Non c’è stato poeta, scrittore o pittore che non abbia parlato, dipinto, messo in versi il tema del viaggio. Il Sommo Poeta, Dante, offre a noi nel XXVI canto dell’Inferno, la figura per eccellenza del viaggiatore,Ulisse. L’uomo smanioso di conoscere sempre di più. L’incarnazione dello spirito di avventura e di ricerca ( C.Fe.)
Ogni viaggio è lo stimolo naturale alla ricerca del nuovo. Ed è proprio questo che faremo in queste righe, un breve viaggio, un viaggio di sensi. Un viaggio alla ricerca del gusto e della cultura enologica e gastronomica. L’interesse intorno al vino, alle tradizioni gastronomiche locali, ai prodotti tipici ha avviato un processo di cambiamento nelle scelte turistiche degli italiani, ma anche degli stranieri, da sempre affascinati dalla combinazione di arte, cultura, gastronomia. Il punto di partenza sarà proprio una terra che, con i suoi profumi, le sue innumerevoli bellezze naturali ed artistiche e, da diverso tempo, anche con il fascino dei suoi vini, incanta i suoi visitatori: la Sicilia. Una cultura, quella del vino siciliano che affonda le sue origini in un passato molto lontano. Si fa risalire ai Fenici l’introduzione della pregiata bevanda in tutto il Mediterraneo e, naturalmente, anche in Sicilia. Le diverse dominazioni che si susseguono come greci, romani e normanni contribuiscono allo sviluppo ed al miglioramento della viticoltura e dell’enologia dell’isola. E se vi viene voglia di degustarne uno, avete sete di conoscenza della loro storia e siete a Palermo, non potete non trascorrere un “pre-dinner”, in una delle enoteche più famose ed antiche della città. La sua grandezza è data dalle circa cinquemila etichette che ti inebriano una volta entrati. Un vero ombelico del mondo. Nazionali, internazionali, australiani, sudafricani, israeliani, insomma ce n’è per tutti i gusti. Fondata dal signor Nicolò, oggi è alla sua terza generazione con Nicola, dietro il quale c’è sempre l’occhio vigile del padre Francesco, il vero pioniere, anzi come si definisce lui, il Don Chisciotte. Sì, perché mandare avanti un’enoteca, per quei tempi (tra anni ’50 e ‘70), non deve essere stata cosa semplice sia per la qualità del vino (spillato direttamente dalle botti, forte di grado e gusto) sia per la cattiva reputazione sociale che aveva il vino ed i suoi degustatori. L’enoteca Picone ha sempre seguito l’evoluzione dei tempi, assecondando egregiamente l’esplosione e la crescita degli enoappassionati, senza tralasciare la tradizione. “Il nostro punto di forza– dice Nicola Picone- è il personale altamente qualificato. Chi si occupa del cliente ha una grossa responsabilità, visto che spesso lo inizia al gusto. Da noi, il cliente viene accompagnato nella scelta attraverso la conoscenza non solo tecnica ma anche storica del vino. Il vino poi deve rassicurare, assecondare, evocare un momento”.
In questi ultimi anni c’è stata una crescita esponenziale degli enoappassionati ma anche dei produttori. C’è da chiedersi se è solo una moda destinata ad esaurirsi, oppure no?
“Sicuramente parlare di vino, oggi, fa tendenza. Ritrovarsi in enoteca diventa momento di incontro. Ma l’onda modaiola non va di pari passo con la cultura. E questo vale anche per i produttori. Ci sarà una naturale scrematura, resteranno i grandi produttori che fanno il prodotto di qualità. Anche se credo che sia doveroso tutelare i piccoli che realizzano vini di classe”.
Quali sono i pro e i contro del vino siciliano?
“Come pro, l’unicità del territorio che fa grande l’isola ed i suoi vini come quelli dell’Etna, i Passiti, la Malvasia ed il grande Marsala. Contro, l’aver snaturato la tradizione vitivinicola siciliana con l’utilizzo di vitigni internazionali. Oggi sarebbe necessario rivalutare quelli autoctoni. Ci sono troppe etichette ed il mercato è stanco. Infine regolamentare la produzione di Nero d’Avola.
Cinque etichette ed i relativi abbinamenti.
“Il capostipite dei vini: lo champagne. In particolare, il “Close de Mesnil” di Krug (antica cantina francese vicino Reims) oltre che per la sua pregiata qualità, per la sua storia magica. Fu uno dei pochi vigneti che si salvò dalla terribile infestazione della fillossera. Lo abbinerei con formaggi a pasta semidura ed ostriche oppure da solo per dargli lo spazio che si merita.
Tra i bianchi, un Sauvignon italiano, friulano quasi confinante con la Slovenia, “ Le Zuccole” della cantina Puiatti. Sia per la filosofia intrapresa (“Save a tree, drink Puiatti”): la cantina non utilizza botti perché, secondo loro, il vino perde le caratteristiche organolettiche del frutto,e preferisce materiali neutri, sia perché è il genere che incontra meglio il gusto del pubblico moderno. Abbinamento con zuppe di verdure e pesce.
Tra i rossi consiglierei un siciliano, un italiano ed uno del “ Nuovo Mondo”.
L’ “Archimede” della Natura Iblea di Pachino (zona d’elezione),in purezza. Un Nero d’Avola (bandiera della viticoltura siciliana). Spicca per qualità- prezzo. Abbinamento con formaggio a pasta dura come un ragusano e carni rosse saporite.
Poi il principe dei vini, il Barolo. In particolare quello di Borgogno, old style da abbinare ad un succulento stracotto, proprio al barolo.
Infine, lo Shiraz (il nostro sirah), un vitigno che si è diffuso a macchia di leopardo in tutto il mondo. In Sicilia ha il suo habitat naturale. E’ molto diffuso soprattutto in California ed in Australia. Quello che suggerisco è il “R.S.W.” di Mirra Mirra in abbinamento con grandi piatti speziati”.
Claudia Ferreri