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Editoriale. Tripadvisor e quelle strane recensioni

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lercioCi risiamo. A cadenza quasi regolare si torna a parlare di Tripadvisor, il controverso sito di recensioni protette dalla riservatezza e dall’anonimato in cui chiunque può creare un account usando un nome di fantasia e sparare a zero, ovvero magnificare, ristoranti, locali, alberghi e strutture ricettive di ogni genere. Il sito ha un suo regolamento ed un codice di norme comportamentali al quale invita l’utenza a conformarsi. Tuttavia le falle non sono infrequenti. Anzi.  Ma prima di parlare di fatti, vediamo di individuare qualche segnale che aiuti a smascherare le recensioni false, in un senso o nell’altro. E’ ovvio e persino superfluo specificare che molte recensioni negative possono essere frutto della concorrenza, dell’invidia professionale ed anche a volte personale, e che possono essere alimentate da motivi di risentimento tra i più disparati. Parallelamente le recensioni eccessivamente positive, ma di solito anche piuttosto brevi, possono essere “regalate” alle varie strutture da amici e parenti, se non addirittura dagli stessi titolari e dipendenti. Questa è una condotta che Tripadvisor – almeno sulla carta – scoraggia e stigmatizza.  Una recensione quasi sempre originale è corredata di foto relative ai piatti descritti; meglio ancora se tra le foto compare anche lo scontrino, ricevuta fiscale, fattura. Normalmente è rilasciata da recensori di categoria superiore, dunque con decine se non centinaia di recensioni approvate all’attivo. Molto difficilmente un recensore che abbia rilasciato una sola review è autentico: si tratta spesso di account falsi creati ad hoc per andare a danneggiare, o far scendere di graduatoria nel ranking generale relativo alle singole località, una struttura “pericolosa” ai fini della concorrenza.trip Su Tripadvisor di questi “mono recensori” ve ne sono veramente tanti. Il lettore che sappia discernere, dopo qualche giorno di pratica, riconosce immediatamente le recensioni false, proprio in virtù delle caratteristiche sin qui esposte. Allo stesso modo riconosce quella autentica, perchè doviziosa, precisa, puntuale e corredata di immagini fotografiche incontrovertibili. Meglio ancora quando l’account del recensore è legato ad un profilo ” social”: in questo caso di specie infatti il recensore cessa di essere anonimo, per sua libera scelta. aleverMalgrado indicazioni, regolamenti e varie norme , Tripadvisor rimane comunque un immenso calderone. Un mare magnum di informazioni entro le quali si sviluppano aberrazioni di cui abbiamo letto e sentito: improvvisatori che si spacciano per ispettori di Tripadvisor  – che in realtà non esistono –  e che vendono a sprovveduti esercenti pacchetti di recensioni positive per sè stessi o, in alternativa o persino in combinazione, anche pacchetti di recensioni negative da affibbiare a concorrenti scomodi. L’avvedutezza e la correttezza di qualcuno di questi esercenti ha consentito, nel tempo, di smascherare i “venditori di voti” e di conoscerne nomi e volti mediante articoli di stampa.  Va detto che di queste condotte truffaldine Tripadvisor non ha alcuna responsabilità, sia chiaro. Ma le stranezze, le incongruenze e le polemiche non sono mai del tutto sedate.  La cronaca di questi giorni in effetti propone una stranezza in contrasto con il regolamento del sito: un locale chiuso dall’ottobre del 2014 continua a ricevere recensioni. Si, perchè – tra le altre gabole – una volta che si iscrive la propria struttura al sito non è più possibile annullare l’iscrizione. In caso di chiusura dell’attività tra l’altro non basta una semplice richiesta di cancellazione: bisogna inviare tutta la documentazione relativa all’effettiva chiusura, compresa copia della comunicazione di cessata attività inviata al comune di appartenenza. Naturalmente tutto ciò è aberrante, laddove la stessa oculatezza non viene adoperata nella validazione degli iscritti nè tantomeno delle recensioni che essi rilasciano. Tornando al locale in questione, come è possibile che arrivino recensioni ad un anno e due mesi abbondanti dalla chiusura laddove il regolamento di Tripadvisor non consente recensioni che siano più vecchie di un anno dal momento della visita al locale che si intende recensire? Certamente i recensori ritardatari sono in buona fede, dato che le recensioni sono positive e che ormai a nulla gioverebbe che fossero false, atteso il fatto che il ristorante ha chiuso. Insomma, la questione ruota attorno ad un buon locale della riviere romagnola, Il Lurido – ristorante di pesce che ha svolto la propria attività in una frazione di Rimini. La notizia, che nasconde aspetti per alcuni versi ilari, appare su RiminiToday ieri a firma di Tommaso Torri.  Ma ruota soprattutto intorno alla scarsa attendibilità del gigante telematico quotato in borsa e facente parte di un gruppo di colossi mondiali legati al mondo della ricettività e della ristorazione.  Una macchina da guerra da svariati milioni di dollari che però presenta molte falle, maglie troppo larghe, e che troppo spesso costituisce una spina nel fianco di troppi esercenti. Il collega Torri ha anche sentito l’opinione del presidente della Fipe di Rimini,  Gaetano Callà. Vi propongo il link all’articolo di RiminiToday che trovate qui http://www.riminitoday.it/cronaca/rimini-ristorante-lurido-chiuso-da-mesi-ristorante-continua-ad-avere-ottime-recensioni-su-tripadvisor.html

Si tratta ovviamente di “peccato veniale” e di nulla che possa configurare in alcun modo alcuna ipotesi di reato, come invece in passato accaduto con la vendita illecita delle recensioni, nè dar luogo a richieste di risarcimenti dei danni, come avvenuto in passato in paesi diversi dall’ Italia con sentenze esemplari ai danni del colosso . Si tratta però di un segnale – piccolo ma significativo – di una certa inaffidabilità di fondo di un sito mondiale che pretende di essere una guida.  Per giunta attendibile. Non ci resta che attendere gli sviluppi di questa ulteriore, bizzarra questione :  e chissà se questi riflettori non servano a riaccendersi proprio in favore della riapertura di un locale che è sicuramente un peccato perdere.

