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Quando anche il vino è vegano. Da prodotto di nicchia all’Osservatorio VEGAN OK

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vino-veganoIl vino è un piacere della tavola a cui in pochi sono disposti a rinunciare. Convivialità e tradizioni del territorio sono dei valori che contraddistinguono lo stile di vita di molti, soprattutto in Italia, compresi quanti hanno deciso di abbracciare nuove filosofie alimentari, come il veganismo. Partendo dal totale rifiuto di qualunque forma di sfruttamento animale, sia per fini alimentari, che di abbigliamento o intrattenimento, i vegani escludono dalla propria dieta tutti i cibi di origine e derivazione animale. Cosa che, a un primo sguardo, non parrebbe affatto in conflitto con il consumo di vino… E invece non è così.
Contrariamente a quanto si possa pensare, infatti, il “nettare di Bacco” può prevedere l’uso, come previsto dalle normative vigenti, di sostanze di origine animale a tutti i livelli di produzione, quali tra gli altri la colla di pesce, l’albumina, la caseina o il sangue di bue.
Da qui, la nascita di un filone enologico vegano, che fa leva sulle esigenze dei consumatori e sulla lungimiranza dei produttori, e che propone genericamente un prodotto proveniente da agricoltura biologica o biodinamica certificata, vendemmiato secondo metodologie tradizionali, senza l’uso di sostanze organiche nel processo di coltivazione delle viti e di lavorazione del vino.
logo_icea_vettorialeUna visione, quella vegana, che mette al centro il concetto del cruelty free, allargando la propria filosofia anche all’uso della forza lavoro animale durante i processi di lavorazione. Così, se da un lato alcuni produttori biodinamici riscoprono la tradizione della terra tornando ad usare il cavallo durante la coltivazione, dall’altro i vegani si battono per un uso esclusivo del trattore, contrari ad ogni tipo di sfruttamento animale.
Nel nostro Paese esistono diversi enti preposti alla certificazione “vegan” i quali, grazie a una serie di controlli sui prodotti, consentono una più semplice individuazione da parte dei consumatori interessati. Tra questi ad esempio vi è l’ICEA, Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale, che in collaborazione con la LAV, Lega antivivisezione, ha definito non solo uno specifico iter disciplinare per l’eliminazione di ogni sostanza di origine animale nella lavorazione del vino, ma anche delle specifiche indicazioni da riportare sull’etichetta, nell’intento di non snaturare il prodotto anche nell’abbinamento con i cibi, vietando l’accostamento del vino vegano a carni, formaggi e uova.
veganokPromosso dall’Avi, Associazione Vegetariana Italiana, invece è il marchio Qualità Vegetariana Vegan®, che viene concesso in uso alle imprese solo dopo l’ottenimento della certificazione da parte di un ente terzo indipendente, ovvero Csqa-Certificazioni. Quest’ultimo infatti garantisce, tramite verifiche ispettive, l’effettiva assenza di derivati animali, non solo nel prodotto, ma anche nel packaging e nel confezionamento.
Diverso, invece, è il caso del marchio italiano VEGANOK. In questo caso, si tratta piuttosto di un’autocertificazione da parte delle aziende vinicole attraverso il marchio dato loro in concessione. E’ quindi l’azienda stessa a garantire, sotto la propria responsabilità civile e penale, che uno specifico prodotto sia conforme al disciplinare VEGANOK, consultabile sul sito www.veganok.com
Sempre sulla scia dell’autocertificazione, per coloro che vogliono segnalare la natura vegana del proprio prodotto, è possibile menzionare in etichetta il Regolamento Europeo 1169/11, art. 36, sotto la propria responsabilità in termini legali.
Secondo il settimanale economico del Gambero Rosso, il fenomeno del vino vegano è tutt’altro che una moda passeggera, con consumatori che sono triplicati nell’ultimo anno e un giro di affari di ben 6 milioni di euro. In virtù di tali evidenze è stato istituito di recente l’Osservatorio VEGAN OK, che si preannuncia essere, da questo momento in poi, un vero e proprio punto di riferimento sul tema.
Entrando nel dettaglio, sarebbero già 37 le aziende italiane in possesso della certificazione VEGAN OK, a cui vanno aggiunte quelle il cui processo di acquisizione è ancora in itinere. Tra le regioni apri fila figurano la Toscana con il 28% delle certificazioni, l’Abruzzo con il 20%, il Piemonte con il 17%, il Trentino con il 9,3% e la Sicilia col 7%.
Pur essendo un fenomeno i cui contorni sono ancora in via di definizione, ciò che appare chiaro è l’interconnessione tra biologico-biodinamico e vino vegano, secondo una prospettiva che fa dello stile di vita salutista e rispettoso dell’ambiente una prerogativa importante.

Serena d’Arienzo

Primizie d’autunno, tutti i benefici di frutta e verdura di stagione per un migliore stile di vita

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castagneCon l’arrivo dell’autunno la tavola si colora di toni caldi e sapori avvolgenti, ognuno dei quali nasconde un segreto che non aspetta altro di essere scoperto e assaporato. Non soltanto un piacere per il palato, ma una fonte inestimabile di risorse per l’organismo, soprattutto se ci si addentra in quei mesi dell’anno che inevitabilmente portano con se’ qualche malessere o calo di energia. Frutta e verdura di stagione offrono, infatti, un aiuto naturale per affrontare in maniera salutare i mesi più freddi dell’anno.

full_Fall_20FoodsBenvenuto autunno: vantaggi e benefici dei frutti di stagione.
Fichi, mele, uva, melograno e ancora carote, broccoli, cavoli e zucche sono solo alcune delle tipicità autunnali dalle straordinarie proprietà nutrizionali e organolettiche.
Il progetto Fruit24 ha fatto del rispetto delle stagionalità la propria missione educativa, tanto da suggerire sul proprio sito, www.fruit24.it, una dieta ispirata su questi principi.
Ecco i suggerimenti per i mesi autunnali e i consigli dell’esperto nutrizionista, Giorgio Donegani, per un pieno di energia vitaminica lungo tutta la giornata.

