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Pizza. Condurro e Salvo uniti per il Santobono di Napoli

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Alessandro CondurroQuattro stelle della pizzeria partenopea unite per un progetto solidale a favore dell’ospedale Santobono.
Fabrizio CondurroL’appuntamento è per il 12 febbraio, ma sono già aperte le prenotazioni per partecipare alla serata che vedrà Alessandro e Fabrizio Condurro, dell’Antica Pizzeria da Michele, di via Cesare Sersale a Forcella, lavorare fianco a fianco, assieme ai fratelli Salvo, presso l’omonima pizzeria di San Giorgio a Cremano.

I primi sforneranno le loro classiche Margherita e Marinara. I fratelli Salvo prepareranno la Cosacca e la Pizza al pomodoro. A completare la serata ci saranno un assaggio del ripieno fritto e i dolci di Carmen Vecchione “Dolciarte” di Avellino.
Fratelli Salvo combo

L’ obiettivo è quello di raccogliere fondi per la realizzazione di 15 postazioni di rianimazione pediatrica presso l’ospedale Santobono Pausillipon di Napoli.
E’ possibile prenotare e acquistare i biglietti (30 euro comprensivi di bibite) scrivendo a eventi@salvopizzaioli.it oppure telefonando al numero 081 27.53.06.
Un ringraziamento, per la fornitura del materiale e per la loro partecipazione, va già da ora a: Acqua Panna e Acqua San Pellegrino, Ferrari Trento, Agrigenus, Caseificio Fior D’Agerola, Kimbo e Mulino Caputo, la farina di Napoli.

Vino. I Rosati pugliesi conquistano New York. E Joe Bastianich.

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jeff porterI rosati pugliesi pronti a conquistare il panorama enologico a stelle e strisce con una serie di eventi negli States e, fra gli altri, un testimonial d’eccezione: Jeff Porter, beverage director dei ristoranti di Joe Bastianich in Usa. Fra gli eventi più attesi, infatti, il seminario “A Passion for Pink: Italy’s love affair with rosato”, condotto proprio da Porter, tra i più autorevoli sommelier del Paese e responsabile delle scelte dei vini per i 25 ristoranti statunitensi del Batali & Bastianich Ospitality Group. Con Porter, altro relatore di spessore del seminario sarà Eric Guido, wine director del Marketing Morrell Wine Group, responsabile della selezione del loro catalogo. Per la prima volta, dunque, gli esperti americani accenderanno i riflettori sulla crescente “passione rosa” in campo enoico.

Lidia-e-Joe-BastianichUn programma articolato – durante il quale, dal 3 all’8 febbraio, si alterneranno tra Washington, New York e Miami degustazioni, cene, seminari e il tradizionale Grand Tasting – messo a punto da Puglia in Rosé, l’associazione che raggruppa ben 52 produttori di rosati, con l’obiettivo strategico di entrare nella carta dei vini dei ristoranti italiani della Grande Mela e di Miami e stringere accordi commerciali con i più importanti importatori statunitensi.
Occasione per fare breccia nel più importante mercato mondiale del vino di qualità, che continua a registrare importanti trend di crescita, è l’”Italian Wine Week”, la consueta settimana del vino italiano organizzata da Ice – Italian Trade Agency, l’agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, con la collaborazione di Puglia in Rosé e Vinitaly International Academy. Washington, New York e Miami sono le città-chiave degli Usa scelte per un percorso tematico itinerante nel quale verranno coinvolti ristoratori, importatori, distributori, giornalisti e i principali stakeholder del mercato globale enoico. i rosati a new yorkObiettivo, promuovere i rosé di Puglia sul mercato americano creando nuove opportunità di contatto per i produttori pugliesi e rafforzando i rapporti istituzionali e culturali già stretti in occasione degli appuntamenti organizzati a dicembre scorso nella Grande Mela da Puglia in Rosé, in collaborazione con l’agenzia “Giosetta Consultants” dell’italo-americana Giosetta Capriati (rappresentante onoraria della “American Chamber of Commerce in Italy”). Lucia Nettis con Maurizio Forte direttore ICE NYAppuntamenti che hanno visto i rosati pugliesi protagonisti presso l’ Istituto Italiano di Cultura a New York in occasione della mostra dedicata a Guido Cagnacci, e del ‘Christmas Party’ al Metropolitan Museum.

Prosegue dunque il viaggio statunitense dei grandi rosati pugliesi, presentati all’“Italian Wine Week 2017” quali eccellenze dell’enologia italiana, con gli americani sempre più propensi a scegliere un buon calice di vino italiano, che si attesta al primo posto nell’import del mercato enoico americano, il più importante al mondo. Parlano infatti chiaro i dati elaborati dall’ICE, Istituto Nazionale del Commercio Estero, sulla base dei quali riparte come ogni anno l’iniziativa “Italian Wine Week”: negli ultimi 5 anni l’export di vino italiano verso gli Stati Uniti è cresciuto del 61%. Il mercato statunitense si conferma in grande espansione nel settore vinicolo, quindi: ben il 62% degli americani consuma bevande alcoliche e 1 volta su 3 è vino; aumenta del 50% il consumo a cena, mentre il 60% avviene in casa. I dati rivelano anche le nuove tendenze di consumo: si delinea infatti la figura del “millennial”: giovane tra i 21 e i 35 anni, curioso, avventuroso e idealista, dal reddito medio e tendente a consumare abitualmente bevande alcoliche di qualità acquistando prevalentemente vini online.

