Trieste: si fa presto a dire “gnocco”….

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Tutti gli gnocchi sono invece uniti, agglutinati, filamentosi per formaggio e per salse, e uno cento ne traina, e ognuno dei cento poi mille e ognuno dei mille, milioni: e così ‘in infinitum’. Altro che le ciliegie, delle quali sogliono li esperti affermare che una tiri l’altra!” (Carlo Emilio Gadda – Meditazione Milanese). Il termine gnocco ha una tale estensione a Trieste che se ne possono gustare di svariati tipi e in più versioni. Tutte hanno la loro ragion d’essere (E.Ri.)

Non è assolutamente detto che gli gnocchi vengano serviti come primi piatti perché alcuni possono benissimo fare da contorno, essere dei secondi, dei piatti unici, o scelti come dolce e persino per merenda.

Inizio con quelli che tradizionalmente le mamme e le nonne preparano ai bambini, nella convinzione che qualcosa di caldo ai piccoli faccia sempre bene: i gnocheti de gries (gnocchetti di semolino). Che la cucina triestina porti in sé influenze austriache, ungheresi, ebraiche, slave, greche ed orientali (per l’uso di spezie e aromi che si fa) lo si comprende anche solo prestando attenzione ai nomi delle pietanze. La derivazione tedesca dei gnocheti de gries è chiara: Gries tradotto significa appunto semolino.La preparazione è delle più semplici: si lavora l’uovo intero con il burro e il semolino, più un pizzico di sale. Quando l’impasto è omogeneo si formano gnocchetti aiutandosi con un cucchiaino da caffè e si versano nel brodo bollente. L’impasto più essere insaporito con del parmigiano, un po’ di latte e noce moscata. Sono gnocchi al cucchiaio, cioè abbastanza morbidi che prendono la consistenza di gnocco soltanto mediante la cottura; “al cucchiaio” perché si cala il composto nel brodo bollente a cucchiaiate e ogni cucchiaiata diventerà uno gnocco.

Altri gnocchi propriamente triestini, ma di influsso mitteleuropeo sono i gnochi de pan (gnocchi di pane), che nonostante abbiano le stesse dimensioni dei canederli del Trentino Alto Adige, differiscono come ingredienti nel cuore dell’impasto. Si intride il pane secco con acqua fredda, ma si può usare anche il latte (meglio ancora  acqua mescolata al latte),  lo si strizza bene e si unisce in una terrina il prosciutto, o la salsiccia   (anche i dadini di mortadella danno un buon risultato), le uova, il parmigiano, il prezzemolo, aglio sale pepe e farina per rendere l’impasto amalgamato agli ingredienti e compatto. Con le mani si formano degli gnocchi grossi, li si passa nella farina e li si getta nell’acqua a bollore. A seconda del condimento cambia il tipo di portata; sono deliziosi nel brodo, ottimi con il burro fuso, sfiziosi con il sugo al pomodoro. Per renderli piatto unico si servono con il gulasch, lo spezzatino di origine ungherese, una costante sulle tavole triestine.


Continuo la carrellata sugli gnocchi. Perché poi ci sono i gnochi de spinaze (gnocchi di spinaci), abituali soprattutto nelle zone del Carso triestino. Si lessano, tritano e passano nel burro gli spinaci e all’impasto si aggiunge pane grattugiato, uova, parmigiano, sale e pepe. Rustici, che possono diventare di una delicatezza raffinata sostituendo il pangrattato con la ricotta e un poco di farina. Come sempre si amalgano in una terrina tutti gli ingredienti, si formano gli gnocchi e si cuociono nell’acqua bollente. Si condiscono con burro fuso e parmigiano o con qualche cucchiaio di pangrattato rosolato nel burro.

C’è anche lo gnocco ibrido. Perché se i gnochi de pan sono un classico della cucina triestina e i gnochi de spinaze pure, anche se forse più della zona carsolina, esiste anche la versione  gnochi de pan con spinaze (gnocchi di pane con spinaci). Dove, al pane ammorbidito, e impastato con formaggio e uova vanno aggiunti gli spinaci, lessati, tritati e passati in padella col burro. Si formano gli gnocchi, grandi come quelli di pane, si passano per la farina e al solito si cuociono in acqua bollente salata. Vanno conditi col burro.


Gli gnocchi per eccellenza, si sa, sono quelli di patate, (gnochi de patate). La loro preparazione è più che nota, dopo aver bollito, pelato e passato con lo schiacciapatate le patate sul tagliere, si salano e lasciano raffreddare, per poi incorporare farina, l’uovo, un poco di burro, parmigiano. Formati gli gnocchi si strofinano leggermente sul rovescio infarinato di una grattugia per dargli il tocco di lavorazione artistica e anche perché così riescono più gustosi, dato che al centro si forma un piccolo incavo che raccoglie meglio il condimento. Quindi si cuociono nell’acqua bollente salata finché non salgono in superficie. A Trieste è consuetudine condirli con il gulasch.


Lascio per ultimi i più eccelsi, vero biglietto da visita della cucina Triestina pur se di origine boema: i gnochi de susini (gnocchi di prugne). L’impasto è quello degli gnocchi: le patate, la farina, l’uovo e il burro. Poi si modellano gli gnocchi con dentro una prugna, privata del nocciolo, che andrà sostituito con un cucchiaino di zucchero. La regola è che gli gnocchi siano formati da un’uguale quantità di patate e di prugne. La cottura è la solita, nell’acqua bollente finché non vengono a galla.. Possono essere un primo piatto, oppure il contorno che accompagna portate di selvaggina (e allora li si rende meno dolci), conditi col pangrattato rosolato nel burro. Ma ovviamente anche come dolce, e allora al pangrattato rosolato nel burro si aggiunge zucchero e tutta la cannella che si desidera. Inutile dire che uno di questi gnocchi è un’ottima merenda per i bambini. Le prugne mature possono essere sostituite con prugne ma anche albicocche secche ammorbidite prima.

Se non si sono mai assaggiati, è una di quelle esperienze che capitando a Trieste non si può tralasciare di fare.

Eleonora Righini

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