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Franco Piras: dalla strada…alla strada. La storia di un cuoco “visionario” con un grande progetto.

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piras1Franco Piras è intanto un personaggio: umanamente carico di umori e sapori raccolti qui e li a piene mani in giro per il mondo, Piras non rappresenta un tipo di cucina codificato, ma più che altro un approccio, un “concept” nella sua totalità. Uno spirito libero che ha incontrato quasi per caso la cucina, cambiando tutta la sua vita. Ricorda Jamie Oliver per alcuni versi e Chef Rubbio per altri, rimanendo però fortemente individuale. Un trade mark conosciuto al pubblico sotto il nome di Franko Kitchen.

piras3Piras, lei intanto è un crocevia, un melting pot di varie culture, anche a livello gastronomico oltre che genetico. Partendo dalla Sardegna, chi è Franco Piras?

Il luogo dove sono nato è San Gavino Monreale in provincia di Cagliari. Ma posso dire di essere cresciuto a Chieri, citta’ in Provincia di Torino. Da bambino  la vivacita’ non mi mancava,nè tantomeno grinta ed energia, a volte magari anche troppa. Così scaricavo questa vivacita’ giocando a pallone in una squadra di calcio locale. Da ragazzino ero il classico svogliato a scuola: non avevo voglia nè passione pertanto me ne fregavo di apprendere qualcosa che poi sarebbe magari tornata utile perchè,  appunto,  pensavo a tutt’altro: motorini, parco con gli amici.. Poi crescendo ho capito che i sogni di gloria non sarebbero arrivati dal nulla come avevo immaginato, e  quindi se non ti va di studiare vai a lavorare.

piras7Ed è andato a lavorare…

Verso i 15 anni iniziai a lavorare in cantiere con uno dei miei zii. E  subito la vita diventò  bellissima perche’ arrivarono i primi soldini da sputtanare allegramente il sabato sera. Del resto ero poco più che un bambino. Poi pero’ tornarono a farsi sentire  i sogni di gloria, e  quindi lasciai il cantiere per stare al parco a riflettere come diventare ricco: ritrovandomi invece una settimana dopo di nuovo in cantiere a portare le tavole. Diciamo che a grandi linee ho passato la mia gioventu’ a provare decine di mestieri; dal carrellista all’imbianchino, muratore,  agente pubblicitario,aiuto pizzaiolo e diversi altri. Ma nessuno di questi dava gloria alla mia anima, ero insoddisfatto: non era una questione di soldi, ma di appagamento. Fino a quando un giorno mi trovai a Santa Margherita Ligure ;ovviamente in cantiere con lo zio (portando ferro stavolta) e li una sera incontrai un ragazzo in un  che mi racconto’ di essere li perche’ lavorava come aiuto cuoco e faceva la stagione in un hotel. Io mi sono informato su che tipo di vita fosse e le cose che mi raccontò non mi lasciarono  indifferente, anzi…Hanno “lievitato” nel mio cervello. Ma nell’immediato ho continuato a fare il carpentiere. L’inverno successivo, quando stavolta il cantiere era a Sauxe d’Oulx in montagna, con un freddo che non riesco nè voglio ricordare,  li decisi che il freddo e quelle tavole gelate, quel sottile nevischio potevano  andare una volta per tutte a fanculo:  non credo si possa dire ma e’ quello che realmente pensai.

piras5Non si potrebbe, ma glielo lascio dire. Poi?

Poi l’angoscia: chi avrebbe mai preso pero’ a lavorare me in un ristorante senza nessun titolo di studio, dato che comunque l’ho sempre vista come una professione che non si improvvisa :un cuoco in un ristorante deve sapere perfettamente cosa sta facendo? Un giorno sul pullman trovai un numero di telefono su un manifesto che prometteva formazione. Lo segnai,  telefonai,  presi appuntamento ed infine mi iscrissi ad una scuola privata di cucina per la durata di un anno 4 volte a settimana ;per un costo di 5900 euro. Una montagna di soldi. Per pagare la scuola ho continuato a lavorare in cantiere fino al pomeriggio poi la sera andavo scuola; ed infine acquisii questo attestato con su scritto Addetto ai servizi di cucina. Cosi’ cercai subito un’esperienza, qualcosa per mettere in pratica il mio quasi “nulla cosmico” imparato : di questo mi resi conto poi, quando iniziai a lavorare. La mia prima esperienza all’estero fu a Copenaghen, a Ringsted, in un minuscolo paese della Danimarca la musica era ben diversa. Non ho mai pelato cosi’ tante patate, cipolle, pulito magazzini e piastrelle. A dir la verita’ ero davvero incapace e inesperto rispetto agli altri ragazzi venuti da 5 anni di alberghiero o, comunque, con esperienza.

piras6E quindi?

E quindi combinavo parecchie cavolate; dopo 6 mesi tornai alla base,  ma quasi subito dopo ripartii per Lorret de Mar in Spagna:  posto da favola per divertirsi,in un hotel 4 stelle il Monterrey ;li ero capo partita ai primi piatti. Un hotel gigantesco ,tantissime camere e coperti. Preparavo a buffet decine di teglie di pasta ;penne, fusilli ,farfalle condite in tutti i modi. Ed anche li gli errori e qualche piazzata non mancavano.. Poi e stata la volta del Belgio in un ristorante italiano che purtroppo però era un ristorante solo nell’idea del proprietario, perche’ non e’ assolutamente tutto oro cio ‘ che luccica perchè nel mondo della ristorazione ho imparato che ci sono molti, moltissimi personaggi che improvvisandosi tentano il colpaccio (quello che sognavo io al parco da ragazzino) e credono di aprire un ristorante solo grazie alla loro disponibilità economica. O ancor peggio ci sono i disonesti : chi non vuole pagare, chi ti schiavizza (o prova a farlo) e almeno i quei casi ringrazio la mia testa dura per essere riuscito sempre a cavarmela. Ad oggi dopo 16 stagioni in ristoranti, hotel ,villaggi ,campeggi , posso dire di cominciare ad avere un’esperienza piu’ significativa nel mondo della ristorazione .

piras4“Mi sono fatto da solo”: quanto la rispecchia questa frase?

A dir la verita’ da un lato mi sento in continua fase di costruzione. Oggi a 36 anni ho avuto si molte esperienze ma credo di poter affermare di essermi fatto e completato quando la mia esperienza sara’ forgiata da altri anni di continuo apprendimento; dall’altro lato posso sicuramente dare merito al mio carattere , alla mia voglia di vedere il mondo e forse anche al coraggio di partire da solo per dei mesi in luoghi fantastici ma comunque con persone e culture decisamente a me sconosciute.

piras9In pochi anni lei ha dato una vera e propria scalata alle cucine di mezzo mondo, cucinando anche in strutture di alto prestigio e per personaggi sicuramente esigenti. Quali sono i momenti che le piace maggiormente ricordare?

