Roberto Gentile è figlio d’arte. Non che suo padre sia un cuoco professionista, ancorchè appassionato di buon cibo e di fornelli. Suo padre è Tony Gentile, uno dei più grandi fotoreporter siciliani conosciuto ben oltre lo stretto.
Sue sono infatti le più belle immagini che ritraggono i giudici Falcone e Borsellino insieme e che hanno fatto il giro del mondo: scatti che sono diventati icona dell’antimafia e della memoria. Tony è un artista che dialoga con la sua reflex, laddove suo figlio conversa con le pentole. Ed entrambi, nella loro arte, si esprimono divinamente.
Roberto, sedici anni: i tuoi coetanei nel tempo libero dalla scuola e dai compiti si riuniscono per giocare con l’ X Box. Tu, come passi il tuo tempo libero?
Trascorro il mio tempo libero per la maggior parte cucinando. Quando finisco di studiare entro in cucina, apro i cassetti, il frigorifero, controllo la dispensa, prendo pentole e mestoli e preparo qualcosa. A volte realizzo qualche dolce, altre volte eseguo degli esercizi di tecnica per migliorare le mie abilita’. Quasi tutte le volte, pero’, lascio la cucina in una condizione di caos e disordine, e ammetto che mia madre non e’ molto contenta di questo!
Frequenti il Liceo Linguistico, nulla che abbia a che fare con i fornelli: ma allora da dove nasce la tua passione per il cibo e le sue preparazioni?
Ho scelto di frequentare il liceo linguistico perche’ ho anche una grande passione per le lingue straniere, e perche credo siano fondamentali per viaggiare, scoprire ed imparare il piu possibile. La passione per la cucina nasce dalle mie origini, sono siciliano e come tale non potevo non essere innamorato del cibo, dei prodotti e delle mie tradizioni. Nella mia regione il cibo e’ qualcosa di prezioso, e io ho deciso di seguire questa strada.
Da piccolo eri molto goloso? Ti piaceva osservare la nonna o la mamma in cucina?
Ricordo i pranzi e le cene in famiglia di quando ero piccolo, nella mia famiglia sono tutti piuttosto bravi a cucinare, e probabimente ho appreso qualcosa dai gesti dei miei genitori, delle mie zie e delle mie nonne. Mi piaceva molto osservarli a lavoro, e ovviamente mi piaceva anche molto mangiare quello che avevano preparato. Ero molto goloso, sia del dolce che del salato, in Sicilia sarebbe impossibile non esserlo.
A che età hai preso in mano la prima pentola?
Posso rispondere a questa domanda raccontando un piccolo aneddoto che mi e’ accaduto quando avevo 3 anni. Stavo tornando a casa con la mia famiglia, e quella sera mio padre avrebbe cucinato il coniglio alla cacciatora. Decisi di avvicinarmi ai fornelli, sul fuoco c’era un tegame pieno d’olio bollente, alzai il braccio e con uno strano movimento lo rovesciai sulla mia mano. Questo e’ il primo vero contatto che ho avuto con la cucina, e ne porto ancora i segni, chissa’ se e’ un caso?
Quale è stato il tuo primo esperimento in cucina?
Probabilmente la prima volta in cui preparai veramente un’intera cena da solo fu quando avevo circa 11 anni. Mio padre invito’ a casa il suo capo, e mi affido’ la preparazione di un primo e di un secondo. Decisi quindi di realizzare un timballo di “pasta con l’anciova” e della parmigiana di melanzane monoporzione. La cena ando’ bene e questo e’ stato probabilmente il mio primo vero esperimento in cucina.
Inutile chiederti chi cucini in casa Gentile…
Cucino spessissimo io, sia a pranzo che a cena, a volte insieme a mio padre con cui condivido questa grande passione. Realizziamo in certe occasioni piatti semplici, in altre piatti piu’ elaborati, e ovviamente nei giorni di festa e’ un piacere invitare amici e parenti a casa nostra e realizzare per loro dei menu particolari e divertenti.
I tuoi piatti, realizzati – va detto – in una cucina casalinga, si ispirano ai grandi nomi dell’alta cucina italiana: Davide Scabin, Carlo Cracco, Antonino Cannavacciuolo: ma loro lo sanno che un sedicenne che studia al liceo linguistico è in grado di “osare” tanto?
Per me loro sono degli idoli da cui prendere spunto, trarre idee e cercare di imparare. Penso sia importante studiare dai piu grandi chef e apprendere il piu’ possibile riguardo nuove tecniche, modalita’ di cottura e di impiattamento. Credo anche che sia essenziale a volte copiare un pochino dai piu’ bravi, fino a quando arrivera’ il momento giusto per mettere insieme tutte le conoscenze, e per poter andare avanti con le proprie forze. Non penso proprio che sappiano di me, ma sarei onorato e felicissimo se lo scoprissero!
Uno dei tuoi piatti è il filetto alla Wellington à la mode di Gordon Ramsay: un piatto che ha messo in ginocchio diversi chef di lungo corso ed anche più di un concorrente di Master Chef USA. Il sedicenne Roberto Gentile dove vuole arrivare?
Il filetto alla Wellington e’ sicuramente uno dei piatti della gastronomia piu difficili da realizzare. Bisogna far attenzione a tanti particolari e ovviamente alla cottura del filetto. Il giorno dopo averlo realizzato, sono andato con mio padre dal macellaio e gli abbiamo mostrato la foto del risultato, ed e’ rimasto a bocca aperta! Il mio obiettivo adesso e’ semplicemente quello di crescere, migliorare il piu possibile e anche divertirmi, poi vedremo quello che il futuro ci regalera’.
Hai incontrato diversi chef di alto livello, tra cui Pino Cuttaia, bistellato siciliano: quanto ti affascina l’ambiente delle cucine professionali?
Ho conosciuto Pino Cuttaia, Massimo Bottura, Francesco Apreda, Heinz Beck e tanti altri. Ammirare il loro lavoro all’interno delle cucine professionali e’ qualcosa di fantastico e di emozionante. La mia passione e’ determinata sia dall’amore per il cibo ma anche dall’atmosfera che circonda questo mondo. La determinazione, la tecnica, la passione e il sogno sono gli ingredienti che mi affascinano di piu.
Cosa vedi nel tuo immediato futuro?
Nel mio futuro immediato vedo umilta’, sacrificio e un pizzico di ambizione. Ho avuto la grande fortuna di ricevere un’offerta da un ristorante a Palermo per uno stage estivo, e non vedo l’ora di cominciare con questa esperienza e dare il meglio di me. Sono contento di poter entrare in una cucina professionale e lavorare in una vera e propria brigata, spero di cogliere questa opportunita’ al massimo e di poter costruire le fondamenta per la mia carriera.
Nel lungo termine invece vedo il mio sogno. Vedo la volonta’ e il desiderio di aprire un ristorante tutto mio, in cui proporre la mia cucina e far emozionare la gente. Ma prima di ciò, sogno di poter accedere alla scuola Alma del grande Gualtiero Marchesi. Ogni giorno che passa cerco di crescere e di fare dei piccoli passi in avanti, e ogni sacrificio lo faccio con l’obiettivo di rendere orgogliosi i miei amici e parenti, e con lo scopo di realizzare il mio sogno piu’ grande!
E se è vero che ogni grande chef deve essersi “bruciato le mani” prima di divenire tale, allora di Roberto Gentile sentiremo parlare tanto.
Alessandra Verzera