E-commerce, social network. E i distretti del mare, del vino e dei sapori. Ecco come vendere territorio, prodotti e produttori

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Organizzazione. E sguardo lungo. È la strada maestra per battere il mercato. Tanto più nella temperie delle turbolenze legate alla globalizzazione finanziaria e dell’economia (U.Gin.)

Così, acquistano il sapore delle buone notizie, le iniziative di istituzioni e piccole imprese del made in Siciliy più tipico, che hanno dato vita a due interessanti forme associative venute alla ribalta in questi giorni: il Distretto turistico dei vini e sapori di Sicilia e il Distretto turistico dei borghi marinari. L’uno e l’altro testimonianza della voglia di far rete di enti e imprese che operano sui fronti dell’enogastronomia e della cultura del buon gusto.

Il primo, comprende istituzioni e aziende della provincia trapanese (il capoluogo, San Vito Lo Capo, Erice, Vita, Gibellina e Salemi); comuni del comprensorio di Catania (Castiglione di Sicilia, Aci Sant’Antonio, Milo, Zafferana Etnea, Sant’Alfio); di Siracusa (Floridia); Agrigento (Menfi, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita Belice); Palermo (Camporeale). E della provincia iblea. L’altro riunisce enti pubblici e aziende dei più pittoreschi borghi marinari siciliani: i comuni di Mazara del Vallo (Trapani); Aci Castello (Catania); Avola (Siracusa); Brolo (Messina); Castellammare del Golfo (Trapani); Caronia (Messina); Mascali (Catania); Portopalo di Capo Passero (Siracusa); Ribera (Agrigento); Santa Flavia (Palermo); Sant’Agata di Militello (Messina) e Sciacca (Agrigento).Il primo, punta sull’enogastronomia quale fil rouge capace di promuovere il territorio e le sue produzioni tipiche. Progetto dell’altro è valorizzare il patrimonio di cultura e prodotti che si lega da sempre alla tradizione marinara. Due forme interessanti di aggregazione in rete, per far valere il territorio siciliano. Ma è sufficiente per allontanare dalle aziende gli spettri della crisi che dappertutto s’allungano sull’economia?

La celebre Bordeaux Management School (Bem), con riguardo in particolare al business del vino, ha reso noto, qualche giorno fa, che nel 2011, nel mondo, l’e-commerce ha fatto girare ben quattro miliardi di dollari che arriveranno a 6,5 nel 2012 anche grazie alle opportunità create dal web 2.0 e da social network come Facebook e Twitter. Che rispetto ai canali soliti, della grande e piccola distribuzione, consentono seducenti bypass per sviluppare formule inusuali di comunicazione e marketing: dalle vendite flash, di mezz’ora appena, alle offerte “fino a esaurimento delle scorte” alle proposte su misura per gruppi più o meno interessati.
Il punto, allora, è gettare il cuore oltre l’ostacolo, guardando avanti. Un passo è stato fatto. Anche l’ultimo rapporto annuale di Unicredit sulle piccole e medie imprese, ha messo in luce che, dall’export alle innovazioni, va assai meglio chi si aggrega. Non sarebbe male se i neonati distretti mettessero all’ordine del giorno la ricerca di forme innovative per vendere assieme territorio, prodotti e produttori.

Umberto Ginestra

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