Passare dal doversi pagare la scuola di cuoco privata lavorando in cantiere con lo zio ad essere sous chef italiano di uno dei piu’ begli  hotel 5 stelle lusso di Dubai ,il Grosvenour House,  è  sicuramente una soddisfazione molto grande ad appagante. Aver l’occasione di conoscere e cucinare per uno dei campioni del mondo 2006 Fabio Cannavaro,ricevere complimenti, è un gradito ritorno. Aver avuto la possibilita’ di poter di fare a suo tempo un piccolo stage con lo chef stella Michelin Nicola Batavia :ricordo che mi diede quella ulteriore carica ad imparare questo lavoro. Sicuramente lavorare in luoghi dove magari passasse Madonna (la rock star)in vacanza con la famiglia a Verbier in Svizzera l’inverno scorso,dove io mi trovavo. Oppure Paolo Bonolis a Formentera in Spagna ,isola che sempre grazie alla cucina ho avuto la fortuna di visitare. E’ eccitante vedere,conoscere persone che vedevo solo in televisione. Ricordo che preparai una grigia ad Adriana Volpe e suo marito,una colazione a Luca laurenti  ;incontrai calciatori come Bonucci, Matri con Federica Nargi. Insomma Formentera e’ sicuramente una meta’ ambita dai personaggi della tv.I miei ricordi sono tanti in verita’ e sono tutti sudduvise in bellissime esperienze maturate tra Danimarca ,Spagna continuando per Belgio, Inghlilterra, poi Sardegna, Dubai, Egitto, Minorca ,Corsica , Svizzera, Canarie,Saint Tropez,Ginevra ed altre ancora. Ho avuto la fortuna di conoscere la cucina sotto forma di soluzione alla mia voglia di esplorare. Se inizialmente la scelsi per farne la mia professione,  mi sono poi accorto che proprio grazie a lei sarei riuscito ad ottenere cio’ che volevo, e cioe’ imparare il piu’ possibile in cucina,da piu’ cucine,le piu’ variegate,  e girare il mondo.

piras8Una personalità eclettica animata da smisurate passioni: come si riflette tutto ciò nei suoi piatti?

Mi adeguo in base alla virtu’ della realizzazione. Io sono per la cucina tradizionale, italiana, mediterranea, classica ;mi piace pensare che se avro’ un giorno un ristorante mio  sara’ comunque fondato sulla cucina classica tradizionale. Oggi la voglia di sperimentare mi porta spesso a creare piatti con ingredienti semplici a volte molto belli e colorati con ingredienti stagionali ma anche a super grigliate, paelle.

piraspaellaIn base alla sua esperienza personale, sarebbe giusto affermare che più della scuola può il talento, dato che il talento non si impara?

Per me la scuola, se seguita con criterio,  ti porta ad un livello di conoscenza da fare invidia a parecchi. La conoscenza profonda della materia prima; delle tecniche di cottura ,della storia della cucina si imparano a scuola,poi lungo il percorso si approfondiscono i dettagli ma comunque ci si e’ creati la la base da cui partire  e su cui costruire. L’altro lato della medaglia e’ che si impara sul campo il vero lavoro, sudando, tagliandosi, facendo ore su ore ed essendo obbligato a farlo,  in un certo senso ; a scuola invece  si ride se si commette l’errore, ma  sul lavoro ti gridano dietro. E  a suon di errori, grida ed anni di pratica si impara qualcosa.

Il suo percorso di vita è strettamente legato al suo percorso professionale, che però è decisamente fuori da ogni schema. Cosa avrebbe fatto se non avesse seguito il richiamo dei fuochi?

Questa e’ una domanda che mi fa sorridere ma allo stesso tempo mi mette i brividi, perchè sinceramente, detto francamente, non so che fine avrei fatto,credo che mi abbia cambiato la vita sicuramente in meglio.

pirasCome immagina Piras fra tre anni? E, soprattutto, dove lo immagina?

Be qui’ inizia il bello: fra 3 anni credo che avrò  centuplicato le mie conoscenze, esperienze ;magari avro’ un ristorante, magari a New York,speriamo.

pirasbuffetDi cucina si è detto e si è scritto di tutto, si sono conosciuti talenti, format, personalità. Tuttavia il brand Frank Kitchen è “pionieristico” di un certo modo di vivere la cultura gastronomica. Un progetto segreto che io e lei conosciamo e che attende solo di essere messo a punto: vogliamo dare piccole anticipazioni ai miei lettori?

Sicuramente posso dire che e’ un po’ che ci stavo lavorando su;cercando di organizzarmi sempre meglio ed ora sta prendendo tutto forma e non vedo l’ora a dirla tutta!!!! Dopo l’attraversata della Spagna 2017,  dove improvvisavo video ricette in ristoranti trovati lungo il percorso con gli ingredienti che riuscivo a reperire in loco ,e che mi hanno portato alle isole Canarie ad un passo per imbarcarmi per i Caraibi con una regata mi hanno fatto tornare alla base ,a casa a riorganizzare appunto questo progetto che partirà l’1 aprile 2019, e di cui più avanti potrò fornire tutti i dettagli.

Alessandra Verzera

Lasagne fatte in casa: tutta la storia e una ricetta gustosa

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Meat lasagna on a wooden background. Close-up. Macro.Chi di voi non ha mai provato a preparare le lasagne in casa, magari in occasione di una festa o per il pranzo della domenica con tutta la famiglia? Questo delizioso piatto tipico della cucina italiana viene preparato in diverse regioni, e ognuna propone una sua ricetta e tante varianti, dove può cambiare l’impasto, la salsa di condimento e il ripieno. Se volete una ricetta per una lasagna ad opera d’arte e siete in cerca di idee gustose, potete usare la fantasia o cercare ispirazione tra le molte varianti presenti in rete.
Prima di allacciarvi il grembiule e di mettervi ai fornelli, vediamo un po’ di capire come sono nate le lasagne e soprattutto come si preparano.

Breve storia delle lasagne

Non tutti sanno infatti che tra i vari tipi di pasta, le lasagne sono forse tra quelle più antiche, perché probabilmente già preparate in epoca romana. Il famoso cuoco e buongustaio Apicio nel suo De re coquinaria , cita infatti un piatto molto simile, preparato tagliando dei pezzi di pasta a quadrati o rettangoli. In epoca romana però era previsto di bollirli e poi friggerli nell’olio, mentre per avere delle lasagne più simili
alle nostre bisogna aspettare i ricettari del XIII-XIV secolo.

Homemade uncooked pastaI segreti per la preparazione

Ma come si preparano quindi le lasagne? Come abbiamo accennato le ricette variano molto da regione a regione, ma in generale le lasagne devono essere delle sfoglie sottili di pasta madre o pasta all’uovo, che vengono scottate in acqua bollente e poi alternate ad ingredienti gustosi e condite con una salsa cremosa. Tra le molte la preferita è la besciamella, la salsa tipica della cucina francese, che si prepara in modo
semplice, unendo farina, burro, latte, un pizzico di sale e noce moscata. Per preparare delle lasagne a regola d’arte, la sfoglia deve essere sottile e tirata alla perfezione, e la teglia in cui verranno composte deve essere ben unta di burro o olio, per evitare che le lasagne restino attaccate
durante la cottura. A vostro gusto potete variare la composizione dell’impasto aggiungendo degli ingredienti, per esempio delle verdure per preparare delle sfiziose lasagne verdi, oppure, se volete osare, potete sostituire le sfoglie di pasta con del pane carasau o con delle fette di tramezzini. Per ottenere la crosticina dorata sulla superficie delle vostre lasagne ci sono diversi trucchetti: dovete ricoprirla di parmigiano e fiocchetti di burro, quindi farle cuocere nel forno caldo coperte con della stagnola, e scoprirle solo per gli ultimi minuti di cottura, impostando il vostro forno sulla funzione grill.

