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Malattie epatiche: il consumo di caffè associato ad una riduzione del rischio fino al 70%, secondo l’ultimo Report ISIC

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medicoIl nuovo report scientifico elaborato da ISIC (Institute for Scientific Information on Coffee) al termine della tavola rotonda ‘Looking after the liver: coffee, caffeine and lifestyle factors’ (“Prendersi cura del proprio fegato: caffè, caffeina e stile di vita”) evidenzia il ruolo potenziale del consumo di caffè nel ridurre il rischio di malattie epatiche, come tumore al fegato e cirrosi.

Il Professor Graeme Alexander, docente presso lo University College London e Chairman della tavola rotonda, svoltasi presso la Royal Society of Medicine a Londra, ha presentato un quadro aggiornato sulla diffusione delle malattie epatiche in Europa e il ruolo giocato dallo stile di vita. Nella sola Unione Europea, le malattie del fegato rappresentano oggi una forte preoccupazione in termini di salute pubblica, dal momento che ne soffrono circa 29 milioni di persone: in particolare, l’epatopatia cronica è la quinta causa più comune di morte.

caffè-espressoEsponenti del mondo accademico, medici, rappresentanti delle associazioni nazionali sul fegato di sette paesi europei hanno discusso le ricerche più recenti su caffè e salute del fegato e i meccanismi potenziali legati a una possibile riduzione del rischio di malattie epatiche. Le principali evidenze scientifiche emerse durante la tavola rotonda:

alcune metanalisi hanno suggerito che il consumo di caffè, in confronto all’assenza di consumo, è associato a una riduzione del rischio di tumore al fegato fino al 40%, sebbene sembri essere un legame dose-dipendente3-5;
la ricerca in USA6 e in Italia7,8 suggerisce che il consumo di caffè è sistematicamente associato a una riduzione del rischio potenziale di cirrosi del 25-70%;
la ricerca suggerisce un’associazione inversa fra il consumo di caffè e il rischio di malattia epatica cronica, con una riduzione del rischio del 25-30% per chi ne fa un basso consumo, e con una possibile ulteriore riduzione fino al 65% per 4-5 tazze al giorno9,*.

lavecchiaIl Prof. Carlo La Vecchia, Ordinario di Statistica Medica e Epidemiologia dell’Università degli Studi di Milano, ha presentato le ultime ricerche su caffè e salute del fegato e i relativi meccanismi. “Già alla fine degli anni ’80, i nostri dati per primi avevano rilevato un ridotto rischio di tumore del fegato nei bevitori di caffè – sottolinea il prof. La Vecchia. “Successivamente, si è osservata una protezione sulla cirrosi e un effetto positivo sugli enzimi epatici. Vi è quindi un continuum di effetti favorevoli del caffè sulla fisiologia e sulla patologia del fegato. Un effetto favorevole del caffè è possibile anche sul tumore del colonretto”- ha puntualizzato l’esperto italiano.

Durante la tavola rotonda, il Professor Alexander ha suggerito che è probabile che il tumore al fegato si sviluppi da un’esistente malattia epatica e ha prospettato che l’associazione fra il consumo di caffè e la riduzione del rischio di tumore al fegato può essere in realtà considerata una conseguenza del consumo di caffè sulle malattie epatiche.

Uno dei temi principali discussi durante la tavola rotonda è stata la diagnosi di malattia epatica e il fatto che la maggior parte di persone che ne soffre non è consapevole della propria condizione. Sebbene il fegato sia un organo vitale, in alcuni paesi europei la percezione è che la salute del fegato non sia considerata come una priorità rispetto ad altre condizioni patologiche, come le malattie cardiache.

caffe-001Il Professor Graeme Alexander ha commentato: “Le malattie epatiche sono in aumento in Europa, ed è importante capire come il caffè, una delle bevande più diffuse al mondo, e la dieta influiscano sulla malattia. La ricerca suggerisce che il caffè può ridurre il rischio di malattie epatiche ed è importante che i pazienti possano ottenere in modo semplice le informazioni per una corretta alimentazione e i consigli da parte degli operatori sanitari, per quindi agire di conseguenza“.

Judi Rhys, Chief Executive, British Liver Trust ha sottolineato: “La malattia epatica è un killer silenzioso, visto che spesso non dà sintomi finché non è troppo tardi. Il caffè è facilmente accessibile a tutti e un consumo adeguato – filtrato, solubile o espresso – nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata – può fare la differenza nel prevenire e, in alcuni casi, rallentare la progressione della malattia epatica”.

Osservazioni epidemiologiche sull’essere umano associano il consumo di caffè alla minor incidenza di carcinoma epatico: -41% rispetto ai non bevitori (Bravi et al., 2013). Alle stesse conclusioni è giunta anche l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC)10 che non solo ha inserito il caffè in classe 3, ovvero “non classificabile come cancerogeno per l’uomo”, ma ha menzionato il tumore del fegato e dell’endometrio come esempi specifici per cui bere caffè può aiutare a ridurre il rischio di sviluppo di questi tumori.