Lucia Nettis al The Met Christmas Party, dicembre 2016Dati – spiega Lucia Nettis, direttrice di Puglia in Rosè – che motivano a promuovere il vino italiano come prodotto di lusso. Rilevanti sono anche le nuove tendenze del mercato, tra cui si posiziona il vino rosato, consumato prevalentemente d’estate come una bevanda fresca e giovane, che riscontra sempre più successo, al pari quasi delle amate bollicine e accostato sempre più all’idea della spensieratezza e vivacità. Il vino italiano è divenuto un elemento-chiave, insomma, sulla tavola degli americani, ed è lì che intendiamo portare i nostri rosati. Se tra le ragioni che spingono gli americani a scegliere i vini italiani ci sono anche i varietali autoctoni, come sembrano suggerire i dati, allora la Puglia, terra ricca di sapori e tradizioni, ha molto da dire e proporre con i suoi straordinari rosati da vitigni autoctoni”.

Agli EVOO Days formazione, informazione e business per la filiera dell’olio extravergine

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mantovaniAl via in occasione di Sol d’Oro Emisfero Nord la nuova iniziativa di Veronafiere pensata per dare strumenti di conoscenza che facciano crescere la filiera oleicola e l’export di olio extravergine di oliva di qualità made in Italy. Quattro le sessioni di lavoro, iscrizioni già aperte. Gli EVOO Days hanno il patrocinio dell’Accademia dei Georgofili e dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio. Ai lavori partecipa anche il Consiglio Oleicolo Internazionale con il direttore esecutivo.  verona-fiere-2013Due giorni di lavori, con un fitto programma di seminari che spaziano dalle tecniche di coltivazione, all’analisi del mercato mondiale e all’export, dal packaging al marketing, dalla comunicazione di impresa e di prodotto all’informazione, con relatori di fama internazionale provenienti oltre che dall’Italia, da Spagna, Giappone, Taiwan, Usa e Marocco. Sono gli EVOO (Extra virgin olive Oil) Days, il primo forum per la formazione e il networking della filiera dell’olio extravergine di oliva di qualità, ideato da Veronafiere/Sol&Agrifood.

olio dopLa prima edizione è in programma lunedì 20 e martedì 21 febbraio 2017 a Verona durante Sol d’Oro Emisfero Nord, il più autorevole concorso oleario internazionale.

Gli EVOO Days nascono dall’esperienza di wine2wine, il forum sul business del vino giunto alla sua terza edizione nel dicembre scorso. L’obiettivo è quello di dare agli attori della filiera oleicola uno spazio di aggiornamento e di confronto su tutti gli aspetti che, dal campo alla tavola, servono a costruire un prodotto vincente sui mercati.

olio-sicilia«Il focus è sempre il business, ma come per il vino a wine2wine l’ottica è quella di mettere le professionalità in rete per migliorare il risultato finale, con una ricaduta economica positiva per tutti», dice Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere. «Questa nuova iniziativa – prosegue – è stata pensata con l’intento di far crescere e valorizzare il potenziale umano e professionale della filiera oleicola, perché l’olio di qualità è frutto della cultura italiana. Un valore che deve essere mantenuto e allo stesso tempo aggiornato per essere leader e sviluppare sempre di più le opportunità del mercato interno ed estero».

Quattro le sessioni di lavoro, due per giorno:

olio-extravergine-214x300Ø lunedì 20 febbraio mattina – Olio extravergine di oliva, una risorsa economica e di immagine del made in Italy agroalimentare nel mondo. Come produrre di più senza perdere identità. Confronto su tecniche semplici ma poco utilizzate che possono incidere su produttività e redditività dell’oliveto, senza investire in un nuovo impianto;
Ø lunedì 20 febbraio pomeriggio – La qualità rispetto all’evoluzione della normativa, la qualità organolettica e quella salutistica, cosa influenza la qualità dell’olio extravergine di oliva nei processi di produzione. Dal frantoio in poi, come, quanto e dove intervenire per ottenere la qualità desiderata;
olio-cucchiaioØ martedì 21 febbraio mattina – Analisi e prospettive del consumo di olio extravergine di oliva nel mondo, cosa si aspettano i mercati di riferimento (Usa e Asia) dal prodotto italiano, l’internazionalizzazione attraverso la partecipazione a fiere e concorsi;
OLIO-EXTRAVERGINE-DOLIVAØ martedì 21 febbraio pomeriggio – Non basta produrre qualità e neanche saper vendere, il valore aggiunto si nasconde nei dettagli: da come si costruisce un’etichetta dell’olio al sito internet delle aziende olivicole, gli strumenti disponibili spendendo molto poco, ma senza improvvisare.

A conclusione dei lavori del primo giorno, verranno proclamati gli oli vincitori del Sol d’Oro Emisfero Nord. Durante il secondo giorno, previa registrazione, sarà possibile la degustazione guidata egli oli vincitori.

Gli EVOO Days hanno il patrocinio dell’Accademia dei Georgofili e dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio. Ai lavori partecipa anche il Consiglio Oleicolo Internazionale con il direttore esecutivo.