Alessandra Verzera

 

L’immagine di copertina è di riminitoday.it

Nel 2016 importanti cambiamenti per la tutela dell’ aceto balsamico di Modena

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logo acetoNovità in vista per la tutela dell’Aceto Balsamico di Modena IGP: dopo le due storiche sentenze emesse da tribunali tedeschi sul finire del 2015, il nuovo anno si apre all’insegna dell’ottimismo per il Consorzio di Tutela che auspica una conclusione positiva ad altre cause in corso la cui pronuncia è attesa entro la prossima estate. Un settore, quello dell’Aceto Balsamico di Modena, che si racconta con oltre 95 milioni di litri prodotti di cui oltre il 90% esportato in 120 paesi del mondo, un fatturato alla produzione di oltre 450 milioni di euro e oltre 700 al consumo, ma anche con l’impatto economico che si ripercuote su un’area relativamente circoscritta come la Provincia di Modena: oltre 70 produttori e 250 operatori, per un totale di circa 600 addetti, portatori di un sapere che in alcuni casi si tramanda da generazioni.
Una tradizione che ha attirato molti tentativi di imitazione, proprio in virtù dell’unicità e della qualità di questo prodotto icona del made in Italy agroalimentare. E che nell’ultimo anno ha visto un importante passo in avanti nel campo della tutela, vedendo di fatto riconosciuta l’illegittimità di taluni comportamenti scorretti posti in essere da aziende che hanno giocato sull’effetto “italian sounding” per indurre il consumatore all’acquisto di prodotti contraffatti. Due importanti risoluzioni in tal senso sono arrivate dalla Germania, dai Tribunali di Colonia e di Mannheim, e ciò ha creato uno storico precedente nella tutela sul mercato comunitario.
Federico-Desimoni-Aceto-BalsamicoGli effetti prodotti sul mercato europeo dall’esito positivo delle cause terminate nel 2015 – ha spiegato il Direttore Generale del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena IGP Federico Desimonisi avvertiranno soprattutto nell’anno nuovo appena iniziato, foriero di importanti cambiamenti su tale fronte. Il nuovo contesto che si è venuto a creare infatti, potrebbe portare all’eliminazione dal mercato comunitario di vari prodotti imitativi ed evocativi dell’aceto balsamico di Modena, aprendo così nuove possibilità di comunicazione e conseguentemente anche commerciali. E questo favorirà una percezione più corretta del nostro prodotto e ci permetterà di veicolare nuovi messaggi in grado di contribuire alla crescita della cultura dell’Aceto Balsamico di Modena IGP”.

acetoAlla luce di tali fatti, il DG del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena Igp, ha colto altresì l’occasione per fare il punto sul ruolo internazionale del prodotto più esportato del Made in Italy agroalimentare: ”riteniamo ci siano buone prospettive sia a livello qualitativo che quantitativo: il nostro prodotto è utilizzato in modo crescente in tutto il mondo e la richiesta è quella di una crescente qualità. Prevediamo anche per il 2016 un incremento del già elevatissimo tasso di esportazione, oggi già superiore al 90% della produzione del 2015 pari a 95 milioni di litri per un fatturato stimato di oltre 700 milioni di euro al consumo. Ciò ci autorizza a brindare con uno sguardo positivo e propositivo al nuovo anno.

Ciccio Giuliano. Il food come filosofia di vita. L’intervista.

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giuliano ghiottoneNel salotto di Palermo esiste un locale che costituisce una delle migliori poltrone in cui accomodarsi quando si entra appunto in quel salotto. La strada è la Via Principe di Belmonte, ed il locale è Il Ghiottone Raffinato, di fatto nell’unica traversa sulla destra entrando in Via Principe di Belmonte dalla Via Ruggero Settimo. Le cucine di questo locale sono il regno di Ciccio Giuliano, prossimo alla Laurea in Lettere e Filosofia: ma con un gran bel pallino. Che è quello dell’alta cucina. La prova provata del fatto che l’amore per la cucina può colpire chiunque, ed anche – come in questo caso  –  chi sembra destinato a ben altro.

giuliano moglieGiuliano, laureando in Lettere e Filosofia, giovane, con una famiglia e una passione unica. Quando inizia il suo rapporto con le cucine professionali?

Il mio primo rapporto con le cucine professionali è datato Maggio 2002. Finiti gli studi classici, mi accingevo a frequentare la facoltà di Farmacia e precisamente il corso di chimica e tecnologie farmaceutiche. La mia famiglia è da sempre stata vicina all’ambiente della ristorazione. Mio zio, Giuseppe Giuliano, Maestro di cucina e di pasticceria mi propose di guadagnarmi qualcosa per foraggiare i miei studi affidandomi alle sapienti mani di Giuseppe Fiandaca, mio attuale titolare e amico, allora maitre presso Villa Albanese Rubicon, Ristorante in cui operava il grande maestro Jack Bruno, chef patron del ristorante. Ho cominciato la mia esperienza in sala. In quell’ambito successivamente, lungo il mio percorso, ho avuto modo di osservare l’opera di grandi maestri. La mia passione innata e la mia voglia di scoprire, “la sete di conoscenza”, di dantesca memoria, mi ha poi spinto a rubare con gli occhi qualcosa da ognuno di essi fino al 2012, anno in cui già passato agli studi in lettere, affiancavo all’opera di maitre d’hotel, quella di personal chef per soggetti privati, occupandomi della organizzazione di ogni tipo di evento in totale autonomia sia per quanto riguarda la componente legata alla cucina che quella del servizio di sala. Sapevo che il mio posto non era al di là dei fornelli ma al di qua. Questa convinzione si è poi consolidata nel 2014 quando ho maturato una importante esperienza all’estero, in Germania a Duesseldorf, che poi mi ha riportato in patria ad operare stabilmente prima come sous chef e poi come chef de cuisine.

giulianoMalgrado questo talento lei sceglie tuttavia di seguire un percorso di studi che poco ha a che vedere, almeno apparentemente, con il food. Come mai?

In verità il percorso di studi che ho seguito attiene alla seconda passione della mia vita. La poesia. Passione che mi ha portato a pubblicare proprio nel 2015 un libro dal titolo “Alba ad ovest” sulla piattaforma ilmiolibro.it e che presto spero di distribuire attraverso Feltrinelli. La letteratura inoltre e le lettere in generale, non sono per nulla distanti come può sembrare dal mondo della cucina. Si intersecano continuamente e sono complementari perché entrambe forme d’arte. La cucina e la sua arte, sono come le lettere, strumenti di cui un uomo dispone per ricongiungersi con Dio, e quindi con quanto di più alto possa esistere al Mondo. Chiunque cucini o scriva, soprattutto un professionista ha l’opportunità di viaggiare nel tempo e nello spazio, rimanendo fermo davanti ai propri fuochi o al foglio che riempirà con le proprie esperienze. La cucina così come la letteratura, sono il forziere del nostro bagaglio di esperienze, tradizioni, emozioni e sensibilità che si materializzano in un piatto, in un’opera.

giuliano9Una formazione umanistica aiuta, secondo lei, ad acuire una “sensibilità” verso la percezione degli aspetti epicurei legati alla vita di ogni essere umano di cui il cibarsi ed il gusto sono tra i piaceri primordiali?
In altre parole: ci può indicare un piatto che potrebbe essere gradito ad uno scrittore ed un altro che potrebbe risultare più gradito ad uno scienziato?