Perfetta per iniziare la giornata con una sferzata di energia è l’uva, che grazie ad acido fosforico e silicio, è indicata anche come rinvigorente del sistema nervoso per allontanare la tristezza tipica dell’autunno.
meleLa mela, indicata come spuntino, è efficace contro la stanchezza e l’irritabilità.
A pranzo si continua con i cavoli, ricchissima fonte di antiossidanti dalle note proprietà antitumorali, proseguendo la giornata grazie alle qualità energizzanti delle castagne che donano minerali all’organismo e contrastano la fatica.
Si chiude in bellezza con la zucca, ideale a cena per il basso apporto calorico, nonché vera e propria miniera di carotenoidi, fondamentali per la salute di pelle, occhi, ossa e denti, oltre a contribuire al miglioramento delle funzionalità nervose e cardiache.
Eccellente digestivo, il radicchio, risulta efficace anche contro la gastrite proprio in virtù delle tipiche note amare che stimolano la digestione e migliorano la funzionalità del fegato.
In generale, poi, contro gli abbassamenti di umore che l’autunno porta con se’, un valido aiuto viene dalle vitamine PP e quelle del gruppo B.

Cover_Interne_ok1--1024x509Fruit24, un progetto di educazione alimentare
Che la frutta e la verdura facessero bene, è risaputo. Tuttavia, ciò che ancora stenta ad entrare a far parte delle abitudini alimentari riguarda non solo il “quanto”, in riferimento ai preziosi apporti vitaminici, ma anche il “quando”, puntando i riflettori su un fattore per troppo tempo trascurato, ovvero il rispetto della stagionalità dei prodotti della terra, in un’ottica tanto salutista quanto ecologica.
castagne2Una priorità per alcuni tanto da ideare un progetto formativo come “Fruit24”, promosso da APO CONERPO, la più importante associazione di produttori ortofrutticoli, finanziato dall’Unione Europea e dal Ministero delle Politiche Agricole. L’obiettivo è quello di sensibilizzare all’assunzione di frutta e verdura, informando il consumatore sulle loro proprietà benefiche, specificando il calendario delle primizie mese per mese, e suggerendo inoltre menu e ricette ispirati alle stagioni e per i diversi momenti della giornata.
Uno stile di vita che oltre ad essere sano e rispettoso della ciclicità della natura, possiede vantaggi anche sotto il profilo economico, consentendo di risparmiare anche sulla spesa di ogni giorno.

 

Serena d’Arienzo

BioSpremi®: l’attrezzatura per l’estrazione olearia che non c’era.

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MI17_social-foto_b_okBioSpremi® parteciperà a Smau Milano 2017 dal 24 al 27 ottobre. BioSpremi® progetta e produce una attrezzatura per l’estrazione olearia di qualità, per frantoi ed aziende agricole, con altissima capacità di personalizzazione richiesta del cliente.

Dopo aver vinto numerose competizioni come Start Up, BioSpremi® è stata premiata a Luglio 2017 tra le 35 realtà innovative italiane al Premio Gaetano Marzotto, oggi giunge all’importante tappa di Smau Milano 2017 dove presenterà la grandiosa innovazione da poco sul mercato, frutto di anni di ricerca sul campo oleario, titolare di un brevetto che ne connota il valore innovativo, traducendosi in uno scatto di tecnologia che rappresenta una rivoluzione nel settore.
BioSpremi (Render4.1)In occasione di Smau, BioSpremi® presenterà la sua rivoluzionaria attrezzatura, unica per caratteristiche estrattive e possibilità di personalizzazione, rivolta sia ai piccoli produttori olivicoli sia ai grossi frantoi conto terzi, grazie alla sua facile scalabilità e personalizzazione in moduli separati.
BioSpremi® si propone di coniugare il lavoro fatto in maniera artigianale con le necessità dei tempi ridottissimi della produzione di olio. Oggi in Italia, seconda nazione in Europa per la produzione di olio, esistono due metodi produttivi: il metodo a presse e quello a centrifuga, BioSpremi® si colloca come dialogo tra le due, dando così un prodotto di qualità, a costi di gestione ridotti –  un solo operatore e senza consumabili –  con impatto bassissimo sull’ambiente – risparmio idroenergetico del 40 –  incremento produttivo di olio (20% in più), producendo una sansa asciutta e pronta alla combustione domestica, tutto con un costo di attrezzatura inferiore alle due concorrenti esistenti.
la grecaI visitatori interessati a saperne di più sulla rivoluzionaria BioSpremi® potranno incontrare Dina La Greca, Co-founder di BioSpremi®, Giuseppe Spallina e Luigi Di Stefano, presso lo stand A12 Pad 4. Informazioni su BioSpremi®,è una Start Up fondata nel 2017 con l’obbiettivo di introdurre una tecnologia meno invasiva e più produttiva sul panorama, ancora troppo statico, delle attrezzature per l’estrazione alimentare; sì perché BioSpremi® si può anche implementare su altre categorie merceologiche come altri semi da olio o frutti da succo, differenziandosi per snellezza di attrezzatura e anima GREEN. Nata dall’idea di un frantoiano geniale, oggi si diversifica per spiccate capacità progettuali interne, presentando soluzioni mai pensate, mirate alla riduzione dei consumi idrici ed energetici, all’eliminazione dell’inquinamento dovuto all’asciugatura dello scarto, facilitando il cliente nel processo di adozione della nuova tecnologia come soluzione di dialogo tra Ambiente e Industria, possibile solo con BioSpremi.
Per saperne di più :  www.biospremi.it

 

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Slow Wine: La viticoltura è l’avanguardia dell’agricoltura

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Slow-Wine-cover_2018«Incontrare i viticoltori, conoscere la viticoltura italiana è fondamentale per capire dove sta andando tutto il settore agricolo. In particolare, sono loro che ci stanno indicando quale direzione sia necessario prendere per ridurre l’impatto dell’uomo e dell’agricoltura sull’ambiente. In questo i nostri vigneron sono l’avanguardia di tutto il settore agricolo. Perché sono riusciti più di tutti a valorizzare i terreni vocati, e a mettere in atto quella che per Slow Food è la strategia di marketing più efficace: il racconto minuzioso e senza veli di tutto il processo produttivo Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, saluta così la platea di oltre quattrocento produttori arrivati da tutta Italia per festeggiare insieme a Slow Food l’edizione 2018 di Slow Wine, la guida che racconta l’Italia del vino (e non solo) edita da Slow Food editore. Una guida che da sempre non si limita a recensire i vini in base alla mera degustazione, ma che visita tutte le aziende censite, lungo i filari e in cantina con i produttori.

PascaleOtre trecento collaboratori hanno girato tutta Italia assaggiando oltre 24 mila vini per recensire alla fine le 1947 cantine che trovate in guida, coordinati da una redazione che, curatori a parte, conta sulle forze di una robusta redazione composta da Fabio Pracchia, Jonathan Gebser e Davide Panzieri.