Meat lasagna on a wooden background.Una ricetta gustosa

Siete pronti a cucinare una sfiziosa variante delle lasagne? Ecco la ricetta delle lasagne rustiche con stracchino e salsiccia.

Ingredienti per 6 persone
 500 g di sfoglie pronte per lasagne
 300 g di salsiccia
 200 g di stracchino
 500 ml di besciamella
 un filo d’olio extravergine d’oliva​
 un rametto di rosmarino
 80 g di parmigiano
 30 g di burro

Per preparare le lasagne rustiche con stracchino e salsiccia, per prima cosa togliete il budello alla salsiccia e tagliatela a tocchetti, quindi fatela rosolare in un tegame con un filo d’olio e profumate con il rosmarino. A questo punto ungente una teglia capiente con metà del burro fuso e poi cominciate a comporre le lasagne, cospargendo il fondo con un paio di cucchiai di besciamella e poi adagiandoci sopra le sfoglie di
pasta fresca. Ponete delle fettine di salsiccia e di stracchino sopra le sfoglie, quindi aggiungete la besciamella e altre sfoglie. Continuate ad alternare gli ingredienti in questo modo fino ad esaurirli, e lasciate come ultimo strato le sfoglie con un po’ di besciamella.
Cospargete la superficie delle lasagne con il parmigiano grattugiato e dei fiocchetti di burro e infornate nel forno preriscaldato a 180° per 30 minuti.
Una volta trascorsi, sfornate le vostre lasagne rustiche con stracchino e salsiccia e lasciatele raffreddare un po’ prima di fare le porzioni.

Una pizza per un sorriso: una grande giornata all’insegna della solidarietà

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aiellofipSi è svolta ieri, all’interno dei locali della casa circondariale “Malaspina” di Palermo, la manifestazione voluta dalla FIP ( la Federazione Italiana Pizzaioli, nda) “Una pizza per un sorriso”.

Voluta da Lorenzo Aiello – Fiduciario Provinciale di Palermo della Federazione –  coadiuvato da Domenico Sireci , la manifestazione è alla sua seconda edizione. Una mattinata all’insegna di un allegro trambusto, con l’istituto di pena minorile gioiosamente “invaso” da un folto gruppo di pizzaioli della Fip, grazie anche alla lungimiranza del direttore Angelo Capitano.

aiellopizze1La struttura carceraria non è nuova ad iniziative volte al recupero dei giovani detenuti, ma l’evento di ieri propone qualcosa più della semplice festicciola fine a sè stessa: ieri infatti è stato presentato un progetto concreto, che prenderà il via in ottobre proprio nei laboratori e nelle cucine del carcere : un corso per imparare il mestiere di pizzaiolo, tenuto appunto da Aiello e dal suo team di pizzaioli.

Il riscatto è possibile per tutti ” – ha detto Aiello nel suo intervento rivolto alla platea composta da magistrati,  funzionari ministeriali, rappresentanti delle istituzioni locali, giornalisti e, soprattutto, dai giovani ospiti del Malaspina. “ Bisogna sapere cogliere le opportunità, imparare un mestiere e decidere di percorrere una via all’insegna del lavoro e del riscatto. La FIP è con voi per offrirvi una seconda opportunità e per formarvi alla bellissima professione di pizzaiolo” – ha concluso Aiello.

aiellopizze2Diversi gli interventi nel corso della manifestazione. Uno, particolarmente toccante, è stato quello di Ismaele La Vardera – giornalista noto al grande pubblico per la sua presenza nel parterre de Le Iene. La Vardera ha “regalato” ai giovani detenuti la sua storia personale, di un’infanzia difficile vissuta in uno dei quartieri a rischio di Palermo, lo Zen. Ma La Vardera incarna esattamente quello spirito che la manifestazione ha inteso infondere nei ragazzi ospitati nell’istituto di pena: la volontà di emergere da una palude di disagio, la forza di staccarsi da logiche precostituite e da destini che apparentemente sembrerebbero segnati.  Intenso il messaggio di La Vardera, quando suscitando notevole commozione nei presenti, ha concluso il suo intervento con enfasi : ” Se ce l’ho fatta io, ce la potete fare tutti”.

aiellotuttiDi segno analogo il messaggio di Antonino Buffa, conosciuto ai palermitani come “Ninu U Ballerinu“: l’accento è sulla parola “riscatto”, che si ottiene principalmente mediante il lavoro.

Emozionato e conciso Lorenzo Aiello, che si è reso disponibile anche ad aiutare i ragazzi non soltanto ad imparare l’arte della pizza, ma anche ad inserirli – una volta espiata la pena ed ottenute le qualifiche necessarie – nel mondo del lavoro.

aielloterraniE’ stata poi la volta delle istituzioni, con l’augurio del consigliere Sandro Terrani che ha portato al team della Fip e ai giovani detenuti il messaggio ed il saluto del sindaco Leoluca Orlando, impossibilitato a presenziare.

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Interessante anche se fortemente condensato per ovvie ragioni di tempo, il discorso del tecnico di Filiera Gandolfo Mogavero, che ha catturato l’interesse della platea parlando dell’importanza dei grani autoctoni e del rischio di  intolleranze determinato dall’importazione di grani esteri, in particolare quelli canadesi, contaminati con il glifosato; una micotossina che nel medio termine infiamma i villi intestinali dando luogo alle intolleranze al glutine.  Un silenzio assoluto ha scandito l’intervento di Mogavero, che ha anche lanciato un’idea: ampliare le colture di grani siciliani, che hanno un coefficiente di tossine pari a zero, per renderci autonomi e provvedere al fabbisogno quantomeno interno.

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A seguire l’intervento del nostro direttore, Alessandra Verzera, che ha posto l’accento sull’accresciuto e doveroso interesse da parte della società verso quelle fasce più deboli e disagiate che prima – per vergogna o per ignorante pregiudizio – venivano emarginate.  Alessandra Verzera ha parlato di malati psichici, di varie disabilità oltre che di ex detenuti, rappresentando realtà che – nel mondo della ristorazione convenzionale – hanno preso in carico proprio questi soggetti, dando loro una vera e concreta opportunità di reinserimento. Molti infatti sono i ristoranti, sparsi sul territorio nazionale da nord a sud,  che impiegano positivamente soggetti “recuperati”, ed alcuni di questi locali nascono proprio all’interno delle carceri stesse.

aiellotuttiGli interventi sono stati coordinati da Elisa Bonafede – biologa e responsabile per l’ HACCP.

