Arriva l’ambasciatore della cultura italiana dell’espresso

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Il piacere di un caffè è un piccolo vizio a cui pochi rinunciano, sin dal risveglio. Pur non essendo un prodotto autoctono, paradossalmente l’Italia è una delle nazioni dove si consuma maggior caffè e di qualità e l’espresso è simbolo del “made in Italy” nel mondo. I paesi nordici primeggiano per consumo, ma la miscela è differente e molti storcerebbero il naso a definirlo il “caffè per eccellenza” (P.Pi.)

 

 

 

Il rito della tazzina è celebrato quotidianamente a casa, sui luoghi di lavoro, al bar e al ristorante. Una parte del merito va senza dubbio alla fama delle miscele e delle attrezzature italiane per la preparazione dell’espresso, poi le campagne divulgative e un po’ forse, anche la nomea tradizionale che il Bel Paese può vantare, passata anche dal cinema: per Eduardo de Filippo era una “tazzina di felicità”. Sarà per questo che è l’Italia a fare tendenza nel mondo e oggi, dopo il “coffee taster”, nasce una nuova figura: “l’Espresso italiano trainer”. Inei (Istituto nazionale espresso italiano) e Iiac (Istituto internazionale assaggiatori caffè( sono due tra i maggiori organismi di divulgazione e cultura del caffè a livello internazionale che lavorano peraltro in collaborazione con corsi, manifestazioni, ricerche e pubblicazioni. Moka, napoletana, macchina espresso, macchina a cialde o capsule: le opinioni si dividono, e complice la moda sono ormai innumerevoli anche le varianti che ormai si accostano al “semplice” espresso chiesto al bar: dal “lungo” o “macchiato”, decaffeinato oramai classici si va – per citarne alcuni – alle varianti irish o russo (corretti con liquori), viennese o americano, ai più recenti “marocchino” o al “ginseng” (pur non essendo questo un caffè ma un sostituivo, come l’orzo) eccetera. Dietro alla bevanda insomma, c’è molto da sapere, dalla coltivazione alla torrefazione fino alla miscelatura e poi alla preparazione, valutando aroma, cremosità, profumi, persistenza al palato. Si importa la materia prima insomma, ma si esporta il culto del caffè all’italiana. Terreno fertile oramai è anche l’Estremo Oriente, molto recettivo su queste e altre proposte legate all’enogastronomia tricolore. A dicembre 2010 per esempio l’Istituto Espresso italiano ha tenuto i primi corsi di formazione per conoscere e saper preparare un buon caffè in Cina, e Iiac (che conta 8 mila allievi di cui molti stranieri tra le nazioni sia consumatrici che produttrici della bevanda) ha aperto nel 2008 una sede in Giappone e sono a buon punto gli accordi per la costituzione di associazioni estere indipendenti associate della Spagna e del Brasile. Nel 1999 Iiac ha messo a punto il corso “Espresso Italiano Specialist” per l’abilitazione degli operatori dei bar che offrono l’Espresso italiano certificato. Inei ha oggi deciso di creare una nuova figura: “l’Espresso Italiano Trainer”. Si tratterà di ambasciatori della cultura italiana dell’espresso sparsi nei quattro angoli del mondo che agiranno trasmettendo agli allievi le informazioni e la tecnica di assaggio di base per valutare la bevanda. Con un unico obiettivo: mettere in grado i propri allievi di smascherare i “finti” espressi italiani e premiare i migliori caffè. A marzo 2012 partirà il primo corso. Molti anche gli eventi e i concorsi di richiamo. “Espresso italiano champion” (evento organizzato da Inei con Associazione Italiana Barmen e Sostenitori ) individua ogni anno il barista perfetto e quello del 2011 è stato Maurizio Rana, 31 anni di Bisceglie (BT) incoronato a Torino. “International coffee tasting” dal 2006 riunisce produttori, miscele e campioni dal mondo dando eco e pregio al settore. Un occhio infine al mercato: malgrado il rincaro delle materie prime, l’export dall’Italia verso l’estero tiene e ci sono paesi dove c’è ancora molto spazio per affermarsi. «Qualità e innovazione sono la risposta ai momenti duri e l’andamento del mercato, in generale, sembra darci ragione: export e Italia stanno rispondendo bene» ha di recente commentato Gianluigi Sora, presidente Inei. Clienti e bevitori più esigenti dunque, professionisti più preparati e produttori di qualità fanno la differenza fra un caffè e un buon caffè italiano.

Paola Piovesana

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