Pasqua Ortodossa: ecco la titola con l’uovo rosso

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La Pasqua è probabilmente la festa che più di tutte dal punto di vista gastronomico contiene degli elementi-alimenti fortemente simbolici: l’agnello, la colomba, le uova. Se si pensa che una volta la festa della Resurrezione veniva chiamata anche “Pasqua d’uovo” si comprende il frequentissimo inserimento di uova intere in dolci e focacce pasquali.

La tradizione dei pani con inserite le uova sode, specie se colorate di rosso, è comune non solo in più parti d’ Italia, ma anche nelle zone del Mar Nero e delle isole greche fin dai tempi dell’impero bizantino.

 

A Trieste la Titola – il tipico dolce pasquale, un pane a treccia dove all’estremità c’è inserito un uovo sodo colorato, fissato al pane con una striscia della pasta stessa – riunisce la tradizione cattolica come quella greco e serbo ortodossa, comunità presenti in città da secoli. Non c’è solo la Titola sul tavolo dei triestini nel periodo pasquale, ma anche il Presnitz, la Putiza, e la Pinza, un semplice pane dolce con il quale si fa colazione la domenica mattina, accompagnandolo a del prosciutto; ma mentre questi altri dolci si mangiano anche durante tutto l’anno e anzi, il Presnitz è quasi più apprezzato a Natale che a Pasqua, la Titola ha, come caratteristica da sempre rispettata, la sua fugace apparizione nelle pasticcerie solo per il periodo strettamente pasquale. Cioè per la Pasqua dei cattolici che seguono il calendario gregoriano e per quella degli ortodossi rimasti al calendario giuliano che si discosta di ben 13 giorni dall’altro e che fa sempre cadere la Pasqua la domenica che segue la prima luna nuova dall’equinozio di primavera, nel 2012 al 15 aprile. D’altronde la Pasqua è il tempo in cui la natura rifiorisce e l’inizio della primavera. Il simbolo del dolce è squisitamente pasquale, cioè non adattabile ad altre parti dell’anno. La forma della Titola, a treccina, richiama quella dei chiodi usati per la crocifissione, e le uova ricordano i sassi del Calvario macchiati dal sangue rosso vivo colato dalla Croce. L’uovo infatti è quasi sempre colorato di rosso come appunto rosse sono le uova nella tradizione della Chiesa Ortodossa, sia greca che serba, presente in una città di confine come Trieste, avamposto meridionale della Mitteleuropa,  settentrionale del mar Mediterraneo, e abituata a convivere da secoli con numerose comunità di fede non cattolica (e a condividerne i cibi e i dolci).

Non è scontato trovare la ricetta della Titola sui libri o sui siti di cucina perchè semplicemente si prepara con l’impasto di un altro dolce: la Pinza Triestina. Altro dolce che a Pasqua dovrebbe tradizionalmente ricordare la spugna imbevuta di aceto che i soldati romani avevano appoggiato sulle labbra di Gesù morente in croce, tanto che, una volta, nei paesi sul Carso triestino, le pinze appena sfornate in casa, venivano portate in Chiesa per ricevere la benedizione alla Domenica delle Palme. Pinza che in realtà compare volentieri sulle tavole e nelle pasticcerie durante tutto l’anno a differenza delle titole introvabili in altri periodi. La ricetta non è complicata, ma per seguire quella tradizionale, servono i tempi di preparazione di una volta, cioè buona parte della giornata. Sono necessarie ben tre lievitazioni dell’impasto, quindi spesso, o si opta per qualche ricetta di Pinza Triestina meno tradizionale ma più veloce o, e capita nella maggioranza dei casi, la si compra direttamente nelle pasticcerie.

Questa la ricetta classica della Pinza, ricopiata da un libro di cucina triestina “storico”, “Maria Stelvio – Cucina Triestina  – Edizione Stabilimento Tipografico Nazionale, anno 1942”, con questo stesso impasto, nei giorni prima di Pasqua si intrecciano le Titole, aggiungendoci l’uovo sodo.  

Pinze pasquali uso pasticceria (riuscita garantita)

Ingredienti
50 g lievito
350 g farina
500 g farina
100 g zucchero
50 g burro
2 tuorli
3 uova
1 kg farina
350 g zucchero vanigliato
100 g burro
1/4 di litro di tuorli
1/4 di litro di uova
1 dl di rum
7 ore

Preparazione
Sminuzzare in terrina il lievito e frullarlo con un po’ d’acqua tiepida; mettervi 1 cucchiaio zucchero, 350 g farina e aggiungere tanta acqua tiepida da arrivare a pastella molle; levare il cucchiaio, coprire la terrina con salvietta e situarla in luogo caldo; quando, lievitando, si sarà raddoppiata di volume, mettervi, sempre frullando, poco a poco, ora di un genere ora dell’altro: 500 g farina, 100 g di burro liquefatto tiepido, 2 tuorli, 3 uova; incorporare il tutto, ben bene, ricoprire la terrina con salvietta infarinata e lasciar lievitare al caldo; allorché la massa si sarà nuovamente raddoppiata, ammucchiare sulla tavola 1 kg di farina; fare una fossetta e riversarvi dentro la massa lievitata 350 g zucchero, 100 g di burro liquefatto tiepido, 2 cucchiai di sale frantumato e lavorando tirare lentamente nell’impastoun quarto di litro di tuorli,un quarto di litro di uova e 1 dl di rum; lavorare vigorosamente coi pugni infarinando sempre la tavola (dapprima l’impasto si appiccica alle mani e alla tavola); lavorazione circa 1 ora; l’impasto deve essere tenero in modo che affondandovi un dito, si ragguagli subito. Formare 7 panetti, disporli su carta burrata e lievitarli al caldo; quando si saranno quasi raddoppiati in volume, ungerli con uovo rimescolato e con le forbici praticare dal basso verso la sommità 3 tagli a stella, fondi circa 3 cm; arrostirli poi con poco calore. Arrostendo un panetto per volta, quelli già levati si lavorano per un attimo, facendoli nuovamente levare in attesa che il forno sia libero.

Eleonora Righini

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