Editoriale. Il web, i gruppi di Facebook ed il massacro della tradizione gastronomica siciliana.

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cornerIl web è una sorta di porto franco, e questo è ormai un fatto tristemente noto. Una specie di speaker’s corner virtuale in cui ognuno, un giorno come un altro, si veste dei panni che vuole e si mette a pontificare, spesso stravolgendo o riscrivendo fatti ed avvenimenti, parlando alle masse anche di argomenti alle stesse masse sconosciuti, facendo quindi facile proselitismo. Questo, recentemente,  accade con maggior frequenza rispetto alla cucina, all’enogastronomia: un filone aurifero per molti in danno della vera tradizione.  Questo accade precisamente su Facebook. che negli ultimi anni ha laureato una congerie di tuttologi improvvisamente investiti e fagocitati da un delirio di onnipotenza mediatica fuori da ogni controllo . Si assiste sul web a diatribe molto accese tra postini e medici, in cui il postino contesta il medico su fondamenti di medicina e chirurgia. Non se la passano meglio gli avvocati, contestati su articoli dei codici da panificatori e pasticceri. Insomma, un melting pot pericolosissimo in cui si spacciano sempre più  frequentemente false notizie e falsa cultura.

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Da alcuni giorni si è accesa una polemica rispetto ad un gruppo in modo particolare: “Amanti del cibo siciliano, Sicil- eat” i cui amministratori evidentemente poco si curano di diffondere un messaggio culturale, più preoccupati di dare spazio a chiunque, dimenticando forse che il patrimonio gastronomico è fortemente identitario di un popolo e ne costituisce parte della storia. Io, come del resto anche molti altri, non riesco a tacere dinnanzi allo scempio della tradizione gastronomica siciliana. Così, dopo avere preso visione di alcuni “piatti” proposti da diversi membri di questo gruppo, nel totale assenso degli amministratori, mi sono sentita personalmente offesa nel leggere di un raduno di questi “intenditori di cucina siciliana” presso una delle sedi di rappresentanza più prestigiose del Comune di Palermo, Villa Niscemi.  Una sorta di fiera, un “portaparty” – come usa dire oggi – con i membri invitati a portare qualcosa da casa da gustare poi tutti insieme. Insomma, una sorta di festa privata tenuta però in una sede di rappresentanza della città di Palermo. sicilylocandinaA prescindere dai titoli e dalle credenziali dei promotori, appare singolare se non bizzarro, che in siti di tale rilevanza culturale vengano allestite fiere in cui possa essere introdotto cibo dall’esterno in barba a qualunque disposizione in materia igienico sanitaria per la manipolazione e la somministrazione di generi alimentari al pubblico: insomma, se andate a Villa Niscemi dove questo gruppetto si radunerà a giorni, potrete piluccare cose maneggiate da non si sa chi, non si sa come, non si sa in che ambienti. L’evento infatti non è riservato ai soli iscritti al gruppo, ma è pubblico. Non mancano ovviamente gli sponsor, come un articolo di stampa tende ad evidenziare. Vi riporto il link, che è una lunga intervista ad una tale Enza Accardi, che si definisce caporedattore pur non risultando iscritta a nessun albo professionale che preveda una tale carica, ovvero quella di giornalista, e pur non essendo a capo di alcuna testata giornalistica, nè a fianco di alcun direttore responsabile.

http://siciliainformazioni.com/cettina-vivirito/808548/villa-niscemi-raduno-amanti-del-cibo-siciliano-intervista-alla-food-blogger-enza-accardi

Nell’articolo, la cui la versione integrale potrete leggere cliccando sul link sopra, si legge : ” Raduno degli Amanti della cucina siciliana, progetto culturale e gastronomico nato su Facebook per iniziativa di Maurizio Cardella e Enza Accardi che ha come scopo quello di tradurre in “reali” incontri virtuali di persone accomunate dalla passione culinaria. Al centro di tutto i sapori, i profumi e gli odori di una cucina che unisce diverse culture, come quella siciliana.”

Ed ancora :  ( —-) “ Si proseguirà con eventuali domande e curiosità da parte dei partecipanti, un breve dibattito culinario e via al buffet ricco di degustazioni, anche perché ai partecipanti è concesso portare una propria delizia da esporre e lasciare degustare agli invitati. Nel corso del pomeriggio si faranno i sorteggi dei premi messi in palio, la serata si concluderà alle 20,00 circa.”

Ed anche : (—-) ” “Sono una normalissima persona, una mamma e moglie con una grande passione per la pasticceria innanzitutto, ma anche per la cucina. Fino a pochi anni fa lavoravo con tanto di tacco, trucco e parrucco, fino a quando per la crisi ho perso il lavoro. Pur dandomi da fare per cercare un altro lavoro, purtroppo sono stata penalizzata dall’età, quindi ho deciso di reinventarmi e ricominciare tutto da capo, con grande sacrificio, passione ma anche divertimento, grazie alla cucina che è la cosa alla quale più tengo. Quindi piano piano, grazie anche al gruppo , al supporto dei followers, a chi ha creduto che davvero si può rinascere come la fenice dalle proprie ceneri, ho cercato di trasformare la passione in lavoro.”.

