Penso che la spasmodica ricerca di sensazionalismo, oltre un certo limite, sia oltremodo dannosa. Lo penso perchè si prendono in esame casi sporadici, casi limite, e si confezionano mostri polivalenti. Faccio un esempio: in questi giorni si sta parlando e scrivendo molto del medico “spezza femori”. La mia domanda è: credete che siano molti i medici che rompono le ossa ai pazienti, o forse quello è un caso isolato? Bene, so in che modo vi siete già risposti. Prendete questa verità e appiccicatela, come una decalcomania, sul mondo della cucina, stellata o non stellata che sia. Si sostiene che le stelle Michelin siano “in vendita“? Bene, che lo si dimostrasse con i fatti incontrovertibili, perchè con troppe cose “ventilate” il risultato è solo un bel raffreddore. Basta con questa solfa. Da Michelin vi chiederebbero soldi per conferirvi la stella? Denunciatelo, portate le prove. Da Michelin vi vesserebbero imponendovi gabelli e balzelli di varia natura? Riconsegnate la stella – se l’avete – e prendete le distanze rendendo di dominio pubblico i fatti, documentandoli . Diversamente è solo aria fritta, dannosa per giunta. Di fatto, la stella Michelin è la prima cosa a cui pensa e che sogna di conseguire un neodiplomato dell‘Istituto Alberghiero che si ritrova con una padella in mano. Non si può sottacere. Si vocifera anche che esisterebbe la Massoneria dei cuochi? Intanto attribuendo una valenza negativa alla Massoneria si commette già il primo errore; e questo ci riporta al medico spezza femori. Se un Massone è stato un delinquente, tutti i massoni lo sono? Altra risposta che vi siete già dati. Posso andare avanti parlando di Sicilia e siciliani: siccome abbiamo dei mafiosi, lo siamo tutti? No, certo che no. Ovviamente questo non significa chiudere un occhio nè verso il medico spezza femori, nè verso il massone deviato, nè verso il siciliano mafioso, nè, eventualmente, verso il critico prezzolato o verso il cuoco “prezzolante”. Giornalisti che vendono interviste? Denunciateli. Sedicenti critici enogastronomici che barattano recensioni in cambio di denaro o di pasti gratuiti sine die? Denunciateli. Tutto ciò non è nè lecito nè legale nè legittimo. Il problema sono gli interessi: senza troppe sigle nè appartenenze. Il denaro. Accadono cose orribili nel mondo della moda, in quello del cinema, dello sport ed in tutte quelle manifestazioni di “eccellenza” in cui si innescano prepotentemente interessi economici vertiginosi. Le case di moda che si rivolgono alla manodopera estera ed infantile, le partite vendute, gli arbitri prezzolati, i portabandiera del made in Italy che poi operano in Bangladesh. La sfilza di esempi è infinita, e riconduce ai massoni, ai mafiosi, ai medici spezzafemori. Casi.
Sui quali intervenire certamente, ma non certamente esponendo intere categorie – pilastri del’economia – ad un indiscriminato ludibrio. L’Italia per l’ Italia diventa sempre più spesso l’ Italia contro l’Italia. Credo che gettare discredito ed ombre pesanti su uno dei settori trainanti di un’economia devastata come quella italiana sia un atto criminoso e di grave responsabilità. Io sono niente e nessuno, ma conosco tanti cuochi, con la schiena in frantumi, con famiglie sfasciate da troppe assenze, con le caviglie gonfie e le mani bruciate. Io conosco “vecchi” cuochi stanchi che non si identificano nel modello di “star” ( e non parlo nè di dado nè di brodo nè di ragù) e che osservano dal di fuori queste stelle di prima grandezza, la cui consulenza costa molto ma molto di più di un consulto di cardiochirurghi. Conosco cuochi che lavorano, e basta. Non accetto che l’onda d’urto tiri dentro queste persone, oneste, probe, ligie. Non biasimo, nè irrido, all’ambizione di giovani e bravi cuochi fantasiosi di conquistare la stella Michelin, purchè non tentino di prendere scorciatoie in danno di altri, ma mi irrita “scoprire” che esiste il lavoro nero: ma davvero? Ma davvero, davvero? Chi lo avrebbe mai detto..In un’Italia così piena di controlli, di contratti di lavoro, di stipendi adeguati ai tariffari delle varie categorie, di ferie pagate e di straordinari retribuiti, chi avrebbe mai potuto immaginare che esistesse ancora lavoro nero? Meno male che Report ha acceso un riflettore sul lavoro