«Il nostro giudice ultimo è il lettore finale. Per questo scriviamo una guida che vogliamo sia di facile accesso anche per chi, per quanto appassionato, si sta avvicinando al mondo del vino e ha bisogno di qualche dritta. E poi Slow Wine può essere un compagno di viaggio: segnaliamo infatti anche quelle cantine che offrono accoglienza e ristorazione», sottolinea Giancarlo Gariglio, curatore insieme a Fabio Giavedoni della guida: «È in questo contesto che si devono leggere le numerose indicazioni contenute dalla nostra guida. Tra queste ci sta particolarmente a cuore quella del Vino Quotidiano: per noi queste etichette hanno pari dignità dei grandi vini, perché si rivolgono a tutti. Proprio quest’anno è stato più complicato individuarli: non è facile stare sotto la soglia dei 10 euro con situazioni climatiche e ambientali sempre più complicate soprattutto a Nord, dove si fa agricoltura di pendenza. E l’annata 2017 non ci renderà la vita facile l’anno prossimo: con l’impennata del prezzo dell’uva temiamo incremento del 10, 20% del vino artigianale».

logo-fisarIn questo lavoro di ricerca e selezione è stata importante la collaborazione della FISAR: «Oggi, con la presentazione della guida Slow Wine 2018, FISAR torna a scrivere insieme a Slow Food un nuovo capitolo di una storia che si rinnova per altri tre anni nell’augurio di un sodalizio sempre più operativo e duraturo. Una partnership che racconta, con competenza e passione, tutte le storie e gli “attori” che hanno fatto grande il patrimonio vitivinicolo del nostro Belpaese», dichiara Valerio Sisti, consigliere FISAR.

Presentata la guida, i curatori pensano già alle sfide future: «Vogliamo esportare il metodo Slow Wine in altre parti del mondo. Quest’anno abbiamo iniziato con la California, ma vorremmo riuscire a lavorare anche in altri Paesi in Europa. Ma la vera sfida che affrontiamo ogni giorno è quella di essere sempre più informati e presenti, e concentrarci sempre più per avere un quadro più completo possibile della catena di produzione in tutte le sue fasi. vino3Se, come abbiamo fatto noi, si sposta l’attenzione dal bicchiere alla vigna, se si va oltre la mera degustazione e analisi sensoriale, sono richieste conoscenze tecniche e agronomiche più precise. A maggior ragione con il cambiamento climatico in atto. Insomma siamo consapevoli di dover studiare e conoscere un’enologia e un’agronomia che si dovrà adattare a questi fenomeni».

Un dato che vogliamo segnalare è sicuramente l’aumento delle cantine biologiche o in conversione. Otto anni fa, anno della prima edizione della guida targata Slow Food, era difficile trovare aziende che si avvicinassero a colture biologiche e naturali, soprattutto al Nord, mentre oggi il diserbo è praticamente assente. Un passo avanti incredibile: è del 60% l’incremento delle aziende biologiche o biodinamiche recensite in guida rispetto alla prima edizione. Una crescita determinata sopratutto della conversione delle aziende del Nord, una volta meno propense a rischiare a causa di condizioni climatiche meno vantaggiose rispetto al Sud.

 

Le eccellenze Umbre conquistano il Texas. Umbria in Sugar Land, il progetto del “Cuore Verde d’Italia”

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Umbria in Sugar Landa Chefs copyCome dicono gli americani “Let’s give a big round of applause” al successo ottenuto dalla prima edizione del Progetto Umbria in Sugar Land, in attuazione del protocollo d’intesa siglato dalla Regione Umbria, dalla Città di Spello, dal Festival del Cinema di Spello e dei Borghi Umbri e dalla Città di Sugar Land e dalla Fort Bend Chamber of Commerce.