Questo dice Enza Accardi a chi l’ha intervistata: un passaggio in cui c’è qualsiasi risposta uno possa cercare. La cucina come rifugium peccatorum, come via d’uscita, come alternativa. Usatela pure la cucina, ma fatelo bene: almeno questo.

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E quindi, a  fronte però di piatti quantomeno discutibili, orgogliosamente pubblicati sul gruppo – gruppo in cui peraltro vige il divieto assoluto di critica, pena l’espulsione immediata quale regola non scritta – questa foodblogger parla di corsi di cucina, di libri, di iniziative culturali. Manifesti programmatici che però non hanno poi riscontro quando si visita il gruppo e si ammirano i lavori degli iscritti: spesso orribili, maosannati dagli amministratori, che sono gli stessi che mettono sul tappeto iniziative culturali, che tengono corsi di cucina, che scrivono libri

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e tengono conferenze . La motivazione di tanto supporto è che chi pubblica i propri piatti non è un professionista della ristorazione, ma una madre  di famiglia, uno studente, uno che ha questo hobby. E allora, prima ancora che tenere conferenze pubbliche e  fare corsi di cucina presumo a pagamento, perchè non indottrinare per primi i propri iscritti migliorandone le conoscenze ed evitando contestualmente il diffondersi incontrollato di sfregi, veri e propri oltraggi,  alla cucina siciliana ?

 

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Perchè non insegnare qualcosa, tanto più che Maurizio Cardella è uno chef? Come può uno chef assistere indifferente al maltrattamento sistematico e persuaso della cucina tradizionale e non ?  Perchè non dire, ad esempio, che la nespola non è un frutto autoctono della Sicilia ma che è  Giapponese, e raccontare magari come sia arrivata in Sicilia? O perchè non dire che la Carbonara non è tradizione siciliana ma che, in ogni caso non si può preparare aggiungendovi la maionese? E che dire dello Speck? Che tutto è tranne che siciliano.

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E invece no, nessun suggerimento:  quando qualcosa desta se non altro curiosità o perplessità,  viene fuori  un’altra realtà tipica dell’epoca dei social con la quale si liquida tutto : l’invidia. Laddove uno, a giusta ragione e con credenziali valide e sufficienti, muova anche sia pure solo sommessamente un appunto, viene tacciato di invidia. L’invidia è il morbo, il virus, che infetta i social.

Naturalmente prima di sedermi a scrivere ho inviato all’ Ufficio Stampa del Comune di Palermo, in data 28 aprile c.a.,  una richiesta di chiarimenti circa le modalità  e i criteri di attribuzione di una sede come Villa Niscemi – che, lo ricordiamo, non più tardi di un anno fa ha ospitato teste coronate e pranzi di Stato –  a privati cittadini, persone sicuramente passionali ( ma non appassionate) ma non per questo titolate a diffondere principi di cultura enogastronomica siciliana o italiana in generale, nè a tenere conferenze et similia. Del resto le immagini parlano da sole e qualcosa di certo suggeriscono. Dall’ufficio stampa del Comune non è pervenuta, ad oggi ed al momento della pubblicazione,  alcuna risposta.

Alessandra Verzera

 

 

Ricerca iconografica : Vins Randisi Iacono

NB: Le foto sono di proprietà dei rispettivi autori, e sono qui adoperate a solo scopo divulgativo.

La foto dei bucatini con le sarde in copertina è dello chef Peppe Giuffrè

9 Commenti

  1. Io trovo che dare la disponibilità di Villa Niscemi per un evento in cui è protagonista la cultura del vicinato, lo scambio umano concretizzaro dalla profonda fiducia che implica scambiarsi cibo ( e per favore la barzelletta dell’igiene e della manipolazione lasciamola ai ristoranti che avete sempre mangiato a casa di amici di altri amici senza curarvi dell’hccp e della manipolazione); ecco lo trovo bellissimo e bellissimo che sia stata concessa per un evento che coinvolge le persone che pagano le tasse in Sicilia e a Palermo! È ora che questi posti siano accessibili e godibili da tutti non solo capi di Stato che di privilegi ne hanno già abbastanza. Sulle dinamiche del gruppo Facebook evidentemente l’autore dell’articolo non ha esperienza di social quindi le considerazioni al riguardo lasciano il tempo che trovano. È triste leggere questi articoli.