Dopo gli interventi i giovani del Malaspina ed i loro ospiti hanno avuto modo di gustare pizze, sfincioni e panini con la milza in un clima di gioiosa compartecipazione. Due ragazzi, inoltre, si sono autonomamente fatti carico di versare le bevande: con ottimi modi e grande gentilezza, specie nei confronti delle signore. Al termine sono stati consegnati gli attestati di partecipazione ai ragazzi del Malaspina e gli attestati di merito agli ospiti. Un passo nella giusta direzione in una giornata vissuta dall’interno di una realtà palermitana per troppo tempo ignorata.

Alessandro Lo Iacono

 

Laura Donadoni, The Italian Wine Girl

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theitalianwinegirlLaura Donadoni nasce a Bergamo, dopo una laurea e un PhD in Scienze della Comunicazione e il superamento a pieni voti dell’esame di idoneità a svolgere la professione di giornalista, fa della sua passione per il vino la sua professione.

La sua carriera comincia come giornalista enogastronomica, scrive per numerose e prestigiose riviste italiane quali Gambero Rosso, per poi diventare anchor woman radiofonica per reti radio locali e nazionali.

Ma non finisce qui. Laura e’ un sommelier certificato presso la North American Sommelier Association e la World Sommelier Association e Wset level 3 advanced sommelier; è uno dei pochi Vinitaly International Italian Wine Ambassadors, e’ anche un Wine Educator certificato e degustatrice di vino; e’ una conoscitrice certificata di vino italiano e spagnolo, giudice ufficiale per la San Francisco Chronicle Wine Competition, membro della Los Angeles Wine Writers Association e influencer ufficiale di Zipkick.

Si definisce “giornalista a cui piace raccontare il vino come se fosse una notizia di cronaca”, vive negli Stati Uniti da quasi cinque anni, prima a Los Angeles, ora a San Diego, ma la sua attività di promozione dei vini italiani e’ nazionale, in tutti gli Stati Uniti. E’ presidente e fondatrice della PR Company, ed attivissima nel suo blog The Italian Wine Girlhttps.

L_Donadoni_PC-6Laura racconti un po’ di piu’ di lei agli attenti lettori di Scelte di Gusto.

Quando mi chiedono quale sia la mia professione, faccio fatica a trovare una parola sola, ma sorrido.Questo dice molto: faccio un lavoro che mi fa sorridere, che amo e in cui trovo profonda soddisfazione. Il mio background e’ il giornalismo: mi sono occupata per anni di cronaca, politica, giudiziaria tra Milano e Bergamo (la mia citta’ natale). Poi, anche grazie ai sentieri tortuosi della mia vita, mi sono resa conto che avrei potuto impiegare le mie conoscenze di comunicazione e story telling ad un settore, quello del vino e del cibo, dove raramente incontro persone tristi o frustrate. Potevo raccontare belle notizie, insomma. Perche’ no? Il trasferimento negli Usa e’ stato provvidenziale: mi ha convinta ancora di piu’ della necessita’ di un approccio di comunicazione nuovo per le nostre eccellenze enogastronomiche italiane che, seppur apprezzatissime, hanno ancora bisogno di essere spinte e valorizzate.

Secondo le statistiche, gli americani bevono più vino italiano degli italiani stessi e secondo quanto riportato dall’Istituto Italiano del Vino e del Cibo, i vini italiani sono tra i più importati negli Stati Uniti che peraltro è anche il più grande mercato di consumatori al mondo. Cosa piace maggiormente al consumatore americano dei nostri vini?

Il vino piu’ importato negli Usa in assoluto e’ il Prosecco. E’ un vino italiano, ma e’ soprattutto un vino che noi definiamo “easy drinking”, che piace anche a chi non e’ un bevitore seriale o esperto. E’ fresco, frizzante, fruttato, leggero, versatile, e in piu’ e’ italiano. Dico in piu’ perche’ l’italianita’ e’ un sigillo di qualità nella mente della maggior parte dei consumatori americani. Questo e’ un asset che spesso noi stessi italiani ci dimentichiamo di avere e di sfruttare. Purtroppo, spesso, l’Italia la amano di piu’ gli stranieri, degli italiani stessi.

logoTHEITALIANWINEGIRLLei si occupa di promozione, cosa consiglierebbe alle aziende italiane che vogliono lanciarsi sul mercato americano e quali sono le strategie che suggerirebbe loro per inserirsi nel modo piu’ corretto?

Questa e’ la domanda da un milione di dollari che mi fanno sempre. E come sempre rispondo che non c’e’ una ricetta preconfezionata, ma la carta vincente, a mio parere e’ puntare sulla propria unicita’. Chi approccia il mercato Usa deve calcolare che si mette in competizione con il mondo. Non con la provincia confinante, non con il parroco del campanile di fronte. Con il mondo. Quindi per farsi strada in un mercato come quello americano (estremamente competitivo) e’ necessario trovare un perche’: perche’ dovrebbero volere il mio Chianti e non quello delle altre centinaia di cantine che esportano lo stesso vino? Che cosa ho io di unico? Una volta individuato questo, bisogna comunicarlo nel modo giusto, con i canali giusti, alle persone giuste. Ma per questo ci sono io! Scherzo, ci sono i professionisti, come me.

La sua agenzia si occupa anche di addestramento e formazione. Quanto e’ importante per le aziende Italiane che si affacciano per la prima volta sul mercato americano addestrare e certificare il proprio personale, soprattutto quello addetto alle vendite?

Sento spesso dire da molti produttori italiani: “Una volta che il mio prodotto arriva sul mercato, il piu’ e’ fatto, poi si vende da solo”. Molti pensano erroneamente che l’ostacolo piu’ grande sia trovare l’importatore e aprire il canale di vendita. Ma quello e’ solo l’inizio. La grande sfida e’ avere una rete di persone capaci nella forza vendite, avere una rete di ambasciatori del proprio vino. Il personale deve innamorarsi dell’azienda, altrimenti non proporra’ il vino con sufficiente entusiasmo, non trasmettera’ l’unicita’ della cantina. Devono saper raccontare una storia, affascinare, esaltare le caratteristiche chiave del prodotto. Devono anche conoscere il mercato, i competitors, i prezzi medi dei prodotti simili o comparabili. In questo mercato l’informazione e l’educazione sono tutto.