Ristorante Villa Le Palme, Giardinello ( Pa)

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lepalme13Il posto è fuori dai soliti percorsi battuti dai turisti ed è in una località abbastanza rurale del comune di Giardinello. Dall’esterno è una normale ancorchè bella villa che sembra di civile abitazione sebbene sia di dimensioni decisamente generose. Ulepalme11n comodo parcheggio insiste immediatamente davanti all’ingresso principale che conduce al ristorante, mentre un grande cancello conduce al giardino.
Una volta entrati si ha subito la consapevolezza di trovarsi in un posto enorme: infatti , a conti fatti, la capacità di questo locale supera complessivamente – tra varie sale e spazi esterni – i mille posti a sedere. A pieno regime contiene di fatto l’intera popolazione di varie frazioni del comprensorio. lepalme9Trovo che il nome sia inadeguato dato che le palme di solito si trovano a delineare le promenades marinare e che qui ci troviamo invece in aperta campagna anche se con una bellissima veduta di Terrasini dall’alto.
E invece una volta uscita in giardino il tutto si spiega sotto llepalme7o sguardo incredulo. Questa proprietà gode infatti di un giardino subtropicale di inimmaginabile ed insospettabile bellezza.  Estremamente curato sebbene la stagione non sia la più favorevole, con una moltitudine di palmizi di ogni specie e prati curatissimi. Ogni tipo di palma è amorevolmente presente in questo che definire giardino è riduttivo dato che assomiglia più ad un vero e proprio parco. Credo sia il fiore all’occhiello del locale, setting ideale per cerimonie durante la bella stagione.lepalme8 In questo giardino trovano posto anche un piccolo laghetto e giochi per bambini. Veramente ben pensato e meticolosamente mantenuto. In questi spazi esterni è possibile accomodare ben 450 persone. L’interno è giocato sul rustico, con un ristorante verandato con soffitto con travi in legno ed ampie vetrate che guardano verso il giardino, e gli arredi sono in arte povera atti ad ospitare 250 persone. Tovagliati color cioccolata continualepalme10no lo schema colore. Molto ampi e puliti i bagni. Al piano superiore si cambia ancora genere, con una sala per eventi di dimensioni più ridotte con una capacità massima di 150 posti a sedere.Questa sala, appena completata, è decisamente elegante e moderna, sobria ma con abbrivi di ricercatezza nell’arabesco in fibre ottiche inserito nei cartongesso che riveste alcune delle pareti. Il controsoffitto invece ospita numerosi faretti. La sala gode dei propri bagni e comunica con un’altra sala mediante vetrlepalme5age nella quale eventualmente raddoppiare i posti a sedere. Sorprendentemente il locale è a conduzione familiare e la nostra ordinazione viene annotata dalla proprietaria. Il menù, non troppo lungo,  propone sia carne che peslepalme6ce con qualche pensata fantasiosa di buon livello, ma propone anche la pizzeria con forno a legna. Noi abbiamo ordinato un “antipasto completo” dividendolo in due ed avanzandone tuttavia un bel po’: frittelle di broccoletti, insalata di mare, polpo fritto, anelli di calamaro fritti, tris di affumicati, cocktail di gamberi, caponata di pesce spada tutto in quantità molto abbondanti. Scelte tradizionali, per appetiti robusti. Un cestino di pane particolarmente abbondante e particolarmente buono non rimane intatto a lungo. Il primo piatto ci coglie già empi, ma è molto buono ed è la trovata fanlepalme3tasiosa di cui prima: spaghetti con finocchietto selvatico, passolina, pinoli, gamberi e pesce spada, spolverati di “muddica atturrata”, nella buona tradizione della provincia palermitana. Una sorta di pasta con le sarde rivisitata che non impiega sarde ma il più nobile gambero con l’addizione del pesce spada. Molto abbondante il condlepalme2imento; un piatto decisamente molto buono. Come molto buoni risultano gli involtini di pesce – il mio era di pesce spada ma di solito sono tre misti – la cui farcia è morbida e umida ed ha una marcia in più dato che nell’impasto vengono impiegati degli affumicati. Il gusto che ne deriva è originale e molto gradevole. Il servizio è cordiale ed amichevole e l’ambiente, forse un po’ dispersivo, è tuttavia accogliente. Noi eravamo da soli e siamo piombati inattesi intorno alle 14.00 mentre il personale allestiva la sala per il “grande assalto” del sabato sera, con tavoli imperiali da 24 posti. Il conto, per un antipasto condiviso, due primi, un secondo, acqua e caffè, è stato pari a 55.00 euro. Forse un po’ elevato, data la posizione defilata in contesto rurale dlepalme1i provincia. Ma, in una bella giornata, un pranzo in questo ristorante diventa unalepalmeinvolti bella occasione per intrattenersi in giardino e respirare aria buona. Tutto sommato una cifra che si paga volentieri. In conclusione, il Ristorante Le Palme è decisamente adatto a gruppi anche molto numerosi, a nuclei familiari anche con bambini, a cerimonie ed eventi di varia natura ma un po’ meno a coppie per cene romantiche se non possibilmente durante i giorni feriali ed escluso il sabato. La quantità di cibo è appunto per appetiti consistenti ed il rapporto qualità prezzo risulta accettabile. Amichevole e informale il servizio e tempi di attesa adeguati ad una cucina espressa.