Un’assunzione moderata di caffè – tipicamente 3-5 tazzine, come indicato dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) nel suo parere sulla sicurezza della caffeina – viene associata nella letteratura scientifica a una serie di benefici fisiologici e può far parte di una dieta sana ed equilibrata e di uno stile di vita attivo.

Serena d’Arienzo

La minestra maritata: in Campania, tradizione di Natale

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minestra-maritataE’ un piatto tipico della tradizione natalizia campana, una minestra per alleggerire il cenone del 24 e l’abbuffata del giorno di natale. Solitamente si prepara il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, o anche il primo dell’anno, per Capodanno. La minestra maritata è composta da un mix di verdure da campo spontanee e carne, il tutto condito con del pecorino pezzi e del parmigiano grattugiato.

 

 

 

 

Ingredienti per 8 persone:

400 g verza
300 g borragine
500 g scarole
400 g cicoria
400 g di catalogna
200 g pecorino
Parmigiano grattugiato q.b.
peperoncino q.b.
sale q.b.
Ingredienti per il brodo:

N 1 cipolla
N 2 carote
N 1 costa di sedano
N 2 coscette di pollo senza pelle
N 3 pancetta di maiale
400 g polpa di maiale
400 g polpa di vitello
Procedimento:

Potete continuare la lettura della ricetta qui :

https://fulvioelesuericette.it/primi-piatti/la-minestra-maritata-la-ricetta-donna-virginia/

 

Fulvio Papagallo

Risotto allo zafferano e tartufo nero, mantecato con burrata di bufala

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risottotartufopapagalloIl risotto allo zafferano e tartufo nero mantecato con burrata di bufala, unisce tre sapori contrastanti che messi insieme danno al palato un sapore unico. Per preparare un buon risotto è fondamentale la scelta del riso, io preferisco il carnaroli, ma si può usare benissimo anche il vialone nano. È consigliabile usare i pistilli di zafferano perchè hanno un sapore ed un colore più intenso, inoltre se potete scegliete il tartufo nero di Norcia dal sapore delicato e dal profumo unico. La burrata rigorosamente di bufala darà al vostro piatto quella morbidezza inconfondibile al palato.

 

 

 

 

Ingredienti per 4 persone:

360 g riso carnaroli o vialone nano
N 3 bustine di zafferano o pistilli
1 dl olio extravergine d’oliva
150 g burrata di bufala
tartufo nero q.b.
sale e pepe q.b.
50 g cipolla bianca
1/2 bicchiere vino bianco secco
Ingredienti per il brodo vegetale:

N 1 costa di sedano
N 1 carota
N 1 cipolla
Procedimento:

Potete continuare la lettura della ricetta qui:

https://fulvioelesuericette.com/category/primi-piatti/page/3/

Fulvio Papagallo

Vino. Export italiano negli USA nell’impasse. Bene i vini francesi

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vino_italianoProsegue l’impasse italiano nella commercializzazione di vino sul mercato statunitense, con la Francia che allunga decisamente il passo. Secondo l’Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies, le importazioni a valore dei vini del Belpaese aggiornate ai primi 10 mesi di quest’anno hanno infatti perso ulteriore smalto (+1,4%, a/a, fonte dogane) a tutto vantaggio dei cugini d’Oltralpe (+16,4%) – che dopo il sorpasso provano la fuga – e della Nuova Zelanda (+8,3%). Nel primo mercato della domanda mondiale, che resta in grande ascesa (+6,4%), il market leader tocca a ottobre quota 1,393 miliardi di euro contro 1,352 miliardi di Roma, complice la recessione dei fermi imbottigliati italiani (-0,1%) a fronte della nuova impennata di quelli francesi, ora a +18,3%.

 

“L’Italia – ha detto la Ceo di Business Strategies, Silvana Ballottarimane in testa nel segmento dei vini fermi, ma è proprio qui – dove tradizionalmente siamo più forti – che scontiamo di più il recupero francese. Paghiamo il noto gap promozionale ma sembra anche che gli Usa preferiscano festeggiare l’uscita dalla crisi alzando i calici dei nostri principali competitor”. Per l’Osservatorio di Business Strategies il prezzo medio è come al solito il principale tallone d’Achille, con i vini francesi che entrano nel mercato Usa ad un valore medio per litro di quasi 10 euro contro i 4,89 di quelli italiani (nel caso dei vini fermi imbottigliati il gap è minore ma pur sempre significativo: 7,96 euro contro i 5,07 euro dei nostri vini).

export
Sotto media della domanda statunitense (+10,3%) anche gli sparkling italiani (+7,6%), la cui quota di mercato si abbassa a poco più della metà sugli champagne francesi (+13,1%).