Tiziana Ciacciofera Triolo, Donatella Cocchini, Manuela Tentoni, Patrizia PapijpgLa settimana scorsa ha visto una delegazione del Cuore Verde d’Italia volare oltreoceano per dar vita alla prima edizione di uno spin-off del Festival del Cinema Città di Spello ed i Borghi Umbri, che vede il cinema come punto di unione tra le eccellenze del comparto agroalimentare Umbro e il mercato Texano.
Il progetto nasce dal cuore e dall’amore per la propria regione di due donne, Donatella Cocchini, Presidente dell’Associazione Aurora e organizzatrice del Festival, e Manuela Tentoni, cresciuta a Perugia e oggi residente a Houston, e dalla determinazione, a noi molto nota, del nostro Responsabile Esteri Tiziana Ciacciofera Triolo, che per il progetto è il Direttore per gli USA.
Tiziana Ciacciofera TrioloLa missione della delegazione, però, non è solo legata alla cinematografia ma, come detto, anche alla valorizzazione di tutte le eccellenze umbre.
Sugar Land e il Texas sono tra le aree con la più grande crescita economica e demografica degli Stati Uniti”, spiega Tiziana Ciacciofera Triolo. Da qui la scelta proprio di questa città, alle porte di Houston, come sede della prima edizione del Festival. “Tra gli obiettivi – continua la Ciacciofera Triolo – quello di potenziare l’incoming turistico verso l’Umbria che ha inserito il mercato degli Stati Uniti d’America come obiettivo di interesse specifico, e la creazione di rapporti commerciali per le aziende dell’agroalimentare e del vino”.
Sindaco di Sugar Land ZimmermannMolti gli incontri avvenuti durante il corso della settimana grazie al grande contributo e supporto dato al progetto dal sindaco di Sugar Land, Joe R. Zimmermann, e dalla presidente della Camera di Commercio di Fort Bend, Keri Schmidt. Ad accogliere calorosamente la delegazione umbra è stata un’intera comunità, come testimoniano le foto della VIP Dinner alla quale hanno partecipato esponenti della comunità locale e Italiana, compreso il giudice della Contea di Fort Bend, Robert E. Hebert, che ha consegnato alla presidente Cocchini una proclamazione attestante il rapporto di collaborazione instauratosi tra il Festival e il Texas attraverso il progetto “Umbria in Sugar Land’. La cena, gentilmente offerta da Amalfi Ristorante Italiano & Bar, Ristorante Cavour – Hotel Granduca Houston, Ristorante Quattro – Four Seasons Hotel Houston, e Remington Restaurant – The St. Regis Houston, è stata preparata anche con l’ausilio dei prodotti umbri messi a disposizione dalle aziende partecipanti alla missione.
da destra Il Sindaco di Spello Moreno Landrini e per il Tartufo di Paolo Chiara Mori e Patrizio BerichelliDiversi anche i momenti istituzionali che hanno segnato la visita umbra, come l’incontro con la Console Generale d’Italia a Houston, Elena Sgarbi, e quello con il presidente della Texas Association of Business, Chris Wallace. La visita presso la capitale Texana è stata guidata dal referente per Austin del Progetto, Patrizia Papi. “Il presidente Wallace ha espresso grande entusiasmo per le diverse opportunità commerciali che potranno nascere tra le aziende umbre e quelle Texane” spiega la Papi.
Si sono svolti incontri importanti con diverse realtà economiche che operano sul territorio: dalle texane OcuSoft e Ben E. Keith, all’italiana Omb Valves, fino ad arrivare al Texas Medical Center di Houston” spiega Donatella Cocchini. “Senza dimenticare l’incontro tra i produttori umbri del comparto del vino, dell’olio, dei cereali e del tartufo con ristoratori e distributori americani” continua la Cocchini.
Il Tartufo di PaoloDiversi i momenti dedicati alla degustazione dei prodotti delle aziende presenti per i ristoratori e distributori americani”,  precisa Keri Schmidt, Presidente della Fort Bend Chamber of Commerce. Le aziende Umbre che hanno partecipato alla missione sono: per il Vino le Cantine Collesole, San Rocco, Castello di Corbara, Morami, Heart of Italy e Le Cimate. Per gli Oli le Aziende Tega, Terre di Grifonetto e Bacci. I tartufi freschi e conservati de Il Tartufo di Paolo, i legumi e conservati di Fertitecnica, le farine di Spigadoro –  lavorate in loco dallo Chef dell’Università dei Sapori di Perugia –  nonché  il Consorzio Norcia in my heart.
Oli TegaA comporre la squadra umbra, oltre ad Donatella Cocchini e Agnese Cerquaglia, anche il sindaco di Spello, Moreno Landrini, la dirigente dell’ufficio Affari Europei e Relazioni Internazionali della Regione Umbria, Anna Ascani, il Presidente del Parco 3A-Pta, Massimiliano Brilli” spiega Manuela Tentoni, Direttore d’Area per il Texas. “Questo progetto rappresenta un occasione unica per la promozione delle eccellenze Umbre, e non solo del comparto Agroalimentare, non dimentichiamo tutti gli artisti Umbri che hanno offerto le loro opere per la mostra che si è svolta in Texas, Gallenghi, Giacometti, LaNoce, Onorati, Ottaviani, e Tini” continua la Tentoni.
Pranzo B2B“L’augurio – ha dichiarato in chiusura del Festival il Sindaco di Spello Moreno Landrini è che i cittadini e le attività del nostro territorio possano instaurare occasioni di approfondimento e di incontro con nuove opportunità consolidando relazioni reciproche in ambito culturale, economico e sociale”.
E dunque, tra un film e i seminari educativi, l’Umbria fa conoscere agli USA i suoi prodotti tipici con l’auspicio che si possano instaurare nuove opportunità e che si consolidino i rapporti già intrapresi con le realtà Texane. Questa è l’Italia che ci piace e questa è l’Italia che ci piace promuovere.

Alessandra Verzera

La Carbonara, senza se e senza ma.

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carbonaramia3Tra i miti da sfatare ce n’è uno che non dovrebbe essere sfatato affatto  proprio perchè non dovrebbe essere un mito, ma una certezza nella sua estrema semplicità. Questo “mito” è la Carbonara, uno dei piatti più tradizionali e rappresentativi della cucina italiana ed anche uno dei più malversati.  Il mito da sfatare è che la si possa rimaneggiare a proprio piacimento continuando però imperterriti a chiamarla Carbonara: quindi, sono da abolire dal concetto di Carbonara alcuni ingredienti. Vediamo quali: la panna, fresca o UTH, in cima alla lista, poi il prosciutto cotto, il bucatino, la pancetta, il parmigiano, l’albume dell’uovo. Qualunque primo piatto realizzato con uno o più di questi ingredienti non è la Carbonara.

Partendo da questa base, vediamo come preparare questo piatto robusto, gustoso, amato da adulti e bambini e che è uno dei colossi della cucina laziale ma conosciuto ( e falsificato) in tutto il mondo.

carbonaramia2E’ importante precisare due cose al fine di una riuscita ottimale: la salsa della carbonara non deve contenere grumi: questo vale tanto per il tuorlo quanto per il pecorino. Ma attenzione: i due ingredienti hanno temperature di coaugulazione diverse. Vi racconto come realizzo la  mia Carbonara. Le dosi sono per due porzioni:

160 grammi di spaghetti di grano duro

120 grammi di guanciale ( io uso Terre di Baronia, in vendita al sito www.nebrofood.it )

2 tuorli d’uovo di misura Large

Un filo di olio evo

60 grammi di pecorino stagionato e grattugiato ( io uso il pecorino DOP Mancuso, in vendita al sito www.nebrofood.it)

Abbondante pepe nero macinato.

carbonaramiaIn una padella metto a “sudare” il guanciale a listarelle, insieme ad una goccia di olio di oliva extravergine.  Non appena il guanciale rilascia il suo grasso, tolgo dalla fiamma. Fate attenzione a che le listarelle non diventino croccanti.

Nel frattempo metto a bollire abbondante acqua per la cottura della pasta: ricordatevi di salare pochissimo l’acqua perchè via via aggiungerete note molto sapide.

Quando l’acqua bolle immergo gli spaghetti. A metà cottura della pasta prelevo un paio di mestoli e li verso nella padella dove ho precedentemente rosolato il guanciale. Aggiungo velocemente il pecorino grattugiato e mescolo energicamente fino ad ottenere una vera e propria crema. Ricordate che più un formaggio è stagionato, minore sarà la quantità di acqua in esso contenuta e , dunque, più facilmente tenderà a formare dei grumi. Il pecorino grattugiato regge bene l’acqua appena fuori dal bollore. Questo passaggio è molto importante e, se eseguito con attenzione, riuscirà benissimo. Se non vi sentite sicuri, provate in una ciotolina a parte evitando così, in caso di insuccesso, di gettare via anche il guanciale.

carbonaramia4Nel frattempo sbattete velocemente i due tuorli d’uovo in una ciotola avendo cura di aggiungere mezzo mestolo di acqua di cottura ad una temperatura non superiore ai 65 gradi centigradi: una temperatura superiore infatti farà coaugulare l’uovo, dando luogo all’effetto “frittata”. Normalmente per abbassare a sufficienza la temperatura dell’acqua basterà già il passaggio dalla pentola al mestolo freddo, con un’ulteriore attesa di qualche secondo. Se però non avete questo “occhio” aiutatevi con un termometro da cucina.