Il pubblico Americano è sempre più appassionato per il vino Italiano ed è sempre più orientato verso il turismo enogastronomico, ama paradossalmente più i tour delle cantine piuttosto che i viaggi legati alle opere d’arte. E così come la mappa enologica Italiana continua sempre più ad ampliarsi anche la richiesta degli appassionati di vino pronti ad avventurarsi nei tour più inconsueti aumenta vertiginosamente. Secondo lei cosa ha generato questa “moda”? Cosa le richiedono ad esempio i suoi clienti?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo capire chi e’ il consumatore di vino “tipo” negli Stati Uniti. Anche se parlare di Stati Uniti e’ una forzatura, visto che ogni Stato e’ un mondo a parte, con profili sociali e statistiche diverse. Comunque, per semplificare, stando alle statistiche e’ la generazione tra i 25 e i 40 anni quella che consuma piu’ vino (e dal prezzo medio piu’ alto). Il consumatore tipo e’ benestante, laureato, in genere un professionista, ovvero con potere di acquistoe possibilità di viaggiare fuori all’ estero. E’ un fenomeno “nuovo” per gli Stati Uniti, dato che tradizionalmente non si e’ mai consumato vino, ma piuttosto birra, bibite o liquori. Quindi questi nuovi consumatori sono curiosi, desiderosi di vedere con i propri occhi dove questa bevanda a cui si sono appassionati (che e’ “piu’ cool” della birra, almeno in certi ambienti) viene prodotta e come. E in genere scelgono l’Italia perche’ possono unire l’ enogastronomia all’ arte, alla natura, in una vacanza sola.

Quali sono i Vini italiani che vengono più apprezzati dai consumatori americani?

Doveroso di nuovo premettere che il gusto americano non esiste, ma ogni Stato ha abitudini di consumo profondamente diverse. Se in Stati come la California e la Florida si consumano molto spumanti e vini bianchi(pensate al clima, al cibo, ai party), in altri Stati (come Washington State, New York, Massachusetts, Illinois) si prediligono ancora i rossi, in genere i classici: Amarone, Brunello di Montalcino, Barolo, Barbaresco. Ultimamente c’e’ una tendenza verso rossi piu’ leggeri, profumati e netti, come Etna Rosso o Nebbioli dell’Alto Piemonte.

Sempre per il fatto che le generazioni giovani sono quelle che guidano il mercato c’e’ in generale una ricerca di novità o di vitigni o vini “insoliti” per questo mercato: Ribolla Gialla, Pecorino, Trebbiano Spoletino, Lugana, sono alcuni esempi… E’ un discorso dalle mille sfaccettature, difficile da riassumere in poche righe.

Il grande vino del momento negli Usa e’ il rosato. I vini rosati stanno vivendo un boom di vendite negli ultimi 2-3 anni, dovuto anche all’ estrema versatilità di abbinamento con il cibo, alla facilita’ di beva, all’ appeal estetico e al fatto che la maggior parte dei consumatori di vino e’ donna. Dato da non sottovalutare per il futuro.

IMG_20170308_131831I suoi vini preferiti?

Difficile rispondere per una degustatrice di professione! Ho la fortuna di assaggiare davvero tantivini e il fascino di questo lavoro e’ che non si smettemai di imparare, di conoscere un nuovo vitigno, unanuova tecnica di produzione, una nuova cantina. Mi piace pensare che il mio preferito deve ancora arrivare, cosi’ resto in continua ricerca e tensione positiva.

Comunque amo i vini veri, puliti, quelli dove posso riconoscere sia i sentori di madre natura (dati dal vitigno), sia la mano dell’uomo (dalla tecnica di produzione), sia quella del tempo (data dalla maturazione, nda) e infine quella di Dio (data dall’ annata e dal terroir, nda ).

Un sogno nel cassetto che vorrebbe realizzare?

Un progetto che ho molto a cuore e’ la mia selezionepersonale di vini italiani per il mercato Usa. Uno deimomenti piu’ belli del mio lavoro e’ studiare il volto di chi assaggia per la prima volta un vino sconosciuto cheho proposto e coglierne la pura sorpresa ed estasi. In quel momento capisco che ho raggiunto il mioobiettivo: ho fatto conoscere attraverso i sensil’immensa bellezza della mia Italia. Vorrei farlo sularga scala. Questo e’ il mio sogno nel cassetto.

Spesso, l’Italia la amano di piu’ gli stranieri, degli italiani stessi, dice Laura Donadoni e su questo non posso che ampiamente concordare con lei. Ma non possiamo negare che molto e’ dovuto alle professionalita’ come quella di Laura, che il “brand Italia” lo promuovono con competenza e passione.Siamo noi Italiani, professionisti all’estero, che abbiamo il compito, non semplice, di promuovere e diffondere la conoscenza delle nostre eccellenze. Ma al contempo i produttori Italiani, gli operatori del settore,doverebbero saper capitalizzare e raccogliere i frutti di chi, come noi, diffonde la bellezza e la qualita’ del “brand Italia” in terre lontane dalla nostra.

A Laura auguriamo di realizzare il suo sogno nel cassetto ma, considerato i risultati gia’ ottenuti in pochissimi anni, non abbiamo difficolta’ nel credere che lo realizzera’ molto presto.

E dagli USA e’ tutto al momento. A presto con una nuova intervista.

Tiziana Ciacciofera Triolo

Vicoli&Sapori – Vivere gli Iblei. Appuntamento a Palazzolo Acreide

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imm. belvedere palazzolo a.Fervono i preparativi per la 3^ edizione di Vicoli&Sapori – Vivere gli Iblei. L’antico quartiere dell’Orologio torna a rivivere di suoni e sapori con gli chef dell’associazione di ristoratori di Palazzolo Acreide.

Per due giorni l’antico Quartiere dell’Orologio di Palazzolo Acreide, con le sue stradine strette e le tante scalinate, si trasformerà in un suggestivo percorso che condurrà visitatori, giornalisti enogastronomici e foodies alla riscoperta di uno degli angoli più belli della città patrimonio Unesco. imm.Sarà l’occasione per assaporare, lungo un’insolita e piacevolissima passeggiata serale, le prelibatezze locali preparate dagli chef dell’Associazione dei Ristoratori “Vicoli&Sapori” impegnata sin dalla sua nascita nella valorizzazione del territorio, oggi meta obbligata per il viaggiatorelocandina 2018 desideroso di trovare la vera Sicilia nei piatti.“Il filo conduttore è sempre lo stesso – spiega Paolo Didomenico, Presidente dell’Associazione-, ossia quello di coniugare alcuni elementi caratteristici del nostro bel paese: la cultura, la storia, le bellezze architettoniche e la sua rinomata offerta gastronomica. Vogliamo far conoscere ai visitatori quegli spazi urbani suggestivi eppure poco noti promuovendo allo stesso tempo l’offerta enogastronomica locale attraverso una degustazione che si snoderà tra i vicoli e le stradine del quartiere medievale dell’Orologio. Ci sarà pure della buona musica e dei cooking demo dinanzi al Belvedere durante i quali noi chef dell’Associazione ci alterneremo mostrando come si preparano alcuni piatti della tradizione. Diverse inoltre le aziende di vari settori che hanno aderito a questa edizione e che faranno degustare le proprie produzioni. Un evento dunque che vede diverse sinergie in campo con la voglia di continuare la sfida a restare in questo territorio. Lo scorso anno abbiamo registrato ben 1800 presenze paganti e, dall’interesse sinora constatato in giro, ne prevediamo di più per questa edizione”.
Sette sono i ristoranti facenti parte dell’Associazione di Ristoratori “Vicoli&Sapori” nata nel gennaio 2017 nella cittadina patrimonio Unesco. A farne parte sono: Lo Scrigno dei Sapori, La Corte di Eolo, La Taverna di Bacco, Andrea, Ristorante Settecento, Agriturismo Giannavì e Trattoria del Gallo. Un gruppo ben saldo con tanta voglia di fare rete al fine di far crescere l’immagine di Palazzolo Acreide nel mondo puntando su una gastronomica ricca, legata alle tradizioni, al territorio e alla stagionalità: dal tartufo alla salsiccia tradizionale, dai formaggi alle carni, dagli oli alle verdure spontanee.