La formazione umanistica, da sola non basta ad acuire la sensibilità alla componente edonistica legata al cibo. Questa deve essere una sensibilità in parte innata e d’altra parte acquisita con l’educazione familiare, primo gradino formativo rispetto al piacere dello stare a tavola. La formazione classica può in qualche modo marcare semmai la sensibilità dell’individuo al valore dell’alimentazione del buon cibo. Da questo scaturisce incontrovertibilmente il piacere che da esso si trae. In quest’ottica è principale la conoscenza dei fattori che hanno visto e vedono il cibo al centro della società in campo storico, economico, politico,religioso e sociale, come strumento di veicolazione del piacere o della grazia. Se pensiamo a quante norme religiose prescrivono una dieta precisa ai propri credenti, capiamo quanto il cibo sia legato alle emozioni umane e fatalmente al piacere e al dolore, alla soddisfazione o alla privazione, alla gioia come al dolore.giuliano3 Per questo credo che non esista un piatto da scrittore o da scienziato ma che esistano settori della arte culinaria che si abbinino meglio a uno spirito analitico come quello dello scienziato e altri che invece sposino meglio la creatività sognante dello scrittore. giuliano6La pasticceria potrebbe essere con le sue norme codificate di preparazione più “scientifica” rispetto alla cucina, ambito in cui la rimodulazione del gusto lascia maggiore spazio alla soggettività. Se poi dovessi sottostare ai cliché che connotano scrittore e scienziato potrei dire che a uno scrittore potrebbe piacere più uno spaghetto al curry con tenerumi e gamberi mentre allo scienziato un buon piatto di paccheri alla Norma. L’uno infatti rappresenta più la libertà dell’estro, l’altro la sicurezza del misurabile. Ma personalmente diffido di qualsiasi forma di standard precostituito.


giuliano5Sigmund Freud ha legato la prima fase dello sviluppo psicosessuale proprio all’oralità, sin dai primissimi mesi di vita dell’essere umano , con la stimolazione del piacere orale mediante l’assunzione del cibo. Il postulato potrebbe essere datato, ma il cibo rimane comunque uno dei piaceri primordiali fortemente correlato ad un’idea più ampia di piacere. Lei, forte dei suoi studi, come la pensa in proposito?

Personalmente penso che il cibo sia la prima forma di piacere che ognuno di noi provi. Se pensiamo all’atto della suzione dai capezzoli materni, questo atto racchiude in se il piacere fisico del contatto (se pure ovviamente del tutto innocente) e quello psicofisico della sazietà. Da quel momento in poi la nostra vita è un continuo confronto con il cibo in ogni parte della nostra giornata e ineluttabilmente anche nei momenti di piacere personale. Quando si parla di cibi afrodisiaci, quando l’uomo per figurare il proprio piacere ricorre a simboli che tirino in ballo elementi della comune dieta quotidiana, non fa altro che associare a questi fattori alimentari, forme, gusti, sapori e immagini che evochino la sensazione legata al concetto che desidera esprimere. Il cibo per l’uomo è un compagno di vita, col quale litiga, chiacchiera, si relaziona e a volte flirta, concedendosi attimi di trasgressione o momenti di castità alimentare. Da questo rapporto non può che evincersi una stretta relazione tra le emozioni umane e l’alimentazione e il piacere fa parte senz’altro del novero di queste sensazioni. Per spiegarmi compiutamente mi piace citare il celeberrimo passo del romanzo di Marcel Proust, “Dalla parte di Swann”,

giuliano2“Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati maddalene, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della maddalena. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicessitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta ? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della maddalena. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. […] All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio….”

giuliano7Ludwig Feuerbach ha posto un altro importantissimo accento sul legame tra l’essenza di ciò che siamo in relazione a ciò di cui ci cibiamo: lei come la pensa?

Penso che Feuerbach abbia ragione quando dice che un popolo ha opportunità di migliorare se migliora la propria alimentazione. Spesso proprio richiamando il titolo di Feuerbach “l’uomo è ciò che mangia”. Alimentarsi bene non è solo un diritto che si acquisisce come essere umano libero di una società libera, ma è anche un dovere nei confronti della comunità. Noi siamo indissolubilmente legati alla nostra alimentazione e spesso ci identifichiamo come popolo più a livello enogastronomico che sociale. Per intenderci ci indigniamo più per l’ormai famigerato dado nella caponata, che per problematiche sociali di rilevanza sicuramente maggiore. Questo perchè il cibo è identità e proprio per quello che ho asserito prima, è legato a doppio filo alla nostra storia, ai nostri affetti, alle nostre esperienze e ci lega come figli di uno stesso piatto, anche se non figli di uno stesso popolo. La alimentazione crea la base del nostro rapporto con il resto del mondo e questa importanza talvolta non è bene evidenziata. Del resto Virginia Woolf affermava che “un uomo non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene”.

giuliano8Lucrezio,epicureo, nel suo poema De rerum natura cercava di fugare la paura della morte ricorrendo a un’immagine “culinaria” sostenendo che “chi si accinge a morire deve ragionare come un convitato sazio quando finisce il banchetto: se la vita trascorsa é stata colma di gioia, allora ci si può ritirare da essa come un convitato sazio e felice dopo un lauto banchetto (-). Ma anche Seneca ed, in tempi più recenti, Nietzsche e Kant come pure Rousseau, Marx, Schopenhauer, Bloch fanno riferimento al cibo. Il materialista La Mettrie tra tutti pare si ingozzasse di cibo al punto da morirne. Scuole di pensiero diverse, comune denominatore il cibo: che la filosofia sia in realtà fortemente propedeutica ad un’attività come la sua?

La filosofia eletta da molti a madre di tutte le scienze umane, è uno strumento di intellezione di cui si sono serviti lungo i millenni uomini che con le loro menti hanno contribuito allo sviluppo del pensiero del mondo. Ciò nonostante non bisogna scordare che la filosofia, come anche la cucina, è vita ed è pensata da esseri umani, che sono dotati di enormi facoltà intellettuali ma certamente anche di una corporeità che reclama la propria importanza. Non mi stupisce quindi che i maggiori filosofi di epoca classica fino a giungere al ‘900 abbiano dovuto far riferimento parlando di filosofia al cibo. La cucina e la materia prima che attraverso la propria arte viene plasmata sono una forma di filosofia. giuliano4Il grande strumento che una persona che conosca la storia della filosofia possiede è quello di dominare questi processi e riuscire a direzionarli al fine di elaborare concetti nuovi, filosofie alimentari che possano creare sviluppo, innovazione, emancipazione a partire da una tradizione necessaria, senza la quale non potrebbe esistere il nuovo. Quindi le dirò in sincerità che ritengo propedeutica la filosofia come la matematica, come l’italiano, come la letteratura e come le altre componenti della cultura di un individuo che lo qualificano come essere pensante e che lo aiutano a dominare l’uso di un’arte sulla quale si fonda il benessere dell’uomo. Del resto Terenzio diceva nell’Heautontimorumenos
“ homo sum, humani nihil a me alienum puto” Sono uomo, nulla di quanto riguardi gli uomini ritengo alieno da me.

giuliano broccoliMettendo da parte i libri e aprendo i ricettari, quale piatto le è particolarmente caro?

