Si chiama Enzo Ninivaggi il giovane Chef pugliese che delizia i sensi degli ospiti nel ristorante del bell’ hotel in cui lavora. Legami forti con la tradizione della sua terra d’origine ma con un occhio verso l’internazionalità per una ricetta di sicuro successo. Per noi, uno “splendido ripiego” ed un “meraviglioso errore”.
Era il nostro primo giorno in quel di Bardolino in occasione della 45ma edizione del Vinitaly. Ci aveva accolti un caldo massacrante e la stanchezza del viaggio aveva fatto il resto. E’ stato così che la nostra ambizione di scorribande gastronomiche serali si era infranta miserevolmente su gambe gonfie e abbigliamento troppo pesante, facendoci optare per la scelta più comoda e più ovvia, che non fosse troppo distante dal letto in cui non vedevamo l’ora di farci una sana dormita: il ristorante dell’albergo. Chiamo la collega, boccheggiante nella sua camera, e con grande riluttanza annuncio la ferale notizia: ceneremo in albergo, un ripiego, una scelta obbligata. Né io né lei infatti avevamo mai avuto felici esperienze gustative in alcun ristorante di alcun albergo fino a quella sera. La notizia giunge anche al nostro Editore, che storce il naso. Si presentano a cena tre figuri che sembrano avere picchiato la faccia contro una vetrata: tutti e tre con nasi alquanto storti. L’unico pensiero che ci accomuna e ci conforta è che sull’appetito prevale di gran lunga la stanchezza e così ci sediamo pensando che butteremo giù qualcosa sapendo già che ne rimarremo delusi ma che domani sarà un altro giorno e ci rifaremo di sicuro. L’Editore dal canto suo dovrà poi sciropparsi due ore d’auto per rientrare a Milano, e non ci possiamo permettere di andare troppo per il sottile.
Tuttavia la sensazione iniziale appena entrati al ristorante è altamente positiva: un ambiente luminoso, arieggiato, con begli arredi e pieno di piante rigogliose ha un immediato effettivo distensivo. Nel giro di pochi minuti un piccolo stuolo si muove intorno al nostro tavolo parlando sommessamente: è il personale di sala, solerte e zelante, che apparecchia il tavolo ed elargisce sorrisi. Venia mo subito gratificati con un appetizer gustoso nella sua mediterranea semplicità: una moussettina di bufala su una coulis che altro non è che sugo di pomodoro fresco. Intanto gli occhi vanno su e giù per il Menu, in modo febbrile. Il menu infatti è intanto elegante nella sua struttura grafica, ed è anche ricco. Invitante, appetitoso. Ci predisponiamo bene decidendo di prendere a calcioni il pregiudizio e ci accorgiamo, già sbocconcellando panucci , grissini e focaccine, che forse la stanchezza non sovrasta poi più di tanto l’appetito. E dunque ordiniamo. Siamo in tre ed ordiniamo tutte portate diverse, deliberatamente.
Gli antipasti arrivano poco dopo: dal primo assaggio capiamo che non sarà affatto una cena da dimenticare perché, come saggezza popolare suggerisce da sempre, “il buon giorno si vede dal mattino”: e se quell’antipasto è il mattino non vediamo l’ora di arrivare al tramonto.
Io scelgo una mozzarella di bufala su purea di zucchine, la collega opta per un carpaccio di manzo al limone candito e l’Editore sceglie invece il petto d’anatra.Per tutti poi un piatto per scoprire cinque modi diversi per mangiare la mozzarella: appena iniziamo ad assaggiare il tutto, anche pizzicando gli uni dai piatti degli altri, capiamo che siamo dinnanzi ad una certa eccellenza. Ma aspettiamo i primi senza cantar vittoria.
Carbonara per me, pasta con ripieno al formaggio su letto di cipolle caramellate per l’Editore e nessun primo per la collega. Ma non sarebbe andata così, poichè li ci scappa l’errore: mi vedo recapitare un piatto che non avevamo ordinato. Dei ravioli con ripieno di pesce di lago e guazzetto di vongole che il cameriere stava prontamente per portar via scusandosi. Ma il profumo che quel piatto emanava ci ha indotti a tenercelo lo stesso: mai errore fu tanto squisito, con grande gioia della collega che non aveva voluto ordinare il primo.
Un errore piuttosto sarebbe stato rimandarlo indietro in cucina. Un piatto squisito, così come la pasta ripiena al formaggio dell’Editore. Supremo, come il resto e come ciò che doveva ancora venire, e cioè i secondi . Chateaubriand per due con salsa bernese, maialino al forno con caponatina, e branzino al vapore su dadolata di pomodori, cetrioli e pane tostato con un dressing al limone. E poi dolci: degustazione di cioccolata per me e zeppola su letto di crema allo yogurt con gelato di vaniglia per la collega; per l’editore invece plateau di formaggi con conserve di cui una all’arancia candita di una bontà commovente.
Il tutto accompagnato da un’ eccellente bottiglia di rosso veronese: Privilegia della cantina Lonardi, annata 2006. Emozionante. In quel ristorante siamo tornati la sera successiva ed abbiamo gustato altri piatti di alto livello coccolati anche da un servizio attento, puntuale ed impeccabile sotto ogni aspetto.Quello che doveva essere un “ripiego” si è rivelato nella sostanza un incredibile colpo di fortuna. Non capita spesso infatti – né mi capitava da molti e molti anni – di sedermi al tavolo di un ristorante e di gustare ed apprezzare le portate dall’antipasto al dolce senza mai trovare nulla da eccepire. Sensazione che ho condiviso con le altre due persone altrettanto esigenti che cenavano con me e che non provavano da molto tempo lo stesso grado di soddisfazione raggiunto quelle due sere in cui abbiamo cenato al ristorante dell’hotel Color. Quando il giorno della partenza alla reception mi è stato chiesto se avessimo gradito la cucina del loro ristorante ho detto che l’avevamo trovata eccellente. Una sorridente receptionist mi ha comunicato che ne avrebbe subito informato lo Chef, puntu alizzando che lavora con loro da pochissimo tempo: non ho trovato altro da dire che un laconico ma significativo “tenetevelo ben stretto”. Che è esattamente quello che penso. Ninivaggi è giovane ma straordinariamente bravo: non sarei affatto stupita se, fra qualche tempo, dovessi sentir parlare di lui come di uno Chef stellato. Ritengo – e non sono la sola – che ne abbia davvero tutti i numeri.
Alessandra Verzera