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Wine Up 2019, Concorso enologico Venere Callipigia. Intervista a Luigi Salvo

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Non solo cibo di alta classe a Wine Up Expo 2019. Il vino ha avuto un ruolo fondamentale da grande protagonista nella grande kermesse del buon gusto appena conclusasi a Marsala. Uno dei momenti clou è stato il Concorso Enologico Venere Callipigia, diretto dal sommelier Luigi Salvo, Delegato AIS Palermo e  responsabile seminari AIS Sicilia : una vera autorità del settore enologico italiano ed internazionale con un palmares di tutto rispetto, nonché direttore di giornalevinocibo.com .

Luigi, raccontaci di questa ennesima esperienza

Sono stati giorni di grandissimo interesse quelli del Concorso Enologico Venere Callipigia Sicily Wine Awards 2019,. Sono riuscito a riunire un team di degustatori di grandissima qualità e l’innovativa formula del concorso che ho elaborato ha permesso, oltre l’attribuzione delle medaglie, anche nella seconda giornata di degustazioni di scegliere i migliori vini per piacevolezza dai vari vitigni Grillo, Catarratto, Nero D’Avola, Perricone, Nerello Mascalese e della tipologia Marsala.

Marsala vanta un territorio particolarmente vocato ma, soprattutto, vanta un vino omonimo che però sta patendo un po’. Quali prospettive per il Marsala?

Il Marsala ha vissuto la sua epopea dorata nell’Ottocento. Dopo il declino del novecento, negli anni duemila, questo straordinario prodotto, è riuscito a donare espressioni qualitative veramente eccellenti soltanto in una piccola parte della sua produzione. Oggi il maggior volume del prodotto Marsala ancora venduto sfuso nasce per essere usato nell’industria alimentare o in cucina.
Necessario secondo me puntare sulla nascita della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg) per dare un’espressione qualitativa chiara del grande vino liquoroso al consumatore.

Come si è svolto il concorso?

Tutti i campioni pervenuti qui a Villa Favorita a Marsala sono stati codificati, ho organizzato le batterie di degustazione in modo omogeneo, ovvero in base alla tipologia del vino, gradazione alcolica e annata. Tutte le bottiglie sono state anonimizzate, cioè coperte, e sono state degustate dalle tre commissioni, composte da 6 giudici ciascuna, alla cieca. Ogni giudice ha valutato in maniera indipendente il vino attribuendogli un punteggio in centesimi, il valore finale di ogni vino quindi è derivato dalla media della commissione.

Da chi era composto il tuo team?

Giornalisti degustatori di gran rilievo l’inglese Michael Shah, e gli italiani Stefania Vinciguerra, Riccardo Viscardi, Giampaolo Giacomelli, Roberto Gatti, Gianni Paternò, Francesca Fiocchi, Fosca Tortorelli oltre ed una selezione di importanti enologi siciliani.

Chi ha vinto?

Dopo l’attento esame degustativo sono state assegnate le medaglie premio secondo questi valori: medaglia d’argento da 87/100 a 88,9/100 , medaglia d’oro da 89/100 a 91/100 e gran medaglia d’oro da 91,1/100 a 100/100. I vini premiati non hanno superato il 30% dei vini in concorso. In totale sono state assegnate 6 Gran Medaglie d’Oro, 23 Medaglie d’Oro e 14 Argento.​

Queste le sei Gran Medaglie d’oro:

Nes Passito di pantelleria 2017 Carlo Pellegrino
Cantine Vinci Zibibbo Passito 2018
Terre di Gratia Perricone 170 2018
Colomba Bianca Resilience Grillo 2018
Casa Grazia Laetitya Frappato 2018
Curatolo Arini Marsala Vergine Riserva 1995

Questi i vini piacevolezza per vitigno:
Grillo – Dilegami Berlinghieri Grillo 2018
Catarratto – Badalà Catarratto 2014
Nero d’Avola – Baglio Oro Guardiani di Ceppi Neri 2015
Perricone – Terre di Gratia Dama Rosa 2018
Nerello Mascalese – Vivera Etna Rosso 2017
Marsala – Curatolo Arini Marsala Superiore Dolce 5 anni.

 

Anche l’ampio segmento dedicato ai vini a Wine Up ha goduto della presenza di ospiti di altissimo livello, anche a livello internazionale: quali sono state le loro sensazioni?

Il toccare con mano la crescita qualitativa costante del vino siciliano, un comparto che ha grandi potenzialità ancora da esprimere sia in termini qualitativi che commerciali.

Qual è il tuo personale bilancio rispetto alla manifestazione che ha portato a Marsala un incredibile parterre di esperti?

Davvero positivo, ottima la riuscita del Concorso, le degustazioni si sono svolte nel miglior modo possibile ed i vini premiati stanno avendo la doverosa diffusione mediatica. Inoltre nell’ambito di Wine Up Expo ho avuto il piacere di una grande emozione sensoriale, la conduzione per i colleghi della stampa della masterclass sul Marsala con la verticale in quattro annate del prodotto più importante in assoluto l’Aegusa Florio Superiore Riserva Semisecco 1974 -1989-1994 -2001.

Dato che siamo stati anche vicini di tavolo alle cene adesso ti farò sconfinare nel campo gastronomico. Quale è stato il piatto tra tutti che hai preferito in assoluto?

Sono stati diversi, in particolare due preparazioni a base di pesce, intrigante lo sgombro crudo, burrata, pomodoro e pane di tumminia, e davvero deliziosa l’ombrina in doppia cottura su zabaione di patata all’acciuga e bottarga.

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Chi ha curato l’abbinamento dei vini alle portare delle cene?

I matre della manifestazione

Cosa è ancora possibile fare per incrementare il turismo enologico ed enogastronomico?

Migliorare l’offerta ricettiva, maggiore competenze nel raccontare le caratteristiche dei propri vini e dei prodotti del territorio e soprattutto maggiore consapevolezza delle straordinarie e uniche caratteristiche dei prodotti della nostra terra.

Alessandra Verzera 

Wine Up Expo 2019: cresce la Sicilia nel piatto. Ed anche nel calice.

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L'immagine può contenere: cielo, albero, pianta, spazio all'aperto e natura

Sono stati tre giorni molto intensi quelli che a Marsala hanno dato vita alla terza edizione di Wine Up Expo 2019, ospitata nel resort Villa Favorita, con i suoi splendidi e curatissimi giardini mediterranei carichi di meravigliosi sentori persino nel mese di novembre. Una kermesse unica per la Sicilia, nata dalla perseverante e caparbia volontà del patron Massimo Picciotto e che ha visto la partecipazione di centinaia di soggetti coinvolti a vario titolo in questa maratona enogastronomica di alto livello.  Tra le presenze, molti degli stellati siciliani, tra cui Ciccio Sultano, Accursio Craparo e Tony Lo Coco.

picciotto e chef

Innumerevoli e tutti di altissimo profilo gli appuntamenti in calendario: dalle Master Class degli chef siciliani blasonati, al concorso enologico Venere Callipigia – di cui vi racconterò nei prossimi giorni –  alle visite guidate tra la storia e la tradizione di Marsala con i suoi landmarks e con uno dei suoi tanti prodotti di eccellenza; quel vino liquoroso che della città porta il nome e che necessita di nuova linfa e di nuovo rilancio. Non soltanto perchè è un pezzo di storia siciliana, non solo perchè è una DOC, ma perchè lo merita: il Marsala è un vino spettacolare.

