Tutti incollati davanti allo schermo per scoprire, tra l’incredulità generale, che per fare un uovo alla coque sono sufficienti tre minuti. Non capisco però perchè i master chef si fanno 48 ore di complimenti come se avessero fatto un colosseo di pasta frolla farcito con crema di ali dell’uccello del paradiso, che è un volatile realmente esistente e non un modo di dire. E poi ci voleva la regina della pasticceria australiana per spiegare come si setaccia lo zucchero a velo?
Per me, comunque, l’uovo più buono era quello appena sfornato, si fà per dire, dalla gallina del pollaio della zia Teti, bucato con uno spillo e bevuto con genuino piacere. E nessuno si complimentava con l’autrice di tale opera d’arte gastronomica.
Daniele Lo Porto