sommerso, che noi proprio ne eravamo tutti all’oscuro. In Italia non funziona il sistema impresa, non esiste la figura dell’imprenditore, e in meridione molto meno che altrove. In meridione esiste il “fotticompagnismo” cronico: ed un esempio ve l’ho fatto proprio due giorni fa, parlando di un imprenditore che cercava una figura di alto profilo che gli dirigesse l’azienda ma che non aveva budget per pagargli uno stipendio base. Quello specifico manager era nella posizione, morale ed economica, per mandare il bravo imprenditore e la sua azienda a quel paese, ma badate bene che un altro in posizione meno avvantaggiata accetterà, eccome. Perchè non esiste il mercato del lavoro. Non esiste idea imprenditoriale nè cultura imprenditoriale. Questo è il dramma del lavoro nero. Questo significa “armiamoci e partite”: facciamo…facciamo…io però intasco, e tu no. Questo significa tenere un padre di famiglia in un posto di lavoro per 12 ore al giorno chiedendogli di amare quella struttura come fosse la sua, ma gratificandolo economicamente al minimo e giusto per togliergli la fame di dosso. Questo significa mettere i ferri e le catene alle caviglie dei dipendenti e renderli schiavi. Io però conosco tanti, tantissimi cuochi, che sanno dire “no” allo sfruttamento osceno cui sono sottoposti. Conosco tantissimi che lavorano per uno stipendio giusto. E conosco alcuni che esprimono genialità – la cucina è uno dei tanti campi in cui la genialità si possa ancora esprimere – e che per questo assurgono a ranghi più elevati. Del resto non tutti gli ingegneri percepiscono gli stessi emolumenti, non tutti i medici nè gli avvocati, nè i giornalisti. Che un genio del cibo possa guadagnare il triplo rispetto ad un cuoco “normale” non mi scandalizza. Mi scandalizza però che quello stesso cuoco paghi 800 euro al mese all’aiuto o agli aiuti, o non paghi i fornitori, o che sia indietro con l’affitto, specie se poi gironzola in Ferrari o è fotografato sullo yacht in vacanza a Formentera, quello si. I casi esistono, non c’è dubbio. Ma credo che non sia compito di Report o di altre trasmissioni televisive gettare fango su intere categorie, come se non esistesse nè un domani nè nulla di buono in seno a quella categoria. Il pesce puzza sempre dalla testa: e il sistema Italia purtroppo non funziona. Provate a togliere tutte le manovalanze, dal fattorino al Maitre di sala, sfruttate e sottopagate, e poi me lo venite a raccontare. Ma non succederà mai, perchè lo stato è latente e non garantisce niente a nessuno. Non garantisce sgravi fiscali, formazione, sussidi. Nulla. Lo stato è il primo complice ed il primo connivente di un malcostume dilagante che, per quanto ci disturbi e ci indigni, fa si che puntate come quella di ieri sera vadano in onda, mostrando volti e mani sporche ma dimenticandosi irrimediabilmente di mani e volti puliti. Ma quelle mani e quelle facce sporche lo staff di Report di certo non se le inventa. Di certo esistono. Di certo esistono polemiche, fughe di notizie, critiche severe, aspre. Esistono tafferugli e chiacchiericci, chi tenta di comprare e chi decide di vendere. Esiste di tutto nel mare magnum della fama e della (vana)gloria. E di chi è la responsabilità del fatto che esistano tante mani sporche, se non di chi – pur avendole pulite – tace? Di chi se non dello Stato? Lo Stato favorisce ed incoraggia il lavoro nero. Punto e fine della storia. Poi c’è il sempiterno nodo, l’evergreen: il capitolo trasmissioni dedicate alla “finta cucina”, croce e delizia di fazioni opposte. Sono diseducative? Bene, che vengano chiuse, eliminate, soppresse, se servono a creare idoli di cartapesta, se servono a dare idee distorte e falsate di un mestiere che è durissimo e che invece viene spacciato come glamour e basta. Smettetela di definire “umile” un Cannavacciuolo, che umile non è affatto, e quando vedete post sui social in cui sempre lui invita a passare una giornata sul set con lui o a diventare uno chef fuoriclasse, abbiate il coraggio di dirgli che imparare la cucina è una cosa diversa che avere una telecamera piantata in faccia. Perchè, sapete, Cannavacciuolo lo sa… Lui sa benissimo quanto ci si debbano spellare le mani per arrivare dove lui è arrivato,e sempre che ci si arrivi. Sa benissimo che il