Alessandra Verzera

 

Scheda:

Patron : Rita Caruso, Franco Rappa

Cucina  :  Giuseppina Bono, Paolo Cuccia

Coperti: 250  (in) –  450  (out)  —  150 (up)   +    150 ( up)

Coperti totali : 1000

Range: Medio **

Categoria: Ristorante tradizionale /Ricevimenti

 

** La definizione del range in taluni casi, come in questo, è particolarmente complicata dato che, come illustrato, la struttura presenta diverse tipologie e diversi stili che spaziano dal “medio” della sala rustica che ospita anche la pizzeria, al “medio alto” con la sala ricevimenti coperta, all’ “alto” rappresentato dal magnifico giardino ornamentale che ospita le cerimonie importanti. Di queste diversificazioni il cliente tenga il dovuto conto.

 

Ranking (*)

Location: 4

Esterni : 5

Cibo: 3.5

Carta Vini:  NV

Presentazione: 3

Servizio: 3.5

Mise en place: 3.5

Atmosfera: 3.5

Allestimenti: 4.5

 

(*) Legenda :

1 = pessimo
          2 = scadente
          3 = sufficiente
         4 = ottimo
            5 = eccellente.

Tutti i segreti dell’antica cucina siciliana: a Modica il debutto de “I Quaderni di Archestrato Calcentero”

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archestrato2Debutta nella propria città, culla di prodotti culinari d’eccellenza, il sapiente volume sull’archeogastronomia siciliana edito da Bonfirraro, già salutato da lusinghieri consensi da parte di critica e lettori.
Il battesimo del libro “I Quaderni di Archestrato Calcenterodivagazioni archeogastronomiche in terra di Sicilia” si terrà, infatti, a Modica, città nella quale è nato, vive e lavora il suo giovane autore Marco Blanco, laureato in Lettere Classiche, libraio per professione e ricercatore per vocazione, che divide le sue giornate tra la passione per la lettura e la scrittura, la propria terra e l’archeologia.
archestratoL’appuntamento è fissato per il prossimo 4 febbraio, a partire dalle ore 18.30, all’auditorium “P. Floridia”. Durante l’incontro interverranno l’editore Salvo Bonfirraro, Pierpaolo Ruta dell’Antica Dolceria Bonajuto – deus ex machina dell’iniziativa letteraria insieme al compianto Franco Ruta – e Giancarlo Poidomani, docente di Storia Moderna presso la facoltà di Scienze Politiche di Catania, autore della prefazione.
Dialogherà con l’autore Carlo Ottaviano, giornalista enogastronomico di chiara fama, di origini ragusane, che ha curato un mémoire prestigioso, inserito in postfazione, nato dall’incontro con Simonetta Agnello Hornby.
Un viaggio attraverso i sensi, tra una chicca letteraria e l’altra, quello immaginato da Blanco e regalato al suo pubblico di lettori e buongustai, lungo il quale si dipanano e si sciolgono via via tutti i misteri di una bellissima e buonissima Sicilia culinaria a cavallo tra ‘700 e ‘800: dall’arancinu, o meglio “piccole arance dorate”, alla frutta delle monache “Martorana” di Palermo, la cui ricetta è rimasta segreta per molto tempo.
Accanto alla maggiore fonte storica, che è ovviamente quella del Pitrè, Blanco ha consultato e rielaborato decine di ricettari antichi, archivi di Stato, conventuali e privati diventati formidabili luoghi di scoperte.archestrato1 È così emerso che la particolare consistenza granulosa determinata dalla lavorazione a freddo del noto cioccolato di Modica era, infatti, una caratteristica comune a ogni cioccolato esistente al mondo almeno fino alla metà dell’Ottocento – ma adesso fiore all’occhiello dell’Antica Dolceria Bonajuto, grazie all’intuizione di Franco e Pierpaolo Ruta – e che gli ‘mpanatigghi, gli antichi dolcetti modicani con la carne macinata, erano anch’essi custoditi gelosamente tra i muri dei conventi della città iblea: non possono, dunque, mancare la succose narrazioni intorno agli ex Monastero di San Martino e al Convento di san Domenico, sì da scoprire che «un elemento essenziale per la vita della comunità carmelitana di Modica era la neve»!
«I prodotti enogastronomici sono il sale della nostra terra – afferma l’editore Bonfirraro – le più grandi risorse su cui possiamo e dobbiamo investire, pensando a una nuova economia. Promuovere i prodotti locali e ricreare ‘cultura’ attorno ad essi non può che essere la nostra mission, perseguita sin dagli esordi e il libro di Blanco si cala perfettamente in questo disegno di promozione del territorio, impregnato di una cultura infinita che rimanda alle istanze più ancestrali dell’uomo, ovvero il cibo».

Ogm: l’Europa tentenna ma l’Italia vota a favore.Pascale, Slow Food Italia: Ipocrisia bella e buona

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gaetano-pascaleNon è stata raggiunta all’interno del Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (PAFF) la maggioranza assoluta necessaria per l’autorizzazione a livello europeo di due nuove varietà di mais gm, il Pioneer 1507 e il Syngenta Bt11, oltre al rinnovo dell’autorizzazione del MON 810 ma l’Italia, nonostante i cittadini avessero più volte espresso il loro no agli Ogm sul nostro territorio, ha votato a favore dell’autorizzazione di tutti e tre. Da sottolineare comunque che, per l’ennesima volta, non si è raggiunta la maggioranza assoluta né a favore, né contro l’autorizzazione, dimostrando ancora una volta lo stallo su questioni spinose come questa.

