La cucina borbonica è patrimonio gastronomico, storico e culturale

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timballoarmettaSi è espresso così Giacomo Armetta, cuoco e ristoratore palermitano, a sèguito della polemica tra la Feltrinelli e gli eredi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dopo il diniego da parte della casa editrice alle celebrazioni proposte in occasione del sessantesimo anniversario dall’uscita del celebre romanzo “Il Gattopardo“.

Possiamo far finta di dimenticare un consistente pezzo di storia “ – ha ribadito Armetta – ” e possiamo politicizzare persino un romanzo ed anche un film, ma non possiamo negare l’enorme bagaglio gastronomico che l’epoca borbonica ci ha lasciato. Di fatto, anche i più severi oppositori delle tematiche proposte da Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo, successivamente riprese da Luchino Visconti nel film omonimo, consumano quasi ogni giorno una pietanza le cui radici affondano proprio in quell’epoca. Il gattò di patate, ad esempio, o la semplicissima pizza marinara. Insomma, le tavole di tre quarti d’Italia sono costanti testimonianze dell’epoca borbonica”.

armettasartùAl di la delle connotazioni politiche, rimane un fatto innegabile: la cucina siciliana tradizionale è di origine borbonica, introdotta dal Monzù – quei cuochi francesi che lavorarono per i sovrani durante l’epoca del Regno delle Due Sicilie, sia a Napoli che successivamente a Palermo, dove vennero chiamati Monsù. Essere Monzù e Monsù non era da tutti nè per tutti: il titolo spettava solo a quei cuochi altamente specializzati che lavoravano presso casati nobiliari, a differenza dei cosiddetti “ cuochi di paglietta“.

Naturalmente, oltre ai cuochi francesi venuti in Italia ad allietare le tavole reali, si formarono poi nuovi Monsù sia napoletani che siciliani: proprio nel corso di Expo 2015 è stata messa in risalto l’opera dell’ultimo Monsù siciliano, Mario Lo Menzo, che ha svolto la sua attività per 50 anni al servizio della Famiglia dei Conti Tasca D’Almerita, tra la tenuta di Regaleali a Valledolmo nel territorio delle Madonie e la Villa Tasca a Palermo. Siamo pertanto inscindibilmente legati alla tradizione gastronomica dei Borbone e proprio nel romanzo di Tomasi di Lampedusa venne introdotta la figura storica del Monsù Gaston, e nel romanzo “I Vicerè” di De Roberto.

antipastoborbonicoPur non entrando nel merito delle scelte aziendali di Feltrinelli in occasione di questo anniversario, ho deciso di dedicare una giornata alla cucina borbonica e, nello specifico caso dello scorso giovedì sera, ho realizzato in esclusiva il piatto “principe” dell’epoca borbonica e gattopardiana: il Timballo del Gattopardo. A fine cena anche una piccola chicca: il biancomangiare. La soddisfazione più grande è stata quella di avere scoperto tanti giovani attratti da questi echi della tradizione: una giovane donna, tra l’altro, mi ha ringraziato per averle fatto conoscere il biancomangiare, di cui non aveva mai sentito parlare: naturalmente mi ha chiesto la ricetta. La cosa mi ha reso particolarmente felice dato che nella mia semplice e modesta Osteria mi propongo non soltanto di servire ottimo cibo a prezzi estremamente contenuti ma anche – e soprattutto – di diffondere la cultura gastronomica locale, quale patrimonio storico e culturale fortemente identitario della Sicilia e del meridione d’ Italia”.

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