Ristorante Nabucco Brera – Milano –

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A pochi passi dalla Scala di Milano, alle spalle del Castello Sforzesco, si trova Brera, quartiere che da sempre affascina artisti di ogni genere: musicisti, pittori, uomini dai destini stravaganti, alla ricerca del piacere dello spirito e del corpo. Originariamente Brera era punto d’incontro per vagabondi e mercanti, scrittori affermati e poeti maledetti (Es.Ca.)

E’ qui che trovavano l’ispirazione, fra donne prorompenti, abili affariste notturne fra gioco d’azzardo e promesse d’amore. Oggi, di quella Brera diffamata, rimane solo un lieve ricordo: di giorno è frequentata da studenti dell’Accademia di Belle Arti avvolti in abiti colorati e professori universitari. E’ di notte, però, che Brera abbandona il caos della metropoli e si catapultata a fine Ottocento, avvolta da una lieve luce di lampade ad olio che illumina venditori di quadri riesumati da chissà quale soffitta, libri antichi e copie rare.

All’ingresso di Brera, in via Fiori Chiari, sorge il Ristorante Nabucco, fra vicoli abitati da maghe ed indovini, lettori di carte e oracoli, piume di struzzo e interpreti dell’incerto futuro. Appena due secoli fa era il bordello più famoso di Milano, durante la Grande Guerra si trasformò in osteria per soldati e forestieri. Oggi, il Nabucco è uno dei più prestigiosi ristoranti milanesi frequentati dalla ‘Milano bene’. Timidamente si presenta: romantici tavolini esterni, all’occhio quasi fin troppo modesti. Che sia sintomo di insofferenza, un segnale, di quella malinconia borghese sospirante contro l’incalzare del tempo e la mercificazione delle arti? Ecco, Nabucco come oasi, un’oasi di ristoro per gli occhi e per il palato, lontano dall’omologazione standardizzata e volgare delle masse. Il menù è una sinfonia di Verdi e le portate scorrono una dietro l’altra, in un crescente divenire melodico.

Per antipasto fiori di zucca soffiati ripieni di ricotta, pepe e cannella, spezie simbolo della colonizzazione d’Oriente di inizio secolo scorso, e un’insalatina di pomodorini pachino e rucola all’arancia accompagnati da pesto alla genovese, completati da un assaggio di mirabile polenta e funghi porcini. Come dire: ecco il Bel Paese di inizio Novecento, il Risorgimento di un popolo e della sua tradizione, all’alba dell’Unità d’Italia e in procinto di far innamorare il mondo di sè con i prodotti della terra, da Nord a Sud. Per primo, tortelli di pasta fresca all’uovo ripieni di carne e bologna: sembra d’essere nella più umile delle botteghe dell’Emilia Romagna. Ma poi, a completare il tutto, arriva lui, il tocco di classe: tartufo bianco.

L’essenza del Nabucco sta in questo piatto: delicatamente snob, ma sobrio. E finalmente i capolavori che hanno reso il ristorante di via Fiori Chiari celebre in tutto il mondo: l’ossobuco, il risotto alla milanese e la cotoletta. Milano e la sua nebbia è in questi piatti: la carne dell’ossobuco è così tenera da confondersi tra la purea di carote con cui è accompagnato, lo zafferano del riso è giallo oro come la guglia della Madonnina, la cottura della cotoletta alla milanese impeccabile.

 Per terminare, i dolci: Tarte des Demoiselles Tatin di mele e pannacotta. Il tutto accompagnato da una Barbera Prunello Dop del 2005 dell’Oltrepo Pavese, imbottigliato presso la fattoria Cavanon di Brescia.La volgarità del fritto dei fast food americani sono distanti anni luce, nulla tocca l’armonia autentica del Nabucco, al tempo stesso umile e chic. Attori e registi che un’ora prima erano in scena allo Strehler, direttori d’orchestra e ballerine. Donne e uomini della ‘Milano bene’, impellicciati e avvolti da gioielli di perle, regali della zia moglie del colonnello d’Etiopia; la nonna che la domenica a pranzo porta i nipotini a mangiare la cotoletta alla milanese, esattamente come suo padre, avvocato, faceva con lei a inizio ‘900 (e come solo il Nabucco da decenni riesce a presentare nel piatto). Ma anche imprenditori tedeschi e borsisti americani, italiani entrati in affari nell’ultimo decennio e venticinquenni dell’Est attratte dalle luci del successo. I borghesi di ieri e i ricchi di oggi si ritrovano in questo ristorante, in cui mediamente bevande escluse, si spende 45 euro a testa. Una clientela variegata e dai forti contrasti, tutta accolta dallo staff di Giorgio, elegante e cortese direttore di sala: ama il Nabucco come fosse metà del suo corpo, con professionalità coccola i commensali come se stessero realmente entrando in casa sua, ospiti attesi in un mondo lontano dalla degradazione urbana della città, lontano dai cartelloni pubblicitari di multinazionali, lontano dalle mode effimere che vengono e vanno.

 

Ester Castano

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