Mi piace parlarvi  in prima persona di questo evento perchè sono abbastanza orgogliosa di averne fatto parte  in qualità di membro della giuria mediatica del concorso culinario  La Medusa, con il coordinamento dello chef Paolo Austero, accanto a nomi del gotha della critica enogastronomica italiana: Edoardo Raspelli, che della manifestazione è stato anche il testimonial, che si è improvvisato anche cantante talentuoso . Edoardo Raspelli, alla testa della giuria mediatica,  non necessita di troppe presentazioni.

L'immagine può contenere: 2 persone, tra cui Giò Ingrassia, persone in piedi

C’erano anche Tommaso Farina, uno dei palati migliori d’ Italia che si autodefinisce ” un goloso impenitente cercatore di cose buone“, Alessandra Meldolesi, una delle critiche gastronomiche più influenti d’ Italia e raffinata “penna” per Reporter Gourmet, ed Antonella De Santis, penna di punta di Gambero Rosso, attenta conoscitrice di ogni novità in campo enogastronomico.

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Poi c’ero io, unica rappresentante regionale,  e me la sono goduta veramente tutta in un’atmosfera rilassata e piacevole. L’assaggio, le valutazioni, il voto: tutto è stato trattato con il massimo della serietà e della professionalità, malgrado l’atmosfera festaiola un po’ distante dal rigore consueto dei concorsi. Dalla sensazione olfattiva all’apprezzamento della gamma organolettica, passando per tutto ciò che costituisce e decreta un grande piatto, inclusa la presentazione. E di grandi piatti ne abbiamo degustati davvero tanti, scanditi da un servizio impeccabile fornito da uno stuolo di camerieri di sala sotto l’egida di Gionatan Caruso.  In linea generale è stato molto impegnativo estrapolarne quattro da una serie di trentasei, tutti realizzati da cuochi e chef professionisti. Ma i voti, praticamente unanimi, tra quelli della giuria mediatica e quelli della giuria tecnica con alla testa il presidente Antonino Fratello, – chef al Marriott di Roma –  hanno messo d’accordo tutti., decretando il miglior menù di questa edizione

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Quattro sono stati infatti i vincitori  : uno per ogni categoria in concorso, e cioè antipasti, primi piatti, secondi piatti e dessert.  Le caratteristiche predominanti hanno parlato, come sempre, di territorio e di identità: non a caso uno dei piatti in concorso che ha poi vinto nella categoria antipasti, si chiama “ 68 km“. Tanti sono infatti i chilometri che lo chef Riccardo Cilia, chef del Tocco d’Oro di Comiso (Ragusa),  percorre per reperire tutti gli ingredienti necessari alla realizzazione della sua preparazione: sgombro crudo, burrata, pomodoro, pane di Tumminia. E naturalmente nulla esce dalla Sicilia nè si allontana troppo dal luogo di origine dello chef. Il risultato è un piatto sano, sincero, ottimo, bilanciato, equilibrato, decisamente piacevole e convincente. Nulla di mirabolante, nessuna trovata ad effetto: pesce, pomodoro, in un connubio felicissimo che ha saputo regalare sensazioni importanti lasciando un “ricordo” appassionato al palato, tra consistenze e sentori da godere appieno. Un giovane, Riccardo Cilia,  al quale auguro di percorrere una lunga strada, ben più lunga di quei 68 km che lo hanno portato alla vittoria in questa occasione.

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Ed il primo piatto che si è aggiudicato la palma del migliore tra quelli in concorso narra ancora una volta una storia consueta, molto tipica della Sicilia e del meridione d’ Italia dei tempi passati : la bontà estrema della cucina povera, fatta di pochi ingredienti – spesso di risulta –  fatta per appagare i sensi facendo i conti con economie sovente misurate. L’inventiva delle nonne, delle mamme e delle zie; la necessità che diventa virtù. Così nascono i piatti poveri della tradizione che poi vengono rielaborati e riproposti in chiave moderna per assurgere a piatti gourmet e divenire patrimonio ed eredità di ogni regione. Come nel caso degli gnocchi di pane cotto e patate su ristretto di matalotta su croccante di pesce spada alle mandorle. Anche in questo caso un gioco di consistenze e di contrasti ben giocato e sapientemente assemblato: il giusto grado di tutto a creare un blend assolutamente gradevole. Ancora una volta vince la memoria dei giorni passati, forse un ricordo d’infanzia e di campagne assolate. Nino Buscaino, chef dell’Agriturismo Vultaggio, ci ha raccontato questa storia antica; e questa storia ci è piaciuta moltissimo.

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Non a caso un altro piatto “antico”, storico, tradizionale, è arrivato in vetta al gradimento delle giurie: Francesco Bonomo, con il suo “volevo essere matarocco”  si è piazzato al secondo posto, nella categoria dei primi piatti. Le votazioni sono chiuse, il concorso è finito ed i giochi sono fatti e quindi, a questo punto, posso svelare la mia preferenza: a questo piatto, che ho reputato soave, sublime, come una carezza sui ricordi del cuore, io ho dato il massimo dei voti. Nella mia valutazione, questo è il piatto che mi ha conquistata totalmente, già dalla prova olfattiva.  E devo al mitico Edoardo Raspelli la scoperta di tutte le scoperte nell’ambito di quella cena e di quella serata: quello che mi era sembrato un pomodorino e che avevo messo da parte senza gustarlo era in realtà uno scrigno di assoluta bontà. “Non mangi il pomodorino?Aprilo e poi mi dici” – mi ha suggerito Raspelli. E quel pomodorino finto, ma bello tanto da sembrare vero, celava uno squisito pesto di mandorle. Un piatto delicato, armonico, sentimentale, che mi ha riportata ad un’ infanzia che è stata ricca di gusti cremosi e nappanti. Tuffare la pasta ripiena, perfettamente eseguita, in quella salsa densa è stato un momento di grande appagamento per me. Ricordo che il mio primo commento a caldo è stato : ” Chi me ne porta altri dieci?“. Nessuno, purtroppo, me li ha portati : ma è un piatto che desidero rivivere e godere nuovamente al più presto. Credo che coppia migliore di primi piatti non sarebbe stato possibile premiare, sia per le caratteristiche intrinsecamente organolettiche, sia per ciò che entrambi rappresentano: la memoria storica della cucina di una volta. L'immagine può contenere: cibo

Il secondo piatto che si è aggiudicato il primo posto è disarmante nella sua essenzialità. Ancora una volta riecheggia nella mente una frase che in sole tre parole racchiude il senso di molte cose: less is more. Pochi ingredienti, tutti con un ruolo di primo piano, tutti ben identificabili e con una propria dignità, ma tutti a comporre un piatto straordinario, pulito, scevro da orpelli ed escamotages inutili. Niente voli pindarici nè liste di decine di componenti. Questo è il “trucco” : un secondo piatto addirittura persino umile nella sua veste spoglia, che si dichiara per ciò che è senza dare modo ad alcuno di rovistare, analizzare, ricercare, interpretare, ipotizzare. Dalla felice mano di Rocco Pace – chef di Crik & Crok a San Vito lo Capo –  esce così questo piatto. Un’ombrina in doppia cottura su zabaione di patata all’acciuga, “cavuliceddu” ripassato e bottarga. E basta. Cinque elementi, solo cinque: per firmare un piatto di successo.