La pasta con i “Broccoli arriminati”, perchè mi ricorda molto i miei nonni materni ora scomparsi, con cui sono cresciuto e mia nonna in particolare, che mi ha insegnato a cucinarla quando ero ragazzino. E’ un piatto che racconta la mia terra, la mia famiglia, le mie tradizioni e per questo lo propongo sempre in qualche modo nei menu che ho redatto. Ultimamente ho addirittura messo questo condimento all’interno di una arancina che abbiamo proposto come fuori menu al Ghiottone Raffinato, riscuotendo l’affetto e la soddisfazione dei clienti. Per me è stata una grande gioia


giuliano carbonaraPiù tradizione, più innovazione o un equilibrato blend tra le due?

La sfida che ogni cuoco oggi affronta, è quella di avere la capacità di pensare un piatto tradizionale con uno sguardo nuovo, perspicuo e intelligente, non pensando esclusivamente alla necessità di appagare l’appetito, ma anche a stimolare la fantasia, le emozioni e la sensibilità di ognuno. La cucina è forse l’unica arte che può servirsi di tutti e cinque i sensi datici in dote dalla Natura. Un piatto deve essere ammirato senz’altro ma anche annusato, ascoltato, toccato e infine gustato nell’interezza della sua realizzazione. Chi manipola il cibo, deve sapere, che sta operando un atto miracoloso, quello della creazione. Ecco! La cucina è creazione. Il nuovo che celebra l’antico, è colore, gusto, armonia. La cucina è vita. Ognuno di noi ne parla almeno una volta al giorno. La cucina è poesia, per chi la ama. Per questo amo partire dai sapori che mi hanno insegnato i miei nonni e la mia famiglia e cerco di trovare un modo nuovo, di reinterpretare quei gusti, con accostamenti fantasiosi, ma sempre rispettosi del tempo e della storia. La mia formazione poi mi spinge a trovare sempre un collegamento con la storia, con l’arte di cui la mia terra e la mia gente sono ricchi. Sposo quindi un equilibrato blend tra tradizione e innovazione.

giuliano pesceQuanto conta il soddisfacimento del senso estetico nella riuscita di un piatto?

Il senso estetico di un piatto conta quasi quanto la sostanza del piatto stesso. Quello che dico può risultare una eresia, ma penso sinceramente che come un bel piatto senza anima valga nulla , allo stesso modo un buon piatto saporito privo di appeal visivo, di senso cromatico, dilapidi tutto il lavoro fatto sul gusto scoraggiando l’avventore già all’assaggio e ridimensionandone il successo in termini di soddisfazione. Come detto prima tutti i 5 sensi devono gioire a tavola e la vista è uno dei protagonisti tra questi.

Più forma o più sostanza?

Sicuramente più sostanza. L’anima è sempre più importante dell’involucro. Ma guai a sottovalutare la forma. Ad alti livelli, la sostanza dovrebbe essere pressocchè omogenea. La forma può talvolta diventare decisiva

I suoi progetti futuri dove la porteranno? In un’Agora o in altre cucine?

Al momento sono proiettato sul completamento del mio percorso di studi da un lato, ma non trascuro assolutamente la mia professione che mi accompagnerà per il resto della mia vita. Amo utilizzare le mie conoscenze per addentrarmi nel mondo della cucina e nutrire la mia mente, conoscendo ogni giorno qualcosa di nuovo e cercando di migliorare sempre la performance in funzione dei miei clienti. Per il resto sono coinvolto nelle attività della A.p.c.p.pa – Associazione provinciale cuochi e pasticceri di Palermo –  all’interno della quale ricopro il ruolo di coordinatore delle demo e dei corsi e sto preparandomi per collaborare con il Culinary Team di Palermo, allenato dal Maestro Giuseppe Giuliano, per le prossime olimpiadi di cucina e pasticceria a Novembre ad Erfurt in Germania

giuliano arancinaIl Ghiottone Raffinato ed anche erudito, a quanto pare: se dovesse consigliare un piatto ai miei lettori quale sarebbe?

Mi sento di consigliare un piatto che ho chiamato Delfi in omaggio all’isola Sacra agli antichi Greci, sede del tempio oracolare, al quale da ogni parte della Grecia ci si recava per interrogare il futuro. Si tratta di una arancina propriamente detta con un ripieno di gambero rosso di Mazara, tentacoli di polpo e vongole, su di una bisque calda di gambero e una spuma sempre di gambero ma in crudità. Nel piatto quindi coabitano diverse cotture e consistenze di pochi semplici ingredienti che cercano di amarsi al fine di rendere amabile l’insieme dei sapori. Per il resto sono legato ad ogni singolo piatto del mio menu, quindi in generale li consiglierei diffusamente.

 

Alessandra Verzera

 

La storia dei popoli è scritta nei dolci

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Unknown-1Raccontare i dolci della tradizione siciliana, qualunque sia il dolce, qualunque sia il luogo in cui ha avuto origine, significa raccontare la storia di un popolo nei suoi aspetti sociali ed antropologici e sviscerare  il vissuto di una comunità ed il suo rapporto di scambio con il territorio e le materie prime.

La pasticceria casalinga siciliana è emblema e sintesi dell’evoluzione di una cultura in cui convergono le influenze di molte altre culture, di tutte quelle che hanno dominato un popolo che, sebbene sottomesso, si è espresso riversando nel rapporto con il cibo, dalla produzione delle materie prime alla tavola, il suo modo di essere e di relazionarsi con gli altri e con ogni sfera che attenga alla vita umana.

La religione ha un ruolo cruciale in questo percorso a ritroso. Il dolce è consolazione, ricompensa, è la carezza che non trovava coraggio né spazio tra il duro lavoro quotidiano.

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Sebbene la cultura fosse quella della gestualità ostentata, espressione di personalità forti e mezzo grazie al quale costruire la propria identità, era spesso solo lì , nel sostegno alla comunicazione verbale e nel lavoro che aveva campo di azione. In quel contesto culturale, esternare i propri sentimenti non era cosa semplice, anzi era forse considerato sintomo di debolezza.

La società patriarcale,  in cui i bambini non vivevano appieno la loro infanzia poiché vi era la necessità che divimagesentassero presto adulti, esigeva rigore e non lasciava spazio ai sentimentalismi, perchè  braccia che lavorassero servivano meglio delle carezze.

In quello stesso contesto, dove così ferrea era l’osservanza delle regole religiose, che spesso imponevano la privazione dei piaceri del corpo, la gola come la lussuria non riuscivano ad essere domate.

Ed il dolce diventa trasgressione e peccato, ma non si può farne a meno, così lo si riconduce alla sfera del lecito e per fare ciò si offre a quella stessa divinità che vieta di godere dei piaceri del palato, perchè, se lo si condivide non è più peccato.