L’appuntamento come detto è per il 28 e 29 luglio prossimi a partire dalle ore 18.00

Bottarga, tante varietà per una prelibatezza unica

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La bottarga è uno di quegli ingredienti che portano il mare in tavola. E non solo. Tutto il suo insieme, odore e sapore in primis, rimandano a una cultura e a una tradizione millenarie, rievocano aride località screpolate dalla salsedine, piccoli borghi di pescatori e tonnare dal rutilante ed epico passato. Rimandano ad una Sicilia che non c’è più, ma non estinta, e a un Mar Mediterraneo che ha fatto incrociare popoli diversi ma dalla cultura similare.

Quando parliamo di bottarga, non si tratta che di uova di muggine, tonno, molva, pesce spada, ma anche di ricciola e cernia, prima salate, poi pressate e in seguito lasciate essiccare.
Per questa specialità dalle radici soprattutto isolane, con una millenaria tradizione in Sardegna e Sicilia, ma con centri anche in Toscana e Calabria, si è soliti rimandare all’arabo butarikh (uova di pesce salate), con cui il sardo butàriga, bottarga appunto, possiede una forte assonanza.
Tuttavia, nonostante già gli Arabi e i Greci avessero preparati simili, si ritiene che gli iniziatori furono i Fenici, popolo di marinai e pescatori, ideando i processi di essiccatura e salatura che in seguito arabi e bizantini diffusero lungo le coste del Mediterraneo.

Se la produzione di bottarga di muggine ricade soprattutto nel territorio sardo, a Cabras, Carloforte, Cagliari, Alghero, Oristano, Tortolì e Stintino, quella di tonno e pesce spada possiede importanti centri anche in Sicilia, soprattutto Trapani, Favignana e Pachino.
Dopo l’estrazione delle uova nella tonnara, queste vengono poste sotto un peso per 3-4 giorni in un locale asciutto. In seguito si procede con un processo di salatura che avviene quotidianamente per una decina di giorni. Infine, dura circa un mese la fase di asciugatura in locali bui e privi di umidità.

Per secoli piatto povero di pescatori, negli ultimi decenni la bottarga ha acquisito sempre maggior prestigio non solo per i suoi nutrienti ma anche per l’uso da parte di sapienti chef che hanno dato la propria lettura gastronomica di questa prelibatezza nostrana, esaltando il sapore delicato della bottarga di muggine, indugiando ancora sulla sapidità intensa della bottarga di tonno e trovando un compromesso nel bilanciato gusto di quella di pesce spada.

Visto il sapore ricco di questo prodotto, spesso viene cucinata da sola, oppure con pomodorini e acciughe o, come vuole la tradizione calabrese, con olive nere o peperoncino. Alternativa alla bottarga come ingrediente principale è la spolverata finale su primi piatti a base di pesce, per esaltarne al meglio le note del mare.

Serena d’ Arienzo

Bufala Fest 2018. Una settimana di gusto e competizione con due giudici d’eccezione: Cinzia Fumagalli e Fabiana Scarica

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bufalafestlogoParte oggi a Napoli il Bufala Fest 2018, una kermesse lunga un’intera settimana – chiuderà infatti i battenti il prossimo 15 luglio  – e lunga anche in senso letterale, dato che la manifestazione si snoderà su due chilometri di lungomare con stand espositivi, cooking show, gare, musica e seminari  sui comparti trainanti della nuova economia che occorrerà ridisegnare:  agroalimentare e turismo.

Un panorama mozzafiato, quello del Golfo di Napoli, farà quindi da cornice ai tanti visitatori che affolleranno la manifestazione per conoscere e naturalmente gustare la storia e i prodotti di un territorio ricco e pieno di tradizione.

bufalafest_logodate-800x400Naturalmente sarà la bufala, la cui mozzarella ha fatto conoscere Napoli nel mondo, la protagonista indiscussa della manifestazione. Cinquantatrè stand di food, tra mozzarella, pizze, dolci e tanto altro, il tutto esclusivamente con prodotti della filiera bufalina. Ma l’offerta non sarà solo di gusto: il Bufala Fest offre anche una serie di spettacoli  musicali sul grande palco montato alla Rotonda Diaz, i cooking show degli chef stellati e quattro workshop tematici con operatori, esperti e rappresentanti delle istituzioni. E nell’ambito del ricchissimo programma, nato dalla volontà e dagli sforzi degli organizzatori Antonio Rea e Francesco Sorrentino, nomi interessanti del panorama artistico e musicale nazionale. Due per tutti Fabio Concato e Sal Da Vinci.

fabiana scaricaGiudici dei cooking show saranno  Cinzia Fumagalli e Fabiana Scarica, rispettivamente Top Chef 2018 e Top Chef 2017.  Le due chef inoltre, il prossimo 10 di luglio e sempre nell’ambito del Bufala Fest,  prepareranno 4 piatti per 4 nuovi formati di pasta della Linea Food di La Molisana.

cinzia top chefE poi, su tutto, la Bufala,  non solo mozzarella, ma carne: lunedì 9 luglio alle ore 18,30 partirà infatti  il primo Bufala Fest Workshop dal tema “Il turismo oltre l’evento: proposte per la valorizzazione dei percorsi della filiera bufalina””, un dibattito creativo per esplorare i percorsi della bufala e crearne di nuovi. Giovedì 12 luglio con “Carne di Bufalo, gusto e benessere, sempre alle ore 18,30, medici, nutrizionisti, allevatori, rappresentanti della grande distribuzione e del mondo accademico si confronteranno sulle strategie di mercato da adottare per incentivare gli investimenti a favore della carne di Bufalo. Saranno presentati, poi, i dati nutrizionali e i vantaggi qualitativi della carne bufalina rispetto a quella bovina o suina mentre, con la metodologia creativa del pensiero laterale, si immagineranno le future strategie di intervento per promuovere il prodotto.  Venerdì 13 luglio, ore 18,30,  lo sviluppo creativo di idee sarà l’occasione giusta per scoprire le potenzialità della ricotta di bufala, l’ingrediente a cui è rivolto il workshop “Identità e peculiarità della ricotta di bufala campana Dop”. Infine, gli incontri tra stakeholder si concluderanno con l’evento “2018 Anno del Cibo Italiano”, domenica 15 luglio, per una serata esperienziale all’insegna della filiera bufalina, che contamina i propri prodotti con le altre filiere campane, in particolare, conserve, pasta, olio e vino.

bufalafestslideEd ecco le dichiarazioni degli organizzatori, diffuse con una nota stampa:

Bufala Fest vuole diventare un evento permanente nella città di Napoli – spiega Antonino Rea – rivolto alle famiglie, ai genitori e ai bambini, ma anche agli stakeholder della filiera bufalina che avranno l’occasione di scambiarsi buone pratiche. Il motivo dell’evento è “Sempre di più” e per noi l’edizione 2018 del Bufala Fest è solo un punto di partenza: un evento può crescere solo se si rinnova in termini di qualità e offerta. Il tema di quest’anno sarà il Territorio, quindi la Campania e tutto il Sud. L’obiettivo è mettere in rete tutti i soggetti attivi nella filiera bufalina perché questo è un settore in crescita, capace di espandersi sempre di più purché sia raccontato”.