 

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Ed infine, faticosamente ma piacevolmente, siamo arrivati in fondo al menù con il dessert. Non il mio preferito, e lo dico in favore della coerenza che distingue sempre le mie scelte e le mie opinioni. Una cheese cake al cannolo e ricotta al Passito di Pantelleria  che ha avuto la meglio su altri dolci molto più tradizionali ma forse, e proprio per questo, fin troppo carichi specie a chiusura di una cena importante ed estremamente articolata. Non hanno vinto il cioccolato,  la pasta reale, le ricotte eccessivamente dolcificate, i multistrato esasperatamente carichi. Ha vinto un dessert splendidamente presentato, che non ha bombardato le papille nè impastoiato il palato. Un dolce “quieto” senza clamori, nitido e, soprattutto, in quantità abbordabile anche dopo un ampiamente conseguito senso di pienezza.  Un dolce misurato, calibrato, fatto per essere ” dolce ma non troppo”, ma con i suoi elementi identitari ben delineati e presenti: pistacchio, guscio di cannolo siciliano, ricotta. Ce lo ha presentato Vito Carlo Filingeri.

Con un  parterre de roi di cuochi, piatti, ospiti  ed espositori, da qualunque punto di vista la si guardi, questa manifestazione – e ben al di la dei premi e dei piatti – è destinata a lasciare un segno importante nella cultura gastronomica ed enoica della Sicilia ed un ricordo indelebile in ogni visitatore. Ma non soltanto vino e cibo. Voglio ricordare che i premi consegnati ai vincitori sono dei manufatti artigianali realizzati da un’azienda  artigiana del ferro che opera proprio sul territorio marsalese, le Officine Genna.

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Una nota particolare merita la conduzione delle serate, affidata alla brava e bella Vittoria Abbenante, volto e voce noti dell’emittenza radiofonica locale –  in tandem con lo chef Paolo Austero –  ed all’intrattenimento musicale affidato alla Shalom Music Band.

E così si spengono i riflettori sulla terza edizione di Wine Up Expo, con una promessa certa: l’appuntamento al 2020.

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Alessandra Verzera 

 

Wine Up Expo 2019 : stasera la cena conclusiva

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E’ arrivato alla terza serata, quella conclusiva, il concorso culinario La Medusa; uno dei momenti clou di Wine Up Expo 2019 in corso a Marsala nel bel resort Villa Favorita.

Domani, domenica, nel corso di un sontuoso pranzo di beneficenza, verranno annunciati i vincitori delle quattro sezioni in gara: antipasti, primi piatti, secondi piatti e dessert.

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Con la cena conclusiva di questa sera, che vedrà impegnati altri dodici chef che si aggiungono ai  ventiquattro che si sono già esibiti nelle due serate precedenti, si concluderanno anche le votazioni da parte delle giurie di cui quella critica, capeggiata dal giornalista enogastronomico e conduttore Edoardo Raspelli,  ha visto allo stesso tavolo i nomi più prestigiosi della critica gastronomica italiana: Alessandra Meldolesi, Antonella De Santis, Tommaso Farina e Alessandra Verzera, unica giudice siciliana che in un certo senso ha anche fatto da padrona di casa rappresentando ai colleghi provenienti da altre regioni d’Italia, le tipicità della gastronomia isolana. Niente che i giornalisti non conoscessero già molto bene, ma che in questa occasione è stato rappresentato in chiave rivisitata, rimanendo tuttavia fortemente aderente alla tradizione.

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Moltissimi appunto gli chef in gara e tantissimi, e molto diversi tra loro, i piatti presentati: dodici portate per ogni cena accompagnate da altrettanti vini attentamente selezionati.

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E’ stata un’esperienza significativa ed estremamente interessante ” – ha detto Alessandra Verzera.  ” Per me in modo particolare è stato un vero piacere conoscere de visu personaggi di grosso calibro che conoscevo già tutti, ma solo di firma. Considero questa esperienza un vero arricchimento, sia sul piano professionale che personale. Ma è stato molto interessante anche scoprire tanti chef siciliani, davvero talentuosi, che fino ad oggi non avevo avuto modo di conoscere. Certamente c’è chi ha fatto meglio, chi un po’ meno, e stasera tutto potrebbe essere ancora sovvertito: ma tutti, indistintamente, viaggiano ad un livello piuttosto alto e sebbene ci sarà da proclamare dei vincitori in realtà non ci sarà nessun perdente, proprio perchè il livello è abbastanza elevato. Sono particolarmente contenta di aver visto gareggiare tante donne, che hanno esternato un entusiasmo ed uno spirito competitivo davvero coinvolgenti.  Non così spesso in Sicilia si realizzano eventi di tale portata, ed un ringraziamento particolare in tal senso va all’organizzatore Massimo Picciotto, presidente di Sicilia Pro Events, che per mesi si è speso senza esitazione per la buona riuscita di un evento unico nel suo genere“.

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Nel corso delle due giornate trascorse non sono mancati momenti interessanti di spettacolo, di folklore e di tradizione con vari allestimenti nello splendido atrio di Villa Favorita, purtroppo in parte funestati da una pioggia inattesa. Oggi è atteso un numero molto consistente di visitatori per quanto riguarda il salone espositivo che ospita una rosa di produzioni di eccellenza del territorio siciliano, mentre la cena di gala è sold out ormai da giorni.

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Domani, appunto, tanta emozione nel corso del pranzo di beneficenza cui farà seguito la proclamazione dei vincitori.

Alessandro Lo Iacono 

 

Foto: Alcuni dei piatti in concorso.

Editoriale. Quando Michelin riscrisse la storia della pizza Marinara.

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Il “caso” è scoppiato, more solito, in rete.  Qualcuno ha postato due foto tratte dalla guida Michelin, che da poco annovera tra le proprie scelte anche le pizzerie. Si parla della storica pizzeria “da Michele“, di Napoli. Un locale molto conosciuto e largamente apprezzato, tappa praticamente obbligatoria di qualsiasi turista che ami quel disco di pasta, quell’emblema di assoluta semplicità, che è universalmente più conosciuta persino del tricolore italiano.

Ma cosa è successo? E’ successo che la pizza Marinara sia stata descritta come “seafood” pizza, e cioè ai “frutti di mare”. La domanda che molti lettori, me inclusa, si sono posti è semplice e disarmante: come si fa a giudicare la pizza se non si conoscono le origini, la tradizione, la storia della pizza? Come si può definire  “ai frutti di mare” la pizza  Marinara di epoca borbonica,  nata secondo fonti attendibili nel 1734, che non ha mai previsto alcun frutto di mare – nè altre tracce di prodotto ittico?

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«Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite con lo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di mozzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle , ec. Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone.»

Questo ci racconta Francesco De Bourcard: ma Michelin ci racconta una storia diversa, rivisitata, praticamente riscritta. Ci racconta però anche di una pizza che certamente non ha assaggiato da Michele: e questa è la cosa davvero grave.  Ma vogliamo prendere in considerazione il fatto che quel “seafood”  potesse voler intendere la traduzione di  “marinara” in inglese? No: Marinaro/a in inglese si dice Seafaring: Seafood in italiano significa solo “frutti di mare”, quindi un prodotto ittico.

Anche a volerci mettere questa pezza, la pezza non c’è.