Ad ogni festa del calendario liturgico religioso, ogni paese della Sicilia dedica il meglio che le antiche massaie riuscirono a tirar fuori dagli ingredienti di cui disponevano, per offrire ad adulti e piccini quella carezza di cui tutti, almeno ogni tanto, hanno bisogno. Così ancora oggi, con buccellati, mostaccioli, torroni e molto altro, perpetuiamo il rito di farci coccolare dalle tante prelibatezze che vogliono significare il Natale.

 

Federica Genovese

Renato De Pirro: the italian “traditional” Chef in Texas. The interview

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de-pirro2Renato De Pirro
was born in Tuscany and now, after a brilliant career in the most renowned kitchens of the USA, he has become the Corporate Chef of the prestigious Lombardi Family Concepts Restaurants . De Pirro, who graduated from the IPSAAR Spoleto, began his career at the Locanda di Ansedonia in Grosseto and then managed his restaurant La Ribotta on Monte Argentario. In 1999 he moved to the USA where he ran, as Executive Chef, the kitchens of the Red Earth, respectively, in the Red Rock Resort & Casino and the Osteria del Circo at the Bellagio Resort in Las Vegas, Nevada. In 2010 he moved to Houston, Texas, to head the kitchens of the only 5-star luxury Italian Hotel, Hotel Granduca.
He has been a featured chef on numerous regionally and nationally televised cooking shows, including the Food Network, and was a Silver medalist in the World Cup of Culinary Arts. He also won the Third Annual Bertolli Sous Chef Award, which honors the rising stars of the culinary world and he is the only chef in Texas certified by “Accademia Barilla”.

renato_dipirro_photobw (1)Renato, tell us about your passion for this job?

The passion was born partly out of necessity, a little to make up for my cravings, meaning that as a child I wanted to do art school, but my family decided that it was not a good choice and mostly not very profitable. Then when I heard about the opportunities that the hotel sectors could offer I decided to undertake these studies and then the profession.

What motivated you to leave Italy?

Certainly the desire to learn, that I still I have and that keeps me going. I am a person who, after having “absorbed” knowledge, must move forward to try new things. So I came to learn a new culture, a new language, a “new all”, very exciting and challenging.

10469142_10152647331567562_5413140836587575534_oIf you had to describe your cooking, how would you describe it?

My cuisine is Italian, the cuisine of the tradition, one that goes from north to south, that I have been representing for the past 20 years abroad. Of course, it is no longer identifiable with the cuisine of our grandparents, the recipes have evolved and they are obviously revisited but it is certainly the cuisine of our typical products. And it is with great care and a deep research for local products that I can adapt our cuisine to what we are being offered outside of our territories.

Did you have to change your style to get closer to the taste of the American clientele or were you able to maintain the authenticity of the Italian cuisine?

It depends on the context and the possibilities of expression that I have, but everywhere I had my small or big wins. I always try to defend the authenticity of our cuisine, but you have to keep an eye on profits and you must have a lot of patience with people who have a dated vision of Italy, from what little they know. So it’s up to us to educate and teach what we really are. In recent years thanks to many factors, things are changing and you see a turning point where the people perceive the difference between Italian and Italian-American cuisine more and more, especially with regard to our products.

10710428_10152647326052562_9143870306586505990_oTell us about this new adventure in the ambitious project of Alberto Lombardi?

Alberto Lombardi is one of the pioneers of Italian restaurants in America, since he opened his first restaurant almost 40 years ago in Dallas. We are preparing an expansion of our restaurants not only in Texas but also in California and Mexico, hoping to continue to “engage” people with our traditional cuisine!

If you were to give an advice to all new recruits who are entering the world of restaurants that want to go after “the American Dream”, just like you, what would you suggest ?

mediterranean-cuisine-10The American Dream does not exist! WE ARE The American Dream, who build it with our work and our passions. With work and determination you get in America, Australia, everywhere.

Now a request: what plate would you suggest for Christmas Eve to our Italian audience?

Well, a nice grilled fish served with lentils … many lentils and we hope for the best! Best wishes to all the readers of Scelte di Gusto for a prosperous 2016!

Tiziana Ciacciofera Triolo

Head of Foreign Relations for SdG International

Editoriale. ” L’anno che verrà”.

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2015-12-19 21.46.01E così anche questo anno volge al termine.  I bilanci sono in negativo da anni, ma questo 2015  che sicuramente non rimpiangeremo ha stabilito un primato poco invidiabile, con un progressivo ed inarrestabile impoverimento della famiglia italiana media e con sempre più frequenti rigurgiti verso una classe politica che non risponde alle esigenze dei cittadini, nè a livello locale nè centrale. Ma anche con l’allargamento e  l’imbarbarimento dei conflitti, con gli attentati di matrice terroristica, con le paure vecchie e nuove, con i timori e le incertezze, con la diffusa sfiducia nel futuro da parte soprattutto dei più giovani.

Di certo guarderemo a questo anno che ci lascia con occhi disincantati e senza rimpianto, augurandoci che il 2016 – per giunta bisestile –  sconfessi la sua fama e sia finalmente l’anno di una svolta significativa, specialmente per quanto riguarda la salute del Paese, la risoluzione dei conflitti in atto e la distensione tra i popoli.