    • Gentile Sara, l’autore dell’articolo sono io e sono oltremodo dispiaciuta di averla intristita. Sono anche dispiaciuta di dover constatare che lei ha capito ben poco di ciò che ho scritto: sarà forse per questo che si è intristita? Le rispiego in modo conciso. Va bene la concessione di Villa Niscemi a realtà come quelle che lei ha elencato ed in favore di momenti di aggregazione dei contribuenti palermitani: non va bene però concederla a soggetti che con il pretesto della promozione della cucina tradizionale e del territorio, organizzano festicciole private. Non va bene laddove i fautori dell’iniziativa sono gli stessi che consentono la demolizione sistematica della tradizione gastronomica regionale sui gruppi che gestiscono. Io,invece, lavoro ed opero in favore della salvaguardia delle tradizioni gastronomiche. inoltre, l’HACCP di cui lei si fa beffe è una questione assai delicata: naturalmente non pensi di aver fatto chissà quale scoperta scrivendo che in casa di amici non ce ne curiamo. E’ ovvio che in casa di amici non ce ne curiamo: ma la casa degli amici non è un luogo pubblico e soprattutto non è una sede istituzionale. Forse lei non sa che se si reca in un locale per celebrare un evento e propone allo staff di portare la sua torta personalizzata o da casa o da un’altra struttura ciò non le viene concesso, proprio per evitare contaminazioni e perchè ogni gestore preferisce non doversi assumere responsabilità nel caso in cui quella torta, realizzata altrove e da altri, fosse preparata con materia prima scadente e/o scaduta e ammalorata. Le do un consiglio spassionato: abbandoni la retorica e la demagogia, e provi a rileggere il mio articolo. Magari le risulterà più chiaro.

      Alessandra Verzera

      • Salve, secondo quanto Lei scrive sulle norme igieniche dovremmo abolire tutte le bancarelle gastronomiche di tutti i mercati e mercatini vari che si tengono in tutti i paesi e città. Non penso proprio che tutto venga preparato al momento di conseguenza… tutto mi sembra discutibile. Per quanto riguarda la location…… penso che ognuno è libero di scegliere il luogo….

        • Gentile Vincenza,
          chi ha scritto che questi signori non avrebbero dovuto scegliere quella sede? Chi ha scritto che bisognerebbe limitare le libertà? Non io, di certo. Io ho scritto una cosa ben diversa ( ed anche volendo sorvolare sulle bancarelle e sulle norme igieniche): ho scritto che non ci si può arrogare il diritto di promuovere la cucina tradizionale regionale – usando PER GIUNTA una sede istituzionale – proponendo i piatti che propongono, e non avendo titoli per farlo. Palermo è capitale della cultura e questo è l’anno del cibo italiano, e io onestamente non penso che sia questa la cultura che abbiamo bisogno di diffondere nè che sia quello che vediamo nelle foto il cibo italiano. Io credo che basterebbe guardare le immagini per capire che la promozione del prodotto gastronomico siciliano e che la cucina siciliana siano concetti distanti anni luce da ciò che viene rappresentato. Lecito chiedere una sede, sorprendente è accordarla. Ma evidentemente nessuno ha verificato la qualità di ciò che in quella sede si andrà a proporre ai palermitani.
          Saluti

          Alessandra Verzera

        • Mi perdoni, dell’intero articolo ha recepito soltanto questo concetto?

    • Mi spiace lei definisca barzelletta ciò che non lo è, non rendendosi conto, tra l’altro, che è offensivo nei confronti di chi ha scritto.

  2. Gentile Vins,
    io non mi offendo di certo dato che porto avanti le mie idee sempre con grande forza, grande convinzione e – soprattutto – grande correttezza ed un briciolo di competenza. L’unica cosa che posso dire è che mi spiace intristire i miei lettori, ma sono felice se mi capita di suscitare in loro ilarità: la vita è più bella quando si ride!
    Grazie

    Alessandra Verzera

  3. Signora Verzera qui chi fa retorica e demagogia è lei oktre a essere oltremodo piccata per aver espresso una mia opinione. Noto con piacere che vi professate tutti giornalisti iscritti all’albo ma poi la libertà di opinione è solo la vostra e la dimostrate dicendo di altri che fanno retorica e demagogia.
    Ma visto che la mia opinione non la interessa se non per puntualizzare inutilmente un concetto già espresso nell’articolo beffandosi della mia intelligenza dicendomi che ho capito poco e ritenendo necessario spiegarlo ulteriormente allora il dibattito unilaterale lo lascio a lei che tanto sembra amarlo.

  4. Gentile Sara,
    mi sembra lei piuttosto piccata dato che mi rivolge accuse infondate: io, infatti, non ho in alcun modo censurato la sua opinione. Mi sono casomai riservata il diritto di spiegarle ulteriormente il senso del mio editoriale; questo si. Purtroppo, Sara, quando si toccano cose come le normative igienico sanitarie, minimizzandole, si da prova quantomeno di conoscere poco e marginalmente le cose. Spero che, nella rilettura ( e soprattutto nella presa di visione delle foto) , il senso del mio articolo le sia apparso più chiaro. Saluti.

    Alessandra Verzera

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