Ma allora, dove potrebbe stare  il fondo di verità? Potrebbe stare nella pizza “moderna” In alcune pizzerie, specialmente del meridione, la pizza “alla” Marinara prevede l’aggiunta di cozze, vongole, calamari, gamberi a volte anche del tonno in scatola. A volte addirittura il salmone affumicato. Ma non è certo questa la pizza Marinara di cui si parla nella guida, e di certo non di questa pizza “alla” Marinara che ci piace leggere, nè tantomeno quella che troveremo da Michele.

marinara michele

I “minimizzatori” professionisti che pullulano in rete faranno due cose: o, appunto, minimizzeranno l’accaduto considerando lo svarione come qualcosa di veniale, oppure – abbastanza verosimilmente – contesteranno parola su parola. Perchè di norma accade proprio così. Pochi si prenderanno la briga di andare a guardare sul sito della storica pizzeria napoletana e pochi, dunque, sapranno cosa viene servito in quella pizzeria, con un rispetto deferente e rigoroso della tradizione e della storia stessa. Ma quando a contribuire al diffondersi dell’ignoranza è una delle più blasonate guide al mondo allora dispiace sempre un po’ di più.

Alessandra Verzera 

La foto di copertina è la Marinara della pizzeria Da Michele, a Napoli.

Wine Up Expo, Marsala 2019. Intervista a Massimo Picciotto, patron dell’evento.

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Manca ormai meno di un mese al taglio del nastro della terza edizione di Wine Up Expo;  il  “villaggio globale” che per 4 giorni – dal 7 all’11 di novembre prossimi – vedrà Marsala protagonista insieme ad uno dei resort presenti sul territorio, Villa Favorita, che ospiterà in grande armonia espositori, visitatori, giurie. Un vero e proprio tourbillon di personaggi di primo piano del mondo del food & wine. Una full immersion di buon gusto in una cornice decisamente gradevole.

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Massimo Picciotto, patron di Sicilia Pro Events ed organizzatore di Wine Up Expo, ha in mano bei numeri.

Picciotto, siamo alla stretta finale: stanco ma felice?

Assolutamente si ad entrambi gli stati. Pensare che soli quattro giorni di evento necessitino di una cosi lunga e certosina preparazione non è pensabile per i non addetti ai lavori, ma la consapevolezza che si sta facendo qualcosa di importante che potrebbe veramente essere un valido
contributo alla promozione della Sicilia e delle sue eccellenze mi e ci rende sicuramente felici.

Ci parli un po’ di numeri: che affluenza si prevede in questi quattro giorni densi di appuntamenti?

Io non amo in genere gli exit poll si figuri se mi sento di fare previsioni sul nostro evento…sarei sicuramente di parte. Quello di cui posso semmai parlare sono i numeri già consolidati: 50 le aziende produttrici di vere eccellenze dell’enogastronomia siciliana in expo, oltre 150 Chef coinvolti nell’evento fra quelli in gara i vari assistenti e i Big con le loro Master; tutte e 10 le ultime aziende produttrici storiche del Vino Marsala, bandiera e simbolo nel mondo delle produzioni enoiche siciliane, ben dodici Bartender siciliani, i migliori del settore in gara nel concorso Mixology, tre cene di gala superlative con la possibilità di ospitare 140 persone alla volta… questi sono i numeri di cui adesso mi sento di parlare, e poi che sia chiaro la nostra non è una sagra, una festa di paese in cui l’importante è il numero di presenze, noi puntiamo molto di più alla qualità dei nostri ospiti.

Quali saranno i momenti clou aperti al pubblico che visiterà la kermesse?

Aperta al pubblico sarà tutta la manifestazione, quindi con la possibilità di visitare e godere di tutto quello che si proporrà. Chiaramente un contributo chiederemo per le eventuali degustazioni, e non mi riferisco a quelle che faranno fare le aziende espositrici : quelle  saranno assolutamente free. Mi riferisco piuttosto alla possibilità di degustare ogni sera i piatti in concorso oppure i fantastici cocktails creati proprio per la nostra manifestazione, tutti assolutamente siciliani anche nella scelta delle materie prime impiegate; e faccio riferimento pure alla possibilità di godere del nostro salotto grappa sigaro cioccolata, zona in cui si potrà godere del massimo relax approfittando del fumo lento dei sigari proposto dall’unica azienda siciliana che li produce la FM di Federico Marino, insieme alla blasonata cioccolata di Modica della Antica Dolceria Rizza di Modica,  sorseggiando dell’ottima grappa riserva delle Distillerie Bianchi.

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Wine Up è per molti ma non per tutti e le aziende partecipanti sono state selezionate con rigore. Quali sono stati i suoi parametri di scelta?

La scelta delle aziende partecipanti è stata proprio come dice Lei lunga e difficile.  Il nostro obiettivo era proprio quello di ricercare autentiche chicche nella produzione di eccellenze siciliane; le aziende sono state tutte cercate e volute dal nostro team che ha fatto una minuziosa cernita. Dai caseifici produttori di nicchia quali ad esempio il caseificio Cucchiara di Salemi produttore del famoso presidio Slow Food la “vastedda del Belice” o la piccola ma eccellente azienda agricola Augello di Castrofilippo che produce una pasta secca artigianale realizzata con solo grano di farina “perciasacchi”, ma abbiamo pure il Consorzio di Tutela delle Arance di Ribera autentica eccellenza nelle produzioni agricole siciliane, la rinomata ed apprezzatissima Fragola di Marsala la “Marsalina” rappresentata dalla cooperativa Bufalata che è stata la prima in assoluto a far sviluppare tale produzione nel nostro territorio come vede per ogni produttore presente saprei raccontarle una storia.

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Ci sono ancora spazi di partecipazione disponibili?

Ormai non più, sarebbe una tragedia; ormai tocca soltanto ai winelovers , agli “enogastronauti” partecipare e godere di quel che di buono abbiamo cercato di fare.

Questa rigorosa selezione riguarda anche il settore che a noi di Scelte di Gusto più interessa: il cibo, i cuochi, gli chef, il concorso gastronomico. Quali sono le toques che si sfideranno con piatti a sorpresa?

Guardi senza timore di smentita credo proprio che questo sia il settore che meglio ha risposto, ed è proprio dalle berrette bianche che ci aspettiamo il vero trionfo, che possa essere la locomotiva di tutti gli altri comparti ad esso strettamente legati. Del resto a cosa servirebbe il vino se non ad accompagnare un buon pranzo ? Mi chiede delle toques in gara, posso dirle che per me sono tutti dei fuoriclasse non cito nessuno perché diversamente dovrei elencarli tutti; quello che mi sento di affermare è una sola cosa il livello medio è veramente alto, e sicuramente fra di loro c’è più di un nome che potrebbe senza difficoltà ambire alla tanto agognata stella, mi riferisco chiaramente alla Stella Michelin.

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Naturalmente altrettanto selezionate sono le giurie, con nomi veramente blasonati del panorama enogastronomico nazionale ed internazionale: alcuni non necessitano di alcuna presentazione – parlo di Edoardo Raspelli – peraltro testimonial dell’evento,ma chi sono gli altri?

