Scopro Riccardo Ghironi per puro caso, parlando e girovagando di cucina. Sui social vedo immagini straordinarie, ma non lo conosco, non ne ho mai sentito il nome. Un cattivo pensiero mi attraversa la mente, ma vedo che tutti gli si rivolgono con deferenza e lo chiamano Maestro. Ma vedo anche che lui si schernisce continuamente definendosi ” cuochetto”. Ed allora il mio dubbio cresce: ma no, non trovo le immagini sul web carpite ad altri; tutte le realizzazioni, di cui alcune davvero eccezionali, sono davvero sue. Che però…
Ghironi, in un mondo di sovraesposti – specie in questo settore – lei sta abbastanza nelle retrovie. Come mai?
Beh , ho sempre considerato il mondo della cucina come un films, come uno show . Ognuno ha il suo posto , la sua mansione, il suo ruolo . Alcuni sono protagonisti o vogliono esserlo , a me invece piace pensare di essere il regista , un po’ come Francis Ford Coppola :ha fatto dei grandi films, ma stando sempre dietro alla macchina da presa , e mai davanti…
Nel suo curriculum appare chiaro che ha girato il mondo in lungo e in largo, praticando quindi ogni tipo di abitudine alimentare e i più disparati ingredienti: è giusto definire la sua cucina “internazionale”?
Si , mi piace scoprire l’ingresso te nuovo, e capire o sapere come si fa ad usarlo, ma non mi sono mai distaccato dalla mia tradizione , la tradizione della Cucina Italiana. Ci metto un pizzico di invenzione, ma la tradizione paga sempre .
Lei è di origine Toscana, quindi proviene da una regione con una solida e vasta tradizione enogastronomica peraltro conosciuta ovunque: cosa rimane oggi nella sua cucina del Ghironi di Bagnone?
Ecco, questo e’ un punto molto importante. Si io sono toscano , di Bagnone, ma Toscana del Nord in provincia di Massa Carrara Al confine con la Liguria, e l’Emilia Romagna , e questo mi ha dato tanto. Ho imparato a fare la pasta fresca con l’influenza dell’Emilia Romagna a Nord , il pesce, con la Liguria a Ovest , la carne , la frutta e la verdura , dalla Toscana. E’ stato un punto molto importante da non sottovalutare. Di Bagnone porto dietro tanto, i valori, le mie abitudini, la mia storia, le mie esperienze , la mia vita I miei ricordi.
“Private Chef”; ci racconti. E’ un’esperienza che intende ripetere? Chi è il cliente tipo di uno chef privato del suo livello?
Si, continuo a farlo . E nato tutto in questi anni in Asia . Un cliente mi ha chiesto se fossi disponibile a cucinare solo per lui e pochi altri e così – concordati il prezzo e gli ingredienti- gli ho affittato il ristorante. Da li poi le cose sono nate e cresciute piano piano, e così siamo andati avanti. Non c’è’ un cliente tipo , la clientela e’ molto varia, mi sono capitate persone normali , con una vita normale , ma anche dottori, avvocati, attori, cantanti, sceicchi…Poi con il passa parola e’ diventato un lavoro.
Si dice che ogni chef abbia i piatti “del cuore”: i suoi, se esistono, quali sono?
I miei sono quelli poveri, quelli della tradizione , della Lunigiana dove sono nato e cresciuto , quelli della mamma e della nonna, sapori imbattibili , un ricordo che inebria ancora le papille gustative e i ricordi.
I suoi ingredienti preferiti? Quel “tocco da maestro”?
Amo la pasta fatta in casa, ma mi piacciono anche i secondi e i dessert. Cerco di saper lavorare qualsiasi ingrediente mi capiti per le mani, per una mia conoscenza personale.
Non sono un Maestro, e neanche mi ci sento in quella posizione lì , mi sento ancora un alunno, ma un alunno curioso, questo si!
Ho visto primi, secondi e con mia grande sorpresa dessert da lasciare a bocca aperta: ma lei, in fondo, cosa preferisce realizzare?
Mi piace dare libero sfogo con qualsiasi ingrediente, che però deve andare di pari passo con la tradizione, in questo modo, riusciamo a valorizzare tutti gli ingredienti , anche quelli più poveri. Mi piace molto la pasticceria, anche se non sono un pasticciere. E’ un mondo a parte : ma ho avuto anche dei Maestri Pasticcieri , dai quali ho imparato tanto, e che mi hanno dato tanto.
Lei ha una mission, ben oltre la fama che non ricerca affatto, che è quella di “comunicare il cibo”, di insegnarlo in un certo qual modo. Si può imparare a mangiare bene e a scegliere il meglio senza che ciò costi una fortuna?
Si, sì puo’ . E penso che sia quello il lavoro più difficile di noi “ Chef” insegnare, non solo ai ragazzi che lavorano con noi, ma anche ai clienti , come mangiare e far capire loro cosa stanno mangiando, perché ogni ingrediente ha una sua storia da raccontare. Si possono fare dei bellissimi piatti e si possono mangiare dei buonissimi piatti, senza spendere una fortuna.
C’è una tappa futura nel suo diario di viaggio, a breve scadenza?