Nasce a Castiglione del Lago,in Umbria,il coordinamento nazionale delle strade del vino, dell’olio e dei sapori italiane

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stradedelvinoSi è tenuto lo scorso mercoledì 6 dicembre 2017, il primo incontro Nazionale delle Strade del Vino, dell’Olio e dei sapori italiane.
A fare da cornice all’evento, il panoramico borgo di Castiglione del Lago, dove, presso il Palazzo della Corgna, la Strada dei Vini del Trasimeno ha voluto ospitare i tanti rappresentanti intervenuti, provenienti da tutte le parti d’Italia. L’Umbria, cuore d’Italia, è stata infatti scelta come sede per questo primo incontro poiché proprio il Coordinamento umbro delle Strade dei Vini e dell’Olio è stato tra i promotori di questo nuovo organismo che ha tra i sui obiettivi principali quello di “costituire un punto di riferimento unitario, di rappresentanza e di collaborazione operativa aperto a tutte le Strade del vino, dell’olio e dei sapori d’Italia, in grado di contribuire alla crescita e al consolidamento dell’enoturismo e più in generale del turismo enogastronomico nel panorama nazionale.

olio_extravergine_oliva_shu_253044214A fare gli onori di casa Sabina Cantarelli, Presidente della Strada dei Vini del Trasimeno che ha voluto sottolineare l’importanza di una atto di maturità compiuto da tutte le Strade presenti volto a favorire una crescita ulteriore di un segmento turistico strategico per il futuro del paese come quello rurale, enologico e agroalimentare e Paolo Morbidoni, Presidente dell’Associazione Regionale Strade del Vino e Olio dell’Umbria che ha così commentato questo incontro: “Le Strade del vino, dell’Olio e dei sapori vogliono provare ad avere una voce sola nel confronto con le Istituzioni del paese e degli altri interlocutori nazionali e a lavorare insieme su progetti comuni di ampio respiro e di lungo periodo. Le 23 strade che hanno approvato il Protocollo rappresentano migliaia di aziende agricole e cantine, imprese dell’accoglienza e della ristorazione, dell’artigianato tradizionale, oltre a tantissimi Enti locali e territori che custodiscono un patrimonio unico e preziosissimo di cultura, di tradizioni e di risorse ambientali e giacimenti enogastronomici ineguagliabili.

strada olioI fattori caratterizzanti il Protocollo d’Intesa che fonda il Coordinamento Nazionale e che è stato approvato dalle Strade e Federazioni presenti sono: “lo scambio di buone pratiche, anche attraverso la partecipazione in maniera congiunta ad iniziative; la condivisione di materiali, informazioni e dati ritenuti di reciproco e generale interesse; la creazione di un gruppo di lavoro per studiare pacchetti turistici congiunti, attività didattiche e formative, attività promozionali, educational tour per buyers, educational per giornalisti; incentivare il raggiungimento di standard di qualità elevati per l’attività delle singole strade; lo studio e l’attuazione di accordi culturali, commerciali e promozionali incrociati; l’impegno alla diffusione all’interno della propria Federazione Regionale dei contenuti dell’accordo e all’estensione della sua valenza nella Regione di riferimento; l’impegno ad operare congiuntamente nella ricerca delle risorse indispensabili per la realizzazione di progetti condivisi e nella ottimizzazione di quelle esistenti, sia a livello nazionale che comunitario; la collaborazione tra i firmatari e con Enti, Associazioni, Consorzi di settore per costruire un sistema destagionalizzato dei flussi turistici e la valorizzazione dei servizi essenziali del territorio”.

vino3Il Protocollo d’Intesa approvato avrà decorrenza a partire dal prossimo 1 gennaio, sarà quindi possibile fino al 31 dicembre 2017, per le Federazioni e le Strade, al momento non presenti, prendere parte al Coordinamento. I firmatari del protocollo poi, definiranno le nomine dei cinque membri del Comitato di Coordinamento che avrà rappresentanza nazionale (nord-est, nord-ovest, centro, sud e isole) tra i quali verranno poi eletti un portavoce nazionale ed un vice.

Le Strade e le Federazioni presenti all’incontro danno proprio senso della volontà di collaborazione, di fare squadra, su scala nazionale, presenti infatti i rappresentanti da nord a sud Italia e dalle isole. Dall’Umbria: Strada dei Vini dei Colli del Trasimeno, Strada del Sagrantino, Strada dei Vini del Cantico, Strada dell’Olio evo Dop Umbria, Strada dei Vini Etrusco Romana e l’Ass. Regionale Strade dei Vini e dell’Olio dell’Umbria. Dalla Toscana: Federazione Strade dei Vini e dei Sapori di Toscana, Strada dei vini di Cortona, Strada del Vino e dell’Olio Lucca Montecarlo e sapori di Versilia, Strada del vino nobile di Montepulciano e sapori della Valdichiana Senese. Dalla Sicilia: Strada del vino e dei sapori Val di Mazara, Federazione delle Strade del vino e dei sapori di Sicilia, Strada del vino e dei sapori dell’Etna. Dalla Puglia: Strade dei vini Doc Castel del Monte Puglia. Dal Trentino: Strada del vino e dei sapori del Trentino. Dal Veneto: Strada del Prosecco e vini dei Colli Conegliano Valdobbiadene, Strade della Valpolicella, Strade del vino Soave, Strade del vino Colli Euganei. Dal Piemonte: Strade del vino e dei sapori dei Colli Tortonesi. Dal Lazio: Strada del vino e dei prodotti delle Terre Etrusco Romane, Strada del vino Terre Casanese di Olevano Romano. Dalla Lombardia: Federazione delle Strade dei Vini e Sapori della Lombardia, Strada del Franciacorta. Dall’Emilia Romagna: Strada del vino e dei sapori dell’Appennino Bolognese.