Sono  tutti dei grandi calibri, inizio citando per prime chiaramente le donne partendo in ordine alfabetico dalla Antonella De Santis giornalista di redazione del Gambero Rosso, le sue recensioni vengo considerate delle vere e proprie pietre miliari della critica enogastronomica, Alessandra Meldolesi modenese di adozione, ha iniziato la sua carriera nel mondo del cibo proprio dalla cucina, come dice Lei era una cuoca nella brigata di Ferran Adrià, poi ha deciso invece che cucinarlo il cibo parlarne ed oltre a scrivere per “La Madia”, per “Reporter Gourmet” etc ha al suo attivo una decina di libri che parlano appunto di cibo. Ultima donna in giuria ed unica siciliana presente,  una vera esperta della cucina siciliana e delle sue origini e tradizioni, la quale avrà l’ingrato compito di far da mediatrice con gli altri componenti la giuria e la tradizione appunto siciliana:  parlo del suo Direttore, Alessandra Verzera. Concludono la giuria mediatica, Edoardo Raspelli appunto, Tommaso Farina, la penna libera di “Libero” ed il grande Andrea Grignaffini per i più uno dei più grandi palati al mondo.​

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Oltre alla giuria critica anche quella tecnica, con altri nomi roboanti del panorama stellato siciliano e non: due nomi per tutti…

Il Top fra i Siciliani Ciccio Sultano, e quello che io stimo molto come persona, semplice e gentile, Claudio Ruta. Spero che gli altri amici stellati presenti non si offendano per l’imbarazzo in cui mi ha messo con questa domanda.

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Oltre al buon cibo ed al buon vino ci saranno anche momenti di spettacolo ed intrattenimento?

Grazie per la domanda;  è una cosa a cui tengo molto. Noi, io, amo molto la Sicilia e cerco in tutti i modi di promuoverla in tutte le sue grandi sfaccettature, anche quello dell’arte della cultura e quindi dello spettacolo; in occasione di Wineup Expo 2019 ci saranno diversi momenti di
spettacolo tutti rigorosamente made in Sicily; ad iniziare dalla cerimonia di apertura giovedi sette novembre che vedrà la rappresentazione di un breve spettacolo ideato e prodotto dalla nostra squadra di scenografi e direttori artistici che sarà una vera perla e di cui non svelerò alcun segreto, per finire con la giornata conclusiva in cui, cogliendo l’occasione di festeggiare l’estate di San Martino, il nostro villaggio globale di cibo e vino aprirà i battenti sin dalle 10,00 del mattino e avremo l’esibizione di alcuni grandi artisti siciliani; Mario Barnaba clown giocoliere palermitano presidente regionale dell’associazione che accomuna gli artisti di Strada siciliani con il suo spettacolo per grandi e piccini, La Drepanum Dixie Band la più famosa delle band siciliane di questo genere di Jazz appunto il dixie jazz che ha origini lontane in America Latina, ma che svolgendosi notoriamente in forma itinerante potrà rendere gioiosi i viali del favoloso complesso in cui ci ritroveremo. Non poteva mancare poi il più classico e rinomato degli spettacoli della tradizione siciliana “L’Opera dei Pupi” . Il maestro puparo sempre palermitano Vincenzo Mancuso con il suo teatro rievocherà le gesta di Orlando Rinaldo e della dolce Angelica ed ancora l’Associazione Draconistrarum di Erice la più nota e blasonata di Sicilia metterà in scena un autentico combattimento con le spade “vere” in abiti medievali rigorosamente siciliani.

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Come si fa per visitare Wine Up Expo? Ci si deve munire di un pass, di un ticket, di un accredito?

No, basta raaggiungerci a Marsala in via Favorita presso il resort Villa Favorita.  L’ingresso è gratuito.  Chi invece vorrà prendere parte alle cene di gala o alla festa di chiusura di domenica 10 novembre chiaramente dovrà prenotare per tempo anche attraverso la nostra pagina facebook dove è disponibile il link per fare online le prenotazioni.

Alessandro Lo Iacono 

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Carbonara con la panna? Si grazie : va bene anche una puntina di aglio

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La  notizia gira da alcune ore sui social e riguarda la più discussa e dibattuta pietanza italiana: la carbonara. La notizia che gira riporta la pagina di un libro di testo in uso ad un non meglio specificato istituto alberghiero, che insegna agli studenti come preparare  la carbonara. Con la panna, con l’aglio e il burro.

carbonara libro

Sono questi i giorni del ripieno di pollo nei tortellini: paradossalmente di ripieni di pollo vi è traccia nei testi storici della cucina, andando a ritroso fino al XIV secolo, per cui una tale scelta oggi potrebbe essere accettabile ancorchè arcaica. Ma, i gastronomi modaioli per i quali ogni rivisitazione è possibile ed anzi auspicabile, sulla carbonara sono spietati: “ Non è neanche un piatto storico!” – tuonano – ” Non ha neppure cento anni, esiste da mezzo secolo si e no e voi puristi la fate troppo lunga sulla questione”. Questo dicono quelli delle alchimie che, però, dibattono per ore sugli spessori – e conseguenti provenienze –  della cotoletta: se milanese, se viennese e via discorrendo.

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Se possa essere fritta nell’olio in luogo del burro e che, naturalmente, dinnanzi all’olio si stracciano le vesti. D’accordo, diciamo che i critici hanno le loro simpatie in fatto di alimenti. La carbonara evidentemente è invisa a molti.  La cosa abbastanza triste, a questo punto, è che non si potrà neanche più contare sulle giovani leve per mangiare un piatto di carbonara “tradizionale” ( lungi da me definirlo ” storico”!).

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A  questi giovani viene insegnato come usare la panna con il ruolo che, in effetti, ha sempre avuto, e cioè ovviare, correggere. Non ci interessa quale sia il libro nè in realtà quale sia l’istituto in questione: quello che ci interessa è capire per quale ragione si desideri sgretolare persino la tradizione gastronomica italiana. Lotte senza quartiere contro l’ Italian Sounding,  ma giornalisti umiliati e cacciati in malo modo solo per aver omaggiato un americano di un pezzo di parmigiano, tortellini ripieni di pollo, discussioni infinite sulla macellazione Halal ed infine – ma non da ultimo – il libro che insegna a demolire dei piatti classici, aprendo la via alle Fettuccine Alfredo o agli Spaghetti Meatballs. Certo, perchè no?  Notoriamente la carbonara “estera” è fatta con la panna, il bacon, il parmesan cheese, e quindi perchè non portare sulle tavole italiane la cucina italo americana?. Ma si, ma in fondo a chi serve tutto sto Made in Italy?

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Globalizziamo, livelliamo, allineiamo: mangiamo i nostri piatti come li mangia il resto del mondo. Sapete? Ieri ho deciso di provare la mitica Amatriciana usando di base  un ottimo soffritto di cipolla: era buonissima, con una spinta in più davvero irresistibile: che vogliamo fare? Vogliamo sdoganare anche l’ Amatriciana con la cipolla?

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Vogliamo farci una bella Gricia con un bel prosciuttino cotto soffritto nel burro ed un filino di panna per legare bene il tutto? Grassi su grassi, perchè no…? Si perchè è così che si mangiavano i tortellini alla panna negli anni 80, con il prosciutto cotto fritto nel burro, ed è così che si mangiano ancora all’estero. E quindi perchè non tornare indietro infischiandocene allegramente delle tradizioni ma anche degli aspetti della nutrizione legati direttamente alla salute?Panna ovunque, panna comunque: una eccessivamente demonizzata panna adesso parte  alla riscossa.

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E’ il momento della panna: e di tanti italiani che si fanno beffe di uno dei loro patrimoni più importanti ( ed anche redditizi) , la gastronomia, e di sè stessi, sventolando come bandiere da un’opinione all’altra seguendo lo sciame, la moda, la voglia di stupire e di stupirsi. Ben presto sarà la volta della besciamella, facciamocene una ragione.