Nicosia 24 Maggio 2017 021Gli fa eco Francesco Sorrentino :  “Ai visitatori, oltre agli eventi dedicati allo specifico dei prodotti e delle novità di settore, offriamo un ampio e ricco calendario di eventi artistici, con concerti, stelle del cabaret, teatro, e youtuber. Un cartellone pensato per coinvolgere una grande varietà di pubblico offrendo un programma con diverse espressioni artistiche. Le serate saranno un appuntamento nell’appuntamento, pensiamo al cibo come espressione culturale e agli eventi come momento di esperienza comune”.

Appuntamento quindi sul lungomare Caracciolo, nella sempre meravigliosa Napoli per una settimana di cultura, gusto, tradizione, turismo, spettacolo, innovazione e rilancio.

A.Ve.

 

 

Mezzelune alla menta con prosciutto e melone

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MEZZELUNE PROSCIUTTO E MELONELA STORIA: questa ricetta nasce dalla voglia di coniugare un sapore fresco abbinato ad una pasta all’uovo fatta in casa. Il condimento è volutamente semplice, per esaltare il gusto estivo dato dalla menta, il prosciutto e il melone.

La pasta è stata dapprima lavorata a mano e poi tirata a macchina, una vecchia Imperia a manovella di almeno 30 anni, che fa ancora il suo lavoro dignitosamente. Sono macchine praticamente indistruttibili, che necessitano dell’unica accortezza di essere pulite dopo ogni utilizzo con uno spazzolino o pennello, evitando tassativamente il contatto con l’acqua per scongiurare la formazione di ruggine.
Una volta presa la mano, preparare la pasta in casa diventerà un rito irrinunciabile che darà grandi soddisfazioni e vi permetterà di liberare la fantasia attraverso composizioni d’impasto e ripieni sempre nuovi.
Nella ricetta vado ad utilizzare le uova a pasta gialla che conferiscono un sapore e un colore più deciso, ma potete tranquillamente usare anche prodotti diversi.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:

– 3 uova a pasta gialla
– 300 gr farina di semola
– 30gr di menta fresca
– 7 fette di prosciutto crudo + 3 per il condimento
– 4 fette di melone
– olio extra vergine
– sale
– 25gr di burro

IL RIPIENO: priviamo il melone di buccia e semi e mettiamolo nel mixer.
Se il risultato appare troppo liquido, dobbiamo passarlo in un colino per trattenere la polpa. Solo quando la consistenza avrà un aspetto compatto possiamo andare a frullare insieme anche il prosciutto crudo.

LA PASTA: iniziamo frullando nel mixer la menta e le uova. In una ciotola mettiamo la farina, il sale e aggiungiamo il composto di uova e menta. Usiamo una forchetta per miscelare gli ingredienti e aggiungiamo un cucchiaio d’olio per donare elasticità.
Trasferiamo il tutto su una spianatoia e lavoriamolo finché l’impasto non inizierà a prendere consistenza. Fate questa operazione a piene mani, tirando la massa avanti e indietro e sbattendola sulla spianatoia sempre ben infarinata. Dobbiamo ottenere una pasta liscia e senza grumi dalla quale ricavare un panetto da mettere in frigo per 1 ora, avvolto nella pellicola.
Infariniamo la spianatoia e la superficie del panetto e iniziamo a tirare la sfoglia muovendoci in tutte le direzioni e ruotando ogni volta di un quarto. Ottimiziamo il tiraggio facendo passare la sfoglia, opportunamente ritagliata, nella macchinetta per la pasta. Possiamo iniziare con un passo intermedio e ripassandolo nello spessore più sottile ricordandoci di mantenere sempre infarinato il rullo.
Con un coppapasta rotondo da 12cm o 15cm andremo poi a ricavare dei cerchi che saranno la forma base dei nostri ravioli.
Prendiamo i nostri cerchi di pasta e mettiamo il ripieno su un solo lato, lasciando 1cm dal bordo che servirà per avere spazio sufficiente alla chiusura e il bordo andrà leggermente inumidito per favorire una sigillatura ottimale. Possiamo creare una zigrinatura sull’estremità facendo una leggera pressione con i rebbi di una forchetta.

ALL’ASSEMBLAGGIO!!! Mettiamo a bollire l’acqua con il sale e un filo d’olio che ci aiuterà a non fare attaccare la pasta alla pentola. La pasta va “scolata” al dente perché andremo a terminare la cottura direttamente nel condimento, ma non utilizzate lo scolapasta che la romperebbe. Piuttosto prelevatela con una schiumarola o mestolo forato e trasferitela nella padella dove abbiamo fatto sciogliere dolcemente il burro e fatto saltare il crudo a pezzetti fino a farlo diventare croccante.
Lasciamo insaporire il tutto per qualche minuto a fiamma alta, muovendo energicamente la padella senza usare cucchiai o simili e serviamo subito.

CURIOSITA’: Le uova sono considerate da molti come uno degli alimenti più nobili al mondo. Ricche di proteine, grassi buoni, sali minerali e vitamine, ricoprono senza dubbio un ruolo fondamentale nell’alimentazione umana.
Quelle più comunemente consumate sono le uova di gallina ma vengono utilizzate anche uova appartenenti ad altri volativi come: quaglia, anatra, oca, struzzo, faraona e tacchino.
Parlando di uova di gallina, il colore del guscio dipende esclusivamente dalla razza e non incide sui parametri nutrizionali dell’uovo. La colorazione del tuorlo dipende invece dai pigmenti contenuti nel mangime oppure da sostanze aggiunte appositamente per ottenere una sfumatura di colore più piacevole per il consumatore. Le uova vengono classificate in base al peso, alla freschezza e al tipo di allevamento delle galline.
Le qualità alimentari dell’uovo sono state apprezzate dall’uomo sin dall’antichità. Gli Egiziani già allevavano polli e avevano inventato un sistema artificiale di incubazione delle uova. I Cartaginesi mangiavano invece uovo di struzzo e anche i Greci consumavano uova di gallina, tant’è che il medico greco Galeno affermava che nella dieta di una persona anziana non dovevano mai mancare. Presso i Romani le uova di gallina, insieme a pane, olive e vino, componevano l’antipasto (gustatio) della cena, tanto che entrava in un detto (ab ovo usque ad mala= dall’uovo alle mele) che denotava il tipico pasto completo.

Vi aspetto alla prossima RicettIdea!

