Trattoria Al Gatto Nero – Burano (Ve)

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Burano è una cittadina che già di suo è deliziosa. Un’isoletta della laguna veneziana. (A.Ve.)

Un piccolo scrigno che custodisce diverse cose di pregio, con un sapore antico che purtroppo tende a scomparire. E’ la patria indiscussa di pizzi e merletti, così come Murano lo è dei vetri d’arte. Passeggiare per le viuzze di Burano già ti strappa alla consuetudine quotidiana: non vi è traccia di un mezzo a motore, che sia esso un’auto o un motorino. Pochissime biciclette. Il resto si fa a piedi o in barchetta. Va da sé che, in un contesto del genere, non si ode clacson né rumore di marmitte sforacchiate. Del posto la prima cosa che balza agli occhi riguarda le case. Niente palazzi. Solo casette, corpi bassi. Alcune elevabili al rango di villette e ville, altre semplici dimore di pescatori: ma tutte, ugualmente, affascinanti e con una caratteristica unica, che è quella di avere facciate di diversi colori. Non due case sono uguali. Anche a trovare sei case azzurre saranno di sei diverse tonalità di azzurro. Una tradizione antica, anche questa. Girovagando insieme ad una coppia di amici egiziani giungiamo in un locale che ci era stato segnalato durante una visita alla Vetreria Bisanzio Gallery di Murano.  Ci era stato detto che se volevamo mangiare bene quello era il posto in cui andare. Eravamo dunque preparati a gustare cibo di un certo livello. Ma l’aspettativa, già alta, è stata meritatamente superata.
La Trattoria Al Gatto Nero è un locale storico del piccolo centro lagunare. Nasce più di mezzo secolo fa come osteria e intorno alla metà degli anni 60 viene rilevata dall’attuale proprietario, Ruggero Bovo, che ne è anche lo Chef. Diventa dunque una trattoria. Ma la famiglia Bovo è assai talentuosa: oltre a Ruggero, con un’antica passione per la musica mai sbocciata al punto da divenire la sua professione, c’è Lucia – la moglie di Ruggero e mano indispensabile in cucina. E c’è un bellissimo figliolo – Massimiliano – che è un Sommelier qualificato che si occupa  della compilazione della carta dei vini: che abbiamo trovato ricca e variegata.  L’ambiente è informale, niente di lussuoso, molto evocativo del mare e dei suoi prodotti. Il tovagliato è candido e di buona qualità, posateria e piatti impeccabili ed i bicchieri – spesso nota dolente di molti locali – odorano di pulito. Alleluia, un felice pasto inizia anche da questo.
Subito ci viene servito un aperitivo: fresco, alcolico ma leggero. Sappiamo già che ci lasceremo inondare da una marea di antipasti, che tra l’altro costituiscono una delle specialità del locale. Ed antipasti siano: ne arrivano tanti, tutti ottimi. In questo locale fanno miracoli con le mazzancolle, non c’è che dire. Le ho mangiate come antipasto insieme ad una fritturina di totani e gamberetti adagiati su una gustosissima polentina bianca. Raramente ho potuto ritenere che quello in cui il tutto era stato fritto fosse olio di “prima frittura” : al Gatto Nero non soltanto l’ho pensato ma l’ho acquisita anche come certezza. Quando nel piatto non rimane traccia di olio, e quando quel po’ di unto inevitabile che risiede è quasi incolore, allora quell’olio è di prima frittura. Vale a dire che viene cambiato spesso e non semplicemente “rabboccato”. Questo conferiva una croccantezza ed una leggerezza piacevolissime ai miei fritti, oltre al fatto che il colore paglierino parlava già da solo della qualità delle materie prime.
La scelta del primo piatto mi ha vista in grandi ambasce: varia la scelta e per alcuni versi difficile. Ma un piatto tra tutti ha attirato la mia attenzione, incuriosendomi piuttosto che convincermi. I tagliolini con mazzancolle e ricotta salata. Un connubio, ho sperato felice, tra una tradizione gastronomica veneta ed un ingrediente tipicamente meridionale, segnatamente siciliano più o meno quanto me. Il mio piatto arriva fumante, spandendo intorno odori irresistibili. Come sono solita fare comincio la “dissezione” usando i rebbi come fossero la lama di un bisturi: sposto, scarto, scorgo, individuo. Poi porto qualcosa al naso, il che non è certamente contemplato in nessun trattato di galateo o di bon ton: si mangia con gli occhi, è vero, ma anche con il naso. La pituitaria gioca un ruolo insostituibile in tutti gli approcci: e quello con i cibi è uno degli approcci ancestrali. Poi , solo poi, entrano in gioco le papille.
Il primo boccone le investe tutte. Mentre gusto quel piatto cerco già di individuarne gli ingredienti che lo compongono oltre a quelli evidenti da cui prende il nome. Faccio ipotesi ma la prima occupazione è gustare. Gli amici egiziani esplodono in una serie di mugolii mentre l’autoctono che mi sedeva accanto si avvicina incuriosito alla mia pietanza giacchè aveva scelto un altro piatto, dei bigoli al sugo. Gli porgo il mio piatto esortandolo ad assaggiare: è finita che abbiamo salomonicamente fatto a metà. Io ho ceduto metà del mio e lui in cambio mi ha dato metà del suo. Ma, benché fosse ottimo anche il suo primo piatto, al confronto con il mio spariva del tutto. Quei tagliolini alle mazzancolle e ricotta salata erano quanto di più buono e convincente io avessi mai mangiato, parlando di primi piatti. Perfetta la testura del tagliolino, rigorosamente fresco e rigorosamente di produzione propria, ideale la sua sapidità, eccellente il grado di umidità del sugo, squisite le mazzancolle. Il mix con la ricotta salata sviluppa un sapore unico. Una trovata virtuosa. Quel primo piatto era di una cremosità e di un gusto irripetibili. I secondi piatti sono stati ovviamente di pari livello ma mi preme in questa sede porre l’accento su un unico piatto di pasta: il mio. Una delle molteplici ragioni per cui tornerei a Burano anche domani stesso.
Un’altra delle ragioni di un mio tempestivo ritorno risiede nelle cappesante. Ne ho mangiate tante in lungo e in largo ed in vari posti del mondo. Le migliori in assoluto rimangono quelle del ristorante L’Ecrivain di Dublino, che del resto è il miglior ristorante della capitale irlandese con Derry Clarke ai fornelli, insignito di vari ed ambiti simboletti.
Le seconde, nella mia personale graduatoria di merito ad oggi, sono quelle del Gatto Nero, servite con una salsa di polpa di pomodoro di giusta e calibrata forza. Davvero squisite ed appetitose.
Questo pasto per quattro persone un po’ variegato composto da antipasti a go go, primi piatti ed un paio di secondi, più vino, dolce e caffè, ha portato il conto a circa 240 euro. Mediamente 60 euro a persona. Non certo economico  ma, tenuto conto del fatto che il Veneto è una regione molto più costosa di altre, e della qualità del cibo che ci è stato servito, è stato denaro speso davvero bene.
Consigliabile, per chi si trovasse da quelle parti e volesse condividere con me questa esperienza, la prenotazione.

La Trattoria Al Gatto Nero si trova in
Via Giudecca, 88
30133 Burano  – Venezia
 – tel. 041 730120

Alessandra Verzera