Una volta scolata la pasta abbastanza al dente versatela nella padella con il guanciale e la crema di pecorino e fate saltare ripetutamente, a fiamma spenta, aggiungendo contestualmente le uova. Continuate a saltare in padella fino a che gli ingredienti saranno bene amalgamati e la salsa avrà assunto un aspetto molto cremoso ed un colore paglierino.  Io non amo la Carbonara con una salsa troppo “liquida” e prediligo una salsa nappante, che avvolga bene la pasta. Non amo residui di salse troppo lente al fondo del piatto ma è una questione di gusti: naturalmente la densità della salsa dipende dalla quantità di acqua che aggiungerete sia al pecorino in una prima fase, sia ai tuorli in una seconda fase. Le dosi che vi ho indicato consentono di realizzare il piatto come lo vedete in foto.

Impiattate in piatti possibilmente scaldati e finite il piatto con una generosa presa di pepe nero macinato.

Questa, e nessun’altra, è la Carbonara.

Alessandra Verzera

 

Sfrigola: dove l’arancina diventa d’autore

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27-IMG_0135Quando sembra che sull’arancina sia stato detto e sia stato sperimentato tutto, ecco che nascono nuovi concept che riprendono in mano la più classica ed amata “palla di riso” al mondo per farne un prodotto sempre nuovo, sebbene con caratteristiche rigorosamente comuni per via delle quali l’arancina rimane saldamente  legata all’antica tradizione dello street food siciliano.89-IMG_0481

L’arancina è immaginativa, evocativa di Sicilia, ed è letteralmente sulla bocca di tutti anche a causa del sempiterno dibattito che la vuole “fimmina” nel palermitano e nel trapanese, e “masculu” praticamente nel resto dell’isola.  Ed allora capita che un giovane chef, fresco di stella Michelin, che di nome fa Giuseppe Biuso, si ritrovi tra l’incudine e il martello. Si perchè Biuso è palermitano, dove l’arancina è fimmina, ma lavora a Vulcano – nelle isole Eolie – dove l’arancina è masculu. Proprio Biuso ha “firmato” una serie di arancine gourmet per il nuovo concept palermitano che si chiama Sfrigola e che è stato presentato nei giorni scorsi agli addetti a22-IMG_0067i lavori. Una serata organizzata dal team di Sfrigola in collaborazione con la pasticceria di Giovanni Cappello, che ha offerto il dessert agli intervenuti e messo a disposizione i propri spazi esterni ed il personale per la realizzazione di un evento gourmet con lo sfondo della meravigliosa Porta Nuova, nel pieno centro cittadino.palermitano  Due show cooki35-IMG_0165ng del giovane  chef stellato Biuso hanno illustrato due diverse preparazioni, evidenziando oltre alla creatività dello chef, anche la sua spontaneità quando – appunto – ha definito l’arancina nei due generi, sorridendo e giustificando la cosa con il fatto che lui lavora li dove l’arancina è maschio. Ma al di la di questo momento ilare la serata ha riservato inusitate sorprese: come il “cubo di riso” con farcia di crema di caponata di melanzane e dall’involucro nero dovuto alla panatura in buccia di melanzana polverizzata. Un po’ come il modello di punta durante una sfilata di moda, questa innovazione è una realizzazione complessa che si discosta effettivamente molto dall’idea dell’arancina tradizionale, ed infatti – nella produzione giornaliera di Sfrigola – assumerà la classica forma rotonda, ottenuta manualmente e  quindi in modo totalmente artigianale. E’ stata poi la volta di un’arancina dalla forma classica ma dalla farcia decisamente inusuale: scampi, fonduta di provola, zeste e crema di arancia.  Personalmente la mia preferito, oltre alle classiche par excellence al ragù e al burro offerte anch’esse in degustazione, per una gamma organolettica invitante e a tratti sorprendente che riunisce note agrumate ed acidule e punte di sapido e dolciastro, rispettivamente del riso e degli scampi, per culminare nella percezione grassa della fonduta di provola addizionata di una modesta quantità di latte e panna. Questa preparazione parte da un vero e proprio risotto, che viene poi chiuso dentro le due semisfere di riso. Davvero buona ed abbastanza rinfrescante a dispetto di una farcia ricca, la nota vincente di questa arancina è proprio la consistente percezione de80-IMG_0427lle note agrumate. Un’altra novità che è un cardine di questo nuovo concpt è che ogni singola arancina viene realizzata “a vista”, ovvero sotto gli occhi del cliente.

83-IMG_0445Biuso, dalle cucine di un resort a cinque stelle la sua stella arriva per le strade di Palermo ed allo street food. Cosa l’ha spinta a “firmare”  la nascita di Sfrigola?

Quando penso ad un piatto cerco di rappresentare la Sicilia, o meglio Palermo, cercando di valorizzare il territorio anche con un singolo ingrediente. In questo caso mi sono trovato a lavorare nuovamente al contrario inserendo un mio piatto all’interno di un’arancina, famosa come il prodotto di rosticceria per antonomasia. quindi perche non firmare? Da buon siciliano ritornare alla tradizione è per me un piacere. Il gourmet non è per tutti i palati, ma un’arancina lo è”

15-IMG_0043Ma Sfrigola non è una novità assoluta dato che il brand prende le mosse da qualcosa che già esiste ad Erice vetta, nel trapanese, dal mese di maggio del 2016. “La Tonda Fritta” infatti è la madre del progetto stesso, così come racconta Adriano Pizzurro : ” La Tonda Fritta nasce nel 2016, ma da Giugno 2017 abbiamo iniziato l’affiliazione per poter replicare i nostri punti vendita un po ovunque, i nostri Affiliati a Palermo sono Gaspare, e Ignazio Balistreri, la nostra compa16-IMG_0044gine operativa  -Sfrigola – è basata sulla presenza mia, che svolgo un compito più rivolto al commerciale, e quella di mio fratello Emanuele che si occupa più della parte produttiva. Inoltre  ci avvaliamo della collaborazione di professionisti, a partire dal comparto’amministrativo, a quello dello sviluppo informatico, dell’aspetto grafico e della comunicazione. Nelle nostre idee Sfrigola può essere destinata alla produzione e alla vendita, con la stessa impostazione delle arancine con produzione a vista, di altri articoli tipici legati al nostri street food. Proprio in questo periodo stiamo sviluppando una serie di progetti rivolti a questo ampliamento.”