L’ultima festa degna di nota, San Silvestro, si annuncia sotto tono. Colpa del diminuito potere d’acquisto e capacità di spesa da parte delle famiglie, ma anche di una generalizzata svogliatezza.  Niente viaggi perchè costano troppo e perchè comunque la paura alberga, più o meno latente, in moltissima gente. La casa, tutto sommato, rimane sempre il luogo più sicuro, e la famiglia il vero bene rifugio. La conquista in coda a quest’anno è il divieto di “botti”: divieto che, c’è da scommetterci, verrà puntualmente disatteso, come quasi tutti i divieti giàcchè è noto che ciò che più attira è ciò che è proibito. Mi viene da pensare – probabilmente in un momento di raro qualunquismo –  che se la gente non si astiene dallo sparare mortaretti per amore delle proprie stesse mani e dei propri stessi occhi, difficilmente lo farà per amore dei cani e dei gatti; anche se me lo auguro vivamente ed anche se vi esorto tutti a non accendere petardi rumorosi e pericolosi. La paura è una cattiva compagna sempre, e tanto più lo è quando non trova spiegazione e non può essere, dunque, placata . girandoleE come potrebbe un cane spiegarsi che ciò che per lui è terrore per altri è divertimento? Palermo, va detto, si è aggiunta alla lista delle città in opposizione all’usanza dei “botti”. Staremo a vedere, anzi a sentire. Ma da una città in cui le biciclette del Bike Sharing vengono trafugate io, purtroppo, non mi aspetto più neanche tanto. Le grandi città, illuminate ed addobbate anche ad accogliere i sia pure pochi turisti,  portano in piazza artisti di varia caratura, edulcoranti aleatori a tristezze ormai fin troppo quotidiane e consuete. E i locali?  L’offerta è praticamente inesauribile, e il dato emergente è la notevole flessione dei costi. I pantagruelici ” cenoni” a cui l’italiano si era abituato diventano qualcosa di più sobrio che rinuncia all’eccesso ed al superfluo in favore di una spesa più contenuta. Lo Champagne diventa Prosecco e le ostriche, anche se ormai facilmente reperibili a buon mercato, vengono sempre più spesso soppiantate da crostacei e molluschi spesse volte anche più gradevoli di reperimento locale. Fagiani e faraone e cacciagione d’elite cedono il passo alla cucina più tradizionale, con spiccata tendenza alla regionalità.cotechino I formaggi francesi rimangono sugli scaffali, in favore del prodotto interno di filiera.   Il che abbatte anche notevolmente i costi e quindi la richiesta economica  al pubblico. E quindi menù sfoltiti ma, immancabili su tutte le tavole pubbliche e private, i cotechini e gli zamponi con le lenticchie. Ma anche l’uva, simbolo di agio e prosperità, i datteri e la frutta secca, specie nel meridione d’ Italia ed in Sicilia, quale trait d’union con il retaggio arabo anche in campo enogastronomico. Lo stesso però si fatica a registrare il tutto esaurito, e il tempo sta ormai per finire. La stessa cosa vale per le strutture ricettive che offrono i cosiddetti “pacchetti”, alcuni dei quali a costi davvero contenuti. Ciò malgrado gli operatori sono ben lungi dal ritenersi soddisfatti. Neanche quelli che, in alternativa, offrono il “dopo cenone”, per lo più ad una fascia di clientela più giovane che trascorre la mezzanotte in famiglia e d esce poi a bere qualcosa o a consumare dolci e panettoni.  Tra tutti gli inviti, le pubblicità, le locandine e le proposte che mi sono arrivate in questi giorni in redazione, una in particolare mi ha fatto sorridere : erano elencati il menù, il costo ed i numeri telefonici a cui fare riferimento per effettuare la prenotazione. Una nota a margine spiegava che la prenotazione sarebbe stata accettata rigorosamente entro e non oltre le ore 20.00 del 31 dicembre 2015. Come dire…cos’altro aggiungere?

Da parte mia, ed a nome del mio Editore, del mio Vice Giuliana Avila Di Stefano, del Direttore Editoriale Francesca Giunta, della Responsabile Esteri Tiziana Ciacciofera Triolo e da parte di tutta la mia redazione, del personale tecnico e dell’intero staff, vi giungano gli auguri più sinceri per un anno che sia colmo di serenità, di pace , di armonia, di affetti sinceri, di amicizie consolidate , di aspettative conseguite, di amore e prosperità.

Felice 2016 a tutti

Alessandra Verzera

Fratelli La Bufala- Palermo Castelnuovo.

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android 391La catene mi inquietano sempre. L’idea della standardizzazione e dell’omologazione imposte dai franchising  mi irrita molto. Ma una visita a questo fenomeno enogastronomico che da anni imperversa in lungo e in largo, su e giù per lo stivale, era doverosa. Non tutte rose, ma neanche tutte spine ad onore del vero. Intanto il posto è situato in posizione privilegiata, guardando al Teatro Politeama ed alla Piazza Castelnuovo, in questo periodo ridotta ad un cantiere ma diversamente splendida. Poi il dehor accoglie gli impenitenti fumatori senza tradire puzza di fumo e nicotina, e soprattutto è ben riscaldato. Il personale è delizioso ed il servizio rapido, gentile ed accurato. Noi siamo stati assistiti da Benny, un giovane capace, educato e con un gran bel sorriso. android 388Eravamo in due con un appetito limitato dai bagordi natalizi non ancora metabolizzati, e questo va sottolineato dato che una pienezza di fondo quando ci si reca a mangiare fuori è decisamente pregiudizievole. Il nostro antipasto è il gran piatto di bufala: sulla carta una porzione singola, ma abbondante anche per due come nel nostro caso. Ottime le mozzarelline di bufala, di cui una affumicata veramente notevole, ed eccellente la ricottina anch’essa  di bufala. Difficile trovarne in giro, e specie di questa qualità. Estremamente godibile. Buono anche il primosale pepato, trait d’union tra la caratteristica partenopea di FLB  e quella siciliana che ha nel primosale uno dei formaggi più consumati e graditi in assoluto. Ottimo prosciutto crudo, gradevolissimi i crostini. Meno degni di nota i salumi, freschi ma di range medio. Abbondanti scaglie di parmigiano, verdurine e pomodorini. Un piatto “sincero” senza artifici, quantitativamente abbondante e ad un costo contenuto. Per budget limitati decisamente invitante.  Di sèguito è la volta di un piatto di tagliatelle al pesto di basilico, pomodorini e ricotta di bufala. E qui qualcosa non funziona come dovrebbe. L’aspetto è accattivante,la cottura della pasta è ottimale,  ma il piatto patisce qualche mancanza,specie nei bilanciamenti, risultando blando. Il pesto è troppo abbondante ed il suo gusto forte e preponderante  “comprime” gli altri, abolendo la nota acida del pomodoro e azzerando  la dolcezza della ricotta che – con il suo gusto delicato – è annientata da un pesto ricco realizzato anche con l’addizione di aglio sebbene in quantità modeste. android 392La sapidità è assente e bisogna aggiungere una pioggia di sale a piatto servito : cosa normalmente altamente sconsigliabile ma in questo caso necessaria. In sostanza un buon piatto di tagliatelle al pesto, a patto che non ci si affanni troppo alla ricerca degli altri gusti. Ma anche un piatto di facilissima correzione. Arriva anche la pizza, verso la quale tendo al perfezionismo restando sovente delusa. android 393Una gradita sorpresa. Un punto di cottura ideale e un facile accorgimento che consente alla pasta di non “bagnarsi” troppo: drenare bene la mozzarella del suo siero intanto usandone una non freschissima – regola aurea –   e lasciandola poi a sgocciolare per un paio d’ore. Questo procedimento evita che il siero in cottura venga rilasciato sulla pasta, rendendola molliccia e spesso poco gradevole al palato. Questa pizza aveva un rapporto ideale di salsa di pomodoro e mozzarella, senza eccesso di liquidi. Poco olio, origano assente. Sapidità ideale e note acide adeguate.android 395 Era buona, anche se ho qualche riserva sulla lievitazione, probabilmente un po’ “accelerata”. Ed infine sua maestà la Pastiera, altra mia inguaribile fisima. Probabilmente un po’ troppo fredda per i miei gusti e per via del fatto che una temperatura troppo bassa rende l’impasto piuttosto duro, ma essenzialmente buona con una buona frolla ed un buon ripieno. android 396Fresca e gradevole, riesce a non rimanere nel piatto malgrado si sia ormai satolli. Ma il colpo di scena è, assolutamente, il caffè che nelle mie recensioni di norma non menziono mai perchè tutto sommato irrilevante. Questo era strepitosamente ed inusitatamente buono, denso e cremoso, servito con il chicco “torna bocca” assai gradito.android 398 Il conto. Modesto, equiparabile ad un fast food, per una quantità di cibo decisamente abbondante ed anche tenuto conto delle piccole imperfezioni sin qui enunciate, servito da personale assolutamente garbato e competente. Posto ideale per gruppi di giovani, comitive e per chi volesse, eventualmente, ordinare un piatto unico e godersi le luci della città da un posto in prima fila.

