Gianni Minà, il “baffo” più noto del giornalismo italiano goloso delle sarde a “beccafico”

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Quest’oggi alla nostra tavola ospitiamo un personaggio assai noto al pubblico televisivo, malgrado ormai da oltre un decenno, così com’è lo stesso ci ha confessato “faccio parte di quella schiera di giornalisti epurati dalla Rai”. Un personaggio a “tutto tondo” anche per suo aspetto fisico. Aggiungiamo quindi un posto a tavola e facciamo posto al “grande” Gianni Minà.

E’ sicuramente una delle “icone” del giornalismo televisivo non solo italiano, ma anche internazionale. Chi non ricorda la sua memorabile intrevista “fiume” durata oltre 16 ore al presidente di Cuba Fidel Castro nel 1987? Oppure il suo incontro con Muhammad Alì? Non solo giornalista, ma anche scrittore e documentarista.

 

Gianni Minà è nato a Torino il 17 maggio 1938 ed ha origini siciliane, di Castelbuono in provincia di Palermo, dove è nato e vissuto il nonno Vincenzo funzionario delle Ferrovie che si trasferì agli inizi degli anni Trenta proprio nel capoluogo piemontese. Minà ha iniziato la sua carriera nel 1959 come giornalista sportivo al quotidiano “Tuttosport” di Torino di cui divenne poi direttore dal 1996 al 1998.

 

Il suo esordio in Rai risale al 1960 quando collabora con la prima rete in occasione delle Olimpiadi di Roma. Numerosi i suoi reportage e le interviste ai personaggi sportivi dell’epoca nel rotocalco televisivo “Sprint” diretto da Maurizio Barendson a a “Tv7”, “Az”, “Odeon”, “Dribbling”, “Gulliver”. E’ stato insieme a Maurizio Barendson e Renzo Arbore ideatore e fondatore della striscia “L’altra domenica”. Ha raccontato in tv la grande boxe, così come ha realizzato in quattro puntate la storia del “Jazz”.

 

Autore e conduttore della trasmissione di Rai Due “Blitz” che, ogni domenica  pomeriggio metteva in vetrina personaggi del mondo dello spettacolo, dell’arte, della cultura, della musica. Memorabili le sue interviste a Federico Fellini, Eduardo De Flipppo, Massimo Troisi, Robert De Niro, Jane Fonda, Enzo Ferrari, Gabriel Garcia Marquez.

 

Nel 1991, ha realizzato anche il programma “Alta Classe” con una serie di profili di grandi artisti quali Ray Charles, Chico Buarque de Hollanda, Pino Daniele, Massimo Troisi. Nello stesso anno ha pure presentato “La Domenica Sportiva”. Indimenticabile anche la lunga intervista a Diego Armando Maradona. Oggi, incredibilmente “fuori” da tutti i giochi della tv nazionale, Gianni Minà edita e dirige la rivista letteraria “Latinoamericana e tutti i sud del mondo”, un trimestrale di geopolitica dove scrivono gli intellettuali più prestigiosi del continente americano.

In carriera ha ricevuto numerosi premi: ricordiamo il “Premio Saint Vincent” come miglior giornalista televisivo dell’anno, consegnato nel 1981 dal Presidente della Repubblica, Sandro Pertini e nel 2007 ha pure ricevuto il “Premio Kamera” della Berlinale per la carriera. Si tratta del più prestigioso riconoscimento al mondo per documentaristi.

Gianni Minà, qual è il suo rapporto con la cucina? Di amore ed odio?

“Non direi di amore ed odio. Per carità. Io mangio soltanto verdure e formaggio. Sono quasi condannato a mangiarli…”.

Ma ci sono altri cibi che a lei piacciono e che evidentemente non fanno parte della sua dieta quotidiana?

“Mi piace tantissimo il pesce quando è fresco e lo preferisco preparato al forno, anche al cartoccio, con un bel contorno di patate. Ma non solo pesce, ma anche le polpette di melanzane come le sapeva preparare mia madre e le sarde a beccafico, il tortino di sarde ca’muddica come li apostrofava mia mamma”.

Si considera un mangione?

“Macchè… Mangio poco perchè devo rispettare una dieta. Devo stare attento perchè ho avuto qualche problemino di salute adesso, rispetto al passato mangio moltissima verdura e poco formaggio perchè è uno dei cibi che mi piacciono di più al mondo, ma devo contenermi. Anche se sono corpulento io non mangio molto. Evidentemente c’è qualcosa di sbagliato nella mia dieta, mangio qualche cibo particolare che, alla fine, mi fa ingrassare”.

Quali sono i tipi di formaggio che le piacciono più rispetto ad altri?

“MI piace qualunque formaggio, di qualsiasi regione italiana o estera. Particolarmente, quelli a pasta morbita quali lo stracchino, gorgonzola, taleggio, montasio”.

E quelli siciliani, dove li mettiamo?

“Sono buonissimi, ma molto grassi. Quando sono venuto per la prima volta a Castelbuono, nella terra di mio nonno Vincenzo, mi hanno quasi fatto “abbuffare” dei formaggi tipici: pecorino, tuma, primosale, caciocavallo. Ho assaggiato anche la ricotta fresca: davvero una prelibatezza sopraffina”.

