. Ma da quando vivo a Milano ho scoperto la cucina tedesca grazie a mia moglie che è mezza crucca: la selvaggina con le marmellate di mirtilli e le pere cotte, i roesti, gli asparagi bianchi con una sorta di crepe a lato e la salsa hollondaise, i salzburger nockerln. tutto strepitoso. E non parliamo della colazione: wurst e prosciutto appena svegli, dopo la prima volta non puoi più farne a meno. Ma se c’è una cosa straordinaria di Milano è che ci sono ristoranti ottimi di tutte le cucine del mondo: la cucina brasiliana e argentina ha una carne strepitosa. E la cucina cinese, messicana, marocchina: c’è il meglio”.
“Perché volevo fare il giornalista e basta, senza amici ne pacche sulle spalle. Un bel giorno Giulio Francese del Giornale di Sicilia mi ha preso da parte e mi ha detto: tu sei bravo, scappa fino a quando sei in tempo. Qualche giorno dopo ero su un treno diretto a Milano, dove non ero mai stato e dove non conoscevo nessuno…”.
Ed ancora un’altra frase: “Non voglio più sentirti parlare, voglio sentir parlare di te…”. Tu hai rimpianti per avere abbandonato la tua terra?
“Nuovo Cinema Paradiso: il vecchio Alfredo, le sue parole dette a Totò le ho fatte mie. Non ho alcun rimpianto, per quanto mi manchi la mia terra non tornerei mai più a viverci. Sono arrivato a Milano che avevo 28 anni, è stata dura, l’ho odiata, ho conosciuto la solitudine. Poi ho imparato ad apprezzarla e pian piano l’ho fatta mia”.
“Ci passo poco tempo, mia moglie è una cuoca eccezionale e quindi lascio fare a lei. Ecco quando saltano fuori le uova mi cede i comandi, sulla frittata sono sempre imbattibile”.
“Non goloso, di più. Tutti i dolci con la ricotta, i cannoli o gli sfincioni di San Giuseppe. I dolci con la ricotta di Castelbuono sono straordinari. E poi adoro il gelato: la nocciola di Martino Fiasconaro (Extrabar di Castelbuono Palermo, ndr) se giri tanto ne trovi qualcuna all’altezza ma mai superiore”.
A Milano la pasticceria siciliana è in gran parte d’importazione o soltanto di “facciata”. Quanto ti mancano i dolci siciliani e soprattutto quelli castelbuonesi, della tua giovinezza?
“Ci sono diverse pasticcerie siciliane, alcune anche buone, ma la ricotta della pasticceria Pinsino di Castelbuono non ha eguali”.
“Sono cattolico. Ma sono sempre più dell’idea che la fede è un fatto privato, dell’intercessione vaticana ne faccio volentieri a meno”.
A quale delle tue inchieste giornalistiche per Panorama sei più legato e perchè?
“Cavolo, a pensarci ne ho fatte tante. Ricordo un pezzo che avevo scritto per il Giornale di Sicilia la notte in cui crollò un palazzo in seguito a un incendio dalle parti di Monte Pellegrino. Partivo raccontando di Morgana che era rimasta in casa e non ne aveva voluto sapere di fuggire. Morgana era un gatto. Poi le mie inchieste su Panorama: quella in cui ho fatto il falso medico in giro per ospedali del sud credo sia una bella pagina di giornalismo”.
Se dovessi scegliere tra un piatto di spaghetti con il ragù di castrato che si prepara ancora oggi a Castelbuono ed un risotto alla milanese cosa vorresti volentieri sulla tua tavola?
“Gli anelletti al forno. La pasta a forno mi piace fatta con le pennette o le lasagne. E della cotoletta alla milanese vado pazzo, spesso la prendo nella versione primavera, con pomodorini sopra”.
C’è una ricetta che vorresti donare ai lettori di “Scelte di Gusto”?
“Il riso al salto, in padella. I tuoi lettori si metteranno a ridere, ma come ti dicevo sono riso addicted”.
Antonio Fiasconaro