A Natale gli italiani spenderanno sei miliardi solo per i dolci.

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Sigep 2017_panettone_44A1683L’Osservatorio SIGEP stima vicina ai 6 miliardi di euro la spesa per i dolci natalizi artigianali e incorona leader il panettone che trionferà sulle tavole di tutto il mondo, a partire dal Giappone che fa la parte del leone, alimentando una prepotente domanda.

iginio massariCi sono prodotti – dichiara il Maestro Iginio Massariche sono intimamente legati alla nostra storia, alla nostra memoria, prodotti che vanno oltre il valore del cibo stesso. Il panettone classico è uno degli esempi più luminosi. Se verrà a scomparire questa simbologia, vorrà dire che andremo a perdere quanto abbiamo ‘costruito’ e tramandato nel corso dei secoli”.

gino fabbriSi possono creare dolci incredibilmente buoni rinnovando la tradizione, ma senza stravolgerla – conferma il Maestro Gino Fabbri, Presidente dell’Associazione Maestri Pasticceri Italiani – All’azzardo di innovazioni sconcertanti, preferisco il rinnovo che sappia valorizzare l’eccezionale qualità delle materie prime. Proponiamo quindi un classico rinnovato, sempre con uvetta e canditi, ma anche – per esempio – con una parte in burro liquido, un mix di vaniglie anziché un’unica varietà”.

roberto-rinaldiniAlla maison di Roberto Rinaldini, pluridecorato enfant prodige della pasticceria italiana, tradizione e creatività si amalgamano in armonia: arriverà sulle tavole natalizie il panettone ‘Dante, il dolce stil novo’, a lievitazione naturale, con fragole e ciliegie semi candite, al quale dopo la cottura viene iniettata una crema vegana che ricopre il panettone stesso.

Ad accompagnare e valorizzare il panettone ci pensano i prodotti tipici, le consuetudini tramandate di generazione in generazione e la sontuosa eleganza delle feste. Da Nord a Sud, sono innumerevoli i dolci proposti dai più affermati maestri pasticceri. Tre sono quelli indicati dalla Confederazione Pasticceri Italiani, Conpait.
parrozzoInnanzitutto il Parrozzo, un omaggio alla terra abruzzese che, solcata dalle mani sapienti dei contadini, ha ispirato D’Annunzio a donare a questa meravigliosa Regione un dolce diventato il simbolo della regione stessa. Nella variante del Maestro Franco Napoletani, il Parrozzo è arricchito con mandorle caramellate, farina bianca e burro. Il dolce diventa delicato, rappresenta con i propri ingredienti tutta l’Italia e affascina con una colata di cioccolato fondente.
torrone bagnaraE ancora: il Torrone di Bagnara, ora anche IGP, considerato tra i più buoni di tutto il meridione: mandorle siciliane di Avola, miele di arancio calabrese e albume d’uovo sono materie prime di prima scelta made in Italy. Ma il segreto del torrone di Bagnara, dolce tipicamente natalizio, è nella lunga cottura, che dura molte ore. “Sono dolci scelti per esprimere un profondo riconoscimento alla qualità dei prodotti tipici locali – commenta il Presidente Conpait Federico Anzellottiche i maestri pasticceri italiani utilizzano per innalzare i dolci ad una qualità straordinaria”.

baciodinusL’esaltazione di una ‘chicca’ piemontese, contaminata con la tradizione valdostana, passa dalle mani di Silvia Boldetti, detentrice del titolo di Campionessa Mondiale di Pasticceria Femminile 2016 e a Sigep 2018 Presidente di giuria del concorso internazionale Pastry Queen. ‘Bacio di Nus’, una speciale pralina a forma di bacio, è la punta di diamante della proposta dolciaria natalizia della pastry chef torinese. Sonia Balacchi, romagnola e prima Pastry Queen mondiale, propone invece una creazione all’amarena: un dolce sinonimo di eleganza e qualità: “L’idea – svela – nasce per creare un dolce dalla golosità indimenticabile: nasconde un cuore morbido di Amarena Fabbri, dal sapore inconfondibile, avvolto in un semifreddo al mascarpone e vaniglia, creando un binomio vincente di bontà e gusto”.

