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La “Vucciria”, Guttuso e il Professore

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vucciriaLa natura morta, come elemento decorativo associato a figura umana, è presente in tutta la nostra storia pittorica. Basti pensare ai mosaici pompeiani, che già in epoca ellenistica narravano natura morta. (Ti.Ni.)


Ma l’affermazione di questo genere pittorico si osserva più diffusamente dalla seconda metà del ‘500 ed attraverso esponenti di spicco come Brueghel, i pittori olandesi i fiamminghi e il nostro grande, orgoglio patriottico nel citarlo, Michelangelo Merisi da Caravaggio che non solo associa la natura morta alla rappresentazione figurativa come complemento di scene principali e quasi teatrali – Ragazzo con canestro di frutta, Cena in Emmaus e Bacco sono solo alcuni esempi delle opere a cui si fa riferimento – ma questa diviene il soggetto e con il Canestro di frutta dà l’accordo, quel la, per far partire l’armonia nel delineare quasi una moderna fotografia.

Camminando in quell’unico vicolo che resta a baluardo di un mercato rionale storico, storicamente aggrappato al centro di una città come Palermo, osservando ciò che la Vucciria conserva nel mostrare un briciolo di ricercata decadenza, ci si sente immersi in una natura morta cinquecentesca e sembra di vivere i profumi, assorbire i colori e sentire le voci di quanti popolano immoti un quadro di Joachim Beuckelaer (Mercato in piazza del 1566, Capodimonte – Olio su tela della collezione Farnese).

Eppure la Vucciria si sviluppa ancora, parzialmente immutata, lungo la discesa in via dei Maccheronai e molti i turisti che si fermano a fotografare tocchi di carne e pollame, frutta e verdura, legumi sfusi, pesce e frutti di mare, pani ca meusa, latte e vino, contrasti, olive verdi e nere, miscugli eterogenei di alimenti per alimentare un mercato variegato, storico, popolare. Uniti, i commercianti, nell’accogliere gli scatti a immortalare il folklore, nel sorridere a denti radi, nell’essere orgogliosi e ostinati fautori di un ritorno al passato che avanza in un futuro traballante di incertezze. Far vucciria, in siciliano, è come dire far confusione, fracasso, dar voce e mille voci insieme, cantilenanti nenie di un mercato che urla per non perdere il suo nome abbanniato (urlato), venduto e di padre in figlio rinnovato.

Ma il nome vero deriva da bucceria, una storpiatura tutta sicula del termine francese boucherie ovvero macelleria, e tante ve ne sono ancora in funzione, a mondare pelli di armenti nel macellare quarti di bue per nutrire la popolazione di stranieri sorridenti a far fila per assaporare il suono di coltello che batte ceppo: il tutto è estremamente tradizionale, boccaccesco e forse un po’ dantesco a richiamare gironi di vie e di botteghe. Le stesse botteghe ritratte a tratti in quell’opera che prende il nome dal mercato. La Vucciria, 1974, olio su tela di Renato Guttuso. Un quadro che senza veli mostra uno spaccato di vita cittadina, i colori a tinte forti di un mercato dove le carni vengono macellate, i pesci venduti, le verdure abbanniate (urlate), dove la gente si mescola e si stenta a distinguere esercente e avventore, come fossero pennellate date con precisione in quella natura morta che mostra vita di quartiere.

La Vucciria oggi è questo, più che un mercato dove fare la spesa è un tuffo nella storia di quanti hanno percorso quella strada, di coloro che con il loro mestiere sono sbarcati a Palermo ed a partire dal XII secolo hanno contribuito a dare il nome alle vie che si snocciolano alla spalle della Cala: via dei Tintori, Materassai, Chiavettieri, Coltellieri, Mezzani, Maccheronai, via Argenteria e così via, in un contesto culturale non indifferente per la presenza di molte Piazze monumentali, Chiese in ogni vicolo, e la maestosità di San Domenico con il suo carico di barocco da ostentare. E poi lui, attivo da 58 anni, lieto di accogliere i turisti, pronto a vendere il suo pani ca meusa o solo a raccontarlo, il Professore.