Ed infatti le novità sono proprio queste: non tutto ciò che Sfrigola nell’olio bollente è un’arancina..

Non ci resta quindi che attendere di poter gustare ulteriori sfrigolanti delizie.

 

Alessandra Verzera

 

Ristorante 24 Baroni – Nicosia ( En)

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baroni palazzoNel pieno del centro storico di Nicosia, in una delle stradine che si inerpicano tra antichi palazzi ed edifici  di pregio, trovo il ristorante “24 Baroni“, che mi era stato segnalato come uno tra i migliori della cittadina gallica. Il locale è il tipico ristorante, forse un po’ impersonale ma curato, abbastabaroninza luminoso e pulito. Gli arredi sono piuttosto nuovi e tendenti ad uno stile moderno.  Al di la di una saletta posta accanto all’ingresso e dietro un paravento in ferro battuto si sviluppa un’altra sala molto più ampia, adatta a gruppi e tavolate.  Io e il mio commensale ci accomodiamo ad un tavolo di angolo poco distante dall’ingresso.  Il menù non suscita particolari curiosità: a Nicosia, salvo rarissime eccezioni, la cucina punta infatti alla tradizione casereccia e “robusta” senza eccessivi voli pindarici.  Iniziamo con un antipasto misto, che generalmente non amo proprio per il fatto che si compone di cibi precotti assemblati poi al momento del servizio. Devo dire che, nella consueta banalità di varie bruschette e frittatine ormai seriali , questo antipasto risultava abbastanza gradevole ed un po’ diverso dal solito. In particolare ho apprezzato una bruschetta al radicchio e formaggio molle e un’ottima mozzarella. La nota dolente, in questo locale ma anche in altri, arriva con la pasta: delle linguine con del pesce spada, pangrattato e pomodorini. Intanto la cottura della pasta era  ben al di la dei normali tempi che consentano una texture “al dente”. Poi le bucce dei pomodori che certamente non sono piacevoli da mangiare, specie se baroni antiparticolarmente dure, ed infine un generale slegamento del condimento per un piatto che risulta troppo asciutto, non mantecato e quindi poco piacevole nel suo complesso ed ulteriormente “asciugato” dal pangrattato.  Mentre continuo ad interrogarmi sul perchè di un piatto di pasta essenzialmente scotta, vedo il piatto vuoto del mio commensale. Mi spiega che a Nicosia la pasta piace così, non particolarmente al dente. Anzi, per niente al dente. Una circostanza che mi lascia allibita mbaroni pastaa che troverà poi conferma in altri locali anche di lignaggio più elevato. Non so da cosa derivi l’abitudine dei nicosiani  di mangiare pasta oltre i tempi di cottura indicati dalle aziende, ma mi devo adeguare. Ad ogni modo la mia porzione rimane nel piatto: la motivazione che fornisco  lascia spiazzato e perplesso il personale che mi ha chiesto perchè mai  non avessi apprezzato quelle linguine, ma ne prende atto. baroni carneIl mio secondo sono delle scaloppine al limone. Anche loro presentano diverse pecche. Intanto non  hanno la tipica “salsetta” nappante che di solito copre quasi del tutto la carne. Il passaggio della carne infarinata nel burro non è ottimale dato che forma una crosticina che in realtà non dovrebbe esserci affatto e che dimostra che la carne è stata fritta nel burro, e non semplicemente “passata” nel burro caldo. Crosticina che risulta “bollosa” e si stacca dalla carne stessa. A parte questo il risultato finale è di un’asprezza  pungente: è stato adoperato troppo limone e non è stato stemperato in alcun modo nè attenuato. La  buona notizia è che si tratta di limone vero ,spremuto,  e non di fiale, flaconi e prodotti industriali al retrogusto di detersivo per piatti nei quali purtroppo a volte capita di incappare. La carne è molto tenera, e a Nicosia generalmente la carne è veramente molto buona, ma lo stesso il piatto aggredisce le papille preposte alla percezione delle note acidule in modo molto invasivo. Cerco di abbassare la nota acida aiutandomi con del pane, ma rimane a mio avviso un uso eccessivo di succo di limone che disturba più di quanto appaghi.  Ottime invece le patate in accompagnamento al piatto, con un retrogusto di burro e piacevole aromatizzazione. baroni dolceGradevole la fetta di dolce semifreddo alla vaniglia. In conclusione, il 24 Baroni delude almeno in parte le mie aspettative, specialmente vista la segnalazione che lo collocava tra i migliori della città. Tuttavia è un locale arioso, luminoso, pulito, che impiega una buona materia prima, adatto ad un gusto semplice e che propone cucina casereccia servita con gentilezza dal personale. Adatto a famiglie, a gruppi anche corposi e, in atmosfera serale e nella saletta all’ingresso, anche ad una cena romantica. Mi sento di consigliare una maggiore attenzione verso l’aspetto organolettico dei piatti e una rimodulazione dei tempi di cottura della pasta. Inoltre, pur comprendendo il legittimo desiderio dei nicosiani di gustare di quando in quando piatti a base di pesce, credo che ogni località debba puntare – valorizzandolo –  sul prodotto locale, a filiera corta, con brevissime incursioni in prodotti non precisamente autoctoni. Il conto è abbastanza contenuto e dall’antipasto al dolce, con acqua minerale, calice di vino e caffè, si attesta intorno ai 25.00 euro pro capite. Un locale con un buon potenziale che dovrebbe rielaborare il menù in favore della tradizione locale, curando maggiormente sia la presentazione che, molto più importante, il gusto dei piatti.

Alessandra Verzera

 

Scheda: 

 

Coperti: 50/60 (in) –  Nil (out )

Range: Medio 

Categoria: Ristorante tradizionale

 

Ranking (*)

Location: 3.5

Cibo: 3.0

Carta Vini: ND

Presentazione: 2.5

Servizio: 3

Mise en place: 3.5

Atmosfera: 3.5

Allestimenti: 3.5

(*) Legenda :

1 = pessimo
          2 = scadente
          3 = sufficiente
         4 = ottimo
            5 = eccellente.

Pastificio Raspanti di Nicosia: la storia di un successo tutto made in Sicily

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pasta raspantiLa storia del pastificio Raspanti di Nicosia non è una di quelle storie secolari che si tramandano  da generazioni , anzi.. La storia del pastificio è raccontata con disincanto ma con grande soddisfazione dal suo titolare, Salvatore Raspanti, ed è una storia giovane partita quasi per caso nel 1982: quando molto giovani erano anche Salvatore e l’allora fidanzata – poi divenuta moglie – Vincenza.  E’ la storia di un’oraspanti bottegapportunità –  quasi di un caso – che si è trasformata in un grande successo imprenditoriale.