Alessandra Verzera

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Editoriale. A Palermo quel profumo di caffè che svanisce dopo le 18.00

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Napoli e Palermo, le grandi città del Regno delle due Sicilie, condividono molto in tema gastronomico. Ma condividono anche il piacere unico di una tazza di caffè. A Napoli e a Palermo non occorre precisare ” ristretto” quando si ordina un espresso, e se lo  si fa si rischia di alludere al fatto che sia normalmente troppo “lungo”. A Napoli e a Palermo il caffè è un must, ad ogni ora del giorno e della notte.caffè-espresso

A Palermo, però, non è più così. A Palermo sta infatti  prendendo piede  la moda del “coprifuoco” ed il caffè – in svariati locali – non viene più servito al tavolo, ma soltanto al banco. Muore lentamente quindi l’idea della caffetteria, in buona sostanza.

Ma perchè succede? Perchè in molti bar della città è esplosa la moda degli aperitivi, apericena o aperiqualsiasicosa.

Dalla necessità stringente di fare cassa, spesso con offerta di prodotti meno che mediocri, nasce il malcostume, la mala creanza, talvolta la totale ineducazione, di alcuni gestori; che allontanano senza troppa diplomazia il malcapitato cliente che volesse osare prendere un caffè servito al tavolo: magari anche con un dolcetto, con una bottiglietta di acqua minerale.

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Il tutto a fronte di aperitivi spesso a prezzo fisso, che costano mediamente non più di 5/8 euro. Ora, a di la dei meri conti della serva per cui in un caffè, un dolcetto ed una bottiglietta d’acqua, c’è senza dubbio un margine di utile maggiore  rispetto ad una bevanda e ad un piattone di cibo scadente, la vera domanda è: dove sono finite le caffetterie? Ma ci si potrebbe anche chiedere dove sia finito il buonsenso in un clima di omologazione per cui tutti devono consumare in batteria le stesse cose, e dove sia finita la cura verso il cliente.

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E’ capitato a me personalmente, di essere praticamente rintuzzata assai maleducatamente da un gestore che esibiva con orgoglio le proprie scelte aziendali, ed è capitato a miei amici: nel centro di Palermo non si può occupare un tavolo per gustare un caffè dopo le 18.00.

E’ un’assoluta assurdità, stante che almeno uno di questi locali – quello dal quale per poco non sono stata cacciata – ha per ben due volte nel suo nome la parola “Caffè”.

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Ma è un caffè con restrizioni, con clausole vessatorie. E poco importa se ci si aggiunge ad un tavolo di clienti che stanno già consumando ” secondo le direttive”: la regola del “no caffè” non conosce deroghe. Se ti aggiungi, ti omologhi al resto del tavolo. Punto e basta.

Se non lo fai puoi ricevere due inviti: quello di consumare il tuo caffè al banco o, in alternativa, di lasciare il locale. Niente in contrario rispetto all’ormai noiosa consuetudine dell’ “aperitutto”, ma niente in contrario neanche rispetto alla cara, vecchia tazzina di caffè: ed allora, perchè non aprite locali  “dedicati” alla massificazione, ai ciuffi di insalata, ai pugni di verdure pastellate dalla busta dei surgelati, dei salumi e dei formaggi del discount, dei quadrotti di pizza plastificata,  e non lasciate in pace chi incautamente leggendo sulla vostra insegna ” Bar Caffè” pretenda di consumare il “nero e bollente”?

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Che poi, diciamocelo francamente: il caffè con il pasticcino è ormai roba da èlite, in una città in cui tutti vogliono mangiare sempre di più e sempre meglio spendendo sempre meno. Un andazzo ormai consolidato che sta lentamente devastando la ristorazione, con un proliferare incontrollato di orde di critici esperti, di recensori competentissimi formatisi alla scuola dei vari gruppi sui social  che promuovono a pieni voti  i locali a basso costo, stroncando la vera buona cucina di locali nei quali, abbastanza verosimilmente, non hanno mai neanche messo un solo piede, ma che recensiscono perchè è sempre meglio darsi un tono.

 

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Tralasciando questo dettaglio, sono davvero pochi i Bar convertiti a refettori in cui il cibo servito – rigorosamente su taglieri in legno spesso in pessimo stato –  sia di qualità accettabile.  In linea di massima, tra gestori di bar e ristoratori, è un gioco al ribasso che da ragione a chi cerca di mangiare sempre di più spendendo sempre di meno. Sul “sempre meglio” però casca l’asino. E si assiste impotenti a menù da 25 portate venduti a 15 euro, fino a che il competitor di turno non riuscirà ad offrirlo a 14. Ed è così che il palermitano medio sciama da un locale all’altro, contando le portate, gli assaggini, comparando, misurando. Una bolgia infernale in cui diverse saracinesche si abbassano ogni giorno per non riaprire mai più.

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A Palermo manca una ceffetteria degna di questo nome, così come manca una vera sala da Te, con tutti gli annessi e i connessi: in compenso abbondano i taglieri seriali e le Bakery altrettanto seriali con dolci quasi sempre uguali, chiaramente acquistati presso gli stessi fornitori.  A Palermo, in poche e succinte parole, manca l’eleganza e si sta perdendo il senso del gusto, oltre che della misura.  Manca quell’eleganza che si respirava dietro le vetrate del mai dimenticato Roney, ad esempio, in cui il caffè o il the erano un rito di raffinatezza, e dove l’aperitivo erano delle piccole ed impareggiabili tartine e mandorline glassate.

Palermo è diventata gastronomicamente brutta, pasticciona, raffazzonata, inelegante.

A quando un’auspicabile inversione di tendenza in cui i Bar Caffè tornino a servire il caffè e i ristoranti a servire cibo degno di questo nome?

Nel frattempo, e a breve, la lista dei bar in cui il caffè al tavolo viene servito entro e non oltre specifici orari.

 

Alessandra Verzera

 

Disclaimer:

le foto sono di archivio o reperibili in rete. Ad eccezione della foto di “Roney”, nessuna delle immagini adoperate si riferisce agli esercizi citati nell’articolo.

 

 

 

 

I Pupi di Bagheria: la tradizione elevata ad eccellenza.

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Quando innovazione, tecnica e creatività decidono di unirsi ma di rimanere comunque fortemente legate alla radice regionale e tradizionale, può capitare di chiamarsi Tony Lo Coco, e di avere un ristorantino con una stella Michelin nella periferia di Palermo. Precisamente a Bagheria. Il legame forte con l’origine è già consegnato in modo permanente al nome del locale, I Pupi.

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Con i suoi circa 22 posti, estendibili a non più di 28, I Pupi è un piccolo scrigno alquanto noto ed apprezzato: condotto dal patron chef Tony, dalla moglie Laura Codogno e da una squadra minuscola composta da un ragazzo “speciale” ed un altro giovane  originario della Guinea, incredibilmente preparato e di gentilezza notevole, oltre che munito di uno sguardo attentissimo: prim’ancora di accorgermi che il mio tovagliolo fosse scivolato a terra, lui me ne aveva già portato un altro con tanto di vassoio. Dettagli che fanno le differenze.  Il modo migliore per conoscere la “mano” di uno chef – specie se premiata – è scegliere un percorso degustativo. Per questo motivo noi scegliamo il menù innovativo di sette portate, alle quali abbiniamo un ottimo bianco di casa Planeta.

