Alfredo Musumeci, emigrato felice a Taiwan: “Mai più in Italia”

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musumeci6Incrocio la strada e la vita di Alfredo Musumeci puramente per caso, leggendo qui e li sui social e cercando di saltare a piè pari le solite diatribe politiche, le zuffe e gli insulti. Gli occhi cadono su un post, piccolo, breve: ma uno di quelli che toccano il cuore, o che perlomeno toccano il mio. In poche parole, scritte di getto da questo giovane catanese, ho avvertito la distanza, la nostalgia e – soprattutto – la voglia di rimanere abbarbicato alle origini e di non essere dimenticato. Si, perchè Alfredo Musumeci da tre anni gestisce un ristorante italiano a Taiwan con l’unico scopo di far conoscere ai taiwanesi la vera cucina siciliana. Il suo locale si chiama “Alfredo”, ma non sfrutta la facile scia delle migliaia di ristoranti con questo nome sparsi nel mondo: si chiama così perchè il suo titolare si chiama così. Cucina siciliana ma con qualche classico di cucina nazionale, come la Carbonara. Che però deve subire qualche modifica per forza di cose:

MusumeciAlfredo, ma la carbonara con il bacon e il parmigiano?

Purtroppo scelte dettate dalla poca reperibilità di prodotti. In Taiwan, sino a qualche mese fa, carni italiane e derivati erano illegali. I salumi reperibili sono di provenienza spagnola, francese ed americana e la scelta povera, guanciale introvabile. Fortunatamente le leggi sono cambiate, si iniziano a trovare alcuni prodotti di importazione italiana, ma ancora poca roba. In merito ai formaggi basta avere i giusti canali e si riesce a reperire quasi tutto e di ottimi brand italiani. La scelta del parmigiano al posto del pecorino romano è dovuta ai gusti dei taiwanesi non avvezzi ai nostri formaggi dai sapori forti.

Ma niente panna…

Quella mai! piccoli compromessi ma mai stravolgere o ci si ritrova nel mezzo della grande ammucchiata dei ristoranti “itagliani”!

musumeci5I piatti della tradizione siciliana che lei propone quali sono?

I piatti nostrani che propongo sono stati scelti in base alla reperibilità dei prodotti e cucinati come tradizione insegna. L’ispirazione viene direttamente dalle trattorie catanesi. Si inizia con un’insalata di pomodoro, cipolla rossa e ricotta salata, quest’ultima portata personalmente in valigia da Catania così come l’origano nostrano, per me insuperabile in aroma. Non può mancare la caponata, rigorosamente in agrodolce come vedevo fare a mia nonna quand’ero piccolo, e la parmigiana di melanzane con uova. Per i primi si esce un po’ fuori dall’area del catanese così da proporre le penne “co capuliatu” del siracusano, ossia un semplice aglio, olio e peperoncino con trito di pomodori secchi e rifinita con “mollica atturata” ed i bucatini al pesto trapanese, bucatini fatti in casa con tornio e trafila in bronzo, anche questi provenienti direttamente da Catania. Non può mancare il classico spaghetto al nero di seppia e i maccheroni fatti in casa alla norma. Il mio special invece è la pizza siciliana; un calzone fritto presente nell’etneo e presentato ai taiwanesi in undici varianti di farciture. Cercando di boicottare le multinazionali del beveraggio gasato, anche le bibite che offro strizzano l’occhio alla tradizione. In questo caso ai chioschi catanesi; sciroppi ai vari gusti di frutta con acqua seltz.

musumeci4Adesso riesce a reperire facilmente la materia prima?

Dopo tre anni posso dire facilmente, ma all’inizio è stata dura, soprattutto in un paese dove la lingua è davvero un grosso ostacolo. Se dovessi rifornirmi nella sola città di Taichung non riuscirei a proporre il menù di adesso; nella città i fornitori sono tutti taiwanesi con scarsa conoscenza dei prodotti italiani. Faccio arrivare la maggior parte dei prodotti che uso direttamente da Taipei, la capitale, dove sono presenti importatori italiani e la richiesta è più ampia.

E i dolci?

Anche quelli sono fatti direttamente da me e mia moglie, anche lei catanese. Non esistono pasticcerie a Taiwan come le intendiamo noi e su questo meglio sorvolare! La selezione dei dolci comprende  il tiramisù con tradizionale crema al mascarpone e zabaione a guarnire a strati i savoiardi inzuppati al caffè, una semplicissima ma buona panna cotta, un parfait di mandorle nel periodo estivo ed il cannolo siciliano con cialda fatta da me ma farcito con crema di ricotta vaccina, quella ovina è introvabile. Per tutti i dolci vige la regola del “metà zucchero”, ossia dimezziamo di solito le dosi di zucchero per andare incontro ai gusti dei Taiwanesi che non amano il dolce davvero dolce.

musumeci1Cosa apprezzano maggiormente i taiwanesi?

