Andy Luotto : ” Ci vediamo…Là”. L’intervista.

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8Andy Luotto, americano, con una laurea in cinematografia conseguita a Boston e che, alla “fresca” età di 65 anni, da corpo ad un sogno a lungo inseguito: e da cuoco diventa patron di un ristorante capitolino dalle eleganti atmosfere.  Luotto,  innanzitutto da dove nasce il suo amore per la cucina?

Preciso che ho frequentato la School of Public Comunication…

Non nasce inizialmente dall’amore ma da un’esigenza perché da quando avevo sei anni, avendo una madre pazza furiosa, tornava a casa, eravamo io e mio fratello e lei diceva “ragazzi, che c’è da mangiare?”. Alla cucina ero già abbastanza abituato sin da piccolo.

andyEsperienze televisive, film, doppiaggi, programmi di successo, collaborazioni di alto livello, una liaison professionale con Renzo Arbore ed una  con la buongustaia Marisa Laurito,   ed ora anche un ristorante a Roma, in uno dei luoghi più belli della capitale. Ci parli del suo “Là” che ha appena visto la luce…

IMG_1514Il nuovo ristorante si trova a Piazza Venezia nel cuore della Capitale. Vi chiederete perché abbiamo scelto il nome “Là”? Perché l’insegna costa pochissimo, sono due lettere. Se no potevamo chiamarci “La taverna dell’orso ubriaco seduto nel bosco che mangia bacche, porcini e tartufi” ma l’insegna sarebbe costata troppo. E poi con la parola Là tu puoi parlarne in televisione. In TV, di solito, non puoi dire i nomi dei ristoranti, ma se sei in televisione e dici “ci vediamo Là” nessuno può dire niente!

Una delle sue passioni è anche la cucina siciliana: cosa l’ha conquistata di una gastronomia sicuramente ricca ma con tipicità molto particolari e gamme organolettiche decisamente ” difficili” per molti?

RAGOSA LUOTTO DEL SESTO 3Il mio primo ricordo della cucina siciliana e della Sicilia è il profumo. Perché la Sicilia è un profumo. Nel ‘68 ci fu il terribile terremoto di Gibellina e io partii volontario. Mi ricordo che arrivai in treno: Villa San Giovanni, poi Messina; dopo tre, quattro chilometri mi trovai immerso nel profumo degli agrumi. Questi profumi abbinati alla cultura barocca (perché più barocco del siciliano non c’è) generano un delirio totale.

IMG_0604Sulla sua carta c’è qualche piatto che sia evocativo della Sicilia?

Sì, la pasta con le sarde. Perché una nostra collaboratrice è siciliana, si chiama Elsa. Lei ha insistito “se non mettete la pasta con le sarde mi licenzio!” e siccome abbiamo estremo bisogno di lei, perché è l’unica figura aggraziata, intelligente, abbiamo deciso di mettere la pasta… No, lo abbiamo messo perché è uno dei piatti più buoni del mondo. Abbinato ad un taglio di pasta inventato da noi di “Là” che si chiama gli “accartocciati”.

7Quindi un piatto della tradizione palermitana…

Non è facile dire di quale città sia evocativa la pasta con le sarde, è difficile. La fanno un po’ ovunque in Sicilia anche se  i palermitani ne rivendicano sicuramente la paternità.  Posso dire che la Sicilia che amo di più è quella trapanese perché è un perfetto connubio tra colline e mare, poi ci sono le saline, l’aglio di Nubia. Tutta quella zona lì è miracolosa.

 Conosce il “pani cà meusa” di Palermo? 

Ah Palermo! Appena sbarco a Palermo … una volta si andava alla Vucciria, adesso c’è Ballarò, ma io vado al porto e mangio pane cà meusa finchè mi sento male. Arrivo al terzo panino che faccio “maritato”, i primi due invece “schetti”. Si dice così, no?

 IMG_0605Si. Si dice assolutamente così infatti. Che tipo di clientela potrà sedere alla tavola del cuoco Luotto?

La clientela si autoseleziona. È una bella clientela. Molti, dato il posto elegante, pensano “costerà troppo!” invece no. Il buffet a pranzo è 16 euro. La sera c’è una ristorazione abbastanza normale. Se uno mangia moltissimo, proprio che deve morire può arrivare a spendere 50 o 60 euro. La clientela è bella, si tratta di persone che vogliono parlare, a cui piace il dialogo e lo scambio con noi della cucina.

polpette buffetChe opinione ha dei programmi televisivi che si propongono di sfornare grandi chef ad ogni stagione?

Sono assolutamente contrario. Cibo e televisione di solito tendono a separare le persone invece che a unirle. Questi cuochi famosi, che io chiamo “cuochi d’artificio”, li senti che urlano “sei un fallito, hai perso, butta via il grembiule”. Neanche se hai violentato un orango tango e lo dici al tuo prete confessore puoi meritarti una cosa così. La cucina deve essere fonte di felicità, guardando le trasmissioni televisive si vede che inquadrano più le facce delle persone che applaudono che le mani dei cuochi. È diventato tutto un grande gioco. Per carità, lo è, però se non è supportato da una felice e sana cultura non serve a niente.

panzanellaQuale, tra il giudizio di un critico e quello di un cliente, è quello a cui tiene di più? 

La cosa peggiore che si può dire a un cuoco è “complimenti, è delicatissimo!”. Delicatissimo significa che non sa di niente. Questo non mi piace. A me piace il sapore, il colore, l’odore. Deve arrivare prima il profumo, abbinato alla vista. Questa è la felicità, la bellezza del cibo perché tocca tutti i sensi. Le consistenze che si avvertono in bocca, non c’è cosa migliore della cucina. Una volta per me c’era una cosa migliore della cucina, però con l’età… ecco che la cucina prende il sopravvento! Che poi sono due cose molto simili…

 

E sarà sicuramente per me  un piacere, oltre che un irrinunciabile  dovere professionale, visitare al più presto  il Ristorante Là,  all’interno della splendida cornice di Palazzo Doria Pamphili, nel cuore di Roma, a Piazza Venezia,

Alessandra Verzera

 

 

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