Avevo poco più di vent’anni “- racconta Salvatore Raspanti – “ avevo già assolto il servizio militare e conseguito un diploma di Geometra. Ero anche fidanzato con Vincenza, poi divenuta mia moglie, quando mi accorsi che di lavoro in giro ce n’era veramente poco. Così a me e Vincenza venne l’idea di aprire un piccolo laboratorio di pasta fresca nel pieno centro di Nicosia. Soltanto 16 metri quadrati in cui producevamo modesti quantitativi di pasta per la vendita al dettaglio. Era il 1982 e la nostra pasta piaceva ai concittadini e così, poco per volta, cominciai a proporre il nostro prodpasta raspanti3otto anche nei supermercati. Giravo parecchio e raccoglievo consensi. Una scommessa fatta per caso è diventata l’attività di famiglia che è oggi e che è gestita da me, da mia moglie e dai nostri due figli, Lorenzo e Piera. Però la piccola bottega nel cuore di Nicosia c’è ancora: sono molto legato a quel posto”.

E l’amore di Salvatore per la pasta fresca nasce, come quasi tutto ciò che tendiamo ad amare e a preservare, da ricordi e sensazioni di infanzia: le tagliatelle della nonna sono infatti alla base dell’iniziativa imprenditoriale e del successo dell’azienda Raspanti. E le ricette sono proprio quelle della donna, quelle antiche, della tradizione.

pasta raspanti10Trentacinque anni dopo Raspanti mostra con orgoglio uno stabilimento moderno, all’avanguardia, che lavora in regime semi industriale e che, oggi, produce, confeziona e distribuisce circa 150  chili di pasta fresca all’ora, e dove il prodotto è trattato in atmosfera protettiva, partendo dalle farine  – anche integrali e da grani antichi siciliani – per finire  con il confezionamento. La produzione è vastissima e comprende sia pasta all’uovo che non ed un buon assortimento di paste ripiene, tutte ottenute dalle migliori miscele di grano duro lavorate artigianalmente mediante l’uso di trafilepasta raspanti2 in bronzo.

Sin dal primo giorno di inizio dell’attività, trentacinque anni or sono, il nostro pallino è sempre stata la qualità della materia prima: così tutte le farine che impieghiamo sono ottenute da grani siciliani. Le uova sono anch’esse locali da galline ovaiole allevate a terra. Sono di produzione locale anche le carni che costituiscono il ripieno di tortellini e la ricotta dei ravioli agli spinaci viene tutta dal territorio dei Nebrodi. La qualità non è mai stata in discussione e non conosce compromessi. Questo ha ovviamente anche un risvolto “negativo”, commercialmente parlando, che sono i costi all’origine e – dunque – il prezzo di vendita. E’ chiaro che esistono sul mercato prodotti il cui prezzo è anche di un terzo rispetto al nostro prodotto, ma si tratta chiaramente di prodotti  realizzati con materia prima di provenienza estera da paesi terzi. Questo consente un abbattimento notevole dei costi di approvvigionamento, edraspant tagliatelle il prodotto finito finisce sugli scaffali della grande distribuzione a prezzi veramente bassi. Ma la qualità è un’altra cosa“.

E la qualità dei prodotti Raspanti è infatti ampiamente apprezzata all’estero: il pastificio esporta infatti grossi quantitativi di prodotto  in diversi paesi europei, mentre una piccola percentuale della produzione nicosiana finisce al Nord Italia.Il consumo interno quindi è basso, e quello locale addirittura irrpasta raspanti11ilevante.

La gente trova generalmente caro il nostro prodotto, ma è caro solo in rapporto a ciò che si trova negli hard discount e della cui provenienza si sa poco o niente e che ha una filiera decisamente lunga. Tutto considerato i nostri prezzi sono accessibili dato che  è un prezzo che “compra” la certezza della qualità e di ciò che si porta in tavola e che, soprattutto, è tutto di produzione locale. Se non strettamente nicosiana sicuramente siciliana.raspanti slide

E così, passeggiando tra immense impastatrici, osservando cartoni con centinaia di uova custodite in celle frigorifere di alta tecnologia, cercando di capire il processo di confezionamento ed etichettatura e buttando l’occhio su migliaia di confezioni pronte ad intraprendere il loro viaggio verso le tavole del mondo, ascolto con ammirazione un racconto di grande successo e di grande umiltà: ” Sa” – dice Salvatore – ” siamo in sette inraspanti tagliatelle1 azienda, di cui tre siamo io e i miei figli e quattro sono i nostri dipendenti, e lavoriamo a ritmi consistenti. Però non vorrò mai perdere l’approccio “casalingo” ed artigianale con i nostri prodotti. Se la nostra pasta deve piacere al pubblico che la acquisterà, allora prima di tutto deve piacere a me e alla mia famiglia. Per questa ragione noi, oltre a tenere dei corsi di aggiornamento professionale periodici,  assaggiamo tutti i nuovi prodotti, prima che la nostra pasta lasci i nostri stabilimenti per portare il nome di Raspanti e della città di Nicosia in giro per il mondo“.

 

 

Il Pastificio Raspanti si trova nel territorio di Nicosia ( En) in Contrada Paravola. Il sito web dell’azienda è www.pastaraspanti.it

L’azienda può essere contattata via mail all’indirizzo info@pastaraspanti.it, o per telefono allo 0935. 646481 o al mobile 388.7486344

La piccola sede in centro è invece in Via della Pace al numero 3, a Nicosia.