Il Campionato Italiano di pasticceria in programma a SIGEP costitumattia-cortinovis-chef-pavoniirà anche la selezione per comporre la squadra italiana per la Coupe du Monde de la Patisserie di Lione. Agguerriti e pronti i concorrenti, ora all’opera per soddisfare il palato dei buongustai amanti della pasticceria di alta scuola.
Punta sull’eleganza la proposta di Mattia Cortinovis: “Una torta natalizia dal gusto caldo e avvolgente come quello della nocciola e del cioccolato. Un’eleganza di gusti che si rispecchia anche sull’estetica della torta: una semplice glassatura a specchio, con un decoro natalizio semplice e d’effetto”.
Domenico Di Clemente propone la Tombola di Mandarino, composta da un cremoso leggero al mandarino, in forma rettangolare; all’interno una gelatina morbida di mandarino fresco; poi il dolce viene chiuso con un rettangolo di biscotto morbido speziato. La Tombola viene abbattuta di temperatura, sformata dallo stampo e poi glassata agli agrumi. Viene servita con piccoli sorbetti di mandarini che ne richiamano la forma, scorze di mandarino candito e mandorle pralinate poi, adagiata in una cialda in ostia serigrafata, viene vaporizzato il profumo al mandarino. “Mi ispiro al Natale vissuto da bambino, inebriato da profumi e tradizioni”.

Serena d’ Arienzo 

Ci vediamo da Zia Titì, a Carini

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ziatitisalettaZia Titì è un localino restituito alla fruibilità della gente di Carini e non, dopo un sapiente intervento di ristrutturazione a cura della nuova titolare, Tiziana Allegri. Un ambiente caldo, accogliente e raccolto che però, inaspettatamente, offre uno splendido giardino interno carico di agrumi e di sentori magnifici anche adesso che si avvicina l’inverno e che in estate si trasforma in uno spazio ampio e di grande atmosfera che può ospitare agevolmente ben oltre le cento persone, anche grazie ad una saletta attigua e ad un bel porticato coperto arredato con salottini in stile shabby chic. ziatitigiardinoIl giardino interno, non a caso, è infatti anche luogo di concerti e vernissages che coniugano i vari aspetti del “going out” carinese e palermitano: cibo e arte, cibo e cultura. Noi siamo in due quando andiamo a visitare Zia Titì, in una fredda e piovosa serata di dicembre: il paese, neanche a dirlo, è deserto e il freddo è tagliente. Varcata la soglia il tepore già predispone ad un pasto che si rivelerà ricco, genuino e fantasioso. Il menù offre piatti della tradizione romana, conseguenza della permanenza della Allegri nella capitale, sposati abilmente a quelli della tradizione siciliana. ziatitiantipastoDire a Tiziana Allegri “ faccia lei” equivale a rimanere a tavola molto, molto a lungo. Noi abbiamo optato per questa formula. L’antipasto arriva su un grande tagliere in cui sprigionano profumi squisiti una trippa alla parmigiana, accanto alle sarde a beccafico, ad una frittata cremosa, a delle bombette fritte con bufala e crudo, altre bombette con pesto di pomodori, alla caponata di melanzane. Su tutto spicca, e vince a mani basse, una dadolata di tonno marinato in agrumi veramente squisita. In accompagnamento arriva anche il pane, che non è di produzione propria ma che è comunque ottimo, ed un cestino pieno di triangoli di covaccino, arricchiti con dell’origano e olio di’oliva buono. Per quanto mi riguarda il pasto potrebbe concludersi così,  dato che sono già piacevolmente satolla. ziatitizuppaMa mi attende un minestrone di pesce davvero degno di menzione: una zuppa di pesce con gli spaghetti spezzati. Un piatto “strano” che mi lascia perplessa ma che conquista il palato. Il fumetto è ottimo, di buona sapidità e di ricca consistenza, e la pasta ne è insaporita risultando molto stuzzicante. Il pesce impiegato è di eccellente qualità, compreso il gamberone di Mazara del Vallo di notevole pezzatura. Una delizia, specie in una serata decisamente fredda. ziatiticacioepepeA seguire un tris di primi piatti che parlano laziale: cacio e pepe, carbonara, amatriciana. La mia preferita delle tre è la cacio e pepe, a seguire la carbonara e per finire la amatriciana. Ma il mio ordine di preferenza è sempre questo, invariato.  