 

 

Alessandra Verzera

Scheda:
Coperti : > 150 ( in/out)
Range : Medio
Categoria : Fast Food / Catena
Ranking (*) :

Location : 3

Cibo : 3

Carta Vini : –

Presentazione : 3

Servizio : 4

Mise en place : 3

Atmosfera : 4

Allestimenti : 4

(*) Legenda.
Ranking :
1 = pessimo
2 = scadente
3 = sufficiente
4 = ottimo
5 = eccellente.

 

‘Mericano Burger Bar Palermo : as real as it gets.

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android 254Il periodo festivo è quel momento dell’anno assai  cruciale in cui si tende all’autolesionismo enogastronomico ed in cui la conta delle calorie, dei trigliceridi e degli zuccheri è una battaglia persa in partenza. Il pensiero che serpeggia, dinnanzi a preparazioni dalle quali normalmente ci terremmo a debita distanza, è : ”  Ma con tutto quello che mangerò in questi giorni, cosa potrà mai cambiare uno sfizio in più?”.  E così, travolti da attimi irripetibili di suprema e sfrontata autoindulgenza,  capita di trovarsi in un posto decisamente carino, nel pieno centro della città, vicino alle più belle e lussuose vetrine delle grandi griffes mondiali, con sul tavolo un hamburger. android 255Non un hamburger qualsiasi: “This is the real thing“, parola di statunitensi. Bene. Chi abbia avuto occasione di trovarsi nella Grande Mela, ma invero anche a San Francisco, o a Washington, a Dallas ed in qualsiasi altra parte degli Stati Uniti, non avrà di certo resistito al fascino del vero hamburger americano. Che non ha niente, ma proprio niente a che vedere,  con quello delle arcifamose multinazionali dei gusti omologati. I burgers che nelle road house americane si consumano sono, essenzialmente, fatti di carne. android 064E già questo dettaglio li differenzia dal resto. Quando si è fortunati ed in vena di spendere somme non indifferenti, ci si può accaparrare un quarter pounder di Angus  che però – sappiatelo – costerà più delle fettuccine all’astice. Ma ne sarà valsa la pena. A Palermo esiste un posto in cui, se solo qualcuno suonasse il banjo, si avrebbe la sensazione di trovarsi in Texas. Decisamente non una road house però, anzi. Un luogo piuttosto elegante, ben messo, al numero 2 di via Simone Corleo, che si chiama “Mericano” . Li il burger è una cosa seria, per appetiti robusti e per chi non abbia paura di sporcarsi nè si vergogni di leccarsi le dita. Ma c’è anche molto altro, incluse le mitiche “salads” e svariati “appetizers“, tutto in salsa a stelle e strisce Da ” ‘Mericano” sono stata in piena bolgia natalizia, mescolata sapientemente ad un pubblico di età decisamente inferiore alla mia. Sono loro, i giovani, che possono finire ciò che viene loro ammannito . Gli over 40 gettano la spugna alla metà del tutto. La lista dei burger disponibili è vasta, ma qualunque di essi ordiniate sarà sicuramente gigantesco, al punto da essere quasi ” destrutturato”: impossibile, anatomicamente parlando, prenderlo in mano ed addentarlo dato che la massima apertura della bocca non lo consente ai più. E ci si aiuta con coltelli e forchette, quasi chirurgicamente. Un’altra buona notizia è che le patate fritte sono patate, e sono fritte in modo “casalingo”: ovvero presentano  un colore non uniforme, non giallastro – che invece è la regola delle patatine stick delle multinazionali – e che è  tipico invece delle patate fritte in casa. In più non sono sticks ma chunky; e questo fa molto piacere. android 256Non mancano neanche i dolci con l’ormai onnipresente cheese cake che però spesso delude. Qui è buona perchè ricalca la vera cheese cake americana, sia nelle consistenze che nelle proporzioni che, soprattutto, nelle dimensioni. Idealmente il biscotto di base non dovrebbe maandroid 070i essere di altezza inferiore ad un centimetro, e la farcia perfetta è alta cinque centimetri con una consistenza spugnosa ma compatta. Tutto il resto è una libera interpretazione, che può risultare a volte gradevole, ma che non è la cheese cake per definizione. I toppings sono diversi ed a scelta. Quanto si spende: in considerazione della location, della qualità del cibo e del servizio, neanche tanto. In due, meno di 40 euro. Ci si potrebbe aspettare qualcosa di più dalla mise en place, veramente essenziale. Attenzione però. Sappiate che una quantità di carne rossa di notevole  spessore non sarà mai troppo cotta. Se vi impressiona il “next to raw” siate chiari con chi prenderà la comanda, o rischierete di trovarvi tra le mani qualcosa di sanguinolento che potreste non gradire. Parlare prima mette al riparo dal disappunto, in quasi tutte le occasioni della vita, ed anche dinnanzi ad un burger.

 

Alessandra Verzera

 

Scheda:
Coperti : > 130 ( in/out)
Range : Medio
Categoria : Fast Food
Ranking (*) :

Location : 3

Cibo : 4

Carta Vini : –

Presentazione : 3

Servizio : 4

Mise en place : 2

Atmosfera : 3

Allestimenti : 3

(*) Legenda.
Ranking :
1 = pessimo
2 = scadente
3 = sufficiente
4 = ottimo
5 = eccellente.

Renato De Pirro: lo Chef della cucina Italiana della “tradizione” in Texas

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mediterranean-cuisine-10Renato De Pirro è nato in Toscana ed oggi dopo una brillante carriere nelle cucine tra le più rinomate degli USA è Corporate Chef della prestigiosa Lombardi Family Concepts Restaurants .
De Pirro, diplomatosi alla IPSAAR di Spoleto comincia la sua carriera presso la Locanda di Ansedonia a Grosseto per poi gestire il suo ristorante La Ribotta sul Monte Argentario. Nel 1999 si trasferisce negli USA dove ha diretto rispettivamente le cucine del Terra Rossa, nel Red Rock Resort & Casino e dell’Osteria del Circo, al Bellagio Resort a Las Vegas, Nevada. Nel 2010 si trasferisce a Houston, Texas per dirigere le cucine dell’unico Hotel Italiano 5 stelle lusso, l’Hotel Granduca.
E’ stato ospite in numerosi show televisivi, medaglia d’argento al World Cup of Culinary Arts, ha anche vinto il Third Annual Bertolli Sous Chef Award, che premia le stelle nascenti del mondo gastronomico ed è l’unico Chef Stellato Accademia Barilla presente in Texas.
renato_dipirro_photobw (1)Renato, ci racconta della sua passione per questo mestiere?
La passione è nata un pò per necessità, un pò per sopperire alle mie voglie, nel senso che da piccolo avrei voluto fare il liceo artistico, ma con la famiglia decidemmo che non era un indirizzo molto proficuo, tanto sta che neppure l’istituto tecnico commerciale lo fu. Quando poi venni a sapere dell’alberghiero delle opportunità che questo settore mi poteva offrire decisi di intraprendere questi studi e la professione.