Roberta Evangelista

Top Chef: si “replica” all’ Aqua Crua di Baldessari con una cena ad 8 mani

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cinzia concorrentiLa lunga estate di Cinzia Fumagalli, Top Chef 2018, porterà la chef lecchese di nuovo sotto l’ala, e sotto il severo metro di giudizio, di uno dei giudici del talent che l’ha vista vincitrice dell’edizione “Cup – La Rivincita 2018”. Fumagalli, insieme a Palmiro Carlini e a Fabiana Scarica – campionessa 2017 –  sarà infatti impegnata in un week end all’insegna del gusto presso il locale dello stellato Giuliano Baldessari, l’ Aqua Crua. Un evento esclusivo che prevede due pranzi e due cene realizzati da un team di tutto rispetto e che costituisce un unicum nel suo genere, in cui pochi fortunati avranno il privilegio di degustare dei menù di altissimo livello composti da un giudice e ben tre concorrenti di cui due campionesse.  Tutto questo avrà luogo i prossimi 14 e 15 di luglio, in quel di Barbarano Vicentino.

fabiana scaricaUna bellissima occasione ” – dice Fumagalli – ” che in qualche modo è anche un suggello. Se un giudice che ha contribuito alla tua vittoria ti ospita nel suo blasonato locale significa che non ha cambiato idea sulle tue capacità. Significa che non si tratta di un “successo televisivo” ma vero, reale e concreto. Un premio alla carriera, per quanto mi riguarda, dato che vivo nelle cucine da 36 anni. Sono molto emozionata e con l’inventiva a mille, Del resto se non producessi ettolitri di adrenalina e non partorissi idee fuori da ogni standard non sarei io. E invece io rimango la stessa di sempre, a volte stralunata, a volte iperattiva, ma sempre Cinzia“.

Risultati immagini per fabiana scaricaE la Fumagalli sarà affiancata da Fabiana Scarica – la campionessa dell’edizione 2017 ma anche una grande amica.

Con Fabiana è nato un feeling immediato, che è sfociato in un affetto profondo malgrado l’evidente gap generazionale per cui potrebbe essere mia figlia. Una di quelle empatie immediate che poi si consolidano e diventano affetti veri. Io e Faby facciamo e faremo ancora tante cose insieme, con grande professionalità certo, ma anche non perdendo mai l’occasione per divertirci e per amare sempre di più ciò che facciamo“.

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridonoMa ci sarà anche Palmiro Carlini : ” Palmiro è una bella persona. E’ quello che gli ho detto la sera della finalissima: è sempre stato e sempre sarà un vero signore, ed ecco perchè cucinare con lui sarà un immenso piacere. E’ un bravo chef ma è anche e soprattutto una gran bella persona”.

E il padrone di casa? Lui è  Giuliano Baldessari , “ il giudice quello bello”, severo ma dallo sguardo dolce, rigoroso ma pieno di slanci verso i suoi colleghi e concorrenti. Sui piatti invece vige il silenzio stampa più assoluto.

Risultati immagini per aqua cruaInsomma, due giornate che si annunciano dense di esperienze gustative e sensoriali di altissimo livello ma che riserveranno anche momenti di vero intrattenimento: senza copioni nè recite, ma semplicemente con la trascinante verve dei protagonisti.  Oltretutto, in considerazione del parterre schierato in cucina, il costo dell’evento è assolutamente abbordabile.

Per prenotare un posto ad uno degli appuntamenti basterà visitare il sito del ristorante Aqua Crua.

 

Alessandra Verzera

Tra insetti e “Made in Italy”, arriva il cibo del futuro

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Gli insetti sono il cibo del futuro”. E’ una frase che sentiamo dire sempre più spesso e che, tuttavia, non smette di creare in chi ascolta un certo sconcerto. Le ragioni che stanno dietro a un’affermazione tanto forte sono significative e legate a urgenti questioni di carattere globale, quali la fame nel mondo e la sostenibilità economica ed ambientale.
Secondo la FAO, l’entomofagia risulta praticata da molti anni in diversi Paesi del mondo, soprattutto in alcune parti dell’Asia, Africa ed America Latina, integrando di fatto l’alimentazione di circa 2 miliardi di persone.
Allo stato attuale, le specie di insetti commestibili in commercio toccano le 1900 rendendo, contestualmente, le prospettive della loro introduzione nella dieta sempre più plausibili. Basti considerare che nel 2030 saranno più di 9 miliardi gli individui da nutrire, a cui si andrebbero ad aggiungere anche i capi di bestiame. Questo fa sì che l’opzione alimentare degli insetti rappresenti una possibilità non solo in termini di sostenibilità ambientale, ma anche in termini di facilità di allevamento, oltre che di fonte di proteine di alta qualità e di micronutrienti importanti quali rame, ferro, magnesio, selenio e zinco.
Risultati immagini per insetti commestibili in italiaTuttavia, nonostante la comunità scientifica in più di un’occasione si sia pronunciata a favore di una “conversione alimentare” di questo tipo, l’Italia, Paese dalla tradizione gastronomica rinomata in tutto il mondo, così come molti altri Paesi occidentali, resta perplessa di fronte a questa prospettiva, visti anche i pregiudizi negativi nei confronti dei tutt’altro che amati insetti.
Ebbene, a fronte di tali premesse si apre un altro scenario, ben più incoraggiante. A dirlo è il settore cooperazione agroalimentare e della pesca di Confcooperative a proposito delle future tendenze alimentari. Secondo tali proiezioni 1 consumatore su 10 nel mondo, infatti, mangerà cibo italiano. Va da sé che per far fronte a un tale aumento di domanda, secondo le previsioni, entro il 2025 lo shopping online dell’alimentare italiano crescerà per ben 5 volte, rappresentando il 20% del mercato totale, con un giro di affari – attenzione – di 100 miliardi di dollari!
In uno scenario in cui l’e-commerce parrebbe avere un ruolo cruciale, tuttavia non verranno meno i punti vendita tradizionali e le specialità italiane richieste saranno quelle da sempre più ricercate: formaggi e salumi, pesce e carne, pizza pasta e pane, latte, frutta e verdura.
Risultati immagini per insetti commestibili in italiaA cambiare, in meglio, sarà la consapevolezza del consumatore, già ravvisabile nelle tendenze di questi ultimi anni. Infatti, in futuro a essere richiesti saranno sempre più prodotti sostenibili, tanto che, a sentire Confcooperative, già oggi il 70% delle realtà agroalimentari e di allevamento risulta impegnata su questo fronte: 1 su 2 investe nel risparmio idrico (micro irrigazione, droni, sensori ed energia elettrica); 1 su 3 sul riciclo di materiali (biomasse e scarti delle industrie); 1 su 3 in tecnologie eco-friendly; 2 su 3 adoperano tecniche di pesca e allevamento a ridotto impatto ambientale.
Scenari contrastanti e proiezioni plausibili, per il momento. Ciò che pare certo però è l’inversione di tendenza e la maggiore consapevolezza da parte di produttori e consumatori sul fronte ambientale che, parallelamente a quello alimentare, risulta un settore di urgenza primaria.

Serena d’ Arienzo