Respingiamo con assoluta fermezza la proposta dei secondi piatti, che nel menù sono pochi lasciando intuire la freschezza del prodotto e la cucina espressa. ziatitiamatricianaAllegri ci chiede se c’è rimasto un angolino per il dessert, e la risposta è – come sempre – si. Più che un angolino occorreva però un intero vano dato che la mia coppa di cassata era immensa. Tanto grande quanto buona, sono riuscita ad arrivare alla fine. Stessa cosa anche per il mio commensale, che ha gustato un tiramisù molto delicato dai buoni equilibri. In accompagnamento al ricco pasto, un Syrah di casa Marino. Un rosso che sorprende per la gamma olfattiva ed organolettica che si dispiega nel volgere di pochi minuti. La bottiglia ha un nome che alza le aspettative: Sontuoso. Devo dire che non rimangono disattese.  Il locale tuttavia presenta delle criticità, anche se abbastanza risolvibili. Una delle più più importanti, cziatiticarbonarahe determina di fatto le altre, è la scarsa affluenza di clienti: un paese indifferente che diserta un locale nuovo ed accogliente in cui la cucina esprime delle belle idee be realizzate. La conseguenza è lo spreco della materia prima di cui la Allegri si approvvigiona: materia prima di primissima scelta, senza compromessi. Naturalmente la qualità ha dei costi più elevati rispetto ad un prodotto medio, e lo spreco di quel genere di materia prima incide negativamente sui costi di gestione, e la ricaduta negativa grava sul conto finale. Per questa ragione il locale, per la sua posizione, non fornisce un rapporto qualità prezzo particolarmente invitante anche se – ad onore del vero – molte delle portate sono sufficienti per due persone ed alcune è previsto già in carta che siano per due persone.  Di fatto il costo medio delle pietanze è in linea con altri ristoranti, che però sono nel centro di Palermo ed hanno una loro storia consolidata. Un’altra criticità riguarda la mise en place, ancora in via di definizione ma che al momento prevede tovaglieziatiticassatatte e tovaglioli in TNT: un allestimento che stride poi con la qualità ed il costo delle portate, e con i pregevoli servizi di piatti di Villeory & Boch e dei bicchieri davvero belli. In compenso la Allegri ascolta con interesse i suggerimenti, chiede un po’ di tempo per sistemare tutto al meglio e confessa una punta di amarezza: la sua cucina è davvero buona, e meriterebbe di essere conosciuta ed apprezzata. Di fatto lei organizza serate a tema che riscuotono un notevole successo, anziatititiramisuche grazie alle campagne sui social. Il vero problema è in funzionamento del ristorante senza particolari incentivi come, appunto, l’evento a tema. Da ripensare il servizio  di sala, tenuto conto della grande difficoltà a  reperire personale qualificato in loco.  In conclusione, Zia Titì è un luogo accogliente, con una buona cucina genuina ma molto curata, dalle atmosfere calde e confortevoli, adatto a cene romantiche, a piccoli gruppi e ad una clientela variegata.  Poco accessibile ai portatori di handicap è invece adatto anche ai bambini, a feste e cerimonie in particolare nel giardino interno durante la bella stagione. Un pasto completo, dall’antipasto al dolce con le bevande, ha un costo a persona che si aggira intorno ai 65/70 euro, che è decisamente un costo sostenuto. Ma è possibile spendere molto meno dividendo le portate, dato che sono particolarmente abbondanti e che la chef è assai disponibile a dividere una porzione in due piatti. Insomma, Zia Titì val bene una breve gita fuori porta, in special modo se si ha voglia di gustare i piatti della tradizione laziale che in questo locale si esprimono veramente ad un ottimo livello, così come un ottimo pesce locale.