Allora parliamo di Gianni Minà ed il suo rapporto con la Sicilia…

“Io ho un buon rapporto con la Sicilia ed in particolar modo con Castelbuono, la città che ha dato i natali al mio nonno paterno, Vincenzo Minà. Proprio due anni fa, il sindaco Mario Cicero, mi ha pure conferito la cittadinanza onoraria ed io vado davvero fiero di sentirmi ancora nel profondo del mio cuore un castelbuonese, benchè io sia nato a Torino. Mio nonno Enzo era un funzionario delle Ferrovie dello Stato è morì nel 1944 durante i bombardamenti che si abbatterono su Torino e distrussero anche gli uffici ferroviari. Era venuto su da Castelbuono perchè allora quelli che lavoravano al Sud venivano inviati al Nord e quelli del Nord inviati di conseguenza al Sud. E nonno prima fu trasferito ad Asti e poi a Torino dove morì come detto tragicamente sotto i bombardamenti”.

Suo padre quindi è nato in Piemonte e sua mamma di dov’era?

“Si, mio padre nacque ad Asti e poi si trasferì con mio nonno a Torino. Mia mamma, invece, era di Messina. Faceva l’insegnante ed era state anche lei trasferita a Trieste. Si trovava a Torino per una gita scolastica e lì conobbe mio padre e fu grande amore. Ed io quindi ho sangue siciliano da due parti: sia dalla parte di nonno Enzo che da quello di mamma”.

Oggi il rapporto con Castelbuono è ancora indelebile, forte?

“Io ero stato una volta sola a Castelbuono oltre una quindicina di anni fa, invitato a partecipare ad una edizione del famoso Giro Podistico internazionale e andai con mia figlia Marianna. Non posso dimenticare mai l’accoglienza che mi fecero i castelbuonesi. Poi, sono stato di nuovo nel luglio del 2009 quando ricevetti la cittadinanza onoraria. Ho assistito ancora una volta alla gara di podismo ed ho ammirato la festa in onore della Patrona Sant’Anna. Castelbuono è una cittadina stupenda, unica nel suo genere”.

Ritorniamo a parlare di cucina. Cosa ricorda della cucina tipica siciliana, avendo vissuto con il nonno di Castelbuono e con la mamma di Messina?

“Quello che ha inciso di più è stata mia mamma. Io ricordo come se fosse ancora ieri e, per me rappresentano, l’olimpo della cucina siciliana per la loro prelibatezza: le polpette di melanzane e le sarde a beccafico. Sono questi i due piatti che non potrò mai dimenticare. Fanno parte di me, della mia infanzia, adolescenza ed età matura”.

Gianni Minà ed i dolci? Quali sono quelli che preferisce di più. I siciliani come saprà, ci sono grandi pasticceri…

“Non sono goloso. Mi piacciono i gelati e quelli siciliani sono davvero sopraffini. Ho avuto la prova quando sono venuto due volte a Castelbuono. Poi nella mia tavola, ogni domenica non devono mai mancare i cannoli siciliani strapieni di crema di ricotta e con la cialda, la scorza croccantissima”.

E’ ghiotto quindi di cannoli?

“Ghiotto non direi. Li mangio, mi piacciono. Li acquisto ogni domenica vicino casa, in una pasticceria siciliana in via Igea a Montemario, dove io abito”.

Se volessimo mettere in cima ad una torre saracena un vassoio stracolmo di cannoli siciliani ed un servizio sulla boxe, magari dedicato a Muhammed Alì, chi gettereste giù?

“Io la mia professione di giornalista l’ho messa sempre davanti a tutto. Certe volte anche ingiustamenente a discapito della famiglia che voleva più presenza da parte mia. Io ho vissuto per la professione. Infatti, ho anche sofferto il fatto che da dodici anni sono epurato dalla Rai. Non sono stati soltanto Michele Santoro o Enzo Biagi… Gente come me, Italo Moretti, Vito Cortese, Enrico Deaglio. La testa in questi anni l’hanno tagliata a molti, compreso a me. Quindi dalla torre getterei, ma a malincuore i cannoli siciliani. Non me ne vogliano i miei quasi conterranei, ma io giornalista sono nato e giornalista morirò”.

Qual è oggi il messaggio che vuole lanciare ai siciliani, ai giovani della Trinacria?

“Ai siciliani vorrei dire di sentirsi più italiani e non solo cittadini della regione Sicilia. Una debolezza che ogni tanto si ha, specie per colpa dei politici siciliani”.

Ed il messaggio a Castelbuono, ai castelbuonesi?

“Ai castelbuonesi, ai miei ormai concittadini, di essere sempre così come sono, cioè una realtà quasi a parte rispetto alla tradizionale visione della Sicilia. Io a Castelbuono in quelle due occasioni in cui sono venuto ho sentito una grande aria d’indipendenza, di grande autonomia ed anche un modo di essere poco provinciali, di non chiudersi mai in se stessi”.

Antonio Fiasconaro

 

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