L’Unione Europea riconosce all’aglio cinese l’Igp. Allarme Coldiretti: “A rischio i tanti agli tradizionali italiani”

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L’Unione europea ha riconosciuto per la prima volta all’aglio cinese di Jinxiang Da Suan il riconoscimento e la tutela comunitaria come prodotto ad Indicazione Geografica Protetta Igp. Per Coldiretti sono così “a rischio i tanti agli tradizionali italiani che sono peraltro conosciuti e apprezzati nel mondo”. (A.Fi.)

La Commissione Europea ha pubblicato, infatti, l’iscrizione nel registro delle Dop e delle Igp della denominazione richiesta dalla Repubblica popolare cinese sulla Gazzetta Ufficiale comunitaria del primo novembre per questo aglio cinese. “I cinesi sono i più grandi consumatori e produttori di aglio a livello mondiale e – rileva attraverso una nota l’associazione dei coltivatori diretti – la notizia ha creato l’allarme tra i produttori nazionali. In Italia il consumo di aglio è “stimato in 50 milioni di chili all’anno”.

Questa notizia ha scatenato polemiche a iosa a cominciare dai produttori dell’aglio Monticelli di Piacenza: “E’ davvero inconcepibile – sottolinea il presidente di Coldiretti Piacenza Luigi Bisi -. Nella nostra provincia sono circa 20 anni che si sta lavorando per ottenere la certificazione per il nostro aglio di Monticelli e l’Unione Europea ha sempre trovato qualche impedimento. Adesso nel giro di pochi mesi arriva l’Igp per l’aglio cinese. Questa è l’ennesima dimostrazione che l’Unione Europea non sempre ha a cuore la valorizzazione dei nostri prodotti e la tutela dei consumatori. Quanto volte alla nostra richiesta di etichettatura obbligatoria dei prodotti ci siamo sentiti rispondere che provocherebbe concorrenza sleale? Ebbene, questa non è concorrenza sleale? Certifichiamo un prodotto cinese che da sempre rappresenta un competitor per i produttori europei. Invitiamo pertanto i consumatori – conclude Bisi – a fare particolare attenzione e a leggere accuratamente le etichette quando acquistano aglio, prediligendo sempre quello locale e auspichiamo che gli enti che avevano presentato la certificazione per il nostro aglio, proseguano velocemente, cercando di oltrepassare quegli ostacoli che evidentemente i cinesi hanno brillantemente superato.”

Nel 2010 l’Italia “ha importato direttamente dalla Cina quasi 2,5 milioni di chili di aglio ma gli arrivi dal gigante asiatico nei primi sette mesi del 2011 sono aumentati del 18 per cento e soprattutto non tengono conto delle triangolazioni commerciali. Il gigante asiatico infatti – continua la Coldiretti – è stato spesso al centro di denunce dell’ufficio anti-frodi dell’Ue per le operazioni di triangolazione che modificano l’origine del prodotto”.

La Cina nel 2010 ha conquistato il triste primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell’Unione Europea. Su un totale di 3.291 allarmi per irregolarità ben 418 (13 per cento) – conclude la Coldiretti – hanno riguardato la Cina per pericoli derivanti dalle contaminazioni dovute sopratutto a materiali a contatto con gli alimenti, sulla base della Relazione sul sistema di allerta per gli alimenti.

Potenzialmente, spiega Coldiretti, “la produzione di aglio cinese che potrebbe essere commercializzata con marchio comunitario Igp è pari a cinque volte il totale della produzione comunitaria. A rischio – continua Coldiretti – ci sono i tanti agli tradizionali italiani che sono peraltro conosciuti e apprezzati nel mondo ed entrano come condimenti ricercatissimi nelle ricette più rinomate: l’aglio rosso di Sulmona e l’aglio polesano, e ancora l’aglio bianco di Vessalico, l’aglio dell’Ufita, l’aglio di Molino dei Torti, l’aglio di Resia, l’aglio Massese, gli agli rossi di Castelliri, di Nubia, di Procedo, il maremmano e l’aglio di Monticelli sono solo alcuni esempi delle specialità offerte sul territorio nazionale. In Italia, infatti, la produzione di aglio interessa oltre 3000 ettari di terreno, per una produzione attorno ai 30 milioni di chili e di conseguenza i consumi sono soddisfatti per quasi il 50 per cento dalle importazioni.

Antonio Fiasconaro

 

 

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