Al momento vista la situazione dovuta al virus, non ho preso impegni con nessuno. Ho declinato tante offerte, e ho passato la palla ad altre persone. Al momento ho deciso di aprire dei nuovi concetti di food; idee che avevo già da tempo ma mai avuto il tempo necessario per svilupparle. In questi mesi , ci siamo messi a tavolino e discusso di progetti.
Il mondo sta cambiando e dobbiamo seguirlo ed evolverci insieme a lui. Altrimenti rimarremo tutti indietro.
Alessandra Verzera















Un evento rivoluzionato per adattarsi alle nuove esigenze di sicurezza dettate dal Covid che, grazie alle nuove tecnologie, permetterà a un’ampia platea di spettatori, in Italia e nel resto del mondo, di appropriarsi delle chiavi di lettura per leggere le crisi climatica, economica, sociale, sanitaria e alimentare che stiamo vivendo e comprendere, grazie all’intervento di esperti, quali strade possiamo percorrere per costruire un futuro migliore, per l’umanità e il pianeta.
David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, che mette in evidenza la grande sfida che abbiamo davanti, nella possibilità di progettare un’Europa più verde, più equa, più digitale che implicherà un cambiamento profondo degli stili di vita, dei consumi, della produzione, nonché della vita quotidiana delle persone.
Alle 17 a dare il via ai lavori sarà la prima delle grandi Conferenze Nuove geografie e possibili futuri: la conferenza inaugurale. La geografia è la scienza che più di tutte ci permette di leggere il mondo che ci circonda. Ma per leggere la realtà con lenti nuove è necessario abbandonare confini politici e bandiere per focalizzare l’attenzione sulla terra, i suoi ecosistemi, le relazioni fra gli esseri umani e la natura.
Franco Farinelli, già professore ordinario di Geografia dell’Università di Bologna e docente presso le Università di Ginevra, Los Angeles, Berkeley, e alla Sorbona di Parigi, autore del saggio L’invenzione della Terra;
Paul Collier, direttore dell’International Growth Centre (IGC), centro di ricerca economica con sede presso la London School of Economics, e autore dei saggi Il futuro del capitalismo e L’ultimo miliardo. Perché i paesi più poveri diventano sempre più poveri e cosa si può fare per aiutarli;
Virginie Raisson, analista in relazioni internazionali, specializzata in geopolitica prospettiva, direttrice del centro studi francese Lépac, e autrice dell’Atlante dei futuri del mondo.
Nel giorni successivi andranno on line sulla piattaforma gli altri format dell’evento digitale.I Forum, l’essenza del grande incontro internazionale della rete Slow Food: produttori delle Comunità e dei Presìdi, cuochi, attivisti ed esperti che si confrontano su tematiche legate ad agricoltura, alimentazione, sostenibilità, biodiversità e modelli produttivi. Quest’anno, i forum sono organizzati intorno ai quattro ecosistemi, per mostrare come essi abbiano fragilità simili e, quindi, simili e condivisibili siano le possibili soluzioni. I forum sono organizzati in forma di webinar e per partecipare è necessario registrarsi.












Ad inquadrare nell’attuale momento storico il valore di questa rivoluzione è stato Mario Calabresi, il giornalista e scrittore, autore del progetto editoriale Altre Storie, con cui i curatori hanno avviato una riflessione sul tema dell’Informazione ai tempi del Covid: «Avete avuto la lungimiranza di trasformare un ripiego in un’opportunità. Infatti, prima in cantina ci andavate solo voi, adesso ci andiamo tutti. Possiamo permetterci di visitare una cantina molto distante da noi, avere il privilegio di ascoltare la voce del produttore, scoprire cosa c’è dietro al bicchiere che tutti possiamo degustare. Il curatore avrà perso un pezzo del suo percorso, ma da quest’anno voi avete regalato un’esperienza altrimenti impossibile anche per gli appassionati di vino. Avete regalato il viaggio, una storia fatta non solo dei caratteri della guida, ma anche di immagini e parole. E lo avete fatto entrando a casa delle persone, nelle loro vigne e nelle loro cantine. Adesso non si torna indietro, e il prossimo anno alle visite dei curatori in cantina dovete aggiungere anche l’esperienza virtuale per i vostri lettori».
E non è tutto. «Slow Wine non è solamente una guida, ma un progetto che coinvolge tutta l’associazione ed è l’espressione dei valori di Slow Food attraverso il mondo del vino. È per questo che Slow Wine non si ferma con la pubblicazione della guida, ma raggiunge i soci e gli appassionati sia attraverso il web che direttamente sui territori» sottolinea Daniele Buttignol, amministratore delegato di Slow Food Promozione Srl SB.
Tutti i vini premiati, inoltre, ottengono il riconoscimento di Top Wine. Tra questi, inoltre, si distinguono i Vini Slow, le etichette che oltre a essere eccellenti per valore organolettico, sono in grado di emozionare, raccontare la storia di un territorio, essere un riferimento per la categoria o esemplare per una cantina, e i Vini Quotidiani, ovvero le migliori bottiglie in Italia vendute a scaffale, nelle enoteche, entro i 12 euro.