10710428_10152647326052562_9143870306586505990_oCosa l’ha spinta a lasciare l’Italia?
Di sicuro la voglia di imparare, che ho ancora e che mi fa andare avanti. Sono una persona che dopo aver “assorbito” una conoscenza, deve andare avanti e cercare altro. Così sono venuto per imparare nuova cultura, nuova lingua, un nuovo tutto molto eccitante e stimolante.

Se dovesse descrivere la sua cucina come la definirebbe?
La mia è la cucina italiana, quella della tradizione, quella che va da nord a sud, quella che rappresento da 20 anni all’estero. Certo, non è più identificabile con la cucina dei nostri nonni, le ricette è ovvio cambiano e si evolvono ma è di sicuro la cucina dei nostri prodotti tipici. E con la cura ed la ricerca del prodotto prodotti locale che riesco ad adattare la nostra cucina a quello che ci viene offerto al di fuori dei nostri territori.

Ha dovuto modificare il suo stile per avvicinarsi al gusto della clientela americana o ha mantenuto salda l’autenticità della cucina italiana?
Dipende dal contesto del lavoro e dalle possibilità di espressione date, ma ovunque ho avuto le mie piccole o grandi vittorie. Si cerca sempre di difendere l’autenticità della nostra cucina, si deve tenere sempre un occhio ai profitti e molta pazienza con un popolo che ha una visione dell’Italia data da quel poco che conosce, perciò sta a noi educare e insegnare affinché capiscano chi siamo veramente. Negli ultimi anni per moltissimi fattori le cose stanno cambiando e si vede una svolta dove al gente percepisce la differenza tra cucina italiana e cucina italo-americana sempre più, soprattutto per quanto riguarda i nostri prodotti.

10469142_10152647331567562_5413140836587575534_oCi parla di questa sua nuova avventura all’interno dell’ambizioso progetto di Alberto Lombardi?
Alberto Lombardi e’ uno dei pionieri della ristorazione Italiana in America, visto che ha aperto il suo primo ristorante quasi 40 anni fa qua a Dallas. Stiamo preparando un’espansione dei nostri ristoranti sia in texas ma anche in California e Mexico, sperando di poter continuare a “contagiare” la gente con la nostra cucina tradizionale!

Se dovesse dare un consiglio a tutte le nuove leve che si affacciano al mondo della ristorazione che come lei vogliono rincorrere “l’American Dream”, cosa suggerirebbe loro?
L’American Dream non esiste! L’American Dream siamo noi che ce lo costruiamo con il nostro lavoro e le nostre passioni. Con lavoro e determinazione si arriva in America, in Australia, dappertutto.

E adesso una richiesta: che piatto suggerirebbe per la vigilia di Natale al nostro pubblico Italiano?
Beh, un bel pesce arrosto con contorno di lenticchie… molte lenticchie e speriamo bene! Auguri a tutto il pubblico di Scelte di Gusto con l’augurio che sia un buon 2016!

Tiziana Ciacciofera Triolo

– SdG International

Auguri di Buon Natale, con un menù speciale firmato da Stefano e Mattia Cilia

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L’Editore ,il Direttore Responsabile Alessandra Verzera, con il Vice Direttore Giuliana Avila Di Stefano, il Direttore Editoriale Francesca Giunta ed il Responsabile Esteri Tiziana Ciacciofera Triolo, unitamente allo staff tecnico ed a tutta la Redazione, vi augurano un felice  e sereno Natale da trascorrere in armonia con le persone  più care, pieno di sorrisi e di buon cibo. Vi giungano anche  gli auguri dello Chef Stefano Cilia, con un menù festivo ideato per voi in esclusiva per Scelte di Gusto con i vini in abbinamento  e con due speciali cocktails con i quali brindare curati da  Mattia Cilia, direttore del “Bocum” di Palermo.

 

Scelte di Gusto tornerà on line il 27/12

 

Auguri a tutti voi da tutti noi.

 

ciliaAperitivo

Frittella di neonata, wakame e croccantino di astice al bergamotto

Spugna, spugnole e alici.

Cena

Tartare di gamberi rossi, terra edule, lamelle di carciofi croccanti, maracuja e coriandolo.

Terrina di Arzilla, broccolo romanesco, liquirizia, cedro e peperoncino.

Gnocchetti d’ostrica, burro, limone e bottarga di tonno.

Spaghettone Fara di S.Martino Cav.Cocco con arselle, ricci di mare e zenzero

Baccalà mantecato al latte di mandorla, crema di cavolfiore bianco affumicato, verza saltata, biscotto al wasabi e semi di lino.

Capesante, chorizo, purea di pastinaca e lenticchie.

Panettone “Scandito”, crema di marzapane, pompelmo candito e gelato al Frappato.

Piccola pasticceria.

natale_abstract_bluePrima di Cena – con Mattia Cilia

“Islands” :  Whisky Talisker Skye, Sour Mix ( polpelmo rosa e mandarino, peringa aromatizzata alla mandorla e liquore al bergamotto calabro.

“Mediterraneo” :  Gin mare e Cordiale delle Eolie

 

Alla Bouvette dei vini

Almerita Extra Brut “Tasca D’Almerita”

“Osa! – questo non è un vino tranquillo” di Paolo Calì

Chardonnay 2011 Tasca D’Almerita

Cerasuolo di Vittoria Classico D.O.C.G. “Cos” 2012

Ben Rye Donnafugata

 

La ricetta

gnocchi2Gnocco d’ostrica

8 patate, 250gr farina, 1 uovo, 1 tuorlo, 300gr ostriche tritate, 2gr sale, 2 gr pepe, scorza  di 2 lime grattuggiati

Per gli gnocchi: far bollire le patate con la buccia, partendo da acqua fredda. Appena cotte pelarle e farle raffreddare, aggiungere tutti gli ingredienti, mischiare per bene e rendere l’ impasto liscio e omogeneo. Fare dei cilindri e tagliare della dimensione desiderata(1cmx1cm dimensione ideale). Per la salsa: 50gr burro,  30cl.succo di limone,  1 scorza di limone grattuggiata,  100gr bottarga di tonno. Fare un emulsione di burro con succo di limone, scorza di limone e acqua di cottura degli gnocchi. Cuocere gli gnocchi per 3 min, scolarli e saltarli in padella. Servire e spolverare con abbondante bottarga di tonno.

Stefano Cilia Chef