Elisabetta Musso è un avvocato “pentito”: esuberante e frizzante come un calice dal perlage consistente. Un bel giorno la giovane avvocata ha chiesto la cancellazione dal Consiglio dell’ Ordine degli Avvocati e si è data al vino, allo scrivere di vino. “Per ogni riccio un capriccio”? Forse: ma forse no. Vediamo come nasce ” Leggete e bevetene tutti“, che già dal titolo annuncia un atteggiamento dissacrante, del vino e non solo.
Elisabetta, cosa l’ ha spinta ad appendere la toga al chiodo e a dedicarsi al vino?
Io credo fermamente che un mestiere -per essere fatto bene- vada svolto con passione e per vocazione. Per me il vino è questo: una vocazione e una passione totalizzante che naturalmente mi hanno spinto ad abbandonare la professione legale che -anche se bellissima – non mi dava la stessa gioia e soddisfazione che mi regala il parlar di vino.
Poco prima di Natale, nell’ambito di Jingle Book, lei ha presentato il suo volume “Leggete e bevetene tutti” per i tipi di Dario Flaccovio Editore: come nasce la voglia di scrivere di vino?
Questo libro nasce originariamente come un diario in cui appuntavo sia i vini che degustavo sia le vicende occorse quando lavoravo come addetta alle vendite. Pian piano mi rendevo conto che le persone nel momento in cui acquistavano il vino erano spesso confuse sia dalla quantità dei prodotti che dal gergo tecnico chi normalmente si utilizza nel settore. Così ho pensato che sarebbe stato utile mettere nero su bianco alcune realtà sulla produzione e il commercio del vino, sfatare falsi miti e fornire una guida pratica e divertente per procedere all’ acquisto. Ho realizzato una bozza e l’ho spedita all’editore Dario Flaccovio che -bontà sua- ha abbracciato il progetto e mi ha seguita in tutte le fasi della pubblicazione.
La sua pubblicazione è stata tenuta a battesimo da uno dei mostri sacri della cultura palermitana, con una propensione spiccata verso l’enogastronomia: sto parlando dello storico Gaetano Basile, che ha abbracciato con entusiasmo il suo prodotto editoriale. Quanto ha significato per lei avere come testimonial un grosso pezzo di cultura palermitana?
L’incontro con Gaetano Basile è stato uno degli eventi più importanti della mia vita professionale e non solo. Senza falsi pudori posso dichiarare di adorarlo: io e mia sorella siamo cresciute seguendo i suoi programmi alla Tv. E’ un uomo di sconfinata cultura ma anche di grande umanità. Ho sempre amato il suo modo di scrivere e di parlare di storia e tradizioni, di cibo e di vita; per questo quando l’editore mi ha comunicato che il Maestro Basile sarebbe intervenuto alla presentazione del mio libro nel corso di Jingle Books, mi sono davvero commossa. Voglio dire un mostro sacro della cultura non solo ha letto il mio libro ma ha anche dichiarato con entusiasmo il suo apprezzamento per il mio lavoro! E’ stato un onore immenso averlo accanto e conoscerlo, parlargli ma sopratutto starlo ad ascoltare. Scoprire che condividiamo la stessa passione con la stessa intensità e la giusta dose d’ironia è stato folgorante. Mi ritengo molto, molto fortunata ad averlo incontrato e poterlo annoverare tra gli amici. Proprio io che ho letto tutti i suoi libri…
Alla presentazione – moderata ed anzi amabilmente ravvivata dalla giornalista Tiziana Martorana di Rai 3 Sicilia – mancavano rappresentanti istituzionali delle associazioni di categoria, così come mancavano i produttori di vini: lei intende scardinare un sistema arcaico. Quale e in che modo?