Così viene definito Giuseppe Basile, un signore, un venditore di quel tipico panino che già dalle prime ore del giorno scalda sugna e milza, polmone, esofago, trachea, queste le frattaglie che si usano per farcire u pani ca meusa. Lui si definisce il più antico della nuova generazione e dal dopoguerra,  da quando era poco più che un bambino, popola il mercato della Vucciria e guadagna con la sua arte ovvero quel mestiere tramandato dal bisnonno. Racconta di come il tempo cambia tutto, di come dalle ceste in spalla e la tannura (un fornello riscaldato a carbone) la sua famiglia sia arrivata ad avere il banchetto, di come i figli abbiano rinunciato a perseguire il mestiere in nome di quella crisi globale. Eppure il tuffo nel mercato lascia la piena sensazione che tutto cambia e nulla muta in questi angoli di mondo nascosti pure al tempo.

Tiziana Nicoletti

Scialo, Wine Bar – Palermo.

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Era un pomeriggio di quelli in cui proprio non ti va di rimanere a casa quando, insieme alla collega Zito, per puro caso mi sono imbattuta nello “Scialo”, in Via Marchese Ugo a Palermo (A.Ve.)

Il Cioccolato di Modica: la Sicilia sulla bocca del mondo

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«Altro richiamo, per restare alla gola, è quello del cioccolato di Modica e quello di Alicante (e non so se di altri paesi spagnoli): un cioccolato fondente di due tipi – alla vaniglia, alla cannella – da mangiare in tocchi o da sciogliere in tazza: di inarrivabile sapore, sicché a chi lo gusta sembra di essere arrivato all’archetipo, all’assoluto, e che il cioccolato altrove prodotto – sia pure il più celebrato – ne sia l’adulterazione, la corruzione… » ( Gi.Ca.)

Bizzarrie d’oltremanica e ambiente: dopo le auto ibride, quelle commestibili

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Automobili “commestibili” : alcune loro componenti sono infatti derivate da scarti industriali alimentari. Patate, noci, carote e cioccolata. Ma le vedremo mai veramente sui circuiti? (A.Ve.)

Dai dolci delle monache al cioccolato “Cibo degli Dei”: tutte le bontà modicesi oggi al convegno nazionale “La Dolce Contea”. Domani invece dolcissimi massaggi.

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L’arte dolciaria delle monache di casa prospettata e approfondita al convegno nazionale “La Dolce Contea – Pasticceria e Cioccolato di Modica dai Grimaldi ad oggi”, nei bellissimi saloni del palazzo della Fondazione Grimaldi, con l’organizzazione della delegazione modicana dell’Accademia Italiana della Cucina (A.Ve.)

Giovani siciliani alla corte del “re” salmone. Da Termini Imerese e Taormina al “Fish Market” di Bergen.

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giovani 1Chi l’avrebbe mai immaginato di trovare giovani studenti alla corte del “re” salmone in una delle piazze più pittoresche della Norvegia?

( Francesco, originario di Termini Imerese. Foto: A. Fiasconaro)

Nasce il Maas in periferia di Catania: il più grande mercato agroalimentare del meridione.

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maasIl mercato ortofrutticolo, il mercato ittico e florovivaistico, oltre a piattaforme di distribuzione e celle frigo in uno spazio di 110 ettari di superficie.

Ha preso oggi il via il Maas (Mercati Agro-Alimentari Sicilia) il più grande mercato agroalimentare del meridione d’Italia e dell’intera area del Mediterraneo. Un polo di interscambio commerciale realizzato alla periferia di Catania che si avvia ad ospitare, nelle moderne gallerie commerciali realizzate, i mercati: ortofrutticolo (84 box modulari), ittico (20 box) e florovivaistico, oltre a piattaforme di distribuzione e celle frigo. Attualmente sono circa cento i contratti stipulati con gli operatori dei settori ittico ed ortofrutticolo. Le contrattazioni di quest’ultimo comparto partiranno dopo il completamento delle operazioni di trasferimento degli operatori, il cui termine ultimo e’ stato prorogato al 30 aprile. “Inauguriamo oggi un hub ritenuto strategico dalla Regione Siciliana – ha affermato il presidente Raffaele Lombardo – ed alla cui realizzazione l’amministrazione ha dato un forte impulso con l’integrazione dei finanziamenti necessari per il completamento dei lavori”. Per il Governatore inoltre, “l’apertura del Maas rafforza le strategie avviate per la commercializzazione dei prodotti isolani ed agevolerà l’accesso ai mercati nazionali ed europei: si tratta di un volano per l’economia legata alla produzione e alla commercializzazione dell’agroalimentare”.