Non è un discorso di apprezzamento, per i Taiwanesi, oltre la classica pizza, ristorante italiano è sinonimo di spaghetti che loro chiamano 義大利麵 “Yìdàlì miàn”. Nonostante le paste fatte in casa e gli sforzi per proporre quello che per loro possa essere una novità, ci sarà sempre il tavolo che chiederà di cambiare il formato di pasta con gli spaghetti. Spaghetti, a prescindere dalle salse con cui sono combinati. Seppur di larghe vedute le loro tradizioni a tavola sono dure da cambiare anche quando si va a mangiare in ristoranti che non hanno a che fare con le loro tradizioni; piatti messi rigorosamente a centro tavola, li porterà a mischiare sapori dissonanti tra loro nello stesso piattino in cui mangiano.

E’ soddisfatto di questa sua scelta estrema? La rifarebbe?

La rifarei. Taiwan mi ha permesso di poter realizzare con estrema facilità e semplicità un progetto che difficilmente si sarebbe potuto realizzare altrove. La burocrazia snella, la pressione fiscale al 5%, la delinquenza inesistente e tanti altri fattori come la molta distanza dall’Italia, che viene vista come un mito nell’ immaginario della gente locale, la collocano come meta ideale per chi, italiano come me, vuol mettersi in gioco investendo cifre quasi irrisorie.

musumeci2Taiwan però non è esattamente un’isoletta con i suoi circa 26 milioni di abitanti, e Taichung è una citta dinamica ed attiva: con quasi 3 milioni di abitanti cosa è stato a farle scegliere questa destinazione?

Tutto nasce con un viaggio di piacere nel 2012 a Taipei con mia moglie. Il primo impatto fu negativo, città troppo dissonante per i canoni di un siciliano; troppi grattacieli misti a tradizioni cinesi, strade sopraelevate a più livelli che occludono la vista del cielo. Ci trovammo malissimo soprattutto nel reperire pasti; odori nauseabondi e gusti improponibili. La ristorazione italiana era, ed è tuttora, uno scopiazzamento di ricette italo/americane ritoccate ancor più per venire incontro ai gusti dei taiwanesi, roba da rabbrividire. I veri ristoranti gestiti da italiani erano presenti, seppur pochi rispetto ad oggi, e dai costi molto alti. Si capiva da subito che la concorrenza era agguerrita. Ritornai da solo nel 2015 per visitare la città di Taichung. A differenza della capitale la città era completamente sprovvista di veri ristoratori italiani, terreno vergine al 100%, ed i molti ristoranti fake Italian proponevano il solito trito di accozzaglie improponibili. La città, a primo impatto, mi rese l’idea di una vita più tranquilla, provinciale. Ricca di ampi spazi verdi ed una impostazione urbanistica più ordinata mi fece capire che avrei potuto viverci. Stilai un business plan e realizzai subito la semplicità di investimento.

musumeci3Lei ha cambiato vita e lavoro: non era cuoco infatti quando viveva a Catania.. Come è successo?

Nella mia vita mi sono sempre diviso tra musica e ristorazione. Da ragazzo ho lavorato parecchio nei ristoranti sia in sala che in cucina. Mi ha sempre appassionato saper cucinare e la giusta etichetta in tavola, mi definisco un mangione che usa criterio. Ho sempre seguito le parole di mia madre; “impara l’arte e mettila da parte”. Adesso ho potuto mettere in pratica l’esperienza accumulata. Prima di trasferirmi mi sono occupato per oltre un decennio di musica a 360 gradi. Sono fonico ed ho sempre bazzicato tra studi di registrazione arrivando a possederne uno tutto mio. Mi sono anche occupato di organizzazione di eventi musicali di alto livello avendo lavorato all’interno di quella che era un tempo Musica & Suoni. Purtroppo, a causa della crisi che ha colpito l’ambito musicale più di ogni altro, mi son ritrovato a dover lavorare tanto senza più avere quella gratificazione che rende felici. Un bel giorno, dopo un ulteriore stress, decisi che era arrivato il momento di applicare quello che definivo il piano “B”, mollare tutto e andare via dall’Italia.

Rimpianti?

Nessuno, anzi! Andando all’estero ci si rende conto che noi italiani siamo gente speciale. Mi spiego meglio: il nostro punto di forza, a parere mio, è quello del saperci arrangiare. Abbiamo sviluppato un know how che ci rende capaci di tutto, dote che si capisce solo fuori casa. Oggi posso dire che non mi spaventa più niente, mi sento forte e con le capacità di poter lavorare ovunque nel mondo.

Nel suo futuro c’è Taiwan o l’ Italia?

Sicuramente non l’Italia. Facendo i paragoni con le realtà estere ci si rende conto che il nostro paese non è più in crisi, ma decaduto. Abbiamo una ricchezza mal gestita che all’estero sarebbe oro colato. Fin quando non cambieranno i metodi gestionali, le leggi e le sue applicazioni, non si riuscirà a fare impresa da noi, né tanto meno  si potrà sperare in un lavoro ben pagato e senza sfruttamento. Taiwan… non so, sono un po’ stanco di arrancare con la lingua locale ed il caldo infernale dell’interminabile estate taiwanese. Il mondo è tanto grande!

Alessandra Verzera 

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