Quello che intendo scardinare è il modo in cui le “istituzioni” e spesso anche i produttori parlano e vendono il vino. Il gergo tecnico è ormai da considerarsi una lingua morta. In una società “mobile” in cui le informazioni vengono veicolate in modo troppo rapido, occorre parlare di vino in modo “veloce” puntando su un linguaggio che evoca ricordi, sensazioni. In tal senso il mio punto di riferimento sono le riflessioni che Italo Calvino propone nelle sue “Lezioni Americane”: rapidità, leggerezza, immediatezza, visibilità… non sono più speranze ma necessità.
La cosa che la gente comune che si accosta ad un calice di vino si chiede è se veramente i sommelier riescano a percepire al palato il pandoro, i mirtilli, lo zucchero filato, le fragole di bosco, il legno di sandalo e chi più ne ha più ne metta, in quello che è – essenzialmente – il derivato diretto dell’uva. Che ne pensa?
C’è del vero! Gli elementi che compongono il vino promanano sensazioni olfattive e gustative che per praticità vengono indicati con elementi come la frutta, i fiori, le piante… E’ altrettanto vero che spesso noi sommelier tendiamo ad esagerare .
Lei ha definito “preistoria” un certo modo di far conoscere il vino all’utente finale: quale è il suo obiettivo?
Desidero promuovere la nascita di un gergo più facile e moderno. Ad oggi collaboro con una giovane realtà che opera nel mondo della comunicazione e dei social media, cercando di costruire un nuovo modello di comunicazione per gli operatori del vino e per le aziende. C’è ancora tanta diffidenza in Italia nell’approcciarsi ad una nuova visione del vino, ma sono fiduciosa. Già dall’Europa arrivano i primi segnali, sopratutto dalla Francia, nazione enologica per eccellenza.
Non è azzardato ipotizzare che i “poteri forti” legati al mondo del vino possano guardarla con sospetto e circospezione dato che, come una testa d’ariete, ha quasi profanato la sacralità del lavoro di moltissimi sommelier dicendo, in soldoni, che la cosa che conta è che un vino piaccia, senza tanti fronzoli. Ha deciso di correre da sola?
Più che correre da sola, ho deciso di cambiare strada . Il vino deve essere sopratutto un piacere. Per me è fondamentale scardinare l’idea che sia una materia oscura. In tanti si ritengono custodi di un sapere assoluto ed elitario, quando invece a parer mio, il vino è fondamentalmente diffusione, condivisione. Probabilmente in tanti hanno storto il naso per il mio modo di fare. Tuttavia nonostante pensassi di essere davvero isolata in tal senso, ho scoperto con gioia che non è esattamente così. Tanti colleghi hanno espresso la loro condivisione e il loro divertimento leggendo il mio libro.
Il vino senza troppi tecnicismi ma carico di emotività: un vino “emozionale” legato ad odori, sapori e ricordi. Dopo la cucina, anche il vino torna ad essere ” il vino dei nonni”?
Decisamente si, c’è un ritorno alle origini ed all’autenticità. Le nuove tendenze in materia di enologia e viticoltura parlano chiaro. Ad oggi spopolano i così detti vini naturali, artigianali: prodotti in cui l’intervento dell’uomo è ridotto al minimo per consentire al territorio e alle uve di venir fuori nella loro originaria identità. Sempre più spesso parliamo di vini autentici, territoriali, in grado di restituite in modo diretto ed emozionale la fotografia di un paese, di un luogo. Il modo di fare vino sta cambiando, così come il modo di berlo.
Progetti futuri?
Sarò ancora impegnata nella promozione del libro per un pò. I prossimi appuntamenti mi vedranno a Catania il 12 gennaio, il 24 gennaio a Messina e di nuovo a Palermo il 7 febbraio presso le Cattive di Palazzo Butera ed il 20 al Mercato San Lorenzo nel corso di W-Factor. E poi Milano, Roma, Torino… Nel frattempo mi dedicherò all’organizzazione di degustazioni e nuovi corsi dedicati alla comunicazione, promozione e vendita del vino. E poi forse un altro libro, chissà!
Alessandra Verzera