La nostra scorribanda in territorio di Piana degli Albanesi ci lascia a tratti senza parole. E’ infatti difficile pensare che, in questo scenario simile ad un panorama prealpino, ci sia il mare solo ad una manciata di chilometri di distanza. Ed è difficile pensare che le conifere e le betulle si trasformino poco alla volta in altissime palme e macchie di Bougainville rosso carminio (A.Ve.)
Eppure è esattamente così. I muschi avvinghiati alle rocce sui fianchi della strada a valle diventano macchia mediterranea, e i funghi che crescono spontanei nelle zone più fitte della parte boschiva, sulla costa diventano sardine. Questa è nella sua estrema sostanza l’incredibile magia della terra di Sicilia: quell’essere un felice compendio di tutto ciò che gratifica i sensi e appaga l’anima di chi, girovagando, si trova proiettato in realtà diametralmente opposte tra loro sebbene accomunate più o meno dallo stesso dialetto. Questo vale ad esempio nel comprensorio madonita, dove il dialetto è pressoché identico a quello palermitano.
Io gli parlavo infastidendo la sua estatica contemplazione: lo compresi quando mi disse “ taci e ascolta il silenzio: sono queste pietre che ci parlano”. In una questione di frazioni di secondo capii quanto ciò fosse vero: la Magna Grecia, le vestali, i riti al tempio, gli sponsali e le cerimonie funebri…che glielo dicevo a fare? Era tutto, splendidamente, inciso su quelle pietre. E poi una signora di Milano che, dinnanzi alle meraviglie del Teatro Greco di Taormina e dell’inverosimile panorama che si dispiega sotto – la Baia di Naxos e la vetta dell’ Etna – si mise le mani nei capelli, quasi strappandoseli, gridando di commozione con lacrime che le colavano lungo le guance. Ero annichilita ma intimamente piena d’orgoglio. Ad un certo punto però lei disse: “ maledetti, voi che fate scempio di questi doni immensi!”.
Come darle torto, se non arrampicandosi sugli specchi? Non potei fare altro che annuire mestamente e consapevolmente. E poi un signore piemontese il quale, laconicamente e riecheggiando ciò che alcuni secoli fa Edoardo I d’Inghilterra aveva già detto a proposito della Scozia e degli scozzesi, sentenziò che il vero problema della Sicilia è l’essere piena di siciliani. Anche quello, con le dovute proporzioni ed eccezioni, è purtroppo vero: il siciliano pretende che la sua terra sia amata e rispettata dagli altri, ma poco la ama e ancora meno la rispetta in prima persona. E’ un problema atavico a cui non trovo motivazione né storica né sociologica; sta di fatto che è siciliano il palermitano che lancia sacchetti di spazzatura dal balcone o che lascia immondizie e resti di varia natura in giro se si sposta a fare un picnic.
Come è siciliano quello che deturpa le coste costruendo case orrende in stretto regime di abusivismo, o che piazza tende e tendoni sulle spiagge riducendole ad un bivacco, o che spezza le piante delle aiuole pubbliche per portarsele a casa. E’ siciliano quello che frantuma la statua commemorativa di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: giusta chiosa ad una serie di comportamenti indegni.
E tutto questo il mondo lo sa.
Alessandra Verzera