 

Il Mass è secondo l’assessore alle Risorse Agricole ed Alimentari, Elio D’Antrassi ” un progetto ambizioso e generoso che, da un lato, consente di ospitare i mercati all’ingrosso in strutture moderne e dall’altro da il via ad un struttura sovranazionale che sicuramente inciderà nella standardizzazione dell’offerta delle produzioni siciliane per il mercato italiano e Mediterraneo. Un polo che svolgerà – ha detto D’Antrassi- un ruolo sinergico rispetto alle misure messe in campo dall’assessorato per la specializzazione e il compattamento delle filiere”. Per il presidente del cda del Maas, Mario Brancato si tratta di un vero e proprio snodo fondamentale per l’espansione del commercio agroalimentare siciliano”. All’inaugurazione anche una delegazione della regione rumena di Prahova, composta dai vertici della camera di commercio e del parco industriale, che ha avviato contatti per lo sviluppo di intese commerciali con il Maas.

Arianna Zito

Pasta con le sarde

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pasta con le sardeComplice la crisi,  si infittiscono le cene in casa, dove, per divertire gli amici, va di moda inventarsi un tema che orienti la gastronomia della serata. Di preferenza un tema cinematografico, da Oscar appunto.

Nelle serate a tema, si passa dal Boeuf Bourguignon di Julia&Julia alla Ratatouille del topino Remy, alle Quaglie en sarcophage del Pranzo di Babette, al sandwich di tonno di John Nash ( Nobel per la matematica 1994) in A beatiful mind.

La scena della tavolata di famiglia del film di Pietro Germi, Sedotta e abbandonata, dove il neofidanzato della figlia, nobile spiantato, sdentato, si abboffa di pasta con  le sarde ( la scena è grottesca ). Siamo in Sicilia, a Sciacca. Parliamo di Sicilia anche perché la Sicilia è di moda,  rilanciata in queste settimane dalla rinascita televisiva del Commissario Montalbano, anche lui grande estimatore della pasta con le sarde, icona della cucina isolana. In passato, i cuochi delle grandi famiglie aristocratiche siciliane provenivano dalla Francia, o erano comunque di scuola francese. Ragion per cui venivano chiamati Monsù. Non a caso l’altro film di cui si parlerà è Vatel ,  diretto nel  2000 da Roland Joffé, con Gérard Dépardieu. E’ la storia di una grande chef francese della corte del Re Sole ( fine del ‘600), François Vatel, maestro nell’arte di fare il pane e nell’arte del buffet, come tutti i Monsu del Settecento e dell’Ottocento siciliani.Organizziamoci abbiamo dei tesori in casa: uno schermo e la nostra e dico nostra perche ci appartiene PASTA CON SARDE.

RICETTA

Ingredienti.

Bucatini 500 gr.

Sarde sfilettate 500 gr.

Finocchio selvatico  q.b.

Pinoli 1 pugno

Uvetta 60 gr.

Aglio 1 spicchio

Zafferano 15 gr.

Pane grattugiato 50 gr.

Olio extravergine di oliva 2 cucchiai

Preparazione

Mettete a bollire la pentola in cui cuocerete la pasta con il finocchio selvatico. Lavate e asciugate i filetti di sarda, pelate e tritate l’aglio e mettete in ammollo le uvette. Con gli oli fate tostare i pinoli e rosolare lo spicchio di aglio. Unite le sarde, se volete tenetene da parte 1 a testa da servire fritta in accompagnamento al piatto. Mescolate sino a che le sarde si saranno disfatte completamente e i pinoli tostati; Unite lo zafferano, il colore migliora e anche il profumo…. Aggiungete le uvette strizzate e mescolate ancora. Estraete il finocchio selvatico, salate l’acqua e buttate la pasta. Tagliate a dadini i pomodori e aggiungeteli al sugo di sarde. Infarinate e friggete le sarde di contorno in un padellino piccolo fate rosolare il pane con due cucchiai di olio e un pizzico di sale: serve a far aderire meglio il sugo. Colate la pasta e unitela al sugo, assieme al pane tostato. Sistemate le sarde sopra la pasta e portate in tavola subito.