mais«La domanda che ci poniamo è: perché l’Italia ha deciso di votare a favore? L’anno scorso 17 Paesi europei si sono chiaramente espressi contro la coltivazione di Ogm sui loro territori: votare oggi a favore dell’autorizzazione a livello europeo, nascondendosi dietro la possibilità per ogni Stato poi di vietarne l’uso all’interno dei propri confini, è un’ipocrisia bella e buona. La decisione italiana è ancora più incomprensibile in un momento storico in cui l’Europa più che mai ha bisogno di riaffermare la sua identità e la sua unità. I rappresentanti dei nostri Paesi dovrebbero riconoscere una volta per tutte che i cittadini non vogliono Ogm in Europa e smettere di autorizzarli, iniziando a discutere su questioni davvero urgenti: come sviluppare economie agricole basate sulla biodiversità e sistemi di produzione del nostro cibo che siano sani e rispettosi degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile», commenta Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia.

slow-foodUna minaccia alla sopravvivenza della biodiversità e al benessere delle comunità rurali: questo sono per Slow Food gli Ogm: «L’agricoltura transgenica rappresenta l’ultimo rantolo di un sistema agricolo, economico e politico che sta costantemente privando i contadini dei loro mezzi di produzione, concentrandosi invece sul concedere un sempre maggiore controllo del cibo nelle mani delle multinazionali. Con gli Ogm si spinge l’agricoltura verso un’industrializzazione forzata, dove le colture perdono i loro legami storici, culturali e gastronomici con la terra e le persone che la abitano, determinando crescenti minacce alla sopravvivenza delle varietà locali e delle stesse comunità rurali», conclude Pascale.

Vino, A Catania, la magia di Termeno, la Mosella di Martin Foradori Hofstätter

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FullSizeRender 3I Vini della famiglia Foradori Hofstätter, giunta alla quarta generazione, sono stati protagonisti a Catania nel primo appuntamento del 2017 della Fondazione Italiana Sommelier che si è svolto lo scorso fine settimana. Oltre 70 partecipanti, con orecchie e palati ben affilati ed allenati per una sfilata di 11 etichette, 7 bianchi e 4 rossi, raccontate da Paolo Lauciani, docente di Fondazione Italiana Sommelier, e grande divulgatore del vino, e Silvio Ariani, direttore commerciale dell’azienda, il cui nome è legato alla grande fortuna di Termeno e dei suoi vini. In una grandissima degustazione, è stato presentato il meglio della produzione dell’azienda, impreziosita dall’incursione in Mosella con le etichette di Dr. Fischer, “enclave” del patron Martin nella Germania vitivinicola.
federazione italiana sommelierCalici in mano, il primo vino ad essere stappato è stato un De Vite 2015, seguito da 4 Riesling Dr Fischer del 2015: Trocken, Saarbur Troken, Saarburger Alte Reben e Okfener Bockstein Kabinett.
La Tenuta Hofstätter si trova in Alto Adige, mentre la Dr. Fischer – Bocksteinhof, è una tenuta che si trova nel paese di Ockfen, lungo il fiume Saar, ai piedi del famoso “Bockstein”, uno dei migliori vigneti di tutta la Germania. È qui che nascono vini di incredibile fascino, sempre caratterizzati da una grande acidità, caratteristica fondamentale per definirne la longevità.
Bockstein nasce nei pendii attorno al piccolo villaggio di Ockfen, caratterizzato da un terreno di ardesia grigia – ha raccontato Silvio Ariani – che insieme al clima conferisce al Resling una struttura ricca di minerali e piacevoli sapori di rari frutti”.
vino-versato-biancoOttime anche le due annate di Gewurztraminer (Joseph 2015 e Kolbenhof, 2014), provenienti dal vigneto-giardino Hofstätter garten, dominato dalle rocciose montagne, nel centro del Tramin, Termeno.
E poi, è stata la volta di 4 straordinari rossi: un Lagrein 2015 e le annate 2012 di Steinraffler, Riserva Mazon Pinot Nero e Barthenau Vigna S.Urbano. “Vini austeri i primi due che piano piano si concedono al palato – ha spiegato Paolo Lauciani – Fresco e vitale il Pinot nero, con un’acidità agrumata e un contrasto aspro-dolce che ben si abbina a zuppe di funghi e agnello e zuppe di pesce o tonno”. “Mentre il Vigna S. Urbano è un vino di spessore, tridimensionale – ha proseguito – con una sensazione coinvolgente di ricchezza gustativa”. “La denominazione Vigna garantisce la provenienza di un vino da una specifica parcella – sottolinea Silvio Ariani –in Alto Adige siamo stati i primi a riportare la vigna in etichetta, poiché da sempre vinifichiamo separatamente le uve e teniamo anche la contabilità nei registri”.
calice del grande bianco piemonteseUna serata-evento, dunque, quella di venerdì scorso a cui seguiranno due appuntamenti unici a Catania: un corso monografico sullo Champagne e uno per Sommelier dell’Olio, come ha anticipato il presidente della Fondazione Italiana Sommelier Sicilia Orientale Paolo di Caro.
Dall’agenda della Fondazione Italiana Sommelier da non perdere, poi, la degustazione di Brunello di Montalcino con una verticale storica di 8 annate in programma il prossimo 17 febbraio e i due incontri già fissati a marzo: il 6, con il cabernet di Tasca d’Almerita e il 14 con il 4° Corso di qualificazione professionale per sommelier. Ad aprile, le grandi degustazioni ci porteranno nella Loira con i grandi Pouilly Fumè Ladoucette, Verticale storica di «Baron de L» Verticale di 10 annate.
viniTanti gli appuntamenti anche “on the road”, con visite in cantina e degustazioni, dedicato al segmento del turismo enogastronomico a gennaio alle cantine Pietradolce Faro; a febbraio al Palmento Costanzo, a marzo alla Cantina Gulino; a maggio al Feudo Maccari; a giugno alla tenuta Paolo Calì.
La Fondazione Italiana Sommelier, proprietaria anche del marchio Associazione Italiana Sommelier dell’Olio, è membro di Worldwide Sommelier Association (W.S.A.), l’Associazione dei Sommelier nel Mondo, nata con lo scopo dichiarato di contribuire a migliorare la diffusione della cultura del vino e del cibo, riunendo in questo progetto 25 tra le più prestigiose associazioni del mondo coinvolte nel settore.

