Quest’anno la festività ebraica di Chanukkà (o Hanukkah o Hanuccà), la Festa delle Luci, si è celebrata dal 21 al 28 dicembre, mentre nel calendario lunario ebraico cade sempre dal 25 Kislev al 3 Tevet, e sono otto giorni per festeggiare. Chanukkà è un termine ebraico che significa inaugurazione, cioè cerimonia in cui si solennizza qualcosa e precisamente si commemora la riconsacrazione del Tempio a Gerusalemme. (E.Ri.)
Gli avvenimenti ricordati a Chanukkà appaiono nel primo e secondo libro dei Maccabei della Bibbia cristiana, libri che però non sono inclusi nel canone ebraico, mentre il miracolo specifico a cui fa riferimento la festa è narrato nel Talmud.La storia racconta di quando gli ebrei erano sotto il controllo della dinastia seleucide, stabilitasi in Siria, e di Antioco IV, detto Epifane, che cercò di regnare ellenizzando il Paese sradicando le leggi ebraiche e introducendo i costumi greci, fino ad arrivare a dedicare un altare a Zeus nel tempio di Gerusalemme, profanandolo. Giuda Maccabeo si ribellò a ciò e raccolse un piccolo esercito di ebrei rimasti fedeli al giudaismo; con questo andò contro l’esercito siriano considerato il più potente dell’epoca, e sconfisse il re ellenista, il 25 del mese di Kislev.
Per riconsacrare il Tempio al Signore accesero il candelabro a sette braccia, la Menorà, ma scoprirono che era rimasta solo un’ampolla di olio d’oliva non profanata, che avrebbe dovuto consumarsi in un solo giorno e invece il lume miracolosamente bruciò per gli otto giorni necessari alla riconsacrazione. Questo è il miracolo che viene commemorato con l’accensione delle luci di Hanukkah, per otto notti successive. I protagonisti della festa sono quindi le luci e l’olio. Così in cucina si preparano cibi oleosi, fritti in abbondante olio, appunto, a ricordo del miracolo.
La cucina triestina, si sa, rispecchia la realtà umana e storica di Trieste; la sua cultura gastronomica accoglie le tradizioni più diverse, in primis quella asburgica, austriaca e ungherese, ma anche quella ebraica, slava, greca… In realtà le cose sono anche più complicate, per esempio la cucina ebraica triestina risente sia dagli ebrei arrivati dall’Austria e dai territori tedeschi, sia da quelli giunti dall’isola di Corfù, a controprova del tratto cosmopolita che contrassegna l’intera città.
Chanukkà però mette tutti d’accordo e i dolci più mangiati e apprezzati sono i sufganiot, di poco distinguibili dai krapfen a ben leggere la ricetta.
Si possono trovare più versioni dei sufganiot, questa è la ricetta presa da “La cucina nella tradizione ebraica” di Giuliana Ascoli Vitali – Norsa – Edizioni Giuntina 2010; la dose è per cinque persone.
500gr di farina
2uova
lievito di birra quanto una noce
½ bicchiere di zucchero
¼ cucchiaino di sale
¼ bicchiere di olio d’oliva
Mettete tutto quanto insieme. Mescolate bene, poi lasciate lievitare la pasta per qualche ora. Lisciare la pasta e formare con il bicchiere delle forme rotonde. Mettere su una tovaglia e coprire, per mezz’ora. Poi friggete con l’olio già caldo finché diventino dorate, cospargete sopra dello zucchero velato, e buon appetito.
L’uso dell’olio come grasso è suggerito in tutte le ricette per Chanukkà, per il ruolo simbolico dell’olio in questa festa, e quindi rafforzare il legame fra il cibo e l’avvenimento celebrato, però anche per renderli più morbidi e dargli la sofficità che lo stesso nome evoca “sufff…”, spesso è sostituito dalla margarina.
L’uso del burro non è avversato ma è più raro. Questo perché per poter mangiare kasher, quindi conforme alla legge, ossia secondo le regole che derivano dalla Bibbia, e che sono osservate da più di 3000 anni dagli ebrei di tutto il mondo, non bisogna mescolare nello stesso pasto carne e latticini.
Rifacendosi così a quanto scritto sia nell’Esodo che nel Deuteronomio “Non cucinerai un capretto nel latte di sua madre” il precetto ebraico prevede che si tengano scrupolosamente separate le carni dal latte, cioè che non si mangino carne e latticini nello stesso pasto. Quindi per poter gustare i sufganiot eventualmente alla fine di un pranzo o di una cena a base di carne, vanno preparati con la margarina vegetale o adoperando l’olio.
Proprio come i krapfen vengono riempiti con marmellata e, se per questi è comune quella di albicocche, nei sufganiot si trova spesso quella di fragole, anche se, chi li prepara può scegliere secondo il proprio gusto. Per chi non vuole cimentarsi con fritture a casa, e vuole assaggiare questo dolce che così tanto ricorda il krapfen, ma preparato senza burro e non con la solita marmellata di albicocche, a Trieste vi sono alcune pasticcerie che vendono prodotti kasher.
Eleonora Righini