Alessandra Verzera

 

 Scheda

Patron e cucina : Tiziana Allegri

Coperti: 30/35 (in) –   <100 (out )

Range:  Medio

Categoria: Ristorante tradizionale e di cucina laziale

 

Ranking (*)

Location: 3.5

Cibo: 3.5

Carta Vini: 3.5

Presentazione: 3

Servizio: 2.5

Mise en place: 2.5

Atmosfera: 4

Allestimenti: 3.5

(*) Legenda :

1 = pessimo
          2 = scadente
          3 = sufficiente
         4 = ottimo
            5 = eccellente.

Con L’ Ottava Nota la sinfonia è perfetta

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ottavanotasalaNon ho mai iniziato una recensione valutando in primis il servizio ed il personale di sala, pur essendo da sempre convinta che un buon personale a contatto con il pubblico possa determinare la fortuna, ovvero la debacle, di un’ottima cucina e –  in definitva –  il successo o la cattiva nomea del locale stesso. Un ‘ottima cucina con una sala mediocre perde moltissimo in termini di gradimento. Una cucina mediocre con un ottimo servizio sale di un piccolo gradino. Ma una cucina ottima con una sala eccellente diventa per il cliente un piacere a 360 gradi ed un’esperienza davvero ragguardevole : l’ “O” di Giotto della ristorazione, un cerchio perfetto. Questa ultima circostanza mi è capitata a L’ Ottava Nota, dove due giovani – Marco e Carlo – sono essi stessi un trademark di questo delizioso locale. Non mi era mai capitato un servizio così attento, preciso, puntuale, competente, professionale ma – al contempo – informale, giovialottavanotapanee, gaio. Insomma, il servizio in sala elevato al rango di Customer Care vero e proprio, con un’attenzione verso il cliente che parla non soltanto di professionismo vero, ma anche di amore per il proprio lavoro. E adesso, fatta questa doverosa premessa, parliamo di cibo. Noi siamo in due e veniamo immediatamente accolti con uno shottino di Bloody Mary, per accendere la serata. A seguire un sacchetto in tela con una serie di paninetti realizzati con farine di grani antichi, accompagnati da una maionese artigianale arricchita di olive verdi. ottavanotamaioneseOttimi sia i paninetti che la maionese, quest’ultima con picchi di sapidità naturali veramente gradevoli al palato. I nostri starters sono due concetti antitetici e contrari : per me la solida tradizione siciliana, con polpettine di melanzane su vellutata di pomodoro e burrata. Non a caso il piatto si chiama Made in Sicily.ottavanotapolpette Il mio commensale invece vira di qualche grado verso la Francia, scegliendo un piatto originale decisamente gradevole a base di cipolla di Giarratana su letto di crema di parmigiano e gelato, sempre al parmigiano. ottavanotacipollaBenchè sul menù sia un piatto à la mode di Oldani, io ho avvertito atmosfere e sensazioni parigine. Buono, ma appunto consueto e caro alla memoria delle papille, il mio antipasto con il suo aspetto un po’ “arruffato” : eccellente ed originale quello del mio commensale. Il primo piatto mi pone dinnanzi ad un dilemma che non riesco a risolvere: oltre alla leziosità del menù, in cui i piatti hanno nomi davvero particolari, l’offerta è di quelle che ti mettono in difficoltà. Idealmente avrei assaggiato tutto, oscillando per diversi minuti tra un “C’era unaottavanotaricci volta l’aglio, l’olio e il peperoncino” e un “Guarda che panciotto”. Non trovando soluzione alla mia indecisione scelgo di andare fuori menù, con degli spaghetti ai ricci. Eccellenti all’occhio e soprattutto al naso, al palato non deludono l’aspettativa: sono assolutamente perfetti, con ogni singolo spaghetto “vestito” del suo condimento. Una nappatura perfetta risulottavanotacarpacciotato di una manteca ad alto livello. Scelta felicissima. Il mio commensale opta invece per un secondo piatto, con un Carpaccio di suino al pepe di Giamaica. Il controfiletto di suino delicatamente affumicato è servito con lime e misticanza. Ottimo: una preparazione semplice ad esaltare una materia prima di alto livello qualitativo. Il dessert inverte le parti, con il mio commensale che si affida alla più classica delle tradizioni palermitane con il cannolo, e con me che invece esco dai confini isolani accaparrandomi un triangolone di pasta fillo farcito di crema pasticciera e pinoli tostati. Ancora una sensazione francese con questo dessert semplice in cui il gusto del burro e la friabilità della pasta fillo mi regalano una sensazione gustativa rotonda, piena, appagante. Abbiamo accompagnato il tutto con due calici: bianco fermo per me e rosso di buona struttura per il mio commensale. In definitiva, L’Ottava Nota è un locale molto piacevole, costituito da due vani contigui, dagli arredi minimal in cui tutto è perfettamente in ordine. Non adatto ai bambini, è invece ideale per cene di lavoro, di rappresentanza, cenottavanotacannoloe romantiche, piccoli grottavanotadessert1uppi di veri amanti della ristorazione di alto livello. Naturalmente non è un ristorantino economico, e del resto non potrebbe in alcun modo esserlo. Non è però neanche un locale pretenzioso, ed i suoi prezzi oscillano tra i 14 ed i 25 euro, dove il prezzo più basso riguarda gli antipasti e tutto il resto riguarda i secondi piatti, tranne un primo piatto da 25 euro che costituisce la pietanza più costosa del locale. Gli altri primi piatti partono da 15 euro. Di fatto un conto finale assolutamente adeguato al livello della cucina, del servizio e degli allestimenti. Il locale – che vanta anche un’ottima carta dei vini –  è menzionato nella guida Michelin e, allo stato attuale, credo che rappresenti una tra le migliori offerte di alta ristorazione della città di Palermo.

Alessandra Verzera

 

Scheda: 

Patron e cucina : Vladimiro Farina

Coperti: 30/35 (in) –  Nil (out )

Range:  Alto

Categoria: Ristorante Gourmet

 

Ranking (*)

Location: 4

Cibo: 4.5

Carta Vini: 4

Presentazione: 4

Servizio: 5

Mise en place: 4

Atmosfera: 4

Allestimenti: 4

(*) Legenda :

1 = pessimo
          2 = scadente
          3 = sufficiente
         4 = ottimo
            5 = eccellente.

Arancine siciliane: un piatto tra storia e mito

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arancina papagalloIngredienti per circa venti arancine: 

  • 1,300 kg di riso superfino arborio
  • 3 litri circa di brodo vegetale
  • 1 cipolla
  • 100 grammi di burro
  • 2 bustine di zafferano
  • 250 grammi parmigiano grattugiato
  • Olio di semi di arachidi per friggere
  • Pangrattato abbondante
  • Farina 00
  • Uova per la panatura

Per il ragù di carne:

  • 400 grammi tritato di carne di manzo
  • 1 cipolla
  • 100 grammi concentrato di pomodoro
  • 50 grammi di parmigiano grattugiato
  • 2 foglie di alloro
  • 2 chiodi di garofano
  • 200 grammi di piselli freschi
  • 2 dl Olio EVO
  • ½ bicchiere di vino bianco
  • Sale e pepe q.b.