Golositalia: il futuro del bar è qui

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golositalia fingerLa sesta edizione di Golositalia&Aliment, al Centro Fiera del Garda di Montichiari (Brescia) dal 25 al 28 febbraio 2017, riporta al centro della scena l’HORECA. 640 espositori e un calendario di 120 eventi porteranno in mostra le ultime novità su attrezzature professionali, prodotti gastronomici dall’Italia e dal Mondo e nuovi regimi alimentari.
Grande attenzione è rivolta al mondo dei bar, che sta dimostrando una rinata vitalità e tanta sete di formazione. Basti osservare i Google Trends, ovvero le ricerche in rete: nel 2016 la ricerca di un corso per diventare Barman ha raddoppiato quella per diventare Chef. I video tutorial per imparare a realizzare cocktail impazzano su youtube, dove è esploso l’interesse verso nuovi prodotti come l’Hugo.
golositalia2017Tendenze che il gestore di un pubblico esercizio,o l’aspirante barista, potrà ritrovare a Golositalia attraverso un’articolata proposta di eventi e corsi. La scuola per barman FBC Bartending presenterà una serie di incontri sulla figura del barman, sugli aperitivi alcolici e non, sulla storia dell’aperitivo e sull’uso del ghiaccio nei drink.
Durante il corso Cocktail mixology from London (lunedì 27 febbraio, ore 12.30) verranno invece presentati e realizzati cocktail innovativi che arrivano dal Regno Unito legati a tecniche di mixologist, estremamente attuali in Inghilterra. Saranno presentate da noti barman che proporranno agli operatori del settore alcune ricette e metodi di preparazione per stupire i clienti sia sotto l’aspetto visivo che gustativo. Grande attenzione per la mixology anche nel laboratorio tenuto da Andrea Cason, fondatore e formatore di Bartenders Academy Italia, dal titolo Cronostoria della miscelazione (martedì 28 febbraio, ore 12.30) che illustrerà in pochi ed effervescenti minuti la nascita del mondo della miscelazione.
golositalia2Anche quest’anno infine tornerà a Golositalia il Trismoka Challenge, il concorso che seleziona il miglior barista di Brescia e Bergamo per la finale del Campionato Italiano Baristi e Caffetteria. Sabato 25 e domenica 26 febbraio alle 14 si svolgeranno in fiera le eliminatorie; lunedì 27 si potrà invece assistere alla finalissima con i 6 concorrenti che sono chiamati a preparare, in un tempo massimo di 15 minuti, un espresso, un cappuccino e una bevanda personalizzata a base di espresso. Tre i titoli in gara: Miglior barista, Re del Cappuccino e il Trofeo “Gino Uberti”.

Ariston ( En): un locale bello, ma da ripensare

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ariston4Di questo posto a me personalmente ciò che piace di più è il dehor, in totale disarmo all’epoca della mia visita data la stagione,  incastonato in una delle più belle piazze di Enna – Piazza Colajanni –  e appena una manciata di gradini sotto il livello della strada. Una posizione dalla quale, alzando appena lo sguardo, si gode della vista di una maestosa chiesa e del suo campanile, la splendida Chiesa di santa Chiara, che campeggiano nella piazza. Enna, peraltro, è ricca di scorci di tale suggestione forse non sempre adeguatamente valorizzati a causa di frequenti distrazioni amministrative.

Ariston è il classico locale da cerimonie, comunioni ed eventi vari.
ariston2Un allestimento che sicuramente non ha badato a spese ma che risulta abbastanza simile a moltissimi altri, omologati ad un certo tipo di gusto. Benchè tutto sia curato nei dettagli, mancano quel “respiro” e quella nota di carattere che gli conferiscano personalità. Lo stile è contemporaneo, giocato anche abbastanza gradevolmente sui toni del bianco e del grigio che però – inaspettatamente – virano bruscamente verso il colore oro e verso un inspiegabile “tempietto”. Un azzardo che personalmente avrei evitato. Una bella illuminazione mediante lampade a sospensione risulta forse troppo “luminosa”, ma accettabile ed in ogni caso abbastanza di tendenza. ariston3Comode le poltroncine in pelle ecologica e sufficientemente curata la mise en place. La clientela media non esisterebbe a definire questo locale “bello”.  Bello è, e soprattutto oltre le pesanti tende, si gode di un panorana mozzafiato sulla città di Enna. Ma allora cosa non funziona in questo locale? Molto di tutto il resto, iniziando dal menù.

