Questo locale mi era stato segnalato come il migliore nella città di Nicosia per cui, effettivamente, mi sono recata a pranzo di domenica con un’aspettativa abbastanza alta, pur in considerazione del fatto che si tratta di un piccolo centro in cui la scelta è essenzialmente molto ridotta. Il locale si trova in pieno centro, sulla via Umberto, ma il dehor era in disarmo anche se ho poi compreso che quasi certamente viene allestito nelle ore serali per la cena, anche perchè quella particolare giornata era molto calda. L’ingresso al locale è un po’ opprimente. Di fatto sembra tutto tranne che un ristorante: più che altro un bar tavola calda con cucina da asporto. Invece alla sinistra di un corridoio stretto e piuttosto angusto c’è la sala ristorante. Quando arrivo sono da sola, il che mi mette sempre in allarme. Dopo una decina di minuti però sono arrivati due gruppi: uno costituito da un paio di famiglie del posto e l’altro da un gruppo di turisti. A conti fatti la sala è quasi piena. Il menù è misto, carne e pesce, e la scelta è abbastanza ristretta: il che, di per sè, può essere anche un punto a favore perchè suggerisce una cucina espressa. Ordino una caprese con mozzarella di bufala nicosiana. Una porzione francamente aberrante con la quale avremmo potuto mangiare in tre, ed infatti più della metà è rimasta nel piatto. Questa è una circostanza che io detesto, perchè parla di sprechi alimentari insopportabili specie in momenti congiunturali di gravi difficoltà economiche come quelli attuali. Ad ogni modo, il prezzo applicato è più che onesto. Conosco molto bene la mozzarella di bufala di Nicosia: questa era fresca, ma avrebbe beneficiato di una permanenza fuori dal frigo di almeno un paio di ore prima di essere servita, dato che era molto fredda e troppo “compatta” per rilasciare il latte che di solito gronda copioso da una mozzarella fresca. Il pomodoro è locale, ben maturo, dolce e molto piacevole. Il mio primo piatto si orienta verso la tradizione nicosiana, ed ordino un piatto di “maccarruna“, dei bigoli più grossi dei normali bigoli, di pasta fresca che normalmente vengono serviti con il ragù: questa volta il condimento era una sorta di pseudo Norma, e quindi sugo di pomodoro e melanzane fritte. Il sugo molto buono, ma la pasta – ancora una volta – in quantità esagerata ma soprattutto ben oltre i tempi di cottura ottimali. Devo a tal proposito aprire un breve inciso. Quasi sempre a Nicosia ho gustato pasta al limite del tempo di cottura edeguato, in taluni casi addirittura scotta. Normalmente sarebbe il primo appunto negativo in qualsiasi mia recensione ma, avendo capito che non può trattarsi di un caso, ho fatto un giro di sondaggio tra i nicosiani: pare che a loro la pasta piaccia molto cotta e che quindi i ristoratori si adeguino al palato locale. In effetti pasta che io ho lasciato nel piatto quasi per intero in altri locali, dal mio commensale nicosiano è stata divorata con gran gusto : il che probabilmente da ragione a quanto ho appreso nei miei giri di opinione tra i clienti dei locali. I miei maccarruna rimangono comunque nel piatto quasi per intero, mentre ho raccolto piacevolmente il sugo accompagnandomi con un buon pane casereccio. Dato il mio rifiuto quasi maniacale di consumare del pesce in luoghi in cui non c’è il mare, la scelta del mio secondo cade su una cotoletta di vitello alla palermitana. Già nel nome c’è un’imprecisione dato che la cotoletta classica prevede il passaggio nell’uovo, poi nella panatura e la conseguente frittura in abbondante olio o ancora meglio nel burro, e che quello alla palermitana tradizionale è invece l’arrosto panato, e dunque senza uovo nè frittura ma con una impanatura veloce e leggera ed una cottura alla griglia o al limite al forno con aggiunta di un filo di olio al momento del servizio. Ad ogni modo, sono consapevole del fatto che la denominazione di “cotoletta” è assai diffusa, e che esistono anche quella messinese e quella catanese. Bene. Dell’arrosto panato alla palermitana tradizionale quella fettina in effetti aveva ben poco: ma aveva dalla sua il fatto di essere veramente eccellente. Una panatura abbastanza compatta ma soprattutto magistralmente aromatizzata ed arricchita di erbe ed odori che la rendevano veramente gustosa ed invitante, anche se l’eccesso di olio di frittura sarebbe stato meglio tamponarlo velocemente con carta assorbente prima di servire il piatto. Prezzemolo, origano, menta ed un sospetto di aglio allietati da un buon filo di olio evo. Molto profumata, di giusta e gradevole sapidità. Il pangrattato era effettivamente ottenuto da pane, e non era industriale: e questo si evince abbastanza facilmente osservando i granuli irregolari laddove un pangrattato industriale è a grana assolutamente uniforme e molto fine. La carne sotto la panatura era molto tenera, veramente ottima. Il limone però è più gradevole quando ne viene servito metà e non un quarto, come in questo caso. Avrei accompagnato volentieri questo piatto a delle patate, ma non erano disponibili. Non mi viene proposto il dolce e passo quindi al caffè. Buono. In conclusione, il Quadrifoglio è un locale di cucina casereccia senza nessuna pretesa gourmet in cui la materia prima è di buona qualità ed è trattata in modo molto casalingo. Il servizio è informale ancorchè molto gentile e discreto, ma la sala andrebbe ripensata come forse andrebbe rivisto l’impianto elettrico dato che il contatore si staccava molto spesso lasciando gli avventori al caldo ed in penombra. Gli allestimenti sono datati e gli arredi confusionari e credo proprio che un’opera di facile restyling gioverebbe molto al locale facendogli meritare l’appellativo di ristorante che ad oggi a chi scrive sembra eccessivo dato che sia per la composizione del menù sia per l’allestimento degli ambienti siamo in presenza di una trattoria. Adatto alle famiglie, il Quadrifoglio serve con soddisfazione la clientela locale, ma dovrebbe guardare anche al turista e a standard più elevati di accoglienza, di servizio e di decoro che chi arriva da fuori Nicosia magari si aspetta di trovare nel primo ristorante della città, indicato come tale. Adatto anche a gruppi di giovani dato che servono anche la pizza che è cotta in forno a legna. Il conto è abbordabile ma in linea con la media della città: per un antipasto, un primo, un secondo, mezza acqua e un caffè, ho pagato 20 euro. Cifra che reputo onesta soprattutto in considerazione della buona qualità della materia prima.
Alessandra Verzera
Scheda:
Coperti: 30/35 (in) – 20/30 (out )
Range: Medio basso
Categoria: Trattoria
Ranking (*)
Location: 2.5
Cibo: 3.5
Carta Vini: ND
Presentazione: 2
Servizio: 3
Mise en place: 2
Atmosfera: 2
Allestimenti: 2
(*) Legenda :
1 = pessimo 2 = scadente 3 = sufficiente 4 = ottimo 5 = eccellente.