Procedimento:

Preparare il risotto circa dodici ore prima di realizzare le arancine (deve essere freddo, perché per la buona riuscita delle arancine l’impasto deve essere abbastanza duro e appiccicoso). Preparare il brodo, nel quale scioglieremo lo zafferano. In un tegame capiente, fare appassire la cipolla tagliata finemente, aggiungere il riso e farlo tostarequindi, sfumare con il vino bianco e sempre mescolando, aggiungere il brodo, ben caldo, poco per volta e portare il riso a cottura, togliere dal fuoco e amalgamare il parmigiano grattugiato ed il burro. Mantecare per qualche minuto, quindi versarlo in un piatto grande e farlo raffreddare.


Procedimento ragù:

Soffriggere in un tegame la cipolla con l’olio Evo. Aggiungere il tritato farlo rosolare a fuoco vivace, facendo attenzione a sgranarlo bene con un cucchiaio di legno, quindi sfumare con il vino.

Unire sale, pepe, alloro, chiodo di garofano e il concentrato sciolto in poca acqua e i pisellie far cuocere. (il ragù, alla fine deve risultare denso, quasi asciutto) e, a cottura ultimata, il parmigiano.

Potete continuare la lettura della ricetta qui:

https://fulvioelesuericette.com/category/fritture/

 

Fulvio Papagallo

Il “genome editing”, quando il segreto dello sviluppo è racchiuso nei geni

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genome editingNegli ultimi anni nel campo alimentare si sta sempre più affermando un ritorno a metodologie quanto più possibile aderenti alla tradizione, assecondando una presa di coscienza ormai globale da parte degli addetti del settore e dei consumatori, soprattutto in un’ottica salutista e di salvaguardia ambientale. Ragion per cui, in ambito agricolo e non solo, molti guardano con diffidenza alle tendenze d’innovazione genetica che prevedono la selezione di tratti genetici migliorativi, in funzione di una migliore resa commerciale.

La questione è senz’altro controversa e pertanto va trattata con cautela.
Può la revisione del genoma di certe varietà vegetali rappresentare un rischio o una pratica invasiva che altera gli equilibri naturali?

genome editing 2A tal proposito, risale a qualche giorno fa il convegno tenutosi a Roma, organizzato alla Camera da CIA, Confederazione Italiana Agricoltori, e Fondazione Eyu, al quale hanno partecipato importanti personalità della politica, del settore agricolo e scientifico, tra cui il presidente della Commissione Agricoltura della Camera, Luca Sani, il viceministro delle Politiche agricole, Andrea Olivero, il presidente della Cia, Dino Scanavino, nonché rappresentanti del mondo della ricerca.
Al centro dell’incontro la tecnologia del “genome editing”, metodo che permette di selezionare esclusivamente le caratteristiche più produttive delle piante, senza però l’introduzione di tratti estranei nel genoma, come avviene invece nel caso degli OGM, gli Organismi Geneticamente Modificati, per l’appunto.

Non si tratterebbe, quindi, di snaturare le varietà vegetali, ma semplicemente di trarne il meglio, comportando non solo una maggiore produttività, ma anche una riduzione dell’impatto ambientale, con un minore consumo di prodotti chimici, di acqua e suolo. Il genome editing, infatti, focalizza la propria azione esclusivamente sul genoma, senza alterazioni sulla qualità o sulle varietà tipiche del territorio.
Tutte caratteristiche che, secondo gli esperti, si sposerebbero perfettamente con lo scenario italiano: “Il genome editing – hanno affermato Cia e Fondazione Eyu – può permetterci di mantenere le nostre varietà tradizionali e la nostra competitività sui mercati, aumentando al contempo sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Logo-Cia-Tanto più che è una tecnologia semplice e di facile utilizzo che non richiede grandi investimenti, ideale per essere sfruttata dalla ricerca pubblica e dalle piccole imprese”.

Un’occasione, insomma, quella del miglioramento genetico che rappresenterebbe una svolta non solo in campo agricolo, consentendo lo sviluppo di piante più resistenti alle patologie e ai mutamenti climatici, ma anche nella medicina umana, come ad esempio nella lotta contro il cancro, come già specificato sul magazine on line della Fondazione Umberto Veronesi.
Ad incorniciare il dibattito degli ultimi mesi, tra l’altro, è la pubblicazione del libro “E l’uomo creò l’uomo: Crispr e la rivoluzione dell’editing genomico”, a firma di Anna Meldolesi. Testo che esalta questa tecnica selettiva e le relative potenzialità, rivendicando una sorta di rivoluzione benefica in seno al mondo scientifico, non senza una questione etica sollevata dalla società civile.
Il genome editing, insomma, come una correzione di bozze nel testo genomico di prossima pubblicazione.

Ora non resta altro che aspettare che l’Unione Europea modifichi la normativa vigente, rendendo accessibile queste nuove tecnologie anche nel vecchio continente.

Serena d’ Arienzo