Il menù è di quelli che io definisco “da meditazione”: infatti ci si può impiegare anche mezz’ora a scorrerlo tutto, dedicandosi quindi alla lettura. Troppo lungo. In quel menù c’è troppo di tutto, e risponde molto chiaramente ad una esigenza turistica che penalizza il locale e l’impegno economico che la proprietà deve necessariamente aver sostenuto. Il problema è sempre nella scelta: essere trattoria turistica o ristorante glamour. In questo limbo sovente si perdono e naufragano le migliori intenzioni di molti ristoratori. Ariston a mio avviso è uno di questi casi. ariston5Noi siamo in due, ma il mio compagno di viaggio non ha appetito. In una congerie di decine di antipasti opto per una scelta assai impersonale ma sicura, o almeno così pensavo, scegliendo un tris di affumicati, canonicamente composto da salmone, tonno, pesce spada. Il tris, piuttosto scarno, mi viene servito letteralmente inondato di succo di limone. Questo non è accettabile neanche nella peggior trattoria del peggior sobborgo. Il limone deve certamente essere fornito al cliente, insieme all’olio,  ma il piatto va presentato in purezza. Sarà una scelta del cliente se aggiungere limone e, soprattutto, quanto aggiungerne. L’eccessiva asperità di ciò che allagava il mio tris non è tuttavia bastata a celare la scarsa qualità del prodotto. E’ ovvio che i tris di affumicati quasi ovunque vengono fuori da buste sottovuoto, ma è vero che ci sono buste e buste.
ariston6Questa era di basso costo, e si percepiva alla perfezione. Passando al primo piatto riesco a coinvolgere anche il mio commensale: entrambi ordiniamo degli gnocchi di patate al gorgonzola. Ancora un piatto banale, retrò, che però è molto difficile che non sia bene eseguito. Quello che ci viene presentato è un piatto blando, più somigliante ad un “quattro formaggi” che non ad un gorgonzola: di erborinatura infatti non v’era traccia, il che “confessa” anche a palati inesperti un uso di gorgonzola di bassa qualità. Uno “zola” quanto  più è erborinato, tanto più elevata sarà la sua qualità. Lo gnocco in sè e per sè si disfaceva in bocca creando una sensazione sgradevole di impastoiamento. E’ superfluo dire che si trattava di prodotto industriale di sottomarca. Ovviamente un uso esagerato di panna ha smorzato anche quel minimo sentore di gorgonzola.  Laconico ed essenzialmente triste il commento del mio commensale : ” Bene, mi sento in mensa, in ospedale“. aristonIl perchè è presto spiegato: con tanta cura posta nell’arredo del locale, come mai a nessuno è venuto in mente che si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca?  Un piatto di gnocchi bianchi come il latte non puoi servirli in un piatto di portata bianco senza creare un sicuro effetto “corsia”. Intanto la quantità va ridotta, e poi il piatto di portata deve essere scuro. Nero, idealmente, o di un bel tono di grigio che tanto bene avrebbe sposato il tema cromatico della sala. La scelta del ton sur ton, pietanza bianca su piatto bianco, è micidiale, antiestetica, sciatta. Una buona metà delle due porzioni rimane nel piatto, ormai inesorabilmente fredda ed inestricabile. Ma il peggio purtroppo doveva ancora venire.
ariston7Ordino delle scaloppine di vitello al vino bianco. Il mio commensale mi guarda impietosito ma non cede alla mia esortazione a consumare qualcos’altro. In retrospettiva non lo biasimo. Arrivano le scaloppine, precedute da un odore pungente, fastidioso. Non appena il piatto mi viene adagiato sotto il naso giro la testa verso il mio commensale il quale prende il piatto e lo porta al naso. Quella carne non aveva un buon odore. La assaggio comunque, dato che a volte il naso fa brutti scherzi. Niente da fare. Il taglio è sbagliato e da uno spessore eccessivo. Inoltre, al netto dell’olezzo, non sa di nulla: sicuramente non di vino bianco, ma un retrogusto acre mi fa pensare che siano al limone. Il vuoto gastronomico era riassunto in quel piatto di brutta carne. Così chiamo il cameriere e, con estremo garbo, gli dico che avevo chiesto scaloppine di vitello al vino bianco e non  al limone. Il cameriere insorge e tenta una strenua difesa del piatto. Ma si scontra con il mio sguardo più che eloquente, e lo porta via. Lo riporta ancora piccato per la mia osservazione ed insiste :  è vino bianco. Insisto a mia volta. Ne nasce una querelle tutto sommato inutile. ariston1Il mio commensale sta per perdere la pazienza e colgo il suo fastidio con la coda dell’occhio. Così escono le fatidiche parole sulle quali scende un imbarazzante silenzio: ” Questa carne non è particolarmente fresca“. Va detto che anche questo piatto è stato servito con una noncurante sciatteria non degna del locale: ancora una volta bianco su bianco. Pezzi di carne sbattuti svogliatamente su un piatto. Non va bene.  Il conto per un antipasto, due piatti di gnocchi ed una scaloppina, più acqua e caffè: 110 euro.  Centodieci euro? Richiamiamo il cameriere ancora vagamente alterato. Insomma, nel conto c’era stato un errore ( e che errore…) dato che la cifra da pagare era in effetti 40.00 euro. Che, comunque, è un’enormità rispetto a quello che ci è stato servito. Non ci è stato chiaro se anche le scaloppine, rimandate indietro praticamente intere, siano state addebitate o meno. Ma è solo un dettaglio.