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Ogni portata viene accuratamente spiegata da Laura, la quale indica anche il modo più idoneo per gustarla, come ad esempio nel caso del piatto di crudi di pesce: una vera e propria declinazione di mare, di olii e di sali del mondo. La gamma organolettica si arricchisce in un crescendo che culmina negli ultimi due assaggi, più sapidi, più intensi e più pieni rispetto alla delicata dolcezza dei  gamberi con i quali si inizia il percorso. La qualità della materia prima è ovviamente eccellente.  Il tutto ha perfettamente senso.

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Ma prima ancora del piatto dei crudi di mare ci era stato servito lo street food: nessuna “follia” rispetto alla rivisitazione delle nostre panelle e delle tanto care arancine, se non nella presentazione originale in finger. Delizioso.

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Subito a seguire, una gamma di sfiziosità assolutamente accattivanti che, oltre a colpire l’occhio, destano una immediata curiosità: dal mini cartoccio e al cannolicchio con ricotta salata, al finto peperone ripieno, passando per la finta melanzana anch’essa farcita, per finire con il piccolo ” coppo” di mare, la cui cialda è veramente ragguardevole.

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Ma la trovata più ardita e contemporaneamente più riuscita, è senza dubbio lo spaghetto di tonno in salsa di bottarga e perla di yuzu. Difficilmente mi spendo in elogi al tavolo, ma questo piatto l’ho definito sublime, perchè tale è.  Meravigliosa l’idea dello spaghetto, che altro non è che tonno e non uno spaghetto “al” tonno. Si mangia esattamente come fosse pasta, dopo averlo mescolato alla sua salsa. Al palato genera emozione ed un’esplosione di sapori impossibili da descrivere. Dopotutto, per alcuni, la perfezione sembra essere un concetto semplice: molto meno semplice è spiegarla. Credo che questo piatto potrà contribuire significativamente all’assegnazione di una seconda eventuale  stella.

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Non meno interessante, ma a mio parere meno emozionante, il raviolo liquido all’anciova con un topping costituito da una lamella di acciuga e crumble di pane. Anche li, una spiegazione tecnica e dettagliata suggerisce di fare un sol boccone di ogni raviolo, per evitare la fuoruscita del sugo contenuto al suo interno. Ottimo, sapido al punto giusto e cottura della pasta perfetta: e non è scontato, quando si parla di paste ripiene, dato che il timore che si possa disfare lasciando fuoruscire il ripieno, induce molti chef ad un’eccessiva prudenza che risulta in involucri eccessivamente callosi, spesso poco gradevoli.

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Notevole poi la ricciola su salsa ai tre pomodori. Carni sode, compatte, tenere, perfette ed – ancora una volta – una sapidità ottimale bilanciata in modo esemplare dai toni aciduli ma stemperati del pomodoro. Un piatto semplice, alla portata di tutti i palati e pienamente soddisfacente.

Altro assaggio che mi ha particolarmente colpita è stato il bon bon di seppia con salsa al tardivo di Ciaculli e gelato di ricci di mare. Da mangiare con le mani, secondo le indicazioni della signora Laura, per gustare immediatamente dopo  il conetto di gelato.

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Difficile, molto difficile, descrivere ciò che in un piatto rappresenta e condensa anni di studio della materia prima, degli abbinamenti., di una certa filosofia del cibo Persino una realizzazione è difficile da spiegare, così come è impossibile indicare il grado di compiacimento del palato. In questo, ma un po’ in tutti i piatti di Lo Coco, c’è principalmente uno studio attento. Un aspetto complesso che poi al palato si rivela semplice, fortemente identitario, legato indissolubilmente al prodotto locale, lavorato, ripensato e presentato al meglio del suo potenziale. E’ l’emozione il sentimento che è davvero  impossibile descrivere, ma che ci si può limitare a tentare di trasferire agli altri usando le parole e le immagini.

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Anche la mitica pasta con i tenerumi è qui servita in zuppa di aragosta, con frutta secca, con il classico spaghetto spezzato di produzione propria. Un piatto che porta ricordi ed un senso di “passato” per l’incredulità di gente che non vive in Sicilia, che mai comprenderà come si possa – nel corso delle lunghe e torride estati siciliane – consumare una zuppa, una minestra, un piatto caldissimo, che si gusta  con “amore e sudore”.

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E così arriviamo al pre dessert a base di gelato di birra e spuma di limone. Il contrasto di sapori rimette in ordine le papille, preparandole al dessert vero e proprio che è solo ed esclusivamente a base di limoni. Pan di Spagna, crema, limone. La freschezza che sgrassa e che rimette a posto le cose. Per finire, un buon caffè accompagnato da piccola pasticceria secca è la giusta chiosa ad un pranzo eccezionalmente gradevole.

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In conclusione, I Pupi di Tony Lo Coco è un locale di cucina creativa profondamente legata alla tradizione ed al prodotto locale di eccellente qualità, gestito amabilmente dai proprietari, ma poco adatto a gruppi o ad eventi con numerosi partecipanti. Cautela per i clienti con ridotta mobilità poichè  il locale non è facilmente accessibile. Per le sue ridotte dimensioni non lo vedo particolarmente adatto a famiglie con bambini.

Unica nota “dolente” è la privacy  molto ridotta dato che, appunto, i posti sono pochi e le dimensioni della sala sono ridotte. Per la stessa ragione, le pur interessantissime spiegazioni dei piatti, può capitare di ascoltarle più e più volte durante il corso del pasto.

Il conto è assolutamente in linea e perfettamente adeguato alla qualità dell’offerta gastronomica e del servizio.

 

Alessandra Verzera

 

Scheda: 

Patron e Chef  : Tony Lo Coco

Maitre: Laura Codogno

Coperti: > 30 (in) –  NA (out )

Range:  Alto

Categoria: Ristorante Gourmet

 

Ranking (*)

Location: 3.5

Cibo: 5

Carta Vini: 5

Presentazione: 4

Servizio: 4

Mise en place: 4.5

Atmosfera: 4

Allestimenti: 4

(*) Legenda :

1 = pessimo
          2 = scadente
          3 = sufficiente
         4 = ottimo
            5 = eccellente.

 

 

 

 

 

Wine Up Expo 2019: a Marsala per una tavola degna di un Re

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Si preannunciano fastose e regali le cene di gala in programma a Marsala, ogni sera tra  il 7 ed il 10 di novembre prossimi nell’ambito della prestigiosa manifestazione ” Wine Up Expo 2019″, che giunge così alla sua terza edizione.

Logo WineUp

Un vero parterre de Roi di chef di altissimo livello, ben 12, che faranno “uscire” per pochi fortunati ospiti, una cena a 24 mani costituita da 12 portate. Una festa per gli occhi ancora prima che per il palato, dunque, e senza dubbio un unicum.

 

picciotto

Un progetto impegnativo, organizzato meticolosamente: mettere in cucina 12 chef, tutti insieme appassionatamente, non è cosa di ogni giorno.  Ma così ha voluto Massimo Picciotto, patron di Sicilia Pro Events ed  organizzatore della manifestazione Wine Up Expo 2019 , di cui queste cene  rappresentano solo uno dei tanti momenti importanti della tre giorni marsalese. E siccome è meglio abbondare ed esagerare in bellezza, questo momento celebrativo del gusto, dell’alto professionismo e della cucina di alta classe, avrà luogo ogni sera. Sarà quindi possibile prenotarne una, o godere di tutte, dato che le cene sono aperte al pubblico previa prenotazione e fino ad esaurimento dei posti disponibili.