talento non nasce davanti ad un obiettivo. Lui tutto questo lo sa. Parlo di Cannavacciuolo perchè di lui girano sui social diverse “sponsorizzate” in tal senso, ma vale per tutti. Questo coraggio non lo avete, e sapete perchè? Perchè in fondo alberga in ognuno di voi la remota speranza che un giorno uno di questi “mostri sacri” possa chiamarvi a lavorare con lui. Questo è il problema vero di tutti noi: ingoiare rospi perchè ” che ne so, magari un giorno potrebbe chiamarmi. Meglio tacere“. E così i bocconi amari li consumate a tavola con amici e parenti o al lavoro con i dipendenti e qualche collega. Ma poi, data l’occasione giusta, rimanete zitti. E no. Zitti mai. Il silenzio crea la palude dello sfruttamento. Il silenzio crea l’illusione che si diventi veramente chef stellati seguendo un corso di cucina di tre giorni firmato da questo o da quello e pagato a carissimo prezzo. Ma finitela una buona volta ; le vostre “stelle”, principalmente, sono i vostri clienti. E i vostri clienti, se vi vedono sempre con la giacca pulita più del camice di un medico, capiranno ben presto il vostro giochino da ” finto chef con orari di ufficio”. Le vostre stelle sono i clienti e, se avete un po’ di buona sorte e se i vostri clienti avranno fatto girare la voce, magari un ispettore entrerà nel vostro locale, prima o poi. Ma a fare i “fighetti arrivati” a vent’anni prenderete solo porte in faccia. Sporcatevi le mani, macchiatevi di sugo, di cioccolata, di vino rosso. Sporcatevi. Perfezionatevi. Quel piatto fatelo, rifatelo,e rifatelo ancora. E ascoltate i consigli, fate tesoro delle critiche. Arrabbiatevi. Buttate via tutto. Rifatelo. E poi ancora. Curate i vostri piatti come fossero dipinti, aggiungete pennellate, date sfumatura, aumentate la luce, create le ombre. Amate. Amateli. Amatevi. Pensate alla cucina, alla materia prima, alla passione. La meritocrazia in questo Paese non ha mai compensato nessuno; la passione invece alla fine ripaga. Quella dovete perseguire. Il sistema non vi piace? Pensate sia corrotto? Pensate sia pompato? Pensate che privilegi qualcuno e demolisca molti altri? Bene. Demolitelo. Sgretolate un sistema che non vi piace invece che sentirvi dei falliti se a 25 anni non avete due stelle Michelin e ristoranti in almeno due città. Siete troppo giovani e troppo ambiziosi, ma spesso inconsapevoli di cosa occorra per conseguire un risultato, per soddisfare l’ambizione. A proposito di Cannavacciuolo, che comunque è e rimane uno dei più grandi cuochi italiani e che forse sta rischiando un po’ di overexposure mediatica – dato che lo si vede praticamente ovunque tranne che nel suo ristorante – gira in questi giorni sui social un suo “aforisma” in cui riporta un dialogo, vero o presunto, con il padre e che racconta della sua prima esperienza in un locale. Dice ” Papà, quanto dovrebbero pagarmi?” E il padre risponde ” Tony dovremmo chiederci quanto dovremmo pagare noi loro, perchè tu per loro non sei un guadagno, ma un costo“. Ma non vi sembra che questa affermazione contenga un messaggio subliminale piuttosto che un invito all’umiltà? Questa non è umiltà: è il favoreggiamento di un sistema malato. Eppure lo condividete su tutte le bacheche come fossero le sacre scritture. Ma perchè? Cosa si vuole “suggerire”? Che l’apprendista non va pagato e che anzi farebbe meglio a pagare? Non potrebbe sembrare un incoraggiamento allo sfruttamento e al lavoro nero? E voi che condividete queste “sacre scritture” e che non fate altro che commentare con “grande, eccelso, magnifico, grande esempio” ed altre esagerazioni, ci andreste da lui o da chiunque altro a lavorare gratis o a pagare per fare un po’ di pratica? Si? E allora non lamentatevi se poi un domani sarete sfruttati; e allora non criticate chi cerca di emergere se anche voi andreste gratis a lavorare da un grande nome solo per poterlo scrivere sul curriculum e sperare che un altro grande vi chiami. Non ci andreste? Ritenete che il vostro tempo e il vostro lavoro meritino rispetto e debbano essere compensati? Sacrosanto, ma scrivetelo, a chiare lettere. Perchè finchè dal gregge non uscirà una pecora che prenderà un’altra strada, la strada sarà sempre la stessa, fatta di ossequiose ipocrisie e di ordinari soprusi.
Alessandra Verzera