Paolino: impazza il franchising dei polli.

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Il cavallo di battaglia di questo franchising è la distribuzione ai suoi affiliati del forno a legna, “FornoPiù”, coperto da numerosissimi brevetti e quindi inimitabile, ma poi c’è la selezione della legna fra tipi particolari, faggio per lo più, e naturalmente i polli allo spiedo, che girano sul fuoco per un’ora e mezza, contro i quarantacinque minuti dei comuni sistemi a gas ed elettrico, inoltre i menù previsti per tutti i “Paolino” (E.Ri.)

È inclusa anche la formazione del personale con corsi specifici, perché anche solo a mettere troppa legna nel forno, il pollo si brucia, a metterne poca invece si lessa, e anzi la legna va asciugata e preriscaldata perché bruci come si richiede. Seguite le linee guida del proprietario del marchio però, i singoli affiliai restano liberi di proporre nei locali  quanto secondo loro, la clientela potrebbe gradire. Non si tratta, cioè, di un franchising così stretto di obblighi e doveri come quello di altre conosciute catene di fast food. Il pollo certamente, fa da pilastro, comparendo al bancone in molteplici fogge, allo spiedo, alla griglia normale, speziato e piccante, il polletto da 700gr pensato per una sola persona e ottimo per gli anziani perché ancora giovane ha la carne più tenera del pollo adulto, il pollo immerso nel vino, le cosce e sovracosce per chi le preferisce al petto, i classici bocconcini, le alette, le polpette di pollo fatte al forno… Inoltre, il pollo, che di per sé costa molto meno della carne bovina contribuisce rendere economi i prezzi (che non variano, sia che si preferisca il take away o che si consumi al tavolo). Però non è mia intenzione parlare dei polli. Naturalmente c’è anche tutto il resto: le patate fritte, le patate arrosto, le crocchette di patate, gli arancini, i panzerotti alla pizzaiola, le mozzarelle in carrozza, gli spiedini di carne  mista, la porchetta, gli stinchi, le polpette di verdura al forno, oppure i primi dalle melanzane alla parmigiana alla pasta, e le verdure, cucinate in modo saporito oppure leggere,  addirittura sono previsti una ventina di contorni fra cui scegliere. Ma  è di altro che volevo scrivere.

Il ‘Paolino’ di Trieste si trova lungo un viale alberato da sempre zona di passeggio, nonché di negozi ed uffici, così è facile che i triestini ci entrino sia per comperare qualcosa da portarsi a casa, sia per mangiarci, magari in pausa pranzo. Il bancone della gastronomia già alla mattina comincia a riempirsi con le varie pietanze e continua per tutto il giorno, fino a sera; si cucina in continuazione, con i polli che vengono “infilzati” allo spiedo e fatti girare sulle fiamme più o meno ogni due ore, e questo per tutto l’orario d’apertura, cioè più di11 ore al giorno, sette giorni su sette. Il triestino, si sa, è di natura nostalgica, persino nel mangiare. Ecco che l’affiliato per il ‘Paolino’ triestino ha pensato bene di offrire, vicino ai polli, anche tanta triestinità, proponendo cioè, oltre ai classici prodotti ‘Paolino’, tutta una serie di piatti della cucina tipica triestina, dalla jota, minestra di capucci garbi, fagioli e patate, forse il piatto più tipico, al goulasch, ai gnocchi con goulasch, ai capuzi garbi con luganighe, i chifeletti, le patate in tecia, le zucchine e melanzane impanate e spesso, ma solo d’inverno, il maialino da latte allo spiedo, apprezzatissimo in zona, che poi si taglia e vende a pezzi. Ha, in breve, reso un locale di una catena di franchising, assai più simile a un buffet vecchia maniera. Ed è appunto su questo che volevo incentrare l’attenzione. Non essendo né ristorante né trattoria il cliente può chiedere anche solo una cucchiaiata di ogni pietanza. Infatti, non è raro che i turisti, siano attirati da questo locale proprio da questa possibilità.Trieste è una città che merita  di essere visitata, anche solo di passaggio, ma poi, volendo assaggiare i piatti tipici, dove andare? I ristoranti con la cucina triestina non mancano e sono eccellenti, ma si ordina il normale piatto di una porzione.Se invece ci si vuole togliere lo sfizio di assaggiarne tante di specialità triestine e magari anche solo una forchettata per ognuna, è qui che suggerisco di far tappa.

Posso dire che io stessa non mi discosto dal triestino tipo e anche all’ultima mia volta da Paolino ho chiesto capuzi garbi con salsiccia, le melanzane e le zucchine impanate, i chifeletti, persino un piattino di frittole triestine. La cucina triestina è assolutamente triestina, ma d’altronde sparirebbero i clienti se si mettessero a fare la jota o i capuzi garbi, cioè i crauti acidi, pensando a palati più delicati. E’ sicuramente una cucina più leggera e meno grassa di quella che si può mangiare altrove, basti pensare che le polpette vengono fatte al forno e persino le frittole di carnevale sono fritte sì, ma, apposta senza zucchero. Ma è un luogo pensato per la pausa pranzo e chi torna al lavoro non vuole certo sentirsi troppo appesantito. Essendo un ‘Paolino, polli allo spiedo’ non viene segnalato da nessuna parte come locale con specialità di  cucina tipica triestina, eppure per un turista che passa la giornata impegnato a visitare i luoghi più caratteristici della città prima di ritornarsene a casa, un locale dove, volendo ha la possibilità di assaggiare anche solo una forchettata per ciascuno dei molti piatti tipici triestini che trova qui, potrebbe essere un’idea simpatica. E allora la suggerisco.

 

Eleonora Righini

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