 

Alessandra Verzera

Ristorante “Quadrifoglio”, Nicosia ( En)

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quadrifoglio pasta1Questo locale mi era stato segnalato come il migliore nella città di Nicosia per cui, effettivamente, mi sono recata a pranzo di domenica con un’aspettativa abbastanza alta, pur in considerazione del fatto che si tratta di un piccolo centro in cui la scelta è essenzialmente molto ridotta.  Il locale si trova in pieno centro, sulla via Umberto, ma il  dehor era in disarmo anche se ho poi compreso che quasi certamente viene allestito nelle ore serali per la cena, anche perchè quella particolare giornata era molto calda. L’ingresso al locale è un po’ opprimente. Di fatto sembra tutto tranne che un ristorante: più che altro un bar tavola calda con cucina da asporto. Invece alla sinistra di un corridoio stretto e piuttosto angusto c’è la sala ristorante. Quando arrivo sono da sola, il che mi mette sempre in allarme. Dopo una decina di minuti però sono arrivati due gruppi: uno costituito da un paio di famiglie del posto e l’altro da un gruppo di turisti.  A conti fatti la sala è quasi piena. Il menù è misto, carne e pesce, e la scelta è abbastanza ristretta: il che, di per sè, può essere anche un punto a favore perchè suggerisce una cucina espressa. quadrifoglio antipastoOrdino una caprese con mozzarella di bufala nicosiana. Una porzione francamente aberrante con la quale avremmo potuto mangiare in tre, ed infatti più della metà è rimasta nel piatto. Questa è una circostanza che io detesto, perchè parla di sprechi alimentari insopportabili specie in momenti congiunturali di gravi difficoltà economiche come quelli attuali. Ad ogni modo, il prezzo applicato è più che onesto. Conosco molto bene la mozzarella di bufala di Nicosia: questa era fresca, ma avrebbe beneficiato di una permanenza fuori dal frigo di almeno un paio di ore prima di essere servita, dato che era molto fredda e troppo “compatta” per rilasciare il latte che di solito gronda copioso da una mozzarella fresca. Il pomodoro è locale, ben maturo, dolce e molto piacevole. quadrifoglio pasta Il mio primo piatto si orienta verso la tradizione nicosiana, ed ordino un piatto di “maccarruna“, dei bigoli più grossi dei normali bigoli, di pasta fresca che normalmente vengono serviti con il ragù: questa volta il condimento era una sorta di pseudo Norma, e quindi sugo di pomodoro e melanzane fritte. Il sugo molto buono, ma la pasta  – ancora una volta – in quantità esagerata ma soprattutto ben oltre i tempi di cottura ottimali. Devo a tal proposito aprire un breve inciso. Quasi sempre a Nicosia ho gustato pasta al limite del tempo di cottura edeguato, in taluni casi addirittura scotta. Normalmente sarebbe il primo appunto negativo in qualsiasi mia recensione ma, avendo capito che non può trattarsi di un caso, ho fatto un giro di sondaggio tra i nicosiani: pare che a loro la pasta piaccia molto cotta e che quindi i ristoratori si adeguino al palato locale. In effetti pasta che io ho lasciato nel piatto quasi per intero in altri locali, dal mio commensale nicosiano è stata divorata con gran gusto : il che probabilmente da ragione a quanto ho appreso nei miei giri di opinione tra i clienti dei locali. I miei maccarruna rimangono comunque nel piatto quasi per intero, mentre ho raccolto piacevolmente il sugo accompagnandomi con un buon pane casereccio. Dato il mio rifiuto quasi maniacale di consumare del pesce in luoghi in cui non c’è il mare, la scelta del mio secondo cade su una cotoletta di vitello alla palermitana. quadrifoglio cotolettaGià nel nome c’è un’imprecisione dato che la cotoletta classica prevede il passaggio nell’uovo, poi nella panatura e la conseguente frittura in abbondante olio o ancora meglio nel burro,  e che quello alla palermitana tradizionale è invece l’arrosto panato, e dunque senza uovo nè frittura ma con una impanatura veloce e leggera ed una cottura alla griglia o al limite al forno con aggiunta di un filo di olio al momento del servizio. Ad ogni modo, sono consapevole del fatto che la denominazione di “cotoletta” è assai diffusa, e che esistono anche quella messinese e quella catanese. Bene. Dell’arrosto panato alla palermitana tradizionale quella fettina in effetti aveva ben poco: ma aveva dalla sua il fatto di essere veramente eccellente. Una panatura abbastanza compatta ma soprattutto magistralmente aromatizzata ed arricchita di erbe ed odori che la rendevano veramente gustosa ed invitante, anche se l’eccesso di olio di frittura sarebbe stato meglio tamponarlo velocemente con carta assorbente prima di servire il piatto. Prezzemolo, origano, menta ed un sospetto di aglio allietati da un buon filo di olio evo. Molto profumata, di giusta e gradevole sapidità. quadrifoglio cotoletta1Il pangrattato era effettivamente ottenuto da pane, e non era industriale: e questo si evince abbastanza facilmente osservando i granuli irregolari laddove un pangrattato industriale è a grana assolutamente uniforme e molto fine. La carne sotto la panatura era molto tenera, veramente ottima. Il limone però è più gradevole quando ne viene servito metà e non un quarto, come in questo caso. Avrei accompagnato volentieri questo piatto a delle patate, ma non erano disponibili. Non mi viene proposto il dolce e passo quindi al caffè. Buono. In conclusione, il Quadrifoglio è un locale di cucina casereccia senza nessuna pretesa gourmet in cui la materia prima è di buona qualità ed è trattata in modo molto casalingo. Il servizio è informale ancorchè molto gentile e discreto, ma la sala andrebbe ripensata come forse andrebbe rivisto l’impianto elettrico dato che il contatore si staccava molto spesso lasciando gli avventori al caldo ed in penombra. Gli allestimenti sono datati e gli arredi confusionari e credo proprio che un’opera di facile restyling gioverebbe molto al locale facendogli meritare l’appellativo di ristorante che ad oggi a chi scrive sembra eccessivo dato che sia per la composizione del menù sia per l’allestimento degli ambienti  siamo in presenza di una trattoria.  Adatto alle famiglie, il Quadrifoglio serve con soddisfazione la clientela locale, ma dovrebbe guardare anche al turista e a standard più elevati di accoglienza, di servizio  e di decoro che chi arriva da fuori Nicosia magari si aspetta di trovare nel primo ristorante della città, indicato come tale. Adatto anche a gruppi di giovani dato che servono anche la pizza che è cotta in forno a legna. Il conto è abbordabile ma in linea con la media della città: per un antipasto, un primo, un secondo, mezza acqua e un caffè, ho pagato 20 euro. Cifra che reputo onesta soprattutto in considerazione della buona qualità della materia prima.

Alessandra Verzera

 

Scheda: 

 

Coperti: 30/35 (in) – 20/30 (out )

Range: Medio basso

Categoria: Trattoria

 

Ranking (*)

Location: 2.5

Cibo: 3.5

Carta Vini: ND

Presentazione: 2

Servizio: 3

Mise en place: 2

Atmosfera: 2

Allestimenti: 2

(*) Legenda :

1 = pessimo
          2 = scadente
          3 = sufficiente
         4 = ottimo
            5 = eccellente.