Dispiace sempre molto penalizzare un locale in cui gente lavora ed ha riposto aspettative. Ma l’intento è anche quello di fornire delle chiavi di lettura, dei modi interpretativi che migliorino l’immagine generale e che diano, nel breve termine, le giuste soddisfazioni, garantendo il ritorno della clientela e con essa quindi una continuità lavorativa. Delle volte basta veramente poco, pochi accorgimenti. Nel menù di un locale che vuole distinguersi non possono esistere più di cinque scelte per ogni portata. Se si vuole fare cucina espressa e soddisfare il cliente, i menù delle dimensioni di una rivista vanno buttati e dimenticati.  Si vuole far viaggiare la pizzeria insieme al ristorante? Io sono assolutamente contraria, ma se proprio deve essere, che anche il menù pizza sia breve, esclusivo, selettivo. Non è accettabile che, in quel contesto che parla di stile e design, si vedano passare pizze con patate fritte e ketchup o piatti di tortellini con panna e prosciutto. Per fare questo tipo di cucina non serve avere quel locale, in pochissime parole. Gnocchi-zucca-e-patate Ma poi perchè tanta cucina di mare ad Enna? Con un prodotto locale fiore all’occhiello e tipicamente montanaro, perchè il pesce?  Avete mai visto Fondue Bourguignonne o Valdostane  servite in riva al mare? Ed allora perchè il pesce dovrebbe essere servito in montagna? La tipicità, la filiera corta, la specificità: sono quelle le carte da giocare quando si vuole fare ristorazione seria. Ma, in cima a tutto, la qualità della materia prima. Che costa di più, ma che restituisce dieci volte tanto, sempre e comunque. Si può fare cucina rustica, ruspante, per appetiti robusti, ma farla con materia prima eccellente. E poi da ogni menù di ogni ristorante che voglia fare tendenza insieme a dell’ottima cucina, devono sparire i piatti banali da self service o da mensa ospedaliera. Ripensare un piatto di gnocchi, eliminando il lombardo gorgonzola ormai datato e sostituirlo con una crema di zucca  e burrata o ricotta? Quello, in quel contesto, è un piatto di gnocchi vincente, di filiera, di buona struttura, di bella cromatizzazione. E poi pragù biancoasta fresca, lavorata in loco, con uova certificate, condita anche con un semplice ragout bianco del miglior suino sulla piazza.  In conclusione: Ariston è un ristorante con un grande potenziale dagli allestimenti contemporaei e gradevoli, adatto a gruppi, a famiglie, a piccoli eventi, ma anche a coppie per cene romantiche ed anniversari. Inserito in un contesto urbano storico, suggestivo e con grande facilità di parcheggio, Ariston deve ripensare alla propria identità – magari affidandosi ad un management esterno –  rielaborando la propria offerta gastronomica e limando i prezzi, perchè può capitare che una bella cornice distragga dalla qualità del dipinto che racchiude. Ma capita a volte, non con tutti e, soprattutto, non per sempre.

Alessandra Verzera

 

Scheda:

Coperti: < 100 (in) – 50 (out )

Range: Medio 

 

Categoria: Ristorante Pizzeria

Ranking (*)

Location: 4

Cibo: 2

Carta Vini: 3

Presentazione: 2

Servizio: 3

Mise en place: 3.5

Atmosfera: 3.5

Allestimenti: 4

(*) Legenda :

1 = pessimo
          2 = scadente
          3 = sufficiente
         4 = ottimo
            5 = eccellente.

Arriva il gelato di latte di bufala campana

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gelato latte di bufala enrico rizzi, latterìNasce sotto il segno della bufala l’edizione 2017 di «Lsdm – Le strade della mozzarella» che, nei giorni scorsi, ha fatto tappa – la prima di un lungo viaggio che toccherà Londra, Paestum e New York – a Milano presso «Lentini’s» dove sono state provate  le ultime specialità gelatiere di Enrico Rizzi, titolare di diverse gelaterie-pasticcerie di impostazione creativa nel capoluogo lombardo. Rizzi si sta cimentando da qualche tempo a preparare il gelato al latte di bufala con un ingrediente interamente made in Campania. Si chiama «LatteRì»: latte di bufala frozen, da usare in cucina per piatti dolci o salati, ottenuto da un processo di concentrazione che ne esalta le caratteristiche e lo rende utilizzabile più a lungo, senza alcuna aggiunta di conservanti. La naturale dolcezza della bufala non è coperta da eccessivi zuccheri aggiunti e quello che risalta è il naturale aroma muschiato.
«LatteRì» sta conquistando non solo il mercato nazionale ma anche quello europeo per la versatilità e la duttilità di utilizzo. Il processo di concentrazione, che priva il latte del 50 per cento della sua acqua, è stato studiato e realizzato attenendosi alle più rigide disposizioni normative per preservare ed esaltare le originarie caratteristiche organolettiche del latte di bufala.
Nel corso della decima edizione di «Lsdm – Le strade della mozzarella» sarà inoltre presentato anche il burro, ideato sempre dai laboratori della «Ilc la Mediterranea», per la preparazione dei nuovi «macarons» al gusto di latte di bufala.

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