Quella Fontana di vino che dà il via al Carnevale di Venezia

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Perdersi a Venezia è un’esperienza molto usuale, la trama delle calli e l’intreccio di ponti, sottoporteghi e fondamenta rimane un mistero che il più delle volte non viene svelato nemmeno dai nomi incisi sui tipici “nissioeti”. Eppure oggi, districandosi con abilità da un campo all’altro, ogni tanto questa città misteriosa quanto affascinante ti lasciava un indizio, una traccia da seguire: la maschera (V.Le.)

Prima una, poi due, poi un’altra e un’altra ancora, sembrano indicare beffardamente la strada verso piazza San Marco, verso la Fontana di Vino che dà il “la” al Carnevale 2012, un evento che non ha di certo bisogno di presentazioni

Sono le 18 circa quando comincia il gioco di suggestioni e dalla fontana di piazzetta San Marco comincia a scorrere vino rosso. Sul palchetto allestito per l’occasione si alternano liriche di un tempo  ormai passato e delle meravigliose signore in tradizionali abiti d’epoca. Pochi, pochissimi attimi, e il rosso di quel vino comincia ad arrivare anche sui bicchieri per il tradizionale brindisi collettivo. Piovono coriandoli dal cielo, si spinge con impareggiabile metafora il presentatore con il naso all’insù. Non proprio, è nevischio, ma tant’è, impeccabile nel far vibrare le corde dei presenti. L’iniziativa, posta come simbolica inaugurazione della kermesse e disegnata dal capo scenografo della Scala di Milano, Angelo Lodi, oltre ad essere un’interessante momento di degustazione dei vini delle migliori cantine venete, rievoca l’immagine ottocentesca della cosiddetta “ombra del campanil”, una storia che affonda le sue radici nella Venezia di un tempo, quando piazza San Marco era un teatro a cielo aperto in cui ogni giorno andavano in scena mercanti, panettieri, rigattieri, giocolieri e ovviamente i forestieri venuti da lontano.

E poi c’erano loro, i mescitori di vino, che con bancarella al seguito, erano un punto di riferimento per il ristoro dei nostri figuranti in piazza di cui sopra. Il vino però andava tenuto all’ombra e, per sfuggire al sole cocente che faceva capolino sulla piazza, si studiò l’escamotage che divenne leggenda: girare imbracciando la bancarella alla ricerca di una zona d’ombra dove tener fresco il vino, seguendo il gioco di ombre dell’imponente campanile. Ecco che da lì a poco si consolidò un modo di dire entrato prepotentemente nell’uso comune e quotidiano, ovvero il vino diventò “ombra”, e tutt’oggi si può sentire in sottofondo un veneziano che propone di  andare a “bèver un’ombra de vin”. Nostalgie di un tempo andato, ma anche identità tradizionali ricche di orgoglioso folklore, in una piazza che oggi come ieri torna ad essere teatro di emozioni, di costumi, di divertimento spensierato dove, come diceva Goldoni in una sua poesia dedicata al carnevale veneziano, “ognuno va dove gli par”.  Perché, come recita il tema di quest’anno, “la vita è teatro, tutti in maschera”. E allora, benvenuto Carnevale.

Vincenzo Leone

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