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Ma chi ci sarà ai fornelli? Nomi blasonati, come detto, e noti non soltanto al pubblico siciliano. Tutti si sottoporranno poi al giudizio di due giurie: quella degli chef con Ciccio Sultano, due stelle Michelin, Accursio Craparo, una stella, Tony Lo Coco, una stella,  e diversi altri come Claudio Ruta, stella già dal 2010, Patrizia Di Benedetto – la lady chef stellata del Bye Bye Blues di Palermo,

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E poi Francesco Arena, panificatore top class, con uno dei panettoni più premiati d’ Italia.  Antonino Fratello, chef della catena Marriott, e Emanuele Massari, il cantore della pasticceria siciliana, con i suoi aneddoti legati al mondo della pasticceria. E ci sarà  anche il service di Gionatan Caruso, quel service che, tra gli altri, ha realizzato le nozze di Chiara Ferragni e Fedez, ma anche di molti altri vip. La sala ai massimi livelli, dato che un’ottima cucina perde tanto senza un altrettanto ottimo servizio di sala.

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Grandi nomi anche nella giuria critica composta da giornalisti e critici enogastronomici: Edoardo Raspelli, Tommaso Farina, Andrea Grignaffini, Alessandra Meldolesi, Antonella De Santis e Alessandra Verzera, unica giornalista di settore siciliana in giuria.

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Poi, su tutti, Chicco Cerea, tre stelle Michelin, ospite d’onore della manifestazione.

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Il menù delle cene è  al momento top secret, ma prevede tre di tutto: tre antipasti, tre primi, tre secondi, tre dessert. Un parterre di enologi e sommelier di rilevanza nazionale inoltre curerà gli abbinamenti dei vini.  Al momento è top secret anche il costo di ogni cena,  ma qualcosa trapela sempre ed anche nelle migliori organizzazioni si allarga qualche maglia , e quindi – relativamente a chi cucinerà, a cosa e quanto verrà servito, all’eccellente servizio, all’ambientazione altamente suggestiva, il costo a persona diventa meramente un contributo.

Più avanti saremo in grado di farvi conoscere i nomi dei componenti della brigata d’eccezione ed anche le portate previste, in anteprima

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Ma non mancherà il Concorso Enologico, Venere Callipigia, con svariate etichette in gara,  con al tavolo dei giurati Gianpaolo Giacomelli, Roberto Gatti, Antonio di Spirito, Riccardo Viscardi , Stefania Vinciguerra, Jennifer Delaloca, Renato Rovetta,  Teodoro Sdroulias, Lorenzo Colombo, Francesca Fiocchi,  Michele Shah, Fosca Tortorelli. Tutti sotto l’egida del noto connoisseur  del panorama enologico internazionale e sommelier Ais Luigi Salvo, direttore del concorso.

E poi corners espositivi, momenti degustativi, spettacoli, seminari,  intrattenimento, prodotti di nicchia e di eccellenza : insomma un villaggio globale dedicato al food & beverage nell’idilliaca cornice del complesso Villa Margherita, partner dell’iniziativa.

marsala

Oltre una ventina, inoltre,  le testate accreditate e i giornalisti provenienti da ogni parte d’ Italia.

La richiesta di informazioni può essere inoltrata al seguente indirizzo mail : info@wineupexpo.it

 

Alessandro Lo Iacono

 

 

Lo chef stellato Paolo Gramaglia firma il nuovo Ristorante Sacha a Messina

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Un vento di novità soffia sull’alta ristorazione messinese. Un progetto tutto nuovo sta per essere avviato nella città dello Stretto. Il protagonista è lo stellato Paolo Gramaglia, executive chef e patron del ristorante President di Pompei, che firma il nuovo Ristorante Sacha sito nel cuore della città di Messina, in via Nicola Fabrizi 15, a pochi passi dalla centralissima Piazza Cairoli, il “salotto buono dei messinesi”.

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Fare felici le persone con il cibo è il fine ultimo del lavoro di ogni chef. In mezzo c’è tanto sacrificio, passione, amore, studio e ricerca. Partendo da questo concetto, lo chef stellato Gramaglia – attraverso un lavoro lungo e rigoroso, è diventato artefice della rivoluzione in casa Sacha dove l’opera di rinnovamento è stata globale. Si parte dalla cucina e dai nuovi piatti che puntano a stupire, emozionare, travolgere il commensale. Anche l’ambiente è stato completamente rinnovato.

Il restyling, infatti, ha interessato l’intero ristorante che aprirà al proprio pubblico mercoledì 11 settembre 2019. Uno stile tutto nuovo dove la purezza del bianco racconta l’eleganza di un progetto condiviso con la famiglia Innocca. Il locale brilla di luce nuova, lo stile è raffinato ed elegante. Dalla cucina a vista si potrà ammirare e seguire il lavoro certosino della brigata di cucina guidata dallo chef messinese Nunzio Di Amico che, dopo varie esperienze in rinomati ristoranti cittadini, ha accolto con grande entusiasmo il progetto di rinascita del ristorante Sacha.

Paolo Gramaglia ha curato ogni aspetto dell’ambizioso progetto, seguendo personalmente la ristrutturazione del locale, la formazione degli chef e del personale, la scelta dei nuovi piatti.Nel nuovo concept di cucina, la tradizione gastronomica italiana verrà interpretata in modo creativo. Si parte dalle radici che non vanno mai dimenticate, senza inventare nulla. Si lavora per regalare al commensale un “viaggio di tempo senza tempo” attraverso la storia, la cultura e la gastronomia del Bel Paese. La parola d’ordine è sottrarre per moltiplicare, un concetto innovativo che Paolo Gramaglia sta portando avanti da tempo nel suo ristorante di Pompei, nella consapevolezza che sottraendo qualche elemento si esaltano le sensazioni di piacere dei piatti.

Messina resta al centro del progetto ed è fonte di ispirazione per il nuovo menù. Alcuni dei nuovi piatti – come “La Lupa” resteranno iconici perché puntano ad emozionare. Lo chef campano è rimasto affascinato da quel fenomeno unico che si può ammirare a occhio nudo dalle sponde siciliane e calabre. Con l’arrivo del primo caldo sui mari che circondano lo Stretto di Messina scende una nebbia fitta che prende il nome di Lupa. Da questo spettacolo suggestivo nasce l’ispirazione dello chef che ha creato un piatto assolutamente geniale, dove protagonista è la cozza messinese dei laghi di Ganzirri, strettamente legata alla tradizione gastronomica cittadina.

Sono molto felice di questo nuovo progetto che vede la mia presenza a Messina. La mia idea di cucina al Sacha – ha affermato lo chef Paolo Gramaglia- è quella della contemporaneità intesa come porta di accesso dalla quale la tradizione passa per diventare futuro. Il nuovo Sacha è un ristorante luminoso, sobrio ed elegante, con un servizio attento e pronto a prevenire i desideri degli ospiti, con una cucina entusiasmante, capace di far viaggiare i commensali nello spazio e nel tempo con i suoi piatti”.

Dal canto suo, lo chef messinese Nunzio Di Amico è entusiasta per questa nuova esperienza in cui sarà affiancato dallo chef campano. Proprio nei giorni scorsi, Di Amico è rientrato da una visita al President di Pompei e ne è rimasto totalmente affascinato. Gramaglia, con la sua nuova brigata capitanata dallo chef Di Amico, porterà l’alta ristorazione a Messina.