 

Peppe Giuffrè

I Quacinara – Geraci Siculo (Pa)

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Quel posto  esiste perché Dio lo ha creato. Sta li, nel mezzo del nulla, tra vallate e clivi verdeggianti, quasi a contatto con il cielo. Li le nubi sottili danzano fin quasi sulla testa, e la dimensione umana è molto ridimensionata. Non scorgi una casa fino a che la vallata si perde a vista d’occhio. (A.Ve.)

Geraci Siculo, Mauro “U’ furnaru”

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Scelte di Gusto 030Capita un viaggio di lavoro. Volo Milano Palermo e poi in auto sulle Madonie, passando per Cefalù, Castelbuono su fino a Geraci Siculo, che credo pochi ricorderebbero se non fosse per l’ottima acqua minerale a cui da il nome (An.Pi.)

Una buona mezz’ora di salite, curve e tornanti. Non siamo ancora in primavera e mi colpiscono i mandorli in fiore e  il verde intenso dell’erba erba e delle foglie. Maggio direi, se non fosse per l’aria gelida che entra dal finestrino. Poi ricordo d’improvviso che la Sagra del Mandorlo in fiore ad Agrigento si svolge di fatto in pieno inverno ed è anzi da poco trascorsa, e capisco perchè questa terra è “l’isola in un mare di luce”, l’isola dell’eterna primavera. Riunione lunga ma piacevole e proficua, per definire questo sito, che verso sera necessita di una pausa “dolcetto”. Su consiglio della gente del posto mi reco nel centro del paese.  Piazza Del Popolo è li, con la tabaccheria e il piccolo bar aperto con gli avventori intenti a intense partite di carte.  Le indicazioni erano : piazza, strada in discesa lastricata di vecchie pietre, poi la seconda a sinistra. “Li troverai il panificio, semmai chiedi di Mauro u’ fornaru” – mi era stato detto. Non c’è bisogno di chiedere, all’angolo scorgo il cartello del panificio con su scritto,  in lettere rosse,  “Mauro u’ furnaru”. Facile!

Scelte di Gusto 032Parlato troppo presto. Strada deserta, l’insegna in alto è sopra una porta a vetri illuminata che mi da l’idea dell’ingresso di una casa privata. ” ‘U furnaru” sarà dietro l’angolo della via. Una piccola vetrina su un locale deserto con scaffali pieni di grandi contenitori di plastica. Pochi metri dopo un piccolo negozio di alimentari con le cassette della verdura fuori dalla porta. L’unica è provare alla prima porta. Fornaio, il laboratorio. Ad una ragazza cortese chiedo di poter comprare dei dolci e dei biscotti di loroproduzione. “Non qui”, mi dice, “questo è il forno, mi segua”. Attraversiamo la strada,  entriamo nella piccola vetrina e scopro che i grandi contenitori sono pieni  di biscotti e dolcetti, uno diverso dall’altro, più di una decina: uno più invitante dell’altro. “Che cosa le do?”. Bella domanda! Quale dolcetto tradire ? Nel dubbio scelta drastica : vassoio grande, una fila per tipo.Però per incartare il tutto si deve andare al negozio di alimentari.E si va, vassoio alla mano, a farsi incartare il pacchetto.Rientrato alla riunione si passa all’assaggio. Un vero piacere. Sono colpito dalla varietà, dalla semplicità e dal gusto intenso. Assaggio una Sicilia che non è fatta solo di cannoli e di cassate e di dolci assai elaborati e sostanzialmente molto ricchi, ma anche  di deliziosi dolci secchi.Ma la sorpresa più grande è stata la strana organizzazione di questa bottega, ferma nel tempo di decine di anni, con i suoi forni alimentati a legna e dove non si vendono  solo pani, dolci, verdure e formaggi, ma anche – e soprattutto – il sapore di cose antiche, di cose ben fatte. La mia preferenza ? Le nocciole e le mandorle ricoperte di cioccolato.

Scelte di Gusto 038Se vi trovate da quelle parti,  ” ‘u furnaru” merita sicuramente una fermata. E quando passate davanti al macellaio, sulla via che vi riporta alla piazzetta,  fate come me :  lasciatevi tentare. Oltre a della buona salsiccia fresca e stagionata, trovate delle ottime provole delle Madonie. Quando sarete a casa tagliatene una fetta spessa un dito, cucinatela sulla piastra e cospargetela di olio di oliva e origano.

Mauro lo trovate in Largo Ospedale 3, a Geraci Siculo, ed il suo